venerdì 14 febbraio 2020

Punti di vista - 16

CULTURA UNICA
Quello che appare evidente agli occhi del viaggiatore è l'oscena identità ripetitiva di quello che una volta sarebbe apparso come la varietà delle culture, dei costumi, delle città e dei paesaggi del mondo.
Un unico grande proliferare di caseggiati e di infrastrutture, tutte assolutamente simili, un crescere di grattacieli assolutamente indistinguibili e simili nei vari luoghi e megalopoli, strade, aeroporti, apparati di illuminazione, centri commerciali, tunnel, ferrovie, ponti, tralicci.
Un identico movimento e attività di milioni di umani che brulicano affannosamente in un fare che non conclude nulla, ma è perennemente fine a se stesso, sradicati e lontani dalle vecchie appartenenze, senza più una cultura se non quella del valore della moneta e della merce.
Tutti si adoperano per un interesse che gira intorno al proprio presente, al proprio utile, al proprio sussistere. La vita diviene ovunque uguale, uniforme nei tempi e nei modi di fruizione. (…)
Questo dramma, anziché denunciato viene quasi osannato dai media controllati dall'apparato produttivo e finanziario: con la definizione di multiculturalismo si cerca di far passare la scomparsa di ogni cultura, definendola paradossalmente come integrazione tra culture diverse.
AGOBIT


STATI UNITI D’EUROPA
Noi non crediamo affatto alla realizzabilità degli Stati Uniti d'Europa.
Ma qualora questa distopia si realizzasse essa sarebbe un incubo, la democrazia ne risulterebbe azzerata, mentre il dominio ordo-liberale avrebbe così la sua definitiva consacrazione. (…)
Ed aumentare il bilancio federale della UE va esattamente in quella direzione: meno risorse per gli Stati nazionali (dove la democrazia conta ancora qualcosa, ed è comunque un terreno di lotta), più risorse ad una tecnocrazia a-democratica priva di ogni controllo.
LEONARDO MAZZEI


CONDOTTIERI
Quando si dice che il tale condottiero vinse la tale battaglia, si dà l’impressione che non avrebbe potuto che vincerla e che l’abbia vinta soltanto per proprio merito.
In realtà, la maggior parte delle battaglie vinte si sarebbero potute perdere, e la vittoria è certo dipesa dai meriti di chi ha guidato l’esercito, ma anche dalla fortuna, dal caso e dagli errori degli avversari.
La conclusione è che, se possiamo dire che Cesare è stato uno straordinario genio militare, è per ragioni statistiche, per la quantità di battaglie vinte.
E tuttavia, guardando a quelle vicende con la lente d’ingrandimento, si vede che perfino Cesare è stato spesso ad un pelo dal perdere la battaglia ed anche la vita.
Tanto che, se per sfortuna gli fosse andata male una delle prime battaglie, di lui non avremmo nemmeno sentito parlare.
GIANNI PARDO


PRODUZIONE INDUSTRIALE
La produzione industriale ha sovvertito il precedente paradigma basato sul lavoro manuale, dove le uniche possibilità di arricchimento rapido potevano essere lo sfruttamento della schiavitù o i bottini di guerra, aprendo la strada al mondo moderno in cui la ricchezza può essere prodotta in copiose quantità partendo dalla disponibilità di manodopera, dalle materie prime e dall’energia.
Ricchezza che richiede comunque di essere in parte redistribuita per motivare la manodopera asservita alle macchine utensili.
MARCO PIERFRANCESCHI


LA BELLA ETA’
A cinquant’anni non si è le stesse persone che si è a quindici!
Ed è giusto e bello che sia così! Se no che viviamo a fare? Come i pesci rossi?
Perché tutti dicono: ho quarant’anni, ma me ne sento venti?
No, cavolo. Io a quarant’anni voglio essere sana e in forze, ma voglio sentirmene quaranta, perché, se ci arrivo, la vita mi avrà insegnato qualcosa, sarò più prudente su alcune cose e più esperta su altre, o no?
O sarò l’oca che ero a diciotto?
GAIA BARACETTI

15 commenti:

  1. Cultura unica

    Ma l'uniformizzazione o omologazione del mondo non è forse anche il risultato dell'incremento demografico? Per sovvenire alle necessità di tanti miliardi d'individui, ai loro bisogni primari (alimentazione, salute, abitazione, istruzione, ordine pubblico, magari anche la difesa), la standardizzazione è inevitabile, tanto più che la tecnologia ha unificato il mondo. Le culture si sono sviluppate in passato in contesti ristretti e relativamente isolati. Anche di grandi culture del passato (Cina, Maya, Aztechi) gli altri abitanti del globo non sapevano niente. Oggi invece siamo informati in tempo reale di ciò che avviene all'altro capo del mondo, idee, mode, invenzioni si diffondono rapidamente.
    Non molto tempo fa in Germania si parlava di una "Leitkultur" (= cultura guida, autoctona) tedesca a cui i nuovi arrivati dovevano conformarsi se volevano essere accettati. Ma esiste davvero ancora una Leitkultur nazionale, tedesca o italiana? Ne dubito. L'omologazione procede spedita. Già quarant'anni fa un docente e scrittore italiano, Vittorio Saltini, parlava di una cultura ormai globale, prima ancora che si parlasse di globalizzazione dei commerci. Il Corriere parlava nel 1999 di "uomo planetario". Certo ci sono ancora differenze, anche notevoli, tra le varie regioni del mondo, ma la tendenza sembra quella (che a qualcuno, a noi, a me può anche non piacere).

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    1. Giusta osservazione, Sergio. Il collegamento c'è ed è evidente.

      Io farei comunque una distinzione tra pseudo-cultura tecnologica, che ormai è davvero universale (PC e telefonini, per fare un esempio, sono uguali in tutto il mondo) e cultura vera e propria che, per il momento, si regge ancora sulle lingue nazionali e quindi, sino a che non saremo sommersi da una lingua unica mondiale (immagino una sorta di inglese trans-genico) è ancora ben viva e vitale, e - si spera - potrà restarlo ancora per un po'.

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  2. Lo spero anch'io. Del resto persino i nostri padroni si rendono conto che l'uniformità è soffocante, insopportabile, anche pericolosa (un virus può spazzare via milioni di persone). Tanto è vero che promuovono anche la diversità culturale come antidoto alla banalizzazione dell'esistenza. Che viaggio a fare se trovo ovunque il Mac Donald, le stesse case, le stesse cose, gli stessi scemi? E difatti persino l'UE vuole "la diversità nell'unità". Ma come far sentire europei 500 milioni di persone che parlano lingue diverse? La lingua è ancora un argine alla massificazione. Il Fogliaccio di Ferrara vuole promuovere il "patriottismo europeo" contro il sovranismo o patriottismo o nazionalismo dei poveri di spirito attardati. Interessante, anche per i nostri globalisti al soldo delle élite apolidi fa di nuovo capolino il concetto di patria. Un po' (troppo, direi) allargata ma pur sempre una patria che ci distingue, che so, dai cafoni statunitensi.

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    1. << Il Fogliaccio di Ferrara vuole promuovere il "patriottismo europeo" contro il sovranismo o patriottismo o nazionalismo dei poveri di spirito attardati. >>

      Auguri vivissimi.

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  3. Concordo sulla importanza della demografia e sulla ridotta linguistica. Tuttavia la potenza della tecnica uniformante è inarrestabile e travolgente...

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    1. Caro Agobit, purtroppo hai ragione.
      Anche perchè l'uso dell'alta tecnologia moderna porta inevitabilmente con sè l'uso della sua lingua di riferimento, che è, ovviamente, l'inglese.
      Ormai la lingua italiana (così come le altre) ha dovuto accettare una tale marea di termini anglofoni da essere ormai ibrida in molti ambiti (economia, finanza, sport, spettacolo, turismo, ecc.).

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  4. "Stati Uniti d'Europa"

    Sparare contro l'unificazione europea oggi (almeno in Ita) è come sparare contro la Croce Rossa...
    Ciononostante rivendico il diritto all'eresia e dunque alla prestigiosa compagnia (ideale) di Mazzei, Bagnai, Borghi, Bannon, Dughin & co. continuo laicamente e testardamente a preferire quella di "scartine" come Adenauer, De Gasperi, Schumann, Einaudi, E.Rossi, Spinelli, Churchill, Mrs. Thatcher, Ortega y Gasset, R.Rolland, Valery, Kohl, Mitterrand, Pannella ... e del Direttore Sallusti (notoriamente pericoloso sovversivo bolscevico komunista attualmente assiso sulla poltrona che fu di Montanelli a causa di oscure manovre ordite dal Conte Kalergi,dagli illuminati di Baviera e dalla setta dei Rosacroce, con la supervisione del Joker...) Saluti

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    1. Claude, conosco bene il tuo pensiero su questi argomenti e lo rispetto.

      Però mi chiedo:
      Possiamo davvero attenderci che gli eventuali Stati Uniti d'Europa raggiungano un livello di democrazia superiore, o anche solo pari, a quello attuale dei singoli Stati ?
      Possiamo davvero aspettarci uno spirito di coesione e di patriottismo simile, o almeno avvicinabile, a quello degli USA ?

      Io sono molto dubbioso su questi punti, non fosse altro che per i diversi percorsi storici seguiti dall'Europa e dall'America.

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    2. Questa risposta denota buon senso e tocca una questione seria, ma (dovendo sintetizzare x motivi di spazio/tempo) faccio presente che di fronte a un deficit di coesione e di democrazia è opportuno remare costantemente in direzione contraria e sfasciare tutto oppure cercare di RAFFORZARE quel che già esiste e ha spesso richiesto grandi sforzi? Oppure vogliamo darla vinta da subito agli altri 'big competitors' del complesso scenario geopolitico mondiale contemporaneo (in primis Cina, Russia, Stati Uniti), mentre noi europei ci combattiamo reciprocamente come i famosi polli di Renzo? Saluti

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  5. PS: nel concetto di 'rafforzare' è compreso non soltanto il potenziamento ma anche il miglioramento, ossia l'accrescimento del tasso di democrazia e il recupero/valorizzazione di quei tratti comuni che i vari Paesi europei (spec.te occidentali) possiedono in misura sostanzialmente analoga a quella posseduta a metà Ottocento dagli Stati e Staterelli italiani pre-unitari e che (in un caso come nell'altro) un impianto politico-giuridico-istituzionale basato sui principi-cardine del Federalismo e della Sussidiarietà sarebbero in grado di sublimare e rendere atti ad affrontare seriamente le molteplici sfide ambientali, culturali, economico-sociali e tecnologiche contemporanee: nell'ottica di una Sovranità moderna, triplice (locale-regionale, statuale e continentale) e dunque PIU' forte...

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    1. Credo che il processo di integrazione europea potrà accelerare solo se e quando lo decideranno le due locomotive UE (Germania e Francia).
      Può darsi che la Brexit li induca a fare qualcosa in tal senso, ma non è detto.
      Certo è che l'introduzione prematura dell'euro (così fuori tempo da far pensare alla malafede) non mi rende molto ottimista.

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    2. "Certo è che l'introduzione prematura dell'euro (così fuori tempo da far pensare alla malafede"

      Con l'euro (irreversibile per Draghi) e la libera circolazione si è voluta accelerare l'integrazione europea verso gli Stati Uniti d'Europa. Si è cominciato a costruire la casa dal tetto e come si vede la cosa non funziona. Intanto ancora vari paesi dell'UE non hanno l'euro e stanno meglio (Gran Bretagna, Polonia, Svezia, mettiamoci anche la Svizzera). Quanto alla libera circolazione funziona solo o soprattutto da est a ovest benché Bruxelles pompi miliardi nelle economie ex socialiste perché si sviluppino. Ma polacchi, rumeni, lituani ecc. preferiscono trasferirsi subito dove si sta già meglio. La Romania vive un'emorragia demografica preoccupante: è scesa da 23 a 19 milioni di abitanti, tanto che adesso intende favorire l'immigrazione ... Anche dall'Italia si emigra in paesi più promettenti (ma l'emigrazione italiana è oggi diversa dal secolo scorso, emigrano tanti laureati).

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    3. << Con l'euro (irreversibile per Draghi) e la libera circolazione si è voluta accelerare l'integrazione europea verso gli Stati Uniti d'Europa. >>

      Con la libera circolazione, certamente, si è voluto accelerare i tempi dell'unificazione.

      Sull'introduzione dell'euro, invece, ho forti dubbi, tanto da aver utilizzato (volutamente) l'espressione 'malafede'.
      Se davvero volevano andare in quella direzione, infatti, avrebbero dovuto incominciare ad unificare molte altre normative economico-fiscali, e solo dopo introdurre la moneta unica, come ciliegina finale.
      Invece...

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  6. Mah, malafede o non malafede, magari Mitterand e Kohl pensavano davvero che introducendo - imponendo - la moneta unica e la libera circolazione i giochi erano fatti, saremmo diventati tutti automaticamente europei come sogna Il Foglio. Invece bisognava cominciare dalle fondamenta e l'euro sarebbe stato come dici tu la ciliegina finale.
    Il fatto è che le economie dei singoli paesi dell'UE sono troppo dissimili. A vent'anni dall'introduzione dell'euro, della libera circolazione e dei miliardi e miliardi pompati nelle economie dei paesi dell'est europeo siano in pieno marasma.
    La mia proposta è: torniamo alla Comunità economica europea.
    Ma saremmo un vaso di coccio tra le grandi potenze economico-militari? USA, Russia, Cina. Non è detto, perché l'economia conta, anzi conta sempre di più, addirittura più delle atomiche.
    Poi per il momento non vedo la possibilità di una difesa comune europea a trazione francese.

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    1. Caro Sergio, sarò cocciuto, ma io continuo a propendere per la malafede.
      Non mi pare, infatti, che l'euro abbia compattato maggiormente le varie economie, che continuano a dipendere dai governi dei singoli stati.

      Ha però totalmente impedito le svalutazioni competitive tra le varie valute, che potevano aiutare le economie dei paesi più deboli in caso di necessità.
      L'euro quindi, (secondo molti economisti non ortodossi) sarebbe stato introdotto proprio per questo motivo: ed infatti l'Italia, che queste svalutazioni le utilizzava spesso con notevole successo economico, non ha più potuto effettuarle, con le belle conseguenze che vediamo.

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