venerdì 10 dicembre 2021

Il selvaggio sotto la maschera

Le considerazioni di Gianni Pardo sulle eterne contraddizioni del comportamento umano, perennemente sballottato tra gi istinti della natura, i freni della cultura e le potenzialità della tecnica.

Il testo, acuto e disincantato, è tratto dal suo blog.

LUMEN.


<< L’uomo è un primate molto evoluto. Il suo cervello, come anche la sua mano, sono capolavori della natura, macchine capaci di prestazioni straordinarie.

Ma per centinaia di migliaia di anni, forse milioni, queste dotazioni non sono servite a differenziarci molto dagli scimpanzé, anche se rispetto a loro avremo incredibilmente migliorato le capacità di comunicazione verbale. Insomma avevamo le ruote, i freni, il motore ma ci mancava una piccola cosa essenziale, la benzina, che nel nostro caso è stata l’invenzione della scrittura.

Con la scrittura è cominciata quell’accumulazione di sapere che oggi è alta come una montagna. Noi sediamo sulla sua cima e forse l’abbiamo elevata un po’, ma certo la montagna l’hanno fatta i secoli. E tutto questo lo dobbiamo alla scrittura. Senza di essa l’accumulazione del sapere, ed anche dei “saperi” (nel senso di tecniche) non sarebbe stata possibile. Era necessaria una memoria esterna più longeva e più grande di quella degli uomini: con la scrittura il passato non è più morto.

Dopo una stagnazione di centinaia di migliaia di anni, forse milioni, in pochi millenni l’umanità è passata dall’età della pietra a società evolute come quella egiziana, quella greca o quella romana. Ad uomini che, se fosse possibile incontrarli, ci sorprenderebbero per quanto sono uguali a noi.

Naturalmente, quando si dice questo non si intende che tutti gli abitanti dell’impero romano avessero la cultura di Cicerone o di Mecenate. Le grandi masse erano analfabete e vivevano più o meno come erano sempre vissute, per non parlare dei popoli estranei all’Impero Romano. Ma le élite, per molti versi, erano già nostre contemporanee.

Purtroppo la scrittura ha cambiato il sapere, ha perfino fatto nascere quelle alte riflessioni che si chiamano filosofia, ma non ha mutato la mentalità corrente. E a lungo non ha cambiato neanche il livello economico corrente. Ancora agli inizi del Novecento, nel Sud Italia, la maggior parte della popolazione era analfabeta e aveva un’economia di pura sussistenza o poco più. Non molto diversamente da come vivevano gli egiziani al tempo dei Faraoni.

L’invenzione della scrittura ha cambiato la cultura dell’umanità ma ciò che ha cambiato la sua vita quotidiana è stato altro. Non la scienza, come si potrebbe credere - perché la mentalità dell’uomo normale è incapace di capirne il metodo - ma l’applicazione della scienza. La tecnologia.

L’uomo medio non capisce le regole del metodo scientifico ma capisce al volo l’utilità del telefonino. Non sa come funziona ma lo adotta. E a forza di adottare tutte le comodità che ha offerto la Rivoluzione Industriale ne ha anche, un po’, adottato la mentalità. L’uomo contemporaneo – soprattutto l’uomo colto - crede meno ai fantasmi e alle streghe e più al principio di causalità; meno a Dio e più alla medicina; meno alla religione e più alla chimica. Ma è veramente cambiato?

A mio parere no. La scienza è stata adottata da tutti in quanto cassetta degli attrezzi, non in quanto dottrina. Gli uomini dispongono di nuovi mezzi di trasporto, ma non di nuove mete. Di nuovo mezzi di comunicazione, ma non di nuove idee. Di una nuova potenza di azione, con i motori, ma non di un maggiore buon senso nell’usarli. Soprattutto non hanno perduto la loro affettività che da un lato a volte li rende stupidi come bambini (“Mussolini ha sempre ragione”) dall’altro li rende capaci di massacri non meno atroci di quelli del passato.

Noi ci vergogniamo della Shoah e nessuno, nei primi anni del Novecento, l’avrebbe creduta possibile. E invece era possibile perché, per questo aspetto, l’umanità non è cambiata. Nelle infinite guerre intestine della Grecia classica avveniva che l’esercito vincitore passasse a fil di spada tutti gli uomini della città conquistata, risparmiando soltanto le donne e i bambini: ma non per pietà, semplicemente perché ci guadagnava vendendoli come schiavi.

Date all’uomo contemporaneo l’occasione di comportarsi come un selvaggio e si comporterà come un selvaggio. Poco importano le armi di cui disporrà, identico è il piacere di uccidere. Inoltre, dal momento che l’analfabetismo non è stato sradicato, è facile installare nella testa degli incolti teorie in linea con la loro mentalità.

Infatti l’idea di Dio è coerente con la natura umana, l’idea di cieca causalità no, e tendenzialmente l’uomo la rifiuta. Perché è abituato a vivere teleologicamente, e altrettanto attribuisce ad un potere superiore che guiderebbe la realtà verso qualcosa. Così, per lo scienziato il magico è per ciò stesso falso, per l’uomo comune il magico, essendo suggestivo, è per ciò stesso vero.

Se poi qualcuno riesce a convincere noi selvaggi che un certo comportamento è voluto da Dio, siamo capaci assolutamente di tutto. Basti pensare alla crociata contro gli Albigesi o agli orrori dei terroristi islamici. Tutta gente che non ha orecchie per la razionalità, ma le ha – e spalancate – per una mitologia a misura d’uomo.

Così arriviamo all’Afghanistan [di oggi]. Non dobbiamo meravigliarci che esistano ancora nazioni medievali o peggio che medievali, con un assurdo livello di intolleranza. Dovremmo piuttosto stupirci delle eccezioni costituite da quei Paesi in cui, come si sosteneva centocinquant’anni fa in Inghilterra, “tutto è permesso, salvo spaventare i cavalli e dir male della Regina”.

Può darsi che l’Afghanistan, fra cent’anni, somigli all’Inghilterra vittoriana, ma speriamo che non sia l’Inghilterra che, fra cent’anni, somiglierà all’Afghanistan di oggi. Il cambiamento non è sempre per il meglio. I tedeschi degli Anni Quaranta non rappresentavano un progresso rispetto a quelli di cent’anni prima. L’uomo è una cara bestia, ma non dimentichiamo di mettergli la museruola. >>

GIANNI PARDO

5 commenti:

  1. A proposito di comportamenti "primitivi" nascosti sotto la modernità, non posso non pensare al mondo dell'astrologia e degli oroscopi.
    Una disciplina priva di qualsiasi fondamento, che però fattura miliardi in tutto il mondo.
    In questo periodo è quasi impossibile evitare di imbattersi nelle previsioni astrologiche per il nuovo anno, sempre immancabilmente ottimistiche.
    Come lo erano quelle della fine 2019 per il 2020, anno in cui è incominciata la pandemia che dura tuttora.
    Tanto per fare un esempio.

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  2. Nel suo dizionario filosofico Voltaire osserva che in fatto di soldi nessuno, ma proprio nessuno ama farsi fregare. Anche la persona più stupida conosce il valore dei soldi e sa difendersi. Poi la stessa persona crede agli asini che volano ... o all'ippogrifo. Apparentemente le cose assurde o inverosimili esercitano un fascino (e non solo sugli stupidi). Forse perché sono una via di fuga da un mondo terribilmente monotono, in cui veramente tutto, ma proprio tutto ha una causa. E allora perché non credere a un mondo in cui tutto è possibile? Mi vengono in mente certi cattolici "intelligenti" (Papini, Tozzi ecc.) che ti dicono: dici che la fede è assurda? E io ci credo lo stesso, tiè! Che è un modo anche questo d'imporsi, di non riconoscere verità scomode o le ragioni di un altro - contro ogni logica e buon senso.

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    1. La fantasia va benissimo quando si fa arte o letteratura, perchè aiuta a sognare e divertirsi, ma non certo quanto si parla di vita reale, di società o di politica.
      Eppure, ai tempi del '68, c'era chi - seriamente - auspicava "la fantasia al potere".
      Davvero, non impareremo mai ad accettare i nostri limiti.

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  3. COMMENTO di GPVALLA

    Certamente Pardo ha ragione nel constatare che gli uomini, nonostante il progresso scientifico e tecnologico, conservano - almeno in potenza - la stessa aggressività dei millenni passati, degli evi più remoti. "Sei ancora quello della pietra e della fionda, / uomo del mio tempo..." ammoniva Quasimodo nel 1946.
    Il cervello e gli istinti sono sempre gli stessi, e l'evoluzione culturale non ha modificato la natura umana. Semmai, in un certo senso, ha aggravato la situazione, dando in mano alle élites strumenti potentissimi di propaganda e condizionamento. Un tempo gli uomini odiavano solo i loro vicini; ora è possibile indurre ad odiare persone sconosciute lontane migliaia di chilometri, che mai si avrà occasione di incontrare.
    A me pare peraltro (anche per esperienza personale) che le persone più facilmente condizionabili siano quelle discretamente colte rispetto a quelle meno istruite, forse perché maggiormente soggette alla propaganda dei mass media: basta che qualche giornale lanci una campagna, che qualche intellettuale (o sedicente tale) la sostenga, e subito tanti vi si accodano, magari per difendere gli Uiguri o i Rohinga, di cui fino al giorno prima ignoravano perfino l'esistenza.
    Mi permetto infine di dissentire a proposito del quadro idillico dell'Inghilterra vittoriana: magari vi era maggiore libertà di espressione, ma in quegli anni si lasciò morire di fame (letteralmente) un milione di irlandesi - e molti altri milioni in India - , si intrapresero due guerre per esportare oppio in Cina, si sterminarono i nativi in Australia...
    E non dimentichiamo ciò che successe a Oscar Wilde (e a Turing, decenni dopo).

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    1. Caro Beppe, in effetti l'Inghilterra vittoriana gode di una immagina molto migliore di quanto non meriti, tenuto conto di tutti gli aspetti (e non solo dei successi delle sue elites).
      D'altra parte, la storia l'hanno sempre scritta i vincitori ed anche questo caso non fa eccezione.

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