sabato 2 agosto 2025

I Risvegliati

Uno dei movimenti sociali più importanti degli ultimi anni è quello definito WOKE, che viene così descritto da wikipedia:
<< WOKE (in inglese 'sveglio') è un termine nato negli anni trenta del XX secolo per riferirsi alla consapevolezza delle problematiche relative agli afroamericani.
A partire dagli anni 2010, il termine ha cominciato a designare una consapevolezza più ampia relativa alle disuguaglianze sociali come la discriminazione razziale ed etnica, il sessismo, l'abilismo, e la negazione dei diritti della comunità LGBTQ. >>
Quelle che seguono sono le considerazioni critiche di Marcello Veneziani (tratte dal suo sito - LINK), sulla deriva ideologica assunta al movimento.
LUMEN


<< È più forte di loro. Prendete un partito, un giornale, un gruppo di pressione, un comitato intellettuale, un collettivo di qualunque natura orientato a sinistra, e prima o poi si costituirà in ufficio permessi e divieti, tribunale dell’inquisizione. Dimenticherà di essere una parte, un partito rispetto al tutto e si sentirà super partes, stabilendo regole, osservanza e infrazioni.

Sarà cioè inevitabilmente risucchiato da quell’ideologia che viene riassunta con l’espressione woke. In origine woke voleva dire essere svegli, poi è mutata in vigilanza – la famigerata vigilanza democratica – quindi è diventata sorveglianza. L’ideologia woke è di fatto un regime di sorveglianza che decide a chi rilasciare e a chi vietare i permessi di circolazione e a quali condizioni.

L’ideologia woke nasce come rivendicativa, in difesa di alcune minoranze maltrattate o non adeguatamente protette, e finisce come ideologia vendicativa, che si vendica con la realtà che non corrisponde al proprio codice ideologico. Ideologia del risentimento, direbbe Nietzsche, ma non il vago e mellifluo risentimento verso la vita, la salute, la bellezza, la grandezza che Nietzsche imputava al cristianesimo e ai suoi eredi, come il socialismo. Ma un’ideologia rancorosa che si esercita delegittimando, denunciando, punendo e censurando l’avversario. Mentre di solito non accade l’inverso.

"L’ideologia vendicativa" è il titolo di un libretto anti-woke scritto da una sociologa e ricercatrice del CNRS di Parigi, Nathalie Heinich. (...) L’ideologia woke è inevitabilmente un’ideologia per le minoranze destinate a restare minoranza; nessuna forza maggioritaria di un paese può mantenere quell’atteggiamento censorio, elitario, sprezzante e arrogante che è tipico di una minoranza che reputa di essere su un piano etico e cognitivo superiore rispetto agli altri. 

Finché sarà woke, la sinistra sarà minoranza astiosa in ogni paese; potrà avere potere di veto, potere intimidatorio e ricattatorio, potrà combinarsi ad altre oligarchie e detenere il potere in spregio alla sovranità popolare e alla volontà reale della gente. Ma non sarà mai l’espressione compiuta di una maggioranza.

Al catechismo woke c’è chi reagisce in modo combattivo, come annuncia Trump; c’è chi invece preferisce la tattica di acquattarsi, tacere e andare avanti senza opporsi. (...) Ma l’ideologia woke è un’emergenza per la democrazia, mette in pericolo la libertà e l’intelligenza, genera un clima di odio mentre professa di volerlo avversare. Se sentite di una lezione all’università, di una conferenza, di un convegno o di una manifestazione autorizzata, di un testo censurato, di un autore negato, sapete già in partenza che a decretare l’ostracismo, lo stigma, il divieto è sempre quel ceto commissario e inquisitorio chiamato in breve woke.

Così come ogni qualvolta si vuole imporre un busto correttivo alla realtà e alla verità dei fatti, ogni volta che si vuol cancellare un evento, una statua, un personaggio dalla storia, dalla topografia, dalle vie e dalle piazze sapete già che sono loro, i sorveglianti della Woke, la polizia culturale in servizio in Occidente. Le vittime possono essere naturalmente la destra, ridefinita sempre nazifascista o al più reazionaria, ma anche semplicemente chi non si riconosce nel canone woke, non è di sinistra, o perfino lo è ma in modo libero e critico.

Che l’ideologia woke sia una mentalità radicata a sinistra lo dimostrano mille indizi: l’ultimo è una ricerca (…) della Bocconi sulle “polarizzazioni affettive”. In una relazione mista tra una figlia di sinistra e un fidanzato di destra o viceversa, i più infastiditi e intolleranti sono i famigliari di sinistra (...), mentre la grande maggioranza delle famiglie di destra sarebbero molto più tolleranti. Insomma l’ideologia woke opera anche a uso domestico, in famiglia.

Nathalie Heinich  fa un’attenta classificazione dei tratti significativi dell’ideologia woke, che potremmo così riassumere: impone un rapporto del tutto ideologizzato col mondo; confonde la descrizione con la prescrizione, la norma correttiva a cui adeguarsi; genera un’alleanza tra l’ideologia normativa e gli interessi commerciali; ignora il contesto e non vede la differenza tra la realtà e la finzione; applica criteri di valutazione del presente anche al passato; disprezza i diritti morali degli autori, fino a stravolgere le loro opere nella censura e bonifica dei testi; infine è fanatica, e ciò compendia il moralismo, la speculazione, l’ignoranza militante e arrogante, l’abuso dei testi e degli autori, il disprezzo per l’opera d’ingegno, la negazione della realtà. Tutto questo dà vita a quello che l’autrice chiama totalitarismo woke.

Il wokismo inoltre irrigidisce l’appartenenza a comunità originarie; tanto è fluido nelle questioni sessuali e morali, quanto è rigido nelle identità di partenza, quelle etniche, razziali, “comunitarie”. Chi è bianco, maschio, europeo e cristiano è già marchiato d’infamia nella sua identità, di cui può solo vergognarsi.

Nel cercare un precedente a questa faziosità totalitaria e ideologica, la ricercatrice francese non trova di meglio che ripescare il solito fascismo; ma non ha bisogno di allontanarsi troppo nel tempo e nemmeno dal luogo in cui vive: tutto questo si sviluppò da Parigi in poi nel ’68. Anche quando attribuisce al fascismo la definizione del “tutto è politica” non si rende conto che fu proprio il ’68 a lanciare lo slogan “il personale è politico”, e tutto ciò che è privato sconfina nel pubblico. A voler invece rintracciare un archetipo storico, un precedente ideale e ideologico al catechismo woke, restando in Francia, basta rovesciare quel numero 68 e trovarne un altro: l’89, nel senso della Rivoluzione francese dei giacobini.

Giustamente la Heinich nota che stavolta l’ideologia woke è venuta fuori dall’America, anche se il seme ideologico è europeo; poi se la prende col femminismo ideologico e con la discriminazione mortificante delle quote rosa. E auspica l’uso attivo dell’ironia e dell’umorismo per sconfiggere l’arcigna ideologia woke che ne è totalmente priva.

Spiegando infine le ragioni del successo dell’ideologia woke, l’autrice sottolinea innanzitutto che è redditizio, arreca vantaggi a chi lo usa o lo serve. In secondo luogo nasce dalla paura: paura di stare dalla parte sbagliata e di subirne le conseguenze e paura di invecchiare, di restare cioè fermi al passato, tagliandosi fuori da ciò che è trendy. Sulla scia di Hannah Arendt, l’autrice nota che l’ubbidienza woke attecchisce anche perché i sistemi totalitari preferiscono la mancanza d’intelligenza e di creatività, perché dà maggiori garanzie di lealtà, cioè di conformismo.

Per la Heinich il woke capovolge virtù originarie in oppressione. E come esempi di virtù originarie cita l’ideale ugualitario della Rivoluzione francese e l’ideale comunista della rivoluzione bolscevica. Non le sfiora il sospetto che quelle virtù, proprio perché irrealizzabili e utopistiche, contenevano già in sé le premesse per la loro involuzione totalitaria, tossica e sterminatrice. Del resto, non c’è bisogno di fare congetture: basta vedere dove condusse il Terrore giacobino e poi il totalitarismo comunista ovunque si sia imposto nel mondo. No, l’ideologia woke non nasce dal nulla, anche se può produrlo. >>

MARCELLO VENENZIANI

3 commenti:

  1. CHE L'INSE? GIOVAN BATTISTA PERASSO.
    Anno 1758, Genova invasa dagli austriaci, il giovinotto in rubrica scaglia un sasso contro un drappello di occupanti, comincia, comincerebbe, la rivolta di Genova. Senza voler minimamente affermare che il rivoltoso facesse parte del sistema, e che un episodio isolato in un carrugio potesse innescare una sommossa popolare in tutta la città, si può tranquillamente dubitare sulla attendibilità dell'episodio, magari ripiegando su una ipotesi più plausibile. E cioè che le truppe occupanti ostacolavano i commerci della città portuale. Non deficit di libertà ma deficit di palanche....

    Come spigole in allevamento, veniamo pasturati dai nostri allevatori, cibo per il corpo, frusti ideali di giustizia e di libertà finché non ci appendono per le branchie o ci stivano ancora agonizzanti in cassette di polistirolo. Hanno il rimedio, fittizio, per tutto e per tutti, rivoluzioni programmate, controllate, come le bombe residue dei conflitti disinnescate o fatte brillare dagli artificieri.

    Pur se un altro, un novello Balilla, si ergesse a paladino della massa sfruttata da eoni di tempo , sopravviverebbe egli al tradimento, alla delazione, alla eterna ingratitudine della canea umana?

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    1. Come aveva scoperto intelligentemente Carlo Marx (che, per il resto, non ne azzeccò più una), la storia si muove sui binari dell'economia e viene determinata dai contrasti che si creano tra le diverse categorie coinvolte.

      Ma tutte le situazioni di contrasto, per trasformarsi in crisi vere è proprie, hanno poi bisogno di un 'casus belli', cioè di un episodio scatenante.
      Quindi anche anche il sasso genovese può avere una sua plausibilità storica.

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  2. Qualcuno sul web ha provato ironicamente ad immaginare cosa succederebbe nel mondo dello spettacolo se venisse abbandonato l'attuale predominio 'woke':

    << Biancaneve tornerà ad essere bianca di carnagione, il principe azzurro potrà di nuovo baciare la bella addormentata nel bosco, i nani saranno nani e non uomini bassi, gli elfi di Tolkien torneranno a essere biondi e di carnagione pallida, Capitan Marvel tornerà a essere un uomo, Superman non sarà gay. Tutti i protagonisti di film, storie, racconti, libri potranno tranquillamente essere maschi caucasici bianchi eterosessuali, senza colpire l’identità di nessuno.
    Un film o una serie TV non dovrà più essere per forza politically correct, non dovrà sguazzare nel fair play, perché altrimenti qualche minoranza sconosciuta si potrebbe risentire, o perche’ la razza buonista si sente colpita nella sua anima fragile e sensibile.
    La ricerca woke, di stranire, modificare, intrugliare tutto ciò che esiste si traduce in fallimenti continui, di pubblico e di incassi, senza contare che a forza di insistere con un evidente pretestuosita’, finiscono per sortire l’effetto opposto. Anche se vi dicono il contrario. >>

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