EUGENIO – Lumen, ma tu sei credente ?
LUMEN – Beh, io credo in molte cose.
EUGENIO - Volevo dire se credi in Dio.
LUMEN – Certo che no. Perché dovrei ?
EUGENIO – Magari da ragazzo, come tutti, sei stato educato a credere.
LUMEN – Certo, ma ho smesso presto. Sono diventato ateo quando mi sono reso conto che l'esistenza di Dio crea molte più contraddizioni di quante ne risolva
EUGENIO – Comunque vi sono molte persone che credono in Dio.
LUMEN – Lo so. Ma non basta essere in tanti per essere nel giusto.
EUGENIO – Quindi sei Ateo.
LUMEN – Esatto. E’ inevitabile, se usi veramente la ragione.
EUGENIO – In che senso ?
LUMEN – Premesso che un Ateo non deve dimostrare nulla. Semmai è il credente che deve farlo. Il fatto è che se Dio esistesse, sarebbe una "cosa" talmente enorme, immensa, abbagliante, che nessuno potrebbe dubitarne.
EUGENIO – C’è chi dice che essere Ateo è indice di superbia.
LUMEN – Mi pare che sia proprio il contrario.
EUGENIO – Il contrario ?
LUMEN – Il vero umile è l'ateo non il credente. Credere è indice di superbia, perchè si crede di partecipare dell'onnipotenza di Dio adorandolo e ottenendone la benevolenza. Per l'ateo invece l'uomo è piccolo e solo.
EUGENIO – Si dice che gli atei non credono solo perché non sanno.
LUMEN - Non è così. Non è vero che l'ateo non crede perchè non conosce. È proprio perchè conosce che gli è impossibile credere.
EUGENIO – Ma vi sono anche gli agnostici, tra i non credenti.
LUMEN – E’ la stessa cosa. Un agnostico è semplicemente un ateo che preferisce non fare affermazioni assolute. Ma, in pratica, vive e pensa esattamente come un ateo.
Aggiungerei che l'ateo si sente responsabile del proprio operato mentre il credente affidandosi al suo Dio chiede perdono per i suoi peccati. L'ateo è responsabile e sente una profonda empatia con tutto il vivente, senza distinzioni di specie. E' proprio Leopardi, che il conduttore di questo blog cita, che ci indica questo punto di vista.
RispondiEliminaComplimenti per questo blog che apprezzo particolarmente e che seguirò con interesse.
A me pare che nè l'ateo nè il credente del dialogo conoscono Dio; sembrano entrambi comportarsi come gli uomini della parabola buddhista, i famosi palpeggiatori dell'elefante al buio. In sostanza dei maniaci ipovedenti.
RispondiEliminaPer Gio:
RispondiEliminain effetti, mettendo insieme le varie (e diverse) idee di Dio che hanno i vari credenti sparsi per il mondo, viene proprio da pensare ai diversi piccoli dettagli di un immenso elefante.
L'ateo invece, molto semplicemente, sa che là fuori non c'è nessun elefante.