sabato 25 luglio 2020

Il sincretismo di Papa Francesco

Si parla di “sincretismo” per indicare l'incontro fra culture diverse che genera mescolanze, interazioni e fusioni fra elementi culturali diversi, sopratto in campo religioso.
E siccome tutti i popoli hanno sperimentato forme di contatto e scambio culturale (in senso lato), non è esagerato dire che ogni grande religione storica è – nel suo complesso – il prodotto di un sincretismo.
Questo però non garantisce che certi fenomeni, nel momento in cui si verificano, siano sempre bene accetti dai fedeli.
Come ci dimostra il giornalista cattolico Aldo Maria Valli, che, in un pezzo del suo blog 'Duc in Altum', appare piuttosto preoccupato per l'eccessivo sincretismo di Papa Francesco.
LUMEN

,
<< Alla fine della preghiera del Regina Caeli di domenica scorsa [3 maggio 2020 - NdL], Bergoglio, davanti alla piazza San Pietro deserta, ha annunciato che, avendo “accolto la proposta dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana”, il prossimo 14 maggio “i credenti di tutte le religioni” si uniranno “in una giornata di preghiera e digiuno e opere di carità, per implorare Dio di aiutare l’umanità a superare la pandemia di coronavirus”. Ed ha aggiunto: “Ricordatevi: il 14 maggio, tutti i credenti insieme, credenti di diverse tradizioni, per pregare, digiunare e fare opere di carità”.

Ci troviamo di nuovo di fronte a un’iniziativa ispirata al sincretismo che nasce dalla Dichiarazione di Abu Dhabi del febbraio 2019, sottoscritta dal papa e dal grande imam Ahmed Al-Tayyeb. Documento, occorre ricordarlo, dai contenuti oggettivamente eretici, dal momento che vi si legge che Dio vuole la diversità fra le religioni.

Quella dichiarazione, da cui è nato l’alto comitato al quale fa riferimento Bergoglio, è diventata la piattaforma della nuova religione globale che professa l’umanitarismo di tipo massonico. Presentata come “fede abramitica”, la nuova religione eleva a concetto supremo la Fratellanza e ovviamente toglie di mezzo ogni peculiarità cristiana e cattolica.

Nato nell’agosto 2019, l’Alto Comitato per la Fratellanza Umana è composto da leader di diverse religioni e ha lo scopo di promuovere questa nuova religione globale. Un mese dopo è stata presentata la Abrahamic Faith House, la Casa della fede abramitica, sede della nuova religione. È un “complesso multi-religioso” in costruzione su un’isola, a pochi minuti dal centro di Abu Dhabi, comprendente una moschea, una sinagoga e una chiesa che sorgeranno su fondamenta comuni.

Ogni religione ha bisogno di un suo centro di riferimento, e la nuova religione globale avrà dunque questo complesso nel quale tutto il design è ispirato all’uniformità: niente più differenze, ma solo appiattimento e omologazione. Nel dicembre dell’anno scorso il Vaticano ha chiesto alle Nazioni Unite, diventate partner privilegiato sotto il pontificato di Bergoglio, di dichiarare il 4 febbraio Giornata Mondiale della Fraternità Umana per celebrare la data dell’anniversario della firma della Dichiarazione di Abu Dhabi.

Ogni religione, oltre che di un centro di riferimento, ha bisogno di una sua festa, e ora la nuova religione globale ha anche una festa. Per il maggio di quest’anno era stato programmato dal Vaticano un incontro a Roma, la Global Education Alliance, ma la pandemia lo ha fatto rinviare a ottobre. Sarà una grande celebrazione della nuova religione globale, del nuovo umanesimo e della fratellanza globale.

Nel suo messaggio in vista dell’incontro, il papa dice che l’iniziativa “ravviverà l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione”.

Come si può vedere, siamo di fronte a un tipico esempio di langue de bois, lingua di legno. Potremmo definirlo, alla buona, menare il can per l’aia: parole seducenti per le orecchie dei moderni, ma che non dicono nulla, perché nulla devono dire. Perché devono solo produrre suoni gradevoli per il pensiero dominante, che in questo modo viene rafforzato.

Colpisce il fatto che tali parole starebbero benissimo sulla bocca dei capi dell’Onu o delle logge massoniche. Non c’è neppure bisogno di cambiare una virgola. È il linguaggio globalista standard.

Da notare che il papa usa le stesse espressioni, come “patto di educazione globale”, che appartengono al repertorio, per esempio, di Hillary Clinton, che del globalismo è una fiera sostenitrice e rappresentante. Non per nulla, d’altra parte, nel gennaio 2019 una loggia massonica spagnola, in un messaggio di ammirazione per Bergoglio, scriveva: “Tutti i massoni del mondo si uniscono alla richiesta del papa per la fraternità tra persone di diverse religioni”.

Non è neppure il caso di aggiungere che in tutti questi documenti e in tutte queste iniziative globaliste il nome di Gesù Cristo non compare mai. Perché non deve comparire. Se l’obiettivo è arrivare a una nuova religione mondiale, che ingloba tutto, Gesù diviene un ostacolo, e dunque va tolto di mezzo.

Colpisce anche il fatto che, nel dare appuntamento per il 14 maggio, Bergoglio si sia rivolto ai “credenti di diverse tradizioni”. Ormai perfino la parola religione è di troppo. Meglio ridurre il tutto a tradizione, cioè a qualcosa di semplicemente umano e terreno, eliminando ogni riferimento alla trascendenza.

Nel prossimo novembre il Vaticano sponsorizzerà ad Assisi l’evento denominato Economia di Francesco. Era stato programmato per marzo, ma è stato anch’esso rinviato a causa della pandemia. L’economia di Francesco, qualunque cosa significhi questa espressione, dovrà servire come base per la nuova dottrina sociale ed economica mondiale, le cui linee si trovano in Evangelii gaudium e nella Laudato si’: un “un modello economico nuovo”, come si dice nella presentazione dell’evento di Assisi, ma nel quale di nuovo sembra esserci ben poco visto che appare in tutto e per tutto una nuova edizione del vecchio egualitarismo di matrice marxista, con una spruzzata di ecologismo.

La nuova religione globale ha poi un suo dogma, che è il Dialogo. Poiché la Fratellanza è l’idolo, il Dialogo è ciò che lo deve nutrire e tenere in vita.  E poi c’è l’altro dogma, l’Ecologia. Visto che non abbiamo più un dio ma la Madre Terra, l’impegno ecologico è ciò che deve accomunare tutti.

Nel messaggio per il lancio del patto educativo Bergoglio raccomanda il “coraggio di investire le migliori energie con creatività e responsabilità. L’azione propositiva e fiduciosa apre l’educazione a una progettualità di lunga durata, che non si arena nella staticità delle condizioni”.

Che vuol dire? Nulla. Ma suona tanto bene. Insomma, la nuova religione ha un suo centro, ha una sua festa, ha una sua lingua, ha la sua dottrina sociale, ha i suoi dogmi. Ora si tratta di trovare i fedeli, di formarli passo dopo passo. E vediamo che nulla viene lasciato al caso. (…) Tutto dimostra che l’operazione sta andando avanti speditamente. >>

ALDO MARIA VALLI

sabato 18 luglio 2020

La scienza economica e il mito della crescita

E' molto difficile indicare con precisione quando, e ad opera di chi, nacque la scienza economica in senso moderno.
Si ritiene comunque che occorra arrivare sino ad Adamo Smith ed a Ricardo (fine '700 / inizi '800) per avere le prime riflessioni economiche approfondite sulla via migliore per assicurare la floridezza degli Stati; la cui ricchezza, a sua volta, derivava dall'interazione delle tre classi sociali che lo componevano: i proprietari terrieri, i capitalisti (o imprenditori) ed i lavoratori.
Da allora, la scienza economica ha incominciato a correre e non si è più fermata.
A questa “disciplina”, e soprattutto ai suoi presupposti impliciti, è dedicato questo post di Marco Pierfranceschi, tratto dal su blog “Mammifero Bipede”. 
LUMEN


<< In una cultura come la nostra, che si pretende razionale, esistono dei concetti in qualche modo “totemici”, il principale dei quali è probabilmente l’idea della “crescita indefinita dell’economia”. Di certo in questi mesi di crisi l’avrete sentita evocare innumerevoli volte, dal politico o dall’economista di turno a mo’ di mantra, penso sia ora di andargli a fare un po’ “le pulci”.

Tutto nasce dall’invenzione, nel recente passato, delle “scienze economiche”, la cui funzione sta nel cercare di comprendere e descrivere, ed in ultima istanza prevedere, lo sviluppo delle economie planetarie, a livello di stati prima ancora che al livello dei singoli. Appare immediatamente evidente come i termini in gioco siano talmente tanti da non poter fare dell’economia una scienza deterministica.

L’economia si adattò perciò a diventare una disciplina non deterministica, basando le proprie analisi sul metodo statistico e cercando, a mio parere con scarsa efficacia, di dare una descrizione plausibile ed attendibile di sistemi troppo complessi per sottostare ad un’analisi puntuale. La scienza economica effettua quindi proiezioni di trend senza poter realmente spiegare quali sono i termini in gioco, se non per sommi capi.

La questione non assumerebbe aspetti drammatici se lo sviluppo di questa disciplina non fosse avvenuto in concomitanza con una fase del tutto atipica nella storia dell’uomo, caratterizzata da uno sfruttamento senza precedenti delle risorse energetiche fossili e da un’impennata drammatica del progresso tecnologico.

In mancanza della comprensione capillare dei moventi primi, l’unica possibilità per la neonata scienza dell’economia è stata di analizzare e descrivere questa singola fase, caratterizzata appunto da una crescita della ricchezza collettiva e pro-capite.

Il salto logico successivo, tuttavia, è venuto a mancare. L’idea che un modello che si è basato su una continua crescita per più di due secoli potesse essere un unicum del tutto atipico nella storia dell’umanità non ha trovato posto nelle teorie economiche, che a furia di descrivere un’economia in crescita non sono state in grado di immaginarne altre.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: nonostante tutti gli indicatori mondiali raccontino del progressivo esaurimento di materie prime e fonti energetiche fossili, gli economisti continuano ad aggrapparsi a modelli matematici astratti, privi di collegamenti col mondo reale, ed a proporre soluzioni tutte interne al modello della “crescita indefinita”.

Una fra tutte l’idea che ad un indebitamento possa (debba?) seguire una successiva fase di arricchimento tale da compensare il debito e lasciare della ricchezza aggiuntiva (in particolar modo sulla scala di intere nazioni).

Ma possiamo davvero crescere indefinitamente? Ragioniamoci un po’ su. Ai tempi dei miei nonni le famiglie con tanti figli convivevano in un’unica casa, dividendosi tra i vari ambienti. Al crescere della ricchezza abbiamo costruito altre case, tanto che al momento la norma per le abitazioni attuali è che per ognuno di noi siano disponibili diversi ambienti. Molti ormai possiedono più case, una per l’abitazione nel corso dell’anno e le altre per la villeggiatura.

Dove ci stia portando tutto ciò è chiaro a chiunque abbia occhi per vedere: consumo del territorio, cementificazione, degrado paesaggistico. Meno evidente è il fatto che la semplice manutenzione e fruizione di tutte queste abitazioni ha un costo notevole, compatibile con un’economia basata su energia largamente diffusa ed a basso costo (la fase precedente), e progressivamente meno compatibile con una fase come l’attuale di costi crescenti per l’energia e riduzione dei margini di guadagno per ogni tipo di attività.

Nel pradigma della crescita, se in Italia ci sono attualmente due case a testa, più in là ce ne saranno tre, poi quattro, ed il tutto considerando una popolazione anch’essa crescente. Anche ammesso che ciò possa accadere che senso avrebbe tutto ciò? L’espansione urbanistica dei piccoli centri e la progressiva “villettizzazione” del territorio non farebbe altro che rendere tali luoghi via via meno appetibili e desiderabili, esattamente il contrario di quella che potrebbe essere una previsione di crescita del valore degli immobili stessi!

Parliamo allora di altri beni di consumo, come l’automobile. Al momento in Italia abbiamo 60 automobili ogni 100 abitanti. È il valore più alto in Europa. Cosa può significare una crescita in questo senso? Dovremmo arrivare ad un’automobile a testa, compresi neonati, anziani, disabili e non patentati? Due automobili a testa? Le nostre città già scoppiano per il numero di auto parcheggiate, tutte le altre in più (ammesso che mai ce le potremo permettere) dove le andremmo a mettere? E per farci cosa, poi?

Per questo ogni volta che sento parlare di “crescita dell’economia” in termini totalmente astratti non posso non provare il brivido tipico del passeggero dell’autobus coi freni rotti che viaggia in direzione di un burrone. Cos’è che dovrebbe “crescere” nel concreto, ovvero al di fuori dei freddi numeri e di indicatori come il PIL che tutto ci raccontano tranne quale sia il nostro reale benessere?

L’aumento del numero di automobili e dei chilometri percorsi ha comportato nel tempo un aumento di morti e feriti per l’incidentalità stradale, del numero di ore perse per ingorghi nel traffico, nel numero di patologie polmonari e neoplastiche, dell’indebitamento individuale e collettivo, dello stress e della congestione dei centri storici, della cementificazione e del danneggiamento del territorio. Davvero vogliamo che tutto questo “cresca” ulteriormente?

La cultura del consumismo ha prodotto negli anni un numero crescente di rifiuti da smaltire, che sono finiti a danneggiare il territorio, inquinare fiumi e falde acquifere, sporcare ed intossicarci. Crescita dell’economia, fin qui, ha significato anche questo: davvero ci interessa che tale processo progredisca senza alcun controllo o siamo in grado, scientemente e razionalmente, di decidere cosa è desiderabile e cosa no?

Quantomeno dovremmo essere capaci di fermarci un attimo e riconsiderare questo totem della crescita senza limiti, a cui stiamo sacrificando le nostre vite e la speranza di felicità delle future generazioni. Possiamo fermarci e ragionare su cosa realmente ci serve e cosa è invece superfluo.

Allo stesso modo in cui le popolazioni più povere del mondo antico venivano spogliate di oro e ricchezze in cambio di perline colorate, noi stiamo ora regalando le nostre vite e la nostra felicità in cambio di automobili, smart-phones, abiti firmati ed oggetti variamente inutili. Forse è il momento di cominciare a crescere, sì, ma in termini umani e non economici, e di provare a diventare degli adulti consapevoli e responsabili. >>

MARCO PIERFRANCESCHI

sabato 11 luglio 2020

Punti di vista – 20

MENTALITA’ SCIENTIFICA
Tra due possibili modi di pensare, di ragionare e di guardare al mondo, l'uno istintivo, rapido, emotivo, superficiale, facile, e l'altro riflessivo, razionale, critico, esigente, spesso difficile e contro-intuitivo, tipico della scienza, si continua a preferire prevalentemente il primo e a ignorare il secondo.
Ecco qual è il problema. La cultura che si respira e che si insegna nel nostro Paese infatti non aiuta molto.
Famiglia, scuola e società, continuano a galleggiare, senza nemmeno rendersene conto, al di sopra di un pericoloso substrato di anti-scientificità che genera incoscienza, e l'incoscienza si sa, conduce spesso verso i disastri.
Viviamo nel mito del passato con una tale ossessione e spreco di energie intellettuali, da non preoccuparci nemmeno troppo per il presente e soprattutto per il futuro, come ci ricorda saggiamente anche l'architetto Renzo Piano quando afferma che «Il passato è un ottimo rifugio, ma il futuro è l'unico posto dove possiamo andare».
FABIO VOMIERO


SOCIALISMO REALE
Si può dire che paradossalmente il socialismo reale non ha funzionato dove c’era, ma ha funzionato benissimo dove non c’era.
Il capitalismo liberale per affrontare la minaccia comunista ha dovuto, per emulazione o per paura, riformarsi, dando vita a quel modello keynesiano e social-democratico che ha assicurato progresso e benessere diffuso nei “trent’anni gloriosi”. (…)
Venuta meno la concorrenza del socialismo reale, il capitalismo ha dismesso i panni civili, mostrando nuovamente il suo vero volto, feroce.
ALCESTE DE AMBRIS


VENDETTA
La vendetta è simile alla legittima difesa e ne rappresenta una sorta di esecuzione differita.
Malgrado duemila anni di predicazione del perdono, essa è talmente incontestabile che lo Stato, non che vietarla, se ne assume l’esclusiva.
E l’esercita anche in assenza di richiesta da parte della vittima (reati “ad azione pubblica”) per ragioni di ordine pubblico; per evitare la violenza fra privati cittadini; per essere sicuro che la sanzione sia applicata al vero colpevole e sia proporzionata all’offesa.
Cosa, quest’ultima, di cui si preoccupava già la Bibbia, quando imponeva “dente per dente, occhio per occhio”, e non “vita per dente, vita per occhio”.
Ecco perché sono ridicoli i parenti dell’ucciso quando chiedono giustizia e non vendetta. Perché sono la stessa cosa.
La giustizia è “vendetta di Stato”. E non si vede perché dovrebbero vergognarsene.
GIANNI PARDO


TOLLERANZA RELIGIOSA
La storia ci mostra che le religioni vengono interpretate in vari modi a seconda delle condizioni culturali e materiali del popolo o del regime che le professa.
Ci sono stati momenti, secoli fa, in cui l’Islam è stato più tollerante del cristianesimo; altri in cui l’ateismo di stato, nella forma del comunismo, è stato molto più repressivo della religione.
Lo stesso Illuminismo che ho nominato nacque in un’Europa fortemente, violentemente e coercitivamente cristiana, in cui si poteva venire torturati e condannati a morte per blasfemia – e dallo Stato, non dalla Chiesa.
GAIA BARACETTI


SCUOLA-LAVORO
Mi sembra evidente (...) l'assurdità del sistema di cosiddetta "alternanza scuola-lavoro".
La scuola non deve preparare al "mondo del lavoro". La scuola deve preparare alla vita. Chi è pronto alla vita, sarà poi pronto anche a lavorare.
Questo, attenzione, vale tanto più quando, come oggi, il lavoro non c'è: perché se il lavoro non c'è devi inventarlo, e se sei stato programmato per fare l'utile idiota esecutore passivo di compiti meramente tecnici, è difficile che tu sia in grado di mettere a frutto la tua creatività, la tua scintilla di umanità.
Quindi la retorica del "prepariamo al lavoro perché non c'è lavoro" è intrinsecamente fallace, come dimostra il fatto che la si realizza distruggendo il lavoro degli insegnanti.
La scuola deve aprire orizzonti culturali, che significa, poi, dare chiavi interpretative della realtà, aiutare a leggere (cominciando dai libri e dalle carte geografiche), aiutare a pensare (cominciando dall'analisi logica, e arrivando, magari, alla logica), aiutare quindi a conoscere per deliberare, aiutare a organizzare il mondo.
ALBERTO BAGNAI

sabato 4 luglio 2020

Popolazione e menzogne – 2

Si conclude qui l'intervento di Maria Luisa Cohen al Convegno 2008 di Rientrodolce, dal titolo “Perchè i media ignorano l´impatto dell’incremento della popolazione”. LUMEN

(seconda parte)

<< Qualsiasi metro si adoperi, si ha sempre torto. La stampa di destra non riconosce che l´economia è sussidiaria all´ambiente, le risorse del pianeta sono finite e non le importa se nel corso dello sviluppo economico a tutti i costi si perdono qualche milione di specie. La stampa di sinistra abbraccia lo slogan cretino: " non è la popolazione, ma il consumo” come se le due non fossero in relazione l´una coll´altra. In effetti, dicono la stessa cosa: che la torta basta per tutti, se viene distribuita in porzioni eguali.

L’imperativo è focalizzare l’attenzione sull’ultimo trend internazionale. Al momento esso è il Global Warming (GW), due anni orsono era di moda la Povertà, temi affrontati con concerti , gadgets e una panoplia di celebrità. In una ridicola intervista, John Lennon, che tutti gli ammiratori del defunto cantante dovrebbero considerare come testimonianza della sua insensatezza, dice che la popolazine, phew, no problem, it will balance itself out. Il Video conferma che i cantanti dovrebbero aprire la bocca solo per cantare o mangiare. Nel caso del nostro, il problema era anche fumare.

La CNN presenta un'abitante di una delle nazioni più povere del pianeta che si lagnava di non poter nutrire i suoi 6 figli (forse sarebbe stato il caso di regalargli un preservativo – n.d.r.). L’intervistatore mai batte ciglio o commenta queste notizie. Esse sono assolutamente normali, ovvie nella loro neutralità.

Nell’aprile 30 dall´Herald Tribune, si apprende che mancano i fertilizzanti artificiali, derivati dal petrolio, e vera manna dell´aumento della produzione agricola. Essi sono infatti piu’ efficaci di quelli naturali: mezzo chilo di fertilizzante chimico contiene piu´ nutrienti di 50 chili di quello naturale.

Jeffrey Sachs, quello della riduzione della povertà, dice che questa è la differenza tra la vita o la morte, essa è una delle cause per cui il mondo ha poche alternative a questa dipendenza dal petrolio, poiché la popolazione aumenta e cosi anche i noveau riches richiedono il loro share di benessere, insieme ai nuovi poveri. Intanto le associazioni ambientaliste dirigono l´attenzione del pubblico attraverso le loro direttive mediatiche sul fattore consumo.

E’ il loro mantra, ma Jeffrey McKee dell´Università di Columbus ci avverte che: "Anche se vivessimo come santi vegetariani, avremmo lo stesso impatto negativo sulla biodiversità”. Jane Goodall la protettrice dei primati in Africa è della stessa opinione. ("Heads not footprints stamp out species" da un rapporto del 25 luglio 2003.) Eppure il Corriere della Sera del 28 settembre 2003 riportava (a fine pagina) che durante una Conferenza in Etiopia, 200 scienziati da 35 differenti paesi dichiararono che 45.000 specie di flora Africana stanno sparendo per lo disboscamento dovuto a nuove coltivazioni.

Similarmente, un recente articolo del Times di Londra annuncia che i leoni sono minacciati da estinzione perché cacciati per salvare specie domestiche utili all’alimentazione. Eccetera. Ho una lunga lista di notizie, tutte rigorosamente riportate sui media, su distruzioni, carestia, esaurimento di risorse, tutte le catastrofi umanitarie che potete immaginare nella vostra fantasia più sadica, ma senza accusare che esista una relazione causale con il numero di persone che subiscono tali effetti devastanti.

Naturalmente, la domanda che potrebbe essere alla base di un quiz di uno show televisivo popolare sarebbe: "Quale è l´elemento comune a questa notizie?" Semmai troviamo una sclerotica referenza all´aumento della popolazione, è come un ripensamento, messo li distrattamente per giustificare l´ingiustificabile, suscitare compassione in cuori oramai assuefatti al peggio, con la notizia che esiste una fatalità incombente e travolgente come una valanga, una legge inevitabile a cui non possiamo sfuggire ma soltanto accettare perché scritta nel libro del Fato.

E’ certo che questa rassegnazione dipenda anche dal riconoscimento che l´istinto a procreare è un imperativo biologico, altrimenti la specie si sarebbe già estinta. Per consolazione, arriva sempre la soluzione tecnologica. La sola cosa importante è di nutrire gli affamati, ma senza dare loro una vita vera. Quelli d’altra parte non si accontentano della coltivazione a chilometro zero, ma la vita vera – secondo i canoni dei mass media manipolati dagli interessi economici mondiali - se la vanno a cercare ed emigrano in numero sempre crescente.

Di fronte all´inevitabile, i media e I politici vedono negli OGM la salvezza che ci condurrà ad un altro circolo vizioso, già previsto da Aldous Huxley. Ma spunta nell´inconscio collettivo un altro colpevole: l´ingiustizia umana: Non c´è acqua ? essa è distribuita in modo ineguale dalla piu´ grande originatrice di ingiustizia che esista, la natura. Se tanta gente muore laddove non c´è acqua è perchè vivono in luoghi senza acqua.

Si dovrebbe calcolare la "human density for unit of productive area.” Che ci direbbe che la terra dove questa gente abita non ha la capacità produttiva di sostenere neanche dieci di loro per metro quadrato, a ogni livello di vita decente. Una schiera di buoni intenzionati ci assicurano che, se eliminassimo tutte le guerre, distribuiamo le risorse equamente, incoraggiamo l´economia di mercato, diritti umani, democrazia, saggezze tradizionali, offriamo solidarietà, globalizziamo, deglobalizziamo, curiamo l´Aids o la malaria, ma non contraccettivi, allora ? Allora secondo costoro il mondo ridiverrebbe verde e le megalopoli finirebbero di inquinare.

Invece, ultimamente l´attenzione dei media si rivolge a un altro problema scottante: la mancanza di nascite nell´Occidente, Europa e Giappone. Singapore incoraggia coppie con iniziative decisamente osè per gli standard puritani dei paesi asiatici: suggerimenti come avere sesso nei sedili posteriori della macchina, inclusi mappe per i luoghi piu’ appartati e altri mating rituals organizzati dal governo.

Già l’Ansa nel 10 luglio 2006 intitolava drammaticamente una notizia: Famiglia: dagli anni '70 il crollo della natalità: “Sono emersi dunque dati definiti "allarmanti", e cioé che in Italia si è passati in meno di un quarto di secolo da più di 2,7 a meno di 1,2 figli per donna: la capacità di fare bambini della società italiana, in soli 25 anni, si è ridotta di quasi tre volte.”

Dunque, il problema è un altro: siamo troppo pochi. Non importa che la densità della popolazione in italia sia del 197,5 al km2, che ci pone i già menzionati problemi di occupazione del suolo. (la ricca Australia ha una densità di 2,6…) Per l’ Europa, in generale, il declino delle nascite è la metafora del declino della nostra civilizzazione. Dappertutto, culle vuote e incentivi finanziari per procreare. Ma quale fu il numero di cittadini di Atene al tempo di Pericle ?

E se contiamo sul numero di Conferenze sulla Popolazione che si sono susseguite nel passato, e già menzionate, dobbiamo riconoscere che il soggetto doveva essere riconosciuto come importante. Importante ma tabù. Il soggetto è potenzialmente esplosivo, per le sue ramificazioni ideologiche e perché per sua stessa natura induce una specie di “scale paralysis” che prende qualsiasi dirigente che debba affrontare decisioni impopolari dal punto di vista politico, sociale e morale.

L´United Nation World Summit on Sustainable Development, focalizzato sullo sviluppo dell´Agenda 21, era una buona occasione per sollevare la questione. E cosi il Millennium Development Goals: gli otto obiettivi non comprendono la sovrapoppolazione, ma l´eliminazione della povertà. Si continua a non vedere la connessione e la vera origine del problema.

In caso che aveste perduto il tema, tutte queste Conferenze Internazionali parlano di povertà e della sua eliminazione e, come quella del Cairo, dei Diritti della Donna ma sempre vista come madre pronta a prolificare. Intanto, sono andata a vedermi il Bollettino dell´Earth Negotiation (ENB) pubblicato dall´International Institute for Sustainable Development (IISD), ma non ho trovato il problema popolazione. Quando ho telefonato per sapere il perché di questa omissione, mi fu risposto che il problema apparteneva a un´altra Istituzione dell´ONU, la Population Division.

La maggior parte delle discussioni post Johannesburg e Millennium Goals assumono la posizione dello struzzo. Leggendo le risoluzioni passate e presenti (e presumo future), sono tutte un labirinto di non-eventi, concernenti formalità e formule per accedere ad altri eventi, specificazioni di azioni spiegate in maniera da perdere il loro significato originale e disegnate allo scopo di confondere e occultare il vero problema. Gli incontri prendono tempo per organizzare altri incontri inconcludenti, dove verranno formate nuove Commissioni e Gruppi, tutti espressi in acronimi, nel caso consueto che non si possano pronunciare i loro titoli.

A un certo punto, con l´arrivo degli esperti che devono presentare rapporti sulla desertificazione, per esempio, l´accumulazione delle conoscenze senza relazione ad altre conoscenze è cosi vasta che ogni persona sana di mente rinuncia a pensare che si possa arrivare a una soluzione ai problemi espressi in un farragginoso burocratese (infarcito di politically correct) che non è comprensibile da nessuno. In conclusione, sono convinta che la comunicazione sia una priorità, che non ci si puo’ chiudere dentro se stessi ma rivolgersi al vasto pubblico.

E’ essenziale l’aiuto delle comunicazioni di massa che possono anche convincere la politica dell’importanza del fattore Popolazione. Gli stessi politici devono sapere che è loro dovere diffondere le “cattive notizie”, perché la situazione è grave, e piu´ la si ignora piu´ diviene intrattabile. Spero di avere aiutato a dimostrare l’urgenza della ignorata connessione tra i problemi del pianeta e la sovrappopolazione, cosi come la necessità della cooperazione dei media nonché di tutte le forze responsabili che ne sono a conoscenza, per influenzare e diffondere questa consapevolezza.

Queste influenze si rinforzano mutualmente e sinergicamente per un incentivo alla auto regolazione delle nascite e l’appoggio di strumenti adeguati per favorire la sua attuazione. I politici che cercano di convincerci che la sostituzione di efficienti lampadine e il ciclo virtuoso dei rifiuti possano salvare il pianeta, dovranno rivolgere la loro attenzione verso un cambiamento di priorità dei loro cittadini. La rivoluzione dei costumi può, anzi deve, cominciare da una rigorosa ed onesta informazione. Ma….. >>

MARIA LUISA COHEN