Alzi
la mano chi, nel primo infuriare dell'epidemia di Corona-virus, non
ha rivolto il suo pensiero alla famosa peste del '600, magistralmente
descritta da Alessandro Manzoni nei Primessi Sposi.
E
chi conosce più a fondo la trama ed i personaggi del romanzo, avrà
fatto un inevitabile parallelo tra le solide conoscenze
medico-scientifiche di oggi, e l'ignoranza travestita da cultura che
regnava a quell'epoca, così ben rappresentata dall'irresistibile
personaggio di Don Ferrante.
Il
quale alla fine, come ben sappiamo, non trovò nulla di meglio che morire
di peste 'a sua insaputa'.
LUMEN
<<
Don Ferrante passava di grand’ore nel suo studio, dove aveva una
raccolta di libri considerabile, poco meno di trecento volumi: tutta
roba scelta, tutte opere delle più riputate, in varie materie; in
ognuna delle quali era più o meno versato.
Nell’astrologia,
era tenuto, e con ragione, per più che un dilettante; perché non ne
possedeva soltanto quelle nozioni generiche, e quel vocabolario
comune, d’influssi, d’aspetti, di congiunzioni; ma sapeva parlare
a proposito, e come dalla cattedra, delle dodici case del cielo, de’
circoli massimi, de’ gradi lucidi e tenebrosi, d’esaltazione e di
deiezione, di transiti e di rivoluzioni, de’ princìpi in somma più
certi e più reconditi della scienza.
Ed
eran forse vent’anni che, in dispute frequenti e lunghe, sosteneva
la domificazione del Cardano contro un altro dotto attaccato
ferocemente a quella dell’Alcabizio, per mera ostinazione, diceva
don Ferrante; il quale, riconoscendo volentieri la superiorità degli
antichi, non poteva però soffrire quel non voler dar ragione a’
moderni, anche dove l’hanno chiara che la vedrebbe ognuno.
Conosceva
anche, più che mediocremente, la storia della scienza; sapeva a un
bisogno citare le più celebri predizioni avverate, e ragionar
sottilmente ed eruditamente sopra altre celebri predizioni andate a
vòto, per dimostrar che la colpa non era della scienza, ma di chi
non l’aveva saputa adoprar bene. >>
<<
Al
primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de’ più
risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all’ultimo,
quell’opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con
ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la
concatenazione.
“In
rerum natura,” diceva, “non ci son che due generi di cose:
sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser nè
l’uno nè l’altro, avrò provato che non esiste, che è una
chimera. E son qui. Le sostanze sono, o spirituali, o materiali. Che
il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito che nessuno
vorrebbe sostenere; sicchè è inutile parlarne.
Le
sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Ora, sostanza
semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è
sostanza aerea; perchè, se fosse tale, in vece di passar da un corpo
all’altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea; perchè
bagnerebbe, e verrebbe asciugata da’ venti. Non è ignea; perchè
brucerebbe. Non è terrea; perchè sarebbe visibile. Sostanza
composta, neppure; perchè a ogni modo dovrebbe esser sensibile
all’occhio o al tatto; e questo contagio, chi l’ha veduto? chi
l’ha toccato?
Riman
da vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono
questi signori dottori che si comunica da un corpo all’altro; chè
questo è il loro achille, questo il pretesto per far tante
prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo accidente, verrebbe a
essere un accidente trasportato: due parole che fanno ai calci, non
essendoci, in tutta la filosofia, cosa più chiara, più liquida di
questa: che un accidente non può passar da un soggetto all’altro.
Che
se, per evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia accidente
prodotto, danno in Cariddi: perchè, se è prodotto, dunque non si
comunica, non si propaga, come vanno blaterando. Posti questi
princìpi, cosa serve venirci tanto a parlare di vibici, d’esantemi,
d’antraci...?”
“Tutte
corbellerie,” scappò fuori una volta un tale.
“No,
no,” riprese don Ferrante: “non dico questo: la scienza è
scienza; solo bisogna saperla adoprare. Vibici, esantemi, antraci,
parotidi, bubboni violacei, furoncoli nigricanti, son tutte parole
rispettabili, che hanno il loro significato bell’e buono; ma dico
che non han che fare con la questione. Chi nega che ci possa essere
di queste cose, anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder di dove
vengano.”
Qui
cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin che non faceva che
dare addosso all’opinion del contagio, trovava per tutto orecchi
attenti e ben disposti: perchè non si può spiegare quanto sia
grande l’autorità d’un dotto di professione, allorchè vuol
dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi.
Ma
quando veniva a distinguere, e a voler dimostrare che l’errore di
que’ medici non consisteva già nell’affermare che ci fosse un
male terribile e generale; ma nell’assegnarne la cagione; allora
(parlo de’ primi tempi, in cui non si voleva sentir discorrere di
peste), allora, in vece d’orecchi, trovava lingue ribelli,
intrattabili; allora, di predicare a distesa era finita; e la sua
dottrina non poteva più metterla fuori, che a pezzi e bocconi.
“La
c’è pur troppo la vera cagione,” diceva; “e son costretti a
riconoscerla anche quelli che sostengono poi quell’altra così in
aria... La neghino un poco, se possono, quella fatale congiunzione di
Saturno con Giove. E quando mai s’è sentito dire che l’influenze
si propaghino...? E lor signori mi vorranno negar l’influenze? Mi
negheranno che ci sian degli astri? O mi vorranno dire che stian
lassù a far nulla, come tante capocchie di spilli ficcati in un
guancialino?...
Ma
quel che non mi può entrare, è di questi signori medici; confessare
che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a
dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete
sicuri! Come se questo schivare il contatto materiale de’ corpi
terreni, potesse impedir l’effetto virtuale de’ corpi celesti! E
tanto affannarsi a bruciar de’ cenci! Povera gente! brucerete
Giove? brucerete Saturno?”
His
fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non prese nessuna
precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a
morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle.
>>
ALESSANDRO
MANZONI
Mitico Don Ferrante! Il pensiero va ai tanti soloni che, ancor oggi, dagli scranni universitari, si affannano a ricercare le origini del complotto. Oggi leggevo una citazione del prof. Eugenio Capozzi (Università di Napoli) secondo il quale "Il lockdown generale è già stato deciso da tempo [...] È un progetto non solo italiano ma europeo, che parte dall'asse franco-tedesco e da Bruxelles, e di cui il governo italiano è solo uno tra gli esecutori. Non bisogna essere complottisti per individuarlo: esso è già palese nella torsione paternalista, eticizzante delle istituzioni Ue di cui Ursula von der Leyen è la garante. L'obiettivo di queste classi politiche è enfatizzare a dismisura il virus per distruggere quel che resta della piccola e media impresa, del terziario autonomo, degli spazi di formazione, socialità e cultura "fisici", e sostituirli con consumi, intrattenimento, didattica, socialità integralmente digitalizzati, completamente inglobati dalle grandi corporations hi tech globali." Ovviamento non vorrei mai che il prof. Capozzi, e con lui tanti altri, faccia la fine degli eroi di Metastasio!
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