venerdì 12 marzo 2021

Tra mente e cervello

Un tempo la distinzione fondamentale tra spirito e materia era ovvia e naturale, perchè tutta la nostra esperienza quotidiana andava in quella direzione.

Oggi però, grazie alla scienza, sappiamo benissimo che il cervello non è altro che un organo fisico, che fa parte di un corpo fisico; eppure la nostra sensazione che esista una realtà spirituale al di fuori (o al di sopra) del mondo materiale rimane molto forte.

Ce ne parla Guido Brunetti in questo articolo (un po' tecnico) tratto dal sito Neuroscienze.net.

LUMEN


<< Nel pensiero filosofico e neuro-scientifco, grande rilevanza ha assunto il problema mente-corpo (Mind-Body-Problem). Il neuro scienziato Raffaello Vizioli (...) lo definisce “il problema dei problemi”. Ultimamente, si parla di problema mente-cervello (Mind-Brain-Problem), invece che del problema mente-corpo.

In materia, sono state sviluppate numerose teorie (…) che si possono suddividere in tre orientamenti fondamentali: quello materialistico (Feigel, Armstrong); quello mentalistico, che interpreta la mente come realtà autonoma (Eccles, Popper); quello ermeneutico-personologico, che rivaluta la dimensione esistenziale e soggettiva dell’evento mentale.

Per il materialismo riduttivo, o fisicalismo, la mente è il risultato di uno stato fisico. Uno stato mentale è (o è causato da) uno stato del cervello (Smart). Coscienza e comportamento - sostiene Griffin - tanto negli animali, quanto negli esseri umani sono per intero l’effetto di eventi che hanno luogo nel loro sistema centrale.

Già il DSM-III-R [Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - NdL], aveva affermato che “è provato che tutti i processi psichici, normali ed anormali, dipendono dalle funzioni cerebrali”.

Alcuni autori hanno dichiarato la loro opzione per un materialismo “non più grossolano e statico meccanismo di causa-effetto tra cervello e mente, bensì nel senso di “una continua modificazione funzionale tra strutture cerebrali nel loro rapporto con la cultura e con la storia”. Mentre da un lato, il cervello sviluppa una mente che produce cultura, dall’altro - scrive Barucci - storia e cultura agiscono sul cervello e ne modificano i sistemi funzionali”.

Lungo questa linea si pone l’interessante volume “Anima, mente e cervello” a cura di Paolo Quintili, il quale descrive il passaggio dal dualismo cartesiano tra l’anima immateriale e il corpo al monismo dell’essere umano. Il monismo è in sostanza la “riduzione” di quell’anima immateriale alle funzioni fisiche e mentali del cervello. L’essere umano è “ridotto” all’ ”Uomo-Macchina” descritto da J.O. de La Mettrie. E’ “la morte dell’anima” (Barret).

A partire da Platone, il problema della “psiche” è stato collegato al tema del “soma” ed entrambi riconducibili al concetto di “anima”.

E’ stato Cartesio, l’autore che ha contribuito in modo rilevante all’affermazione nell’età moderna e contemporanea dell’dea di mente, delineando una prospettiva dualistica metafisica. Ogni essere umano - scrive Cartesio - possiede sia un corpo (“res extensa”), sia una mente immateriale (“res cogitans”).

L’illuminismo e il positivismo contestano la natura immateriale dell’anima e superano il dualismo metafisico di matrice plutonica (rectius platonica - NdL) e cartesiana, affermando la preminenza della tesi materialista dell’unità psico-fisica dell’essere umano, concludendo che  l’anima (o la mente) è “nient’altro che una parte di soma, ovvero una funzione del corpo.

Possiamo dire che i termini anima, mente, spirito dal Settecento mutano in profondità. A partire dall’ Ottocento, la teoria materialista moderna diventa in sostanza “l’unica verità scientifica attendibile”.

Le neuro-scienze considerano “prodotto” del cervello ciò che si comprendeva nel concetto di anima o Io. Tutto è creato dal cervello. Anima, spirito, mente, coscienza, autocoscienza, conoscenza sono eventi dell’attività cerebrale.

L’anima è integralmente materialista. La soggettività umana risulta essere una “trama di eventi neuro-fisiologici”. La mente è considerata come una “rete neurale”. E’ la teoria dell’anima materiale, della mente “incarnata”.

Tutte le scienze odierne sono “materialiste” (materialismo scientifico) per statuto metodologico e contenuto empirico. Nella prospettiva del XXI secolo, il rapporto mente-cervello è ormai divenuto una questione, nella quale ogni discorso sull’anima è messo “fuori circuito”.

Sta di fatto che i problemi della mente e del cervello sono considerati così incredibilmente complessi e inaccessibili che per definirli vengono usate le parole mistero ed enigma.

Neuro-scienziati, come Eccles, Penfield, Sperry, si sono inchinati - precisa Vizioli - di fronte al mistero della mente, di come cioè una struttura, il cervello, possa produrre un’attività immateriale, la mente. >>

GUIDO BRUNETTI

13 commenti:

  1. Questa osservazione: "questo articolo (un po' tecnico)" - mi aveva spaventato, ma poi l'articolo è invece perfettamente comprensibile e condivisibile. Lo stesso questa riduzione di tutti i fenomeni a scontri di particelle subatomiche in base alle leggi fondamentali e immutabili della fisica ha qualcosa di deludente. Ma forse ciò è dovuto ai retaggi della nostra cultura "platonica" (bello quel refuso: "il dualismo metafisico di matrice plutonica (!!!) e cartesiana").
    Materialismo batte spiritualismo 3 a 0. Io sono piuttosto allergico a termini come spiritualismo, spiritualità e in fondo anche spirito. Come diceva Schopenhauer: "Lo spirito, lo spirito? Io questo giovanotto non l'ho mai incontrato." Lo stesso dallo scontro delle particelle subatomiche nascono fenomeni ... incantevoli, persino lo spirito (qualsiasi cosa significhi).
    Ma non buttiamoci giù così, non riduciamoci a particelle che si attirano e respingono. Siamo o non siamo immortali? Viva Severino, salvatore del mondo.

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    1. Caro Sergio, anzitutto ti ringrazio per la segnalazione del refuso (di cui non mi ero accorto): ho inserito pertanto una breve parentesi esplicativa per i lettori.

      Quanto al merito, la nostra esperienza quotidiana è talmente immersa nel dualismo materia-spirito che anche noi persone consapevoli, pur comprendendo queste scoperte della scienza, continuaiamo poi, nellq vita normale, a comportarci come sempre.
      Ma forse, in fondo, è meglio così.

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    2. "... continuiamo poi, nella vita normale, a comportarci come sempre."

      Cioè? Continuiamo a credere nello spirito? Ma io non ci credo in questo signore, come Schopenhauer. Penso che sia tutto, ma veramente tutto, fin nei minimi dettagli, determinato dalle leggi fisiche. Che esista un'anima immortale indipendente dal sostrato fisico personale è assurdo, anche se ci hanno creduto persino dei geni (che però erano anche loro dipendenti o vittime dello Zeitgeist a cui non potevano sottrarsi). Di cosa sia fatta e dove stia e cosa faccia questa anima immortale nessuno lo sa. I credenti cattolici pensano che godrà per l'eternità la visione di Dio, ma in concreto non si sa bene cosa sia questa visione appagante. Trovo più concreti i pellerossa che s'immaginano di cacciare per sempre nelle praterie celesti, visto che per loro la caccia è il massimo della felicità. E trovo anche per lo meno interessanti le settanta vergini che attendono gli islamici. Almeno puoi immaginarti qualcosa.

      Resta il "problema" del ... dopo ovvero dell'eternità. Che Severino ha risolto alla sua maniera, non molto convincente per gli altri, lo ammetto.

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    3. Mi riferivo alla percezione della propria identità mentale.
      Lasciamo pure da parte l'anima immortale, a cui è facile non credere per noi atei e materialisti, ma la percezione di possedere una mente 'spirituale' distinta dal cervello fisico, è una sensazione fortissima anche per noi.
      In fondo, è quello che ci fa sentire esseri umani e non un semplice aggregato di atomi e molecole, o, al massimo, di cellule.

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    4. Io questa sensazione fortissima non la sento. O mi sembra di non sentirla. O forse bisognerebbe intendersi. Penso che nessuno si consideri un semplice aggregato di atomi - pur essendolo. Di cosa avviene nel nostro organismo in ogni istante non sappiamo nulla o quasi nulla, questa realtà non appare, non è evidente. Siamo formati da miliardi di cellule, ma questo non c'interessa davvero o non lo consideriamo importante.

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    5. In biologia, se non sbaglio, la mente viene considerata una "proprietà emergente", cioè tale da non essere deducibile dall'analisi delle sue componenti più semplici (cellule del cervello).

      Su wiki ho trovato questa definizione:
      << Nella teoria della complessità, il comportamento emergente è la situazione nella quale un sistema complesso esibisce proprietà macroscopiche ben definibili, difficilmente predicibili sulla base delle leggi che governano le sue componenti prese singolarmente. >>

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  2. COMMENTO DI GPVALLA56:

    " ... Che la materia pensi è un fatto. Un fatto, perché noi pensiamo; e noi non sappiamo, non conosciamo di essere, non possiamo conoscere, concepire, altro che materia. Un fatto perché noi veggiamo che le modificazioni del pensiero dipendono totalmente dalle sensazioni, dallo stato del nostro fisico; che l'animo nostro corrisponde in tutto alle varietà e alle variazioni del nostro corpo. Un fatto, perché noi sentiamo corporalmente il pensiero: ciascun di noi sente che il pensiero non è nel suo braccio, nella sua gamba; sente che egli pensa con una parte materiale di se, cioè col suo cervello, come egli sente di vedere co' suoi occhi, di toccare colle sue mani. ... Firenze, 18 Settembre 1827". Giacomo Leopardi, Zibaldone.

    C'è tutto. Che, poi, nonostante le evidenze e le nostre convinzioni razionali, possiamo talora comportarci come se davvero l'aldilà
    esistesse, è conseguenza sia della plurimillenaria eredità storica, sia del fatto che, comunque, " il cuore ha le sue ragioni etc", anche se la ragione sa che sono solo illusioni.

    Riprendendo poi un'interessante osservazione uscita dallo scambio di considerazioni fra Lumen e Sergio:
    Se la coscienza e la consapevolezza sono proprietà emergenti, i nuovi supercomputer quantistici che stanno entrando in funzione, per ora sperimentalmente, dotati di potenza di calcolo enormemente superiore a quelli convenzionali, nonché di capacità di autoapprendimento, non potrebbero diventare a loro volta "coscienti"?
    È una prospettiva da fantascienza, certo, ma mi pare che qualcuno abbia cominciato a ragionarci (e a preoccuparsene).

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    1. Caro Beppe, non so dirti a quali vette di pensiero potranno arrivare i super-computer del futuro.
      Penso però, molto terra-terra, che la coscienza e la consapevolezza umane siano un poco sopravvalutate.

      In fondo, si tratta solo di uno strumento affinato dall'evoluzione darwiniana per affrontare meglio le insidie della vita, ma ci danno anche la (falsa) illusione che esista una dimensione spirituale dove tutto è possibile e le meschine leggi della fisica possono essere infrante.
      Ma questo non è vero.

      Forse i super-computer saranno più "intelligenti" di noi (anche se il termine è più ambiguo di quanto sembra).
      Ma non saranno prigionieri dell'inganno spirituale, non vagheggeranno impossibili miracoli, e forse quella sarà la loro vera superiorità nei nostri confronti.

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  3. Tema complesso e dibattuto come pochi altri, tuttavia uno dei pochi punti fermi e' costituito appunto dall'ormai acclarata totale infondatezza scientifica del classico dualismo ontologico di matrice platonico-cristiano-cartesiano (affermazione che peraltro un credente "ortodosso" respingerebbe immediatamente con sdegno in quanto 'scientista'...) Saluti

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    1. Caro Claude, è ovvio che la religione deve difendere senza cedimenti il dualismo corpo-spirito, in quanto su di essa si fonda.
      Ma può valere anche il ragionamento inverso.
      Ovvero che il sentimento religioso continua ad essere ancora oggi 'vivo e vitale' - nonostante i progressi della scienza - proprio per la forte persistenza del suddetto dualismo nella mentalità comune.

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    2. E se davvero il dualismo corpo-spirito fosse - come ha affermato qualcuno - un prodotto "mentale" dell'evoluzione darwiniana, non ce ne libereremo mai.

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  4. Un prodotto "mentale" dell'evoluzione darwiniana (Dennett & altri) e/o un 'meme' difficilissimo da sradicare (Dawkins) e/o una sorta di "fantasma nella macchina" (Ryle)... L'importante e' esserne consapevoli e (cercare di) comportarsi conseguentemente... A risentirci

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    1. Ti confesso che mi convince di più l'ipotesi di Dennet che quella di Dawkins (che io peraltro considero un grandissimo), in quanto se si trattasse di un 'meme' sarebbe un prodotto culturale recente, mentre il dualismo mi sembra un costrutto più ancestrale.

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