Ne
deriverà, molto probabilmente, un aumento delle guerre, quanto meno di
quelle locali. Però le guerre hanno un costo, e non solo a livello di
perdite umana,
ma proprio a livello energetico, e quindi anche loro soggiaciono alle
ferree leggi dell’EROEI, ovvero del “guadagno energetico netto”.
Ce ne parla Antonio Turiel in questo post, tratto da Effetto Risorse.
LUMEN
<<
Dal punto di vista etico, parlare del rendimento o beneficio della
guerra sembra di un cinismo insopportabile, poiché innanzitutto la
guerra è morte,
feriti, distruzione, epidemie, fame, famiglie distrutte, illusioni
perdute, caos, perdita di civiltà... Non c'è niente di eroico nella
guerra per quanto la propaganda la glorifichi e pensare alla guerra in
termini del proprio beneficio è deplorevole. Tuttavia,
le guerre si fanno sempre per guadagnare qualcosa. (…)
D'altra
parte, discutere del beneficio materiale della guerra può essere utile
se si può dimostrare che tale beneficio materiale non si realizzerà,
perché
non è raggiungibile o perché semplicemente non esiste. Di fatto, nella
misura in cui la nostra civiltà va consumando il suo prevedibile
transito di decrescita energetica, le guerre successive saranno sempre
meno interessanti dal punto di vista del beneficio.
Addirittura, passato un certo punto (quello dei ritorni decrescenti),
andare in guerra accelererà il nostro cammino verso il collasso, anziché
ritardarlo.
La
Storia mostra e dimostra, tuttavia, che riconoscere che ci si trova in
un punto di ritorno negativo (in qualsiasi attività, non solo nella
guerra) è molto
difficile e generalmente si continua a fare la stessa cosa che si è
sempre fatta (…) per inerzia, finché quella stessa inerzia è quella che
accelera la nostra caduta. Quanti imperi aggressivamente espansionisti
hanno collassato nella Storia ancora più rapidamente
di quanto si siano espansi, proprio perché le nuove guerre finivano per
porre un carico maggiore dei benefici che apportavano ? (…)
Comprendere
e spiegare come mai la guerra sia materialmente onerosa può essere
utile per far riflettere coloro che non vengono toccati dagli argomenti
etici,
ma che sono sensibili alle variazioni del loro portafoglio. Distinguerò
[quindi] tre tipi di guerra, a seconda del loro rendimento energetico:
le guerre di saccheggio, quelle di dominio e quelle egemoniche. (…)
Guerre di saccheggio
E'
il tipo più semplice e di base di azione bellica, quello che ha l'EROEI
più elevato. L'attaccante assalta un determinato territorio con
l'intenzione più
o meno dichiarata di prendere tutto ciò che può. Non si tratta di tenere
una posizione, ma di prendersi il bottino e scappare di corsa. Questo
tipo di conflitti di solito hanno dimensioni limitate, non essendo
tipici di stati-nazione ma di bande mercenarie,
pirati e simili.
Esempi
storici di questo tipo di guerra sarebbero su piccola scala, quelle
intraprese dai Vichinghi su tutta la costa del nord Europa o quella dei
pirati
nei sette mari, ma grandi nazioni lo hanno tenuto come forma di
finanziamento. Per esempio, la Spagna del XVI e XVII secolo finanziava
le proprie armate, praticamente mercenari, col saccheggio delle
popolazioni conquistate (…).
Il
costo di questo tipo di guerra è molto limitato: un uomo, un'arma e un
sacco in cui mettere tutto ciò che si può saccheggiare. Al contrario, il
rendimento
è molto elevato, soprattutto in regioni dove da tempo non si verificava
un saccheggio. Possiamo fare una stima del rendimento del saccheggio in
funzione della sua frequenza: più tempo passa fra un saccheggio e
l'altro, maggiore è il rendimento del saccheggio
precedente. L'EROEI è sicuramente alto, anche se la quantità totale di
energia ottenuta è relativamente piccola (…).
Le
popolazioni di saccheggiatori non possono crescere in modo illimitato,
visto che ci sono vari fattori che ne limitano l'espansione: la
disponibilità di
obbiettivi sufficientemente ricchi da garantire la sopravvivenza del
gruppo stesso fino al saccheggio seguente, la necessità di lasciar
passare un certo tempo prima di tornare a saccheggiare lo stesso luogo
perché si possano riparare i danni e si torni a generare
una ricchezza sufficiente (…), la difficoltà crescente a saccheggiare se
la presenza dei saccheggiatori è molto nota, visto che le città
rafforzano le proprie difese, ecc. (…)
Questo
modello di guerra ha una certa somiglianza con le società dei
cacciatori-raccoglitori (…), visto che si specializzano nel prendere le
risorse dall'ambiente
senza alterarlo, lasciandolo evolvere liberamente. Ma, al contrario dei
cacciatori-raccoglitori, è molto difficile che i saccheggiatori
raggiungano un equilibrio col proprio ecosistema e la cosa più probabile
è che alla fine i saccheggiati si organizzino e
finiscano per distruggerli, inseguendoli fino alle loro case se
necessario.
Guerre di conquista
Questo
tipo di guerra è quello preferito dagli stati-nazione. L'obbiettivo
della guerra di conquista è mantenere il controllo permanente di un
territorio
e quindi delle sue risorse. Non basta, quindi, entrare in un territorio,
bisogna occuparlo. Pertanto questo implica dispiegare un contingente
militare ben addestrato e mantenerlo a tempo indeterminato su un
territorio per garantire il flusso di risorse.
Anticamente,
gli Stati occupanti rimanevano fisicamente al comando dei paesi
occupati. Oggigiorno, approfittando del fatto che tutto il mondo è
organizzato
in Stati-nazione, gli Stati occupanti collocano un'amministrazione
locale favorevole ai propri interessi e si rivolgono allo stesso
esercito locale come garante della pace e dell'ordine, in favore dei
suoi interessi. L'unica cosa che l'occupante mette in campo,
a lungo termine, sono le imprese dedite all'estrazione delle risorse
della nazione soggiogata.
Grazie
a questo sotterfugio di esternalizzare l'occupazione con
“subappaltatori locali” si è riusciti a diminuire di molto i costi di
questo tipo di guerra,
che in passato era molto onerosa (più di un impero ha ceduto a causa
degli alti costi di una sola campagna militare fallita). Per questo
motivo, le guerre di occupazione del passato avevano un EROEI molto
basso e si occupavano soltanto paesi ricchi di risorse
desiderate (…).
L'attuale
sistema di esternalizzazione ha ridotto i costi per i paesi occupanti a
quelli della prima campagna destinata ad annichilire la resistenza
locale
ed instaurare il governo amico, il che è molto più economico che
incorrere in costi continui per anni, compreso quello di una opinione
pubblica che, di solito, finisce per essere contraria, soprattutto
quando si organizza una resistenza nel paese occupato,
che comporta vittime umane per l'occupante che si accumulano (e senza
contare gli arruolamenti forzati).
L'esternalizzazione
ha funzionato molto bene per tutto il XX secolo, permettendo di
dissimulare il motivo della nostra ricchezza. (…) Tuttavia, col crollo
naturale, per ragioni fisiche e geologiche, dell'EROEI dei giacimenti di
materie prime energetiche, le aziende occidentali si ritrovano in una
situazione compromessa: per mantenere l'alto rendimento energetico delle
sue fonti per l'occidente devono ridurre
il beneficio netto per la popolazione locale. (…)
[Inoltre]
i paesi occidentali si sono specializzati in eserciti di azione rapida e
fulminante, che causano un grande danno iniziale con poco rischio per
le proprie truppe, e non in occupazioni a lungo termine. Per questo le
occupazioni a lungo termine, come quella dell'Afghanistan, sono tanto
disastrose, perché hanno bisogno di un approccio militare diverso che
implica un costo più alto che, semplicemente,
non si vuole e non si può pagare.
Pertanto,
l'EROEI delle moderne guerre di conquista sta diminuendo in perfetto
parallelo con l'EROEI delle fonti energetiche che si vogliono
controllare.
Per questa ragione, imbarcarsi in guerre in paesi che hanno già superato
il loro picco del petrolio non è solo eticamente disprezzabile, è anche
economicamente ed energeticamente rovinoso. (…)
Le
guerre di conquista hanno alcune analogie con le società agricole: si
vuol ottenere il controllo permanente di una risorsa, anche modificando
l'ambiente
per migliorarne il rendimento. Il problema delle guerre di conquista
attuali è che le risorse desiderate non sono rinnovabili, pertanto il
rendimento è obbligato a cadere, fino a rendere questo tipo di guerra un
pozzo, anziché una sorgente, di risorse.
Guerre per l'egemonia
Questo
tipo di guerra è quello proprio di un impero o, con una terminologia
più moderna, di una super-potenza. L'obbiettivo della guerra per
l'egemonia è
mantenere lo status quo della “metropoli”. Queste guerre non hanno
generalmente l'obbiettivo di ottenere il controllo di una risorsa, ma di
mantenere un controllo che si ha già, e a volte non si fa neanche
contro il paese che ha le risorse, ma contro uno dei
paesi satellite, a loro volta controllati, che danno sostegno logistico
alle operazioni.
Questo
tipo di guerra è sempre un pozzo di risorse. Esempi di questo è il tipo
di guerra che ha vissuto l'Afghanistan, sia con l'Unione Sovietica
prima sia
con gli Stati Uniti poi. Anche qui la tendenza è all'esternalizzazione:
sono le guerre in prestito, (…) fatte da manovalanza appoggiata dalle
super-potenze che si disputano l'egemonia sul territorio. Un esempio di
questo tipo è la guerra civile che sta avvenendo
in Ucraina, col controllo del flusso di gas naturale russo all'Europa
sullo sfondo.
Le
guerre per l'egemonia, come abbiamo detto, hanno per definizione un
EROEI minore di 1 (cioè, si guadagna meno di quello che si consuma),
quando non direttamente
uguale a 0 (non si guadagna niente), perché l'obbiettivo molte volte non
è tanto guadagnare, ma non perdere. Nella misura in cui una
superpotenza è più globale e controlla più territori, deve combattere,
direttamente o indirettamente, sempre più guerre per
mantenere quello che ha già.
Essenzialmente
sono guerre completamente territoriali, tipiche del maschio alfa, che
hanno senso solo quando altri territori provvedono alle risorse
necessarie
per mantenerle. Sono anche, per il loro EROEI basso, il principale pozzo
di risorse di molti imperi; siccome di solito sono ricorrenti nelle
fasi di decadenza degli imperi, di solito sono anche la causa della loro
perdizione.
Anche
se queste guerre sono tipiche degli imperi, nella misura in cui questi
si decompongono emergono paesi che si contendono lo spazio ora vacante,
anche
aspirando a diventare un impero che sostituisce un altro impero. Ma
siccome a quel punto sono molti i paesi che si contendono quel luogo, su
scala sempre più regionale, queste guerre sono sempre più complicate ed
in realtà non si possono mai vincere in modo
definitivo. Servono semplicemente a dissipare risorse più rapidamente.
(…)
Come
vedete, a lungo termine non tornano i conti per nessun tipo di guerra e
in realtà la più redditizia è la più banale: il saccheggio. >>
ANTONIO TURIEL
Ma come mai, se le guerre sono più meno tutte inutili, se ne sono fatte un'infinità e se ne continuano a fare (forse meno oggi)? Probabilmente per istinto (dobbiamo comunque conservare la preminenza, anche se la guerra non rende effettivamente) e dunque per la vista corta. Ci sono però ora due fattori nuovi che in passato non esistevano: la presenza di armi terrificanti che possono annientare aggressori e aggrediti (forse per questo, per l'equilibrio del terrore, una vera terza guerra mondiale non ha avuto luogo); e poi direi che anche la demografia ha la sua parte: tendenzialmente stiamo assistendo all'unificazione del genere umano (nonostante i tanti conflitti in corso) e ciò potrebbe incrementare lo spirito di cooperazione più della competizione - e col tempo relegare lo spirito guerriero fra le anticaglie dell'homo sapiens. Questa visione può apparire, me ne rendo conto, ingenua o sciocca, perché la pace universale proprio non è alle porte. Fra parentesi la pace perpetua di Kant non prevedeva l'abolizione degli eserciti, ma il loro sostanziale equilibrio (dunque un equilibrio del terrore anche se su scala ridotta rispetto alle attuali possibilità).
RispondiEliminaEmanuele Severino prevede(va) l'instaurazione del paradiso della tecnica (capace di aumentare le sue possibilità teoricamente all'infinito). Ma pensa(va) però che prima di far godere tutti del paradiso il primo mondo avrebbe assicurato il proprio approvvigionamento di risorse (se necessario con armi di distruzione di massa) e solo in un secondo momento il terzo mondo avrebbe partecipato al banchetto. Ovviamente Severino mette(va) in conto aspri conflitti tra primo e terzo mondo fino all'avvento del paradiso della tecnica per tutti. Ma ci sono troppe atomiche e troppa gente perché tutto si risolva per il meglio (Severino dice che Americani e Russi non hanno alcuna intenzione di suicidarsi - probabile, ma l'errore è sempre in agguato).
<< Ma come mai, se le guerre sono più meno tutte inutili, se ne sono fatte un'infinità e se ne continuano a fare (forse meno oggi)? Probabilmente per istinto (dobbiamo comunque conservare la preminenza, anche se la guerra non rende effettivamente) e dunque per la vista corta. >>
RispondiEliminaCaro Sergio, sono d'accordo con te.
Credo anche io che il "combinato disposto" di questi due elementi (l'istinto alla sopraffazione e la vista corta) sia alla base di quasi tutte le guerre.
Molte delle quali hanno dato un ottimo guadagno agli aggressori, non lo nego, ma anche in quel caso non credo che - prima di partire - fossero state fatti ragionamenti molto profondi.
Si è partiti con la solita vista corta, e poi, semplicemente, è andata bene.
Tanto è vero che, in molti casi, alla prima guerra (profittevole) ne sono seguite altre, che si sono concluse molto peggio.
Oggi, certamente, la minaccia atomica rende una terza guerra globale molto improbabile, ma di guerre più o meno "convenzionali" ce ne sono ancora molte e mi aspetto un loro aumento nell'immeditato futuro.
Estote parato.
I Romani erano imperialisti, conquistatori e saccheggiatori (sarà per questo che l'impero romano gode ancor oggi di attento studio e ammirazione?).
RispondiEliminaTutti gli anni facevano guerra, tutti gli anni (tranne che nel 236 a. C.). La consideravano una necessità (per gli approvvigionamenti dell'urbe) e per fare bottino. Si arricchivano da pazzi. Poi nel testamento Augusto dava persino una mancia a tutti i cittadini. Sacra fames auri. Dopo il primo miliardo ti ci vuole il secondo, se non sei infelice o ritieni i tuoi beni non abbastanza al sicuro.
Credo che le guerre dell'Impero Romano abbiano proprio seguito la classica curva dell'EROEI.
RispondiEliminaAll'inizio vincevano e guadaganvano tantissimo: il saldo netto era attivo e tutti si arricchivano (compresa la plebe).
Poi pian piano le ricchezze conquistabili diminuivano, mentre le spese militari non potevano farlo allo stesso modo, perchè bisognava controllare i territori conquistati.
Alla fine l'EROEI è calato drasticamente e l'impero - gravato anche dal notevole aumento della popolazione (oh yes) - ha fatto la fine che sappiamo: altro che decadenza dei costumi !
"l'EROEI"
RispondiEliminaSciocchezze economicistiche contemporanee per gabbare i polli, l' "utilita' marginale" non e' solo una grandezza aritmetica misurabile monetariamente, e' un giudizio di valore. Come quello che sto dando in questo momento all'economicismo.
Scusa Diaz, ma non sono d'accordo.
EliminaPer me si tratta di un concetto oggettivo di grandissima importanza, che viene spesso sottovalutato proprio perchè lo si confonde con un semplice giudizio di valore.
Io l'ho scoperto abbastanza tardi, ma mi sembra un elemento di valutazione imprescindibile.
"Oggettivo"? Ti pare che il tenore di vita che abbiamo oggi abbia qualcosa di "oggettivo"? Non c'e' quasi nulla di "oggettivo", per il 99 per cento si tratta di artefatti umani voluttuari che tutti desiderano solo perche' tutti gli altri li hanno. L'esempio paradigmatico della nostra epoca lo da' l'automobile: il 99 per cento dell'energia che consuma serve a muovere se stessa (termodinamicamente, non per modo di dire). Siamo talmente confusi coi nostri artefatti che tolti loro mi chiedo cosa resti, resteremmo nudi in tutti i sensi. Del resto questa e' la nostra peculiarita'.
Elimina<< Ti pare che il tenore di vita che abbiamo oggi abbia qualcosa di "oggettivo"? >>
EliminaOk, d'accordo, vivamo in mezzo alle illusioni ed ai bisogni indotti.
Però il concetto di EROEI mi pare una cosa molto diversa dal tenore di vita.
L'E. è solo il risultato matematico di una sottrazione.
Il modo - più o meno sensato - con cui utilizzo la mia energia netta è tutto un altro discorso.