Il
post di oggi riporta l'intervento che Maria Luisa Cohen tenne al
Convegno 2008 dell'Associazione Rientrodolce, dal titolo “Perchè i
media ignorano l´impatto dell’incremento della popolazione”.
Sono passati 12 anni, ma le parole di denuncia della Cohen restano
più attuali che mai.
Il
testo (che ho diviso in 2 parti per comodità di lettura) è stato
ripreso dal blog 'Un pianeta non basta' dell'amico Agobit, che
ringrazio per la segnalazione.
LUMEN
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Comunicazione e informazione sono i mezzi più efficienti di
conquista per il consenso nella società, come confermato anche da un
recente libretto dell’autore americano Gore Vidal intitolato “Se
controlli i media è fatta”. La maniera come sono formulate le
notizie, offre al pubblico il segnale d’interpretazione delle
stesse.
Mi
riferisco al trattamento dei media e delle agenzie politiche sul tema
della popolazione. Qualche giorno fa il banchiere al quale mio marito
si rivolse per questioni d’investimenti dichiarò che nessuno - né
banche, né economisti, né politici, né altri addetti al potere -
dicono la verità o per ignoranza o per calcolo. Si può tracciare un
parallelo tra le informazioni che il pubblico riceve riguardo alle
crisi ambientali, soggetto oggigiorno di analisi da parte di
politici, scienziati e media,. e la corrispondente disinformazione o
misinformazione.
E’
fondamentale capire che l´evidenza della connessione tra il fattore
popolazione e le crisi ambientali viene in qualche modo oscurata dai
canali d’informazione mainstream diretti al gran pubblico.
Esistono individui, organizzazioni, libri e articoli che
contribuiscono alla comprensione di questa connessione, ma sono stati
ignorati per decenni. Le voci che ci avvertono del pericolo a venire,
sono tacitate da schiere d’ottimisti, che hanno il vantaggio di
dire ciò che la gente preferisce credere.
Documenti
antichi, avvertimenti e reazioni al pericolo dell’aumento della
popolazione, sono profeti del peggio a venire. Più recentemente
tutto ciò che era facilmente prevedibile è stato già previsto, da
Mark Twain ad Aldous Huxley, il quale ha trovato anche il colpevole
nella figura degli scienziati, che ad un certo punto dimenticarono
d’essere uomini e divennero specialisti. Lo specialista è
generalmente colui che si disinteressa dei risultati a lungo termine
di ciò´ che eventualmente scopre.
Huxley
aveva delle idee chiare sulle conseguenze dell’intervento della
tecnologia, proterva alleata degli aiuti umanitari: "Satana
sapeva che nutrire significa procreare. ... Nei vecchi tempi quando
la gente faceva l´amore, si limitata ad accrescere l´indice di
mortalità infantile e a deludere l´attesa di una vita nuova. Ma
dopo l´arrivo delle navi, cariche di viveri tutto cambio´. La
copulazione si risolveva in popolazione....Si, Satana aveva previsto
tutto: il passaggio dalla fame ai viveri importati, dai viveri
importati all´incremento demografico, dall´incremento demografico
di nuovo alla fame ...”. ...( da: La scimmia e l´essenza).
Egli
intuiva che più la tecnologia si adopera ad aumentare la capacità
di carico degli ecosistemi per nutrire un numero eccedente
d’affamati, più l’eterogeneità dei fini detta un ulteriore
accrescimento degli stessi, che richiederà sempre nuovi input
tecnologici, ignorando l’ovvia soluzione: diminuire il numero delle
bocche da sfamare. E’ questa la vera ragione perché la Povertà è
sempre con noi: perché noi rincorriamo continuamente la sempre
crescente moltitudine dei poveri.
Recentemente
degli scienziati hanno avvertito che l´attuale crescita della
popolazione è insostenibile. La Royal Society of London e i
rappresentanti di 58 accademie dell’US National Academy of
Sciences, s’incontrarono a New Delhi il 24-27 Ottobre 1993, nel
''Science Summit' on World Population”. I firmatari del manifesto
concludevano che il continuo incremento della popolazione mettesse a
rischio l´umanità e proposero zero population growth per
tutto il periodo di vita dei loro figli.
Lo
stesso anno, 99 premi Nobel hanno emesso un avvertimento all’umanità
per stabilizzare la popolazione, causa della distruzione ambientale.
(Detjen, 1992) Queste sono eccezioni. Nel mondo delle grandi
istituzioni internazionali, abbiamo la FAO, che finora è riuscita a
nutrire anche troppo bene tutti i suoi funzionari ed impiegati ma non
i poveri del mondo; la WHO, che ripete la parabola di Sisifo;
l´UNICEF fortemente politicizzata; la Banca Mondiale, che fa in modo
che le somme erogate facciano ritorno ai paesi eroganti.
Esse
non evidenziano l’aspetto demografico come un rischio, ma come
un’opportunità per pubblicizzare la loro raison d’étre.
L’unico a segnalare il dramma futuro fu U.Thant, segretario
dell´ONU che nel 1969 ebbe il coraggio di affermare: "...dalle
informazioni che dispongo, si trae una sola conclusione: abbiamo a
disposizione appena dieci anni per impegnarci in un programma
globale...di controllo dell’´esplosione demografica...." Son
passati quarant´anni e il problema è stato dimenticato.
Riferendosi
alla recente crisi alimentare, dalle agenzie internazionali si
apprende solo che : "Senza aiuti sarà una catastrofe"
(IFAD Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo ) che parla del
triplo flagello: povertà, prezzi troppo alti, cambiamento climatico.
Ma non di popolazione. La Chiesa continua ad appellarsi alla
solidarietà, colpevolizzando gli occidentali per uno dei pochi
errori o crimini che non hanno commesso: l’aumento dei poveri nel
Terzo Mondo, dovuto all’eccessivo e troppo rapido aumento di quelle
popolazioni.
Sperando,
nella ricerca della verità, di trovare fonti d’informazione di
massa, vediamo che questo problema non raggiunge il pubblico, perché
i media che hanno un’ influenza significativa sull’opinione
pubblica, lo ignora. A sostegno di questa tesi, mi rifaccio ad un
esauriente studio 'How and Why journalists avoid the
Population-Environmant Connection', di T.M. Maher, 1997.
Nel
Report “Tradeoffs: Imperatives of Choice in a High-Tech World”
Wenk (1986) si stima che: "Qualsiasi conoscenza in materia di
scienza e tecnologia il pubblico generale impara, proviene non
dall’educazione, ma dai mass media”. I quali suggeriscono al
pubblico cosa pensare di un determinato problema.
Per
esempio, la causa dell’urban sprawl, l’imperversare
dell’edilizia, la costruzione di nuovi sobborghi e la distruzione
delle aree verdi, è l’aumento della popolazione, come riconosciuto
dagli imprenditori stessi che lo portano come giustificazione per
usurpare gli habitat di altre specie e demolire le amenità
esistenti. Oltre a sostenere il supporto di centri commerciali,
stazioni di servizio, scuole, uffici e altri servizi.. questo
sviluppo inarrestabile è accettato come un beneficio per la
comunità, ma esso rappresenta una perdita di biodiversità e una
perdita netta dell’ambiente naturale planetario.
Come
i media raccontano questi avvenimenti ? Lo raccontano generalmente
separando gli elementi critici, negando la loro connessione. Per
esempio, la storia delle specie in pericolo per l’ invasione
edilizia, diventa cosi una lacrimosa recriminazione. Ha comunque una
soluzione tecnologica: incessanti studi scientifici, protezione di
circoscritti habitat, riproduzione e allevamento artificiale,
regolazione dei pesticidi, nuove autostrade, usare energie
alternative per le macchine, nuovi modelli “ecologici” per le
abitazioni, limitazione delle licenze edilizie.
Queste
vengono puntualmente aggirate da un abbraccio tra aziende edilizie,
sindacati e comuni interessati e poi denunciate con indignazione dai
soliti giornalisti d’assalto e da pochi inermi obiettori che
vengono definiti “elitisti” e anti-sviluppo.
I media tendono
ad accusare cause visibili, come la rapacità dell’industria di
costruzioni, senza questionare le forze economiche e sociali che
spingono gli stessi a distruggere la natura; e se devono attribuire
le ragioni per l’esaurimento di certe risorse come l’acqua, il
petrolio o i cereali, si rivolgono a qualche catastrofe naturale o
agli speculatori.
Ma
stabilizzare la popolazione sembra un’opzione politica troppo
bizzarra per essere suggerita dai media. Invece i reportages omettono
ogni referenza che possa offendere coloro che hanno interesse a
sostenere l’aumento della popolazione.
Come
spesso è necessario per capire certi fenomeni sociali, dobbiamo
seguire il denaro. Il grande capitale, nel tempo della
globalizzazione, contribuisce in maniera sostanziale a silenziare il
tema sovrappopolazione e terrorizza le popolazioni con il fantasma
della scarsità delle nascite, gettando la maschera e mostrando il
vero volto degli interessi economici della grande industria
multinazionale: numero di consumatori in costante crescita e lavoro a
basso presso.
Molotch
e Lester nel 1974 avevano già individuato quello che è ancor oggi
evidente: il contenuto del media riflette gli interessi di coloro che
li sostengono, attraverso commissioni pubblicitarie, vedi costruttori
e interessi bancari (v. la faccenda dei subprime in America).
Elisabeth Noelle-Neumann (1984) ha suggerito, con la sua teoria “La
spirale del silenzio”, che “ I media provvedono a fornire il
pubblico di parole e frasi che possono usare per difendere un certo
punto di vista.”
Indiscutibilmente
le persone interpellate dai media sulle questioni ambientali ed
economiche, non sembrano affatto consapevoli che la loro situazione
sia esacerbata dall’espansione della popolazione: I reporter e gli
intervistati sono vittime e complici della stessa miopia causale.
Sottolineiamo quindi le ragioni per questo silenzio:
1)
- ignoranza del soggetto. Sembra che la maggior parte dei giornalisti
sia al di sotto dello standard richiesto dal loro lavoro. Essi
tendono a costruire una storia che rifletta un dramma comprensibile
al pubblico. Per esempio, molti di essi evidentemente non hanno idea
del concetto di carrying capacity, che potrebbe aiutarli a
comprendere il problema dello stress imposto sugli ecosistemi.
2)
- essi esprimono le opinioni di alcuni gruppi di interessi,
attraverso i quali i loro padroni illustrano e pubblicizzano la loro
agenda economica e politica. I loro reporting non sono quindi
neutrali;
3)
- Il problema della correttezza politica, che rosicchia la coscienza
collettiva e si esprime nel silenzio - magari per timore di offendere
qualche minoranza. Queste ragioni sono state riportate da piu’ di
un interessato, che temeva ripercussioni sulla sua reputazione dovute
ad accuse di razzismo, xenofobia, o dalla lobby ecclesiastica,
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MARIA
LUISA COHEN
(segue)