lunedì 19 agosto 2024

C'era una volta il Matriarcato

Si parla spesso del famigerato Patriarcato, presunta causa di tutti i mali sociali, ma occorre tenere presente che questo sistema, per avendo una storia millenaria, non è sempre esistito nella nostra civiltà.
Il Patriarcato venne infatti preceduto, per un certo periodo, dal Matriarcato, che aveva caratterisitiche molto diverse e venne poi sostituito per motivi ben precisi.
A questo argomento è dedicato il post di oggi, scritto da Alessia Vignali per il sito 'Come Don Chisciotte'.
LUMEN


<< Per Bachofen e altri studiosi (...), le società patriarcali vigenti dai tempi dell’Antico Testamento furono precedute da società matriarcali, nelle quali centro della società e della famiglia erano la donna e la madre. (…)

Erich Fromm, attento lettore di Bachofen, sottolinea come per questo autore il principio matriarcale sia quello della vita, dell’unità e della pace. “La donna, prendendosi cura del bambino, estende il suo amore al di là del proprio io ad altri esseri, ed elargisce tutti i suoi doni e la sua immaginazione al fine di preservare e migliorare l’esistenza di un altro essere umano.

L’istinto materno non si estende poi solo al bambino, ma si attiva anche nell’uomo adulto come sentimento sociale, come amore per l’umanità, e rappresenta una delle più importanti fonti dello sviluppo sociale. L’amore materno costituisce la fonte da cui scaturisce ogni forma d’amore. (...)

Per tornare al matriarcato delle origini per come postulato da Bachofen, esso si fondava interamente sulla naturale produttività della donna, sul fatto che lei sola sapeva generare la vita, il che veniva inteso come qualcosa di quasi divino. In una società relativamente primitiva, che si fondava sull’agricoltura e sull’allevamento, la sicurezza e la ricchezza non dipendono essenzialmente da fattori tecnici e razionali.

La produttività della natura, cioè la fertilità del terreno, l’azione dell’acqua e del sole erano gli elementi che decidevano della vita o della morte dell’uomo. Il punto cardine dell’economia, sottolinea Fromm, è quella misteriosa forza della natura di generare da sé cose sempre nuove, di vitale importanza per l’uomo.

A possedere quella misteriosa forza della natura di generare produttività naturale era soltanto la donna. Aveva quella capacità, da lei condivisa con la natura intera, da cui dipendevano la vita e l’esistenza umana.

Il matriarcato non conosceva l’istituto del matrimonio, né leggi né principi né ordine: era uno stato di vita paragonabile alla crescita selvaggia della vegetazione di una palude.

In base alle prove simboliche rinvenute d Bachofen, in essa vigevano la pietà, la generosità, la benevolenza. La proprietà privata era inesistente. Infine, la fratellanza e l’uguaglianza erano valorizzate, perché ogni figlio è uguale all’altro per la madre, di egual valore nella sua diversità e originalità.

Gli aspetti negativi del matriarcato sono la scarsa razionalità – tutto si regge sull’istinto, non sulla ragione e sulla giustizia – e la mancanza di progresso: i tempi ciclici delle madri si ripetono sempre uguali, lo strapotere delle madri sul figlio, se non arginato, lo rende appendice sterile di lei presso il suo grembo.

Viceversa, il patriarcato instaura il governo del padre, rappresentante dei principi del diritto, della ragione, della coscienza e dell’organizzazione gerarchica.

In positivo si conseguono la legge, la scienza, la civiltà, la crescita intellettuale. In negativo l’ineguaglianza: i figli non sono uguali per il padre, il padre della proprietà privata sceglie il figlio più simile a lui, il più capace e gli affida la continuità nel tempo delle sue proprietà. E poi l’oppressione e la disumanità.

A questo punto, il contributo per noi interessante di Fromm è aver introdotto il concetto di “invidia maschile della potenza generatrice femminile”, che si colloca psicologicamente alla base del crollo del sistema matriarcale e del desiderio di sottomissione della donna da parte dell’uomo, nel momento in cui trionfa un sistema economico-sociale intriso di patologia.

Egli osserva che nella società antica l’uomo si sarà sentito un menomato, privo com’era della più importante, decisiva potenzialità: la facoltà di riproduzione naturale.

L’invidia, come pure l’ammirazione, dovettero essere tanto maggiori quanto minore era il ruolo attribuito alla fecondazione, al principio maschile. Ci volle molto tempo prima che gli uomini giungessero a comprendere il nesso tra coito e gravidanza, a capire che la donna non può generare un figlio da sola, senza un intervento esterno.

Nell’idea dell’Immacolata Concezione, che si ritrova in tanti miti e religioni fino al cristianesimo, si è mantenuto questo antico credo.

Vi è poi traccia del sentimento annichilente dell’invidia maschile per la creatività femminile tanto nell’Antico Testamento, nel quale è il maschile a creare anziché il femminile, quanto nell’ Enuma Elis, il mito babilonese della creazione ad esso antecedente.

Fu il ricorso alla produttività razionale, l’ingresso potente della tecnica nella vita dell’uomo a invertire la rotta e a offrire al maschio la possibilità di una “rivincita”.

Si cominciarono via via a sottovalutare sempre più i fattori naturali, così come un tempo li si era sopravvalutati. “Si attribuì allo spirito, al principio produttivo maschile, un’influenza incondizionata, illimitata.”

La millenaria “guerra tra i sessi” non poteva, dunque, che produrre oppressori ed oppressi, rivendicazioni dei vinti, e così via.

Un’ideologia che nasca “in opposizione”, se non matura seri anticorpi di autocritica, reca a volte in sé un qualcosa di passivo, “lavora in difesa e non in attacco”, rimanendo succube dei valori degli ex dominanti.

Un “mondo davvero nuovo” per il Femminile ed il Maschile, che dia ad essi ciò che gli spetta in termini di valorizzazione e pieno sviluppo del potenziale, è ancora al di là da venire.

La fase attuale vede la donna di nuovo al centro di forti rivendicazioni. Le leader del mondo occidentale Meloni, Schlein, Von der Leyen, Le Pen ecc. ecc. sono apparentemente testimonial del “nuovo potere al femminile”, ma quanto contribuisce davvero, questa giusta eguaglianza, all’espressione dell’ancestrale “principio femminile?”.

Dirò una cosa banale: l’attenzione della donna è andata verso la conquista di ciò che prima era dell’uomo, ma non verso una posizione pienamente originale, valorizzante il suo potenziale. >>

ALESSIA VIGNALI

25 commenti:

  1. Essendo la donna più terragna dell'uomo, se non avesse l'impiccio delle gravidanze ed alcune limitazioni fisiche come i seni eccetera, sarebbe davanti all'uomo nel bene e nel male, ritengo . Il severo controllo delle nascite si poteva realizzare delegando la maternità ai maschi, invero poco propensi alla sopportazione del dolore. Gli dei scesi oppure sbarcati qui circa trecentomila anni fa badarono al sodo, avevano bisogno di schiavi-operai di taglie diverse, a seconda dei lavori da effettuare, ergo servivano operai e fattrici, e che entrambi non facesseto domande ma portassero avanti bovinamente la loro corvee. Non mi sembra sia cambiato molto da allora. Si continuano a sfornare miliardate di ciambelle. Poche con il buco.

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    1. L'impiccio della gravidanza è un regalo (ineliminabile) di madre natura e da quello dipendono tutte le altre differenze.
      Esistono specie che si riproducono in forma non sessuale, poi ci sono le specie ermafrodite e poi ci sono le specie con la distinzione tra i sessi.
      Ogni sistema ha i suoi pro ed i suoi contro, ma noi apparteniamo a quest'ultima categoria.

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  2. Ho purtroppo la sensazione che la conclusione di Alessia Vignali sia tutt'altro che banale. Se il principio ancestrale valorizzante la donna consiste nell'estendere "il suo amore al di là del proprio io ad altri esseri, ed elargisce tutti i suoi doni e la sua immaginazione al fine di preservare e migliorare l’esistenza di un altro essere umano", possiamo dire che le donne che arrivano ai ruoli dirigenziali non hanno certo questa prospettiva. Anzi, pare che il "nuovo potere al femminile" si sia impadronito dei peggiori archetipi dell'universo maschile, quello dell'oppressione in primis. Succede talvolta (in alcuni casi, precisiamolo) di imbattersi in uomini di potere di che fanno della bonarietà e dell'umanità un modo di essere. Occorre quindi riflettere in cosa consista la parità tra i sessi e quindi in cosa il femminile possa essere valorizzato. Le "quote rosa" obbediscono a un criterio puramente e meramente quantitativo mentre è sulla qualità delle relazioni umane che andrebbe visto il problema.

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    1. Caro Agostino, il potere ha molti condizionamenti, perchè il suo esercizio richiede comportamenti e modi di pensare molto specifici.
      Chi non è in grado di seguirli o non raggiunge il potere, oppure lo perde rapidamente.
      Per questo, anche le donne che riescono a raggiungere i vertici del potere ne risultano fortemente condizionate.
      Credo che, allo stato, una 'via femminile' alla gestione del potere non esista ancora.

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  3. E comunque si favoleggia di civiltà gilaniche, ovvero guidate dalle donne.....

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    1. Dal web:
      << La sociologa Riane Eisler ha indicato con il neologismo 'gilania' quella fase storica plurimillenaria (8.000-2500 a.c.) fondata sull'eguaglianza dei sessi e sulla sostanziale assenza di gerarchia e autorità, di cui si conservano tracce tanto nelle comunità umane del Paleolitico superiore quanto in quelle agricole del Neolitico. >>

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  4. Premesso di non condividere affatto la dogmatica "assolutizzazione" di qualsivoglia rigido dualismo (come appunto quello classico tra Maschile e Femminile), mi sembra che la parte finale del post e il commento di Roncallo mettano a fuoco qlcs di fondamentale: malgrado la conclamata rivendicazione della DIFFERENZA (sotto sotto: SUPERIORITÀ) del cd Principio femminile infatti le onnipresenti femministe e molte donne in generale hanno promosso/assunto modelli comportamentali tipicamente maschili cadendo così in una netta sebbene solitamente censurata e cmq tuttora irrisolta auto-contraddizione. Saluti

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    1. Caro Claude, credo che le femministe, una volta raggiunta la (sacrosanta) parità dei diritti, non abbiano saputo fermarsi e abbiano trasformato le loro rivendicazioni in una questione di potere.
      Ovvero di sostituzione del potere maschile col potere femminile.
      Una cosa che, per tanti motivi (soprattutto evoluzionistici), non potrebbe mai funzionare.

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    2. Effettivamente il femminismo di 2ª generazione dopo la tetragona rivendicazione dell'EGUAGLIANZA dei Diritti (ma NON di quella dei Doveri: andare a combattere e spesso a morire in guerra, compiere i lavori più faticosi e pericolosi, ecc. possono anzi DEVONO tranquillamente restare proprietà pressoché esclusiva del malfamato genere maschile...) propria della 1ª generazione ha furbescamente "rovesciato la frittata" rivendicando a gran voce una DIFFERENZA (da lor signore ovviamente intesa come SUPERIORITÀ etico-morale, cognitiva, pratico-operativa, ecc.) che ha finito però con l'avvitarsi nella grave contraddizione di cui al precedente commento. E cmq più in generale NON si comprende per quale motivo il Patriarcato (ormai ridotto a una "tigre di carta") debba continuare ad essere additato come brodo di coltura di ogni male mentre la sua versione omologa al femminile (il Matriarcato appunto) venga costantemente idealizzato come una sorta di Paradiso terrestre. E si potrebbe proseguire con altre amare considerazioni di qs tipo... Saluti

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    3. Ogni ideologia ha il paraocchi e interpreta il mondo come un NOI contro LORO.
      Con il corollario che NOI siamo sempre buoni, belli ed abbiamo ragione, mentre LORO sono sempre brutti, cattivi ed hanno torto.
      E siccome anche il femminismo, una volta superata la soglia dei pari diritti, è diventato una ideologia, non poteva fare eccezione.

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    4. Infatti l'odierno (neo)femminismo si configura come un'altra ideologia di stampo tribalista ovvero quasi come una religione particolarmente fanatica e intollerante (cfr politically correct, pseudo-cultura woke, ecc.)!
      Viceversa in un'ottica (latu sensu) laica & liberale va adeguatamente difeso e tutelato l'Individuo/la Persona singolo/a in quanto tale, indipendentemente dalle varie Categorie cui (tra l'altro generalmente per motivi del tutto contingenti) si trova ad appartenere e che anzi spesso ne appiattiscono le molteplici e preziose singolarità... Saluti

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    5. Caro Claude, la difesa e la tutela del singolo sono proprio i valori che caratterizzano le società laiche e liberali.
      Però le società, per poter sopravvivere, hanno anche bisogno di un forte spirito di coesione, spirito che trova la sua massima espressione (purtroppo) nelle società totalitarie.
      Trovare una via di mezzo non è facile.

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  5. La lunga gestazione del cucciolo umano, nonché il lungo periodo di svezzamento pari ad una dozzina di anni almeno, oltreché tarpare le ali alle donne, costringendole ad un lunghissimo periodo di cure e premure, cozza contro le teorie evoluzioniste, stante la difficile accettazione di tale anomalia, in contrasto con i percorsi delle proli di altri animali. Ergo il matriarcato può manifestarsi solo in società dove i maschi si assentato per lunghi periodi per la caccia, poniamo, ovvero in società esenti da ottuse credenze fideistiche eccetera eccetera...La lontananza, come cantava Modugno, può giovare al menage familiare e/o sociale.

    Per certi versi, ridicola la donna carabiniere oppure pilota di caccia, come ridicolo il mammo svedese dedito alla cura della casa e dei fantoli. Complementarieta' fra i sessi, non predominio ai danni dell'altro.

    Se dovessi rinascere, mai donna, comunque....

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  6. Perché quelli che hai citato all'inizio sarebbero problemi evoluzionistici ?
    A me non risulta.
    È ovvio che ogni specie ha i suoi percorsi riproduttivi. Ma se funzionano, va tutto bene.

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  7. Insisto bonariamente Lumen ma io rilevo una corposa anomalia nell'infanzia degli umani, nella sua durata improduttiva e fonte di disagio per madre in primis, poscia il padre. Ci sarà una spiegazione ?

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    1. Queste anomalie sono state il prezzo da pagare per il nostro grande e più efficiente cervello.
      Perchè nell'evoluzione nessun miglioramento è gratuito: tutto ha un costo anatomico.
      Certo, non è stata una scelta consapevole, la nostra, ma l'adattamento ormai è avvenuto e non si può più tornare indietro.

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  8. Risposta acuta e diplomatica al contempo, mi ricorda Tayllerand.....Vi risparmio la mia visione fuori dal coro e complottarda.

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    1. Veramente la mia voleva essere una risposta tecnica, non diplomatica. :-)

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    2. Per chi volesse una spiegazione più dettagliata, il percorso evoluzionistico è stato questo:

      << Camminare eretti implica che il canale del parto non può allargarsi più di tanto, ma nel frattempo il cranio si gonfiava nel corso dell’evoluzione del genere Homo: l’unico modo per risolvere la contraddizione era accorciare la gravidanza e far nascere i bambini prematuri.
      Se siamo qui a parlarne, evidentemente la [nostra] fragilità offrì vantaggi di altro tipo, vantaggi sociali.
      Se il gruppo di appartenenza è tanto forte e ben organizzato da permettersi di coltivare al proprio interno piccoli così deboli, allora si sprigionano possibilità nuove e straordinarie.
      Il cervello umano si sviluppa per ben due terzi dopo la nascita, quindi è una spugna che assorbe e rielabora esperienze, insegnamenti, immagini, storie. Più anni di infanzia e adolescenza significano più tempo per l’apprendimento, l’imitazione, il gioco, le libere sperimentazioni e invenzioni, le improvvisazioni creative.
      Siamo umani grazie all’infanzia e all’educazione, figlie di una fragilità originaria. >>
      (dal Corriere della Sera)

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  9. Mah, roba che sa di gesuita, spiritose interpretazioni, se non invenzioni....
    Tirato per i capelli che più non ho, rilevo che il tondo di Giotto pare fosse tracciato con un veloce ininterrotto tratto di carboncino, ovvero non sempre la lentezza , la melensaggine partoriscono cose egregie.

    Viste lungaggini necessarie a formare un umano finito, nel senso di completo, riterrei la durata della vita dovrebbe essere di un paio di secoli, e non poche decadi, il che ,per certi versi, fa pensare ad uno stolto avventore che si strafoga di antipasti ed arriva ormai quasi satollo e svogliato al primo, al secondo...

    L'anomalia permane, a mio avviso, e non è l'unica.

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    1. Questione di intepretazioni.
      A me, quella scientifica pare del tutto coerente.

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  10. COMMENTO di GP VALLA

    Premetto doverosamente di non aver letto il libro di Bachofen, per cui le mie osservazioni sono basate solo sul contenuto dell'articolo e su qualche banale ricerca su wiki.
    Il libro di Bachofen fu pubblicato in Germania nel 1861 (due anni dopo l'Origine delle Specie di Darwin). È difficile pensare che un'opera così datata possa ancora avere qualche valore scientifico - ammesso che l'abbia mai avuto.
    Non mi è chiaro, per esempio, sulla base di quali elementi abbia potuto formulare ipotesi così dettagliate, in mancanza, mi pare evidente, di documenti scritti o prove archelogiche e paleoantropologiche (Bachofen non era un archeologo, né mi risulta abbia mai condotto scavi).
    E poi, quando si sarebbero svolte le vicende di cui parla? Nel paleolitico? Nel neolitico? Nell'età del bronzo? Mi sembra che tutti questi racconti siano ambientati in un passato mitico, indifferenziato e imprecisato: "prima dei tempi descritti dalla Bibbia" (!) equivale a "C'era una volta...".
    Neppure oggi, pur disponendo di tecniche di scavo raffinate e di tecnologie impensabili centosessant'anni fa, archeologi e paleoantropologi si azzardano a proporre ricostruzioni dettagliate dell'organizzazione sociale o delle credenze religiose delle culture studiate, qualora non dispongano di documenti scritti coevi; tanto meno si avventurano a formulare teorie generali sulla necessaria successione di specifiche fasi di sviluppo.
    È significativo del resto che nell' articolo l'apprezzamento per l'opera di Bachofen ed i relativi approfondimenti non provengano da un archeologo, ma da Erich Fromm, uno psicanalista, aduso quindi a navigare nelle fantasticherie mitologiche di una pseudoscienza.

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    1. Caro Beppe, in effetti i problemi cronologici dell'opera di Bachofen (su cui non mi ero soffermato) sono abbastanza evidenti.
      Inoltre l'archeologia ha i suoi limiti intrinseci, per cui è quasi impossibile ricostruire con precisione certe caratteristiche delle società antiche.
      L'articolo della Vignali, peraltro, contiene alcune riflessioni non banali sul ruolo dei due sessi nelle società umane, che lo rendono sicuramente interessante.

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  11. COMMENTO di GP VALLA

    Un'ultima sommessa considerazione.
    È un vero peccato che in questo blog, in mezzo ai tanti pregevoli contributi, non si sentano quasi voci femminili: sarebbero davvero interessanti, soprattutto su argomenti come questi. Invece siamo ridotti a parlarne fra noi uomini, come se fossimo a Kabul o sul Monte Athos.
    Gentili signore, contribuite, le Vostre opinioni sono preziose e graditissime!

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    1. Mi associo all'esortazione dell'amico Beppe.
      Care lettrici, fatevi sentire !

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