sabato 8 giugno 2013

Sintonia fine

Gli esseri viventi, e quindi anche l’Uomo, che ne rappresenta l’esemplare più recente, si trova collocato in una sorta di terra di confine tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande.
La vita, infatti, è il frutto di un delicatissimo equilibrio di forze chimiche e fisiche, che rendono la nostra esistenza strettamente intrecciata con il pianeta che ci ospita. Si tratta di un legame forte, di cui non dobbiamo mai dimenticare l’esistenza e che dovrebbe renderci un po’ più umili, rinunciando alla stupida presunzione di poter dominare l’universo.
A questo intrigante argomento è dedicato il libro “Un’altra Terra. La scoperta della vita come fenomeno planetario” di Dimitar Sasselov, di cui riporto una breve sintesi dell’amico Agobit (dal suo Blog “Un pianeta non basta”).
LUMEN


<< La vita avviene a un livello intermedio dell’organizzazione della materia nell’Universo. Ciò è fondamentale in quanto in questo modo le molecole della vita e le cellule sono abbastanza grandi da evitare le imprevedibili e distruttive stravaganze della scala degli atomi, cioè del mondo della fisica quantistica, dove l’elevata velocità e l’instabilità dei fenomeni impediscono l’auto-organizzazione di sistemi complessi.

Allo stesso tempo le macromolecole della vita sono abbastanza piccole da beneficiare della ricchezza dei legami chimici, che è un segno distintivo della scala atomica.
Stando in una scala intermedia le molecole complesse e le reti chimiche della vita evitano la distruttività violenta dell’universo su grande scala, abitando una scala abbastanza piccola da consentire molti ambienti stabili.

Inoltre anche la scala dei tempi della vita ha una sua logica.
Le galassie si muovono lentamente, come tartarughe giganti, le loro stelle appena un poco di più, e i pianeti che orbitano intorno alle stelle si muovono ancora più velocemente, e così via fino a raggiungere le dimensioni del microcosmo, il mondo quantistico di atomi ed elettroni. (…)

Le cose grandi si muovono lentamente, le cose piccole si muovono più velocemente. Se la massa aumenta, la velocità diminuisce.
La vita con la sua scala di macromolecole ha la velocità giusta per lo scambio di informazioni e per la creazione di complessità.

Le informazioni comportano la gestione di segni strutturati in sistemi complessi. In fondo il cervello umano è una macchina computazionale in cui diversi sistemi complessi di segni interagiscono tra loro e con l’ambiente esterno.
Tutto questo avviene a livelli di energia incredibilmente bassi. Energie appena di poco più alte in azione nei sistemi biologici renderebbero impossibile la complessità nella gestione delle informazioni.

Il futuro della complessità richiederà forse all’uomo di elaborare tecnologie assai simili a quelle della biologia. Questa è in grado infatti di gestire assai meglio strutture e informazioni complesse con basse energie.
In uno studio di (…) Ubaldo Mastromatteo, viene confrontato il processo di fabbricazione di un microchip elettronico e il processo biologico necessario per costituire una struttura biologica di dimensione simile: un chicco di grano.

Solo stimando l’energia necessaria per creare i due sistemi, vediamo che il bilancio energetico differisce di tre ordini di grandezza.
Per ottenere il microchip di silicio di quella dimensione e di media complessità, l’energia utilizzata è dell’ordine di 1 KWh, mentre l’energia necessaria per un chicco di grano è dell’ordine di 1 Wh.

Questa forte differenza nel bilancio energetico è una sorpresa alquanto singolare e ha pesanti implicazioni non scientifiche.
Inoltre è opportuno considerare che la complessità di una cellula eucariotica biologica è molto superiore a quella di un microchip.

La vita presuppone un utilizzo estremamente sofisticato di informazioni, la loro conservazione e lo scambio con l’effetto di aumentare la complessità dell’organizzazione della materia barionica. In fondo il Dna e l’Rna sono codici di informazione e le proteine (enzimi, ormoni, strutture della materia vivente) sono il codificato.

La cosa stupefacente è che mentre a livello di macrocosmo l’informazione (ad esempio l’interazione tra un buco nero e la materia circostante) viene gestita ad altissime energie, l’informazione delle macromolecole biologiche viene elaborata e gestita a livelli energetici estremamente bassi.

Con l’uomo si assiste inoltre ad un ulteriore salto qualitativo della gestione dell’informazione: questa, elaborata dal cervello umano, subisce un processo ulteriore di smaterializzazione con la creazione di strutture culturali complesse sempre più virtuali (immateriali).
L’Homo sapiens è il frutto di una catena di eventi successiva allo sviluppo della materia ordinaria nell’universo e dimostra che non solo la biologia può “accadere”, ma che è in grado di svilupparsi in sistemi di elaborazione delle informazioni molto strutturati e complessi.

L’organizzazione della materia in sistemi biologici sul pianeta Terra ha raggiunto un punto di svolta e la biologia fino all’uomo può prefigurare un primo stadio, seguito da un ulteriore stadio che alcuni ricercatori definiscono “biologia sintetica”.
La biologia sintetica (…) potrebbe dimostrare che la materia ordinaria ha una capacità intrinseca di auto-organizzarsi per creare la diversità da una singola biochimica e, alla fine, amplificare tale diversità generando molteplici biochimiche.

Ciò suggerisce l’esistenza di una ricetta per l’amplificazione delle diversità su scala galattica e su tempi lunghissimi (miliardi di anni), e l’esistenza (adesso o in futuro) di una nuova generazione di vita. Chiamiamola Generazione II. (…)
La vita sulla Terra è di generazione I. La biologia sintetica potrebbe implicare un ruolo crescente della biochimica nella ridistribuzione della materia (…) ordinaria in un lontano futuro dell’universo.

Alla luce di quello che sappiamo su come gli altri pianeti possono essere o saranno – per esempio, quando i pianeti di carburi supereranno in quantità quelli di silicati, come il nostro -, vi è abbastanza spazio nel paesaggio chimico da consentire un ancora più vasto paesaggio biochimico.

La vita di Generazione II potrebbe essere già presente nella nostra galassia.
In questo contesto l’umiltà può farci bene: guardare alla vita come a un fenomeno planetario, nel quale la biochimica di base è profondamente legata al pianeta stesso, contribuirà a rafforzare la nostra consapevolezza di essere un tutt’uno con la nostra Terra, un prodotto di un’unica biochimica emersa quattro miliardi di anni fa e decisamente terrestre.

Siamo parte di qualcosa di buono, e saperlo potrebbe aiutarci a non rovinare tutto. (…) Si dovrebbe compiere quella rivoluzione copernicana che porta (…) alla consapevolezza (…) del nostro posto nel mondo come parte della natura e non come estranei ad essa. >>

DIMITAR SASSELOV

2 commenti:

  1. Caro Lumen, ti ringrazio per avermi ricordato questo bel libro di Sasselov. L'umiltà, il rispetto della natura come madre di tutti, l'appartenenza alla Terra attraverso una biochimica che ci rende simili, "fratelli" di tutte le altre specie del pianeta, sono tutte verità che ci spingono a lottare per la nostra battaglia in difesa dell'ambiente, ma in fondo in difesa dell'uomo. Perché, come dice Sasselov, "siamo parte della natura e non estranei ad essa".

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  2. Caro Agobit, sono io che ringrazio te, visto che mi capita abbastanza spesso di "saccheggiare" il tuo blog, a caccia di articoli interessanti.
    Certo, siamo ancora in pochi a sostenere certe tesi, ma se remiamo tutti dalla stessa parte, prima o poi anche i nostri distratti conspecifici non potranno continuare ad ignorarle. O no ?

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