Due brevi post di Luca Pardi sul progressivo deterioramento della situazione ambientale, che sembra ormai totalmente fuori controllo.
I testi sono tratti dalla sua pagina Facebook.
LUMEN
<< Siamo di fronte ad un situazione che a livello globale è serissima. Le guerre e il debito stratosferico sono solo sintomi di un'instabilità prevedibile e prevista già cinquant'anni fa con una precisione inattesa perfino da coloro che quella previsione la fecero. Siamo sempre più vicini all'orlo dell'abisso.
Praticamente si accumulano continue conferme del fatto che la civiltà globale si avvicina a un collasso senza precedenti. I motivi per cui siamo a questo punto sono controversi, ma alla fine le opzioni sono due: i limiti delle risorse o i limiti degli ecosistemi terrestri di accogliere i rifiuti (emissioni di gas serra e altre forme di inquinamento che determinano una disintegrazione della biosfera) di 8 miliardi di individui lanciati in un modello economico insostenibile e profondamente ingiusto?
Io propendo per non scegliere fra l'una e l'altra ipotesi. Ambedue i fatti sono evidenti, stabilire quale sia quello prevalente mi sembra un esercizio abbastanza inutile che ripete le polemiche fra chi sosteneva (e forse sostiene ancora) che il picco del petrolio era più importante del cambiamento climatico o viceversa.
«The limits to growth» (LTG), il primo rapporto per il Club di Roma intitolato in Italiano come "I limiti dello sviluppo» conteneva, in uno dei 13 scenari presentati, uno scenario che si è rivelato, a dispetto dello scetticismo degli stessi autori, sorprendentemente predittivo. (…)
Ci sarebbero un paio di cose da aggiungere (...).
1 = Quando il modello di LTG raggiunge il punto critico, che è oggi, non funziona più, cioè il sistema che esso tenta di modellizzare si deve per forza riassestare. Quindi le curve dopo i vari picchi della popolazione, della produzione industriale e di cibo ecc.. vanno prese con le molle. Sicuramente non descrivono la dinamica mondiale nel lungo periodo, cioè da qui al 2100. È su questo punto che si accentrano speranze, ma anche paure. Entriamo in un regime radicalmente diverso, non sappiamo quello che ci aspetta.
2 = Secondo i ricercatori che hanno operato la ricalibrazione di LTG l'inizio della crisi si presenta come un collasso sistemico vero e proprio, rappresentato, nella loro simulazione, da un'inversione dell'Human Development Index.
3 = (Quindi, poi, le cose da dire erano tre e non "un paio"). Il mondo è diviso in stati nazione, a loro volta divisi in regioni più o meno omogenee dal punto di vista economico, sociale, culturale ed ecologico. Quindi non verrà giù tutto in un botto unico. Ci saranno (ci sono) conflitti e resistenze, i più resilienti assorbiranno le crisi in modo più efficace di quelli più fragili. Saranno tempi interessanti. >>
<< Tutti sappiamo di camminare sull'orlo di un abisso. Sappiamo che per evitare l'abisso dovremmo affrontare sacrifici molto seri, sappiamo che questa società è condannata ad un collasso, ma non vogliamo ammetterlo (anche perché quasi tutti abbiamo fatto dei figli e ci sentiamo responsabili).
A questo punto ci rifugiamo in due scappatoie alternative.
La prima è costituita dai "miti salvifici": la transizione ecologica, la rivoluzione sociale, la decrescita felice e combinazioni varie di questi.
La seconda è una combinazione di negazionismi e ricerca del capro espiatorio: il cambiamento climatico è un'invenzione del potere, così come lo sono le epidemie/pandemie, la colpa è dell'Europa, del mercato, dello stato, degli immigrati, degli islamici, degli ebrei .....
Il risultato è che, governati dai bisogni immediati, spesso determinati dalla natura atomizzata della società costituita da un insieme di famiglie mononucleari, continuiamo con comportamenti e stili di vita insostenibili talvolta addolciti da comportamenti ossessivamente virtuosi come il riciclo della plastica e simili. La crisi si aggrava, la caduta nell'abisso si avvicina. (...)
Il problema non è che la plastica non è riciclata abbastanza efficacemente. il problema è che di plastiche ce ne sono troppe e in quantità eccessiva.
Il problema non è la scelta fra diesel e auto elettrica, ma il fatto che di auto ce ne sono troppe.
Il problema non è fra carne e fagioli, ma il fatto che il 95% della biomassa degli animali su questo pianeta è costituita dagli umani e da mucche, maiali, pecore, pollame, (cani e gatti).
Non è nemmeno fra carne e pesce dato che stiamo devastando anche le zone di pesca usando metodi industriali di estrazione dei pesci dal mare e a sistemi industriali di allevamento che sono insalubri ed ecologicamente impattanti.
Il problema non è la "tutela dell'ambiente", cioè il giardinaggio, ma il fatto che in meno di mezzo secolo abbiamo falcidiato le popolazioni di insetti e altri artropodi riducendo la diversità genetica e funzionale della biosfera. E come siamo riusciti in questa impresa? Usando pesticidi senza ripensamenti, riducendo gli habitat delle altre specie e allargando lo spazio agricolo.
Il problema non è la lotta contro il cancro, ma la salute dell'ecosistema in cui viviamo.
Il problema non è la depurazione delle acque, ma il fatto che in poco più di un secolo (con una accelerazione negli ultimi 50 anni) abbiamo sconvolto tutti i cicli bio-geo-chimici che si sono instaurati in centinaia di milioni di anni: quello del carbonio (che è l'unico di cui si parla e spesso a sproposito), quello dell'acqua, quello dei nutrienti (Azoto e fosforo).
Il problema non sono le culle vuote. Ma 8-9 miliardi di individui condizionati dal sogno americano del consumo senza limiti.
La crisi è conclamata e avviene con delle élite che hanno smesso di condurre le società e grazie a una ricchezza senza fine si sono arroccate difendendosi dai danni ambientali che le loro stesse società infliggono al pianeta, si possono permettere il lusso di non vederli e/o nutrire le fedi contraddittorie nei miti del progresso o della negazione a cui ho accennato sopra. Controllando informazione- intrattenimento- spettacolo ed educazione di massa gli viene facile. >>
LUCA PARDI
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