giovedì 14 ottobre 2021

Tra saggezza e superstizione

La cultura della Grecia classica ha sempre vissuto in precario equilibrio tra la saggezza dei suoi sapienti e le tenebre della superstizione.

Perchè il pensiero razionale dei filosofi, essendo ancora pre-scientifico, poteva spiegare molte cose ma non tutte. E quindi restava uno spazio amplissimo per la religione e la supertizione.

Il testo che segue, elaborato dalla prof.ssa Laura Gagliardo, è stato tratto dal web.

LUMEN



<< Popolo di sapienti eppure superstizioso. Da sempre la civiltà greca è stata considerata l’emblema della cultura e dello sviluppo sotto molti punti di vista; basti pensare all’origine della filosofia, che indusse svariate popolazioni ad avvicinarsi alla cultura ellenica, oppure alla grandezza politica rappresentata dalla pòlis.

Tuttavia, culturalmente e politicamente parlando, troviamo in Grecia una grande importanza riservata alla religione, in parte ritenuta anche superstizione piuttosto che vera e propria credenza. Infatti la religione in Grecia era considerata completamento alla 'mancanza' dell’uomo, la quale lo rendeva misero e infelice.

Essa era complessa ma non unitaria, non si basava su scritti rivelati né su un sacerdozio professionale. Si compiva soprattutto come azioni: per antonomasia l’azione sacra era il sacrificio animale con l’uccisione della vittima e il conseguente pasto cerimoniale.

Anche in politica, nelle scelte importanti ci si rivolgeva all’altro elemento religioso rappresentato dall’oracolo, i più importanti dei quali erano quelli di Apollo a Delfi e di Trifonio, Anfiarao o di Apollo Spondio. Proprio grazie alla notevole cultura di questi uomini si sviluppò una forma di contrasto tra la mente umana e il pensiero divino.

Da ciò nasce la figura del mito, dove talvolta uomini disubbidiscono alla legge divina e privilegiano al contrario la loro ambizione.


Il mito: tra la divinità e l’uomo

Prima della nascita della filosofia in Grecia, come in ogni altra cultura, si utilizza la figura del mito. Il mito nasce come tentativo di dare una spiegazione a tutti quei fenomeni ai quali la mentalità ancora primitiva non riusciva a giungere senza l’aiuto di una giustificazione soprannaturale.

L’impianto di miti, di tradizioni, di leggende che ci sono stati trasmessi nel diretto testo greco originario o nelle rielaborazioni latine medievali entrano in un caos di revisioni che discendono dall’interesse dei vari orizzonti culturali.

Per riferirsi soltanto a pregnanti esempi, questi temi mitologici divengono proprietà delle narrazioni medievali relative a Troia, nell’ingannevole rilettura latina di Omero, o al sogno delle metafore rinascimentali ed umanistiche che circolano intorno agli antichi dei, o alle immagini del mondo antico che si creò, per acquietarsi nella falsa coscienza della storia, l’epoca neoclassica, o al carosello delle rievocazioni simboliche della psicoanalisi e della psicologia analitica.

Esistono, nell’itinerario descrittivo greco, i miti teogonici, che appartengono alla fondamentale esigenza dell’uomo a chiedersi l’origine del mondo divino e della propria convinzione: ed i greci questi miti li ritmarono su una cultura mitologica che nell’Egeo si diffonde dal mondo microasiatico.

Siamo inesorabilmente distanti da questa civiltà che proiettò i propri terrori e le proprie speranze nella creazione fantastica di una mitologia ora intesa a lenire l’umano soffrire, ora irruente nelle sue immagini orrifiche e devastanti.


Gli uomini e contro gli dei

Cratos, servo di Zeus, afferma chiaramente che l'esistenza degli dèi suppone l'assenza di libertà per gli uomini, in quanto la libertà è strettamente connessa al potere e solo chi ne dispone al massimo livello è davvero libero, quindi solo Zeus lo è. Tutti gli altri sono liberi in quanto si riconoscono in questa situazione e la accettano come un destino o una necessità che li sovrasta.

Il dono che Prometeo fece agli uomini fu quello che avrebbe permesso loro di rendersi autonomi dalla dipendenza economica e insieme da quella religiosa, che le è strettamente correlata: il dono del fuoco, cioè il dono del lavoro, poiché il fuoco è fonte di trasformazione della materia prima (del ferro in particolare, fonte di supremazia militare).

D'altra parte sono proprio le caratteristiche degli dèi dell'Olimpo, assai diverse da quelle delle divinità precedenti, che rendono quasi dovuto il sentimento di emancipazione degli uomini. Gli dèi sono tanto più autoritari quanto più gli uomini vorrebbero porsi in maniera autonoma. Prometeo non fece altro che tirare delle conseguenze logiche.

Gli uomini, per potersi difendere da queste divinità bellicose hanno bisogno di maggiori poteri. "Zeus domina con nuovi poteri, oltre ogni legge", canta il coro delle Oceanine. Cioè il suo dominio somiglia molto da vicino a quello di una monarchia assoluta, che non deve rendere conto ai suoi pari né ad alcuna legge scritta; solo al fato deve sottomettersi, ma il fato è imperscrutabile, inaccessibile, totalmente indipendente dalla volontà di chicchessia.

In una situazione così "bloccata" agli uomini privi di potere non resta che credere nel fato o nel destino, nella speranza che le sue ragioni siano migliori di quelle dei potenti, uomini o dèi che siano, proiezioni consapevoli, quest'ultimi, della volontà umana di dominio. >>

LAURA GAGLIARDO

4 commenti:

  1. A proposito della superstizione tra gli antichi romani, ecco quello che scriveva il buon Cicerone:

    << Assai spiritoso è il vecchio motto di Catone che affermava di meravigliarsi che un aruspice non si mettesse a ridere ogni volta che vedeva un altro aruspice. Quante sono le cose predette da essi che sono poi accadute? E se qualcuna si è verificata, quali prove ci sono contro l'eventualità che essa sia accaduta per caso?
    Il re Prusia I, allorché Annibale, esule presso di lui, lo esortava a far guerra a oltranza, diceva di non volersi arrischiare, perché l'esame delle viscere lo dissuadeva. “Dici sul serio?” esclamò Annibale, ”preferisci dar retta a un pezzetto di carne di vitella che a un vecchio condottiero?”.
    Dovrei mettermi a fare l'elenco (che sarebbe davvero infinito) dei responsi degli aruspici senza alcun effetto o addirittura opposto alle previsioni? >>

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  2. Non ho apprezzato molto questo testo, scritto male e confusionario. Ho poi visto che questa Laura Gagliardo è una americana, forse il suo testo è stato tradotto.

    Dante chiama Dio in un verso il "Sommo Giove". Il Giove dei Greci non è però il Dio dei cristiani che è come sappiamo onnipotente (ma non troppo sembra). Giove è piuttosto simile a noi (fa le corna alla moglie, s'incavola ecc.) e, cosa della massima importanza, sottostà al Fato. Ma chi o che cosa è questo Fato? Una persona come il Dio cristiano? Non credo, non si sa. Comunque tutto, anche Giove, gli è sottomesso.
    Ma il "nostro" Dio, come si sa onnipotente, non ha anche lui le mani legate? Se ha, come è logico, un'identità ovvero una natura, non può agire (ammesso che un essere perfetto, cioè pienamente realizzato, Atto puro, possa agire, fare ancora qualcosa), dicevo: non può agire, fare o pensare che secondo la sua natura, ovvero la Legge suprema. Questa Legge suprema e cristiana mi sembra imparentata col Fato (ovvero sono la stessa cosa, direi).

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    1. Caro Sergio,
      io penso che gli antichi (sia i greci che i romani), col loro politeismo, cercassero di spiegare le inconciliabili contraddizioni della loro vita.
      Se la struttura degli dei è complessa, non segue una gerarchia assoluta, e non prevede una figura suprema davvero onnipotente, è inevitabie che il mondo sia illogico e paradossale (quale appare) e non ci si può stupire di questo.
      Con il Dio unico degli Ebrei (e poi dei Cristiani, e poi degli Islamici), invece, spiegare le contraddizioni, nonostante tuti gli sforzi dei teologi, diventa impossibile.

      Se mi passi una mezza battuta, è' più facile diventare atei in una società monoteista, che in una società politeista.

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  3. A proposito di superstizione, ecco una bella storia che ho trovato sul web. Non si riferisce alle civiltà classiche, ma la dice lunga su certi meccanismi della psiche umana.

    << Il 'culto del cargo' e’ un fenomeno religioso osservato in alcune tribu’ della Melanesia.
    Gli americani ci avevano costruito delle basi logistiche, e nel frattempo, per evitare problemi con gli indigeni, davano loro del cibo. Gli indigeni avevano notato che gli americani scaricavano il cibo dagli aerei cargo, e avevano osservato nei minimi dettagli i preparativi dell’atterraggio, al punto che quando vedevano gli operatori disporsi in pista vestiti in un certo modo, sapevano che stava per arrivare un cargo pieno di cose buone.
    Quando gli americani se ne andarono, successe che alcuni di loro si improvvisarono sacerdoti, di una bizzarra religione. In pratica si vestivano cercando di imitare i vestiti dei militari americani, avevano costruito delle imitazioni delle torri di controllo, si erano fatti delle pseudo cuffie usando delle noci di cocco tagliate, e credevano che imitando i gesti degli americani alla lettera si potesse far atterrare un aereo carico di cose buone.
    Gli indigeni, ignari del mondo che circondava l’isola, non sapevano spiegare quel che vedevano se non nei termini a loro noti: di conseguenza, credevano che fossero i gesti fatti dagli operatori americani a terra a causare l’arrivo degli aerei, e non viceversa. >>

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