Al dramma dell'immigrazione incontrollata ho già dedicato numerosi post, ma l'argomento è talmente importante che, come si dice, repetita juvant (anche se forse serve a poco).
Eccovi pertanto le riflessioni sul tema di Gaia Baracetti, sempre combattiva e controcorrente, com'è nel suo stile.
LUMEN
Eccovi pertanto le riflessioni sul tema di Gaia Baracetti, sempre combattiva e controcorrente, com'è nel suo stile.
LUMEN
<< [Esiste] un luogo comune per cui sarebbe una questione di “umanità” far sbarcare i profughi in Italia, e “disumano” non farlo. Questo viene dato così per scontato che non si dubita neanche di questa divisione tra buoni e cattivi relativa all’immigrazione, al punto che chiunque ponga delle domande che sembrerebbero ovvie è costretto a dubitare di se stesso e della propria “umanità”, per l’appunto. (…)
Facciamo finta che non esistano già prese di posizione intransigenti su questo tema e poniamo alcune domande innocenti.
Facciamo finta che non esistano già prese di posizione intransigenti su questo tema e poniamo alcune domande innocenti.
Cosa c’è di “umanitario” nel continuare a incoraggiare un traffico di esseri umani sulla cui violenza siamo ampiamente stati istruiti? Cosa c’è di umanitario nel permettere a masse enormi di persone di stabilirsi in paesi sempre più in difficoltà ad accoglierli, dove facilmente non troveranno lavoro legale ed entreranno in circoli di illegalità, sfruttamento, e condizioni di vita “disumane”? Cosa c’è di umanitario nel mettere queste persone in concorrenza per la spesa pubblica, il lavoro e le risorse con la popolazione autoctona?
Cosa c’è di umano nel sostenere i traffici di chi li ha portati fino al rischio di morte per annegamento, e facendosi pure pagare, perché alla fine l’ingresso è in effetti garantito? Cosa c’è di umanitario nel mettersi nelle condizioni di cedere sempre a un ricatto senza fine, e più gente tiri fuori dall’acqua, più gente ci si butta? (No, non sto proponendo di lasciar annegare le persone).
Ogni tanto ci penso e mi arrabbio. Non ne posso più della sfilata di anime buone e pie che vogliono salvare e portare in Italia chiunque, e non si pongono il problema del dopo, parlano di accoglienza e integrazione ignorando l’evidenza che, dopo l’accoglienza e il permesso di restare, una buona parte di queste persone finirà a lavorare per qualche tipo di criminalità o a fare vita da schiavi nelle fabbriche o nei campi – e il fatto che, forse, per alcuni di loro questa vita sia preferibile al restare in patria non significa che sia una cosa buona creare situazioni del genere nel nostro paese, anche perché andrà a finire che dovremo adeguarci anche noi: “o così o non ti assumo.” È già così.
Io ogni tanto mi chiedo se quelli che parlano di umanità e accoglienza fanno finta di non sapere queste cose o non le sanno proprio perché non le vedono, perché non vanno nei quartieri popolari esasperati, nelle baraccopoli dell’agricoltura italiana, non vedono gli ex richiedenti asilo che dormono per terra all’addiaccio o chiedono l’elemosina, certe zone le evitano e men che meno prendono i mezzi pubblici, e quindi non sanno cosa sta succedendo.
I cittadini lo sanno – non so quante persone che conosco, al di sopra di ogni sospetto, hanno ammesso di pensare che la situazione abbia preso una brutta piega – ma hanno paura di quello che si direbbe di loro se si esponessero pubblicamente. Così come nell’humanitas latina la sicurezza di una forza schiacciante data dalla prevaricazione permette di moraleggiare sui dettagli, così anche qui dietro alle arie virtuose e persino alla buona fede di chi ci crede davvero ci sono progetti molto meno encomiabili.
Trasportare enormi masse di persone, in modo organizzato, tra continenti lontani non è una cosa che succede spontaneamente, nè che si verifica a ogni guerra o carestia: negli Stati Uniti come in Europa come ovunque, una cosa del genere dev’essere organizzata e qualcuno la deve anche pagare, perché viaggi e logistica costano. E con quali motivazioni, allora? Molte persone operano per genuino altruismo, ma la macchina è mossa a tutti i livelli, livelli che non si scomodano per beneficienza.
Io sono convinta che buona parte delle forze politiche sostenute dalle forze economiche e dalle elite intellettuali voglia semplicemente importare forza lavoro a basso costo, non voglia affrontare le difficoltà (sormontabili) legate all’invecchiamento della popolazione autoctona, alla crisi del sistema pensionistico e al rallentamento della crescita economica, e non abbia trovato niente di meglio che tamponare le falle con l’ingresso di persone qualsiasi purché giovani e disposte a farsi sfruttare. (…)
E non c’è un guadagno solo per i datori di lavoro europei: i paesi di transito hanno a disposizione un potere ricattatorio perenne, grazie al quale possono pretendere armi, denaro o mano libera nei conflitti locali, mentre i paesi di partenza si sgravano di un problema che non sono in grado di gestire, così come i paesi europei mandarono dichiaratamente tutti i loro indesiderati – poveri, delinquenti e dissidenti vari – fuori dai piedi nelle colonie, e pazienza se chi ci abitava già non era d’accordo.
E questa è una serie di motivi che spiegano quello che succede e continua a succedere e non ha nulla a che vedere con la compassione o la generosità (nell’impero romano, a proposito, la migrazione funzionava più o meno allo stesso modo, finché non è sfuggita di mano e sono cominciate le invasioni barbariche).
Al tempo stesso, essendo la nostra cultura e anche le nostre religioni basate sulla negazione dei limiti naturali e sull’indifferenza verso la distruzione ambientale, fatti salvi discorsi di circostanza, non riusciamo ad affrontare le ragioni nè delle nostre difficoltà nè delle loro, basate non solo e non tanto sullo sfruttamento occidentale dei popoli poveri (la realtà è enormemente più complessa), ma su pressioni demografiche insostenibili, conseguenti disoccupazione, conflitto, e distruzione delle risorse localmente disponibili.
L’empatia, quell’emozione così strettamente associata al nostro concetto di “umanità”, è molto facilmente manipolabile. Vedi il volto di un giovane africano e puoi pensare: poverino, è in viaggio da così tanto tempo!, oppure: cosa farà una volta arrivato? Vedi una giovane africana con un bambino in braccio e puoi pensare: sarà stata stuprata!, ma anche: perché fanno figli che non sono in grado di mantenere, e pretendono che li manteniamo noi?
Vedi un bambino separato dai genitori perché migranti illegali negli Stati Uniti e puoi provare pena e rabbia, ma verso chi? Verso chi attua una politica migratoria repressiva, o verso chi si imbarca con dei bambini in un viaggio che sa essere pericolosissimo verso un paese la cui politica ufficiale è che non può entrare? E perché non ti viene in mente di compatire l’americano disoccupato perché scalzato da un migrante, o l’animale che perde il suo habitat per far posto a nuove case?
L’empatia dipende, dipende da che foto ti mostrano, da che storia ti raccontano, e le storie che gli umani raccontano non sono necessariamente vere, nè sono necessariamente storie complete. Ci raccontano che non possiamo rimandare le persone in Libia perché vengono torturate, ma non ci permettono di chiedere cosa ci facessero lì o perché mai queste persone continuino ad andare in Libia, dato che sanno tutti che in Libia c’è la tortura. (…)
E ancora: dato che a certe storie corrisponde un premio e ad altre no, che si sa quali sono le storie giuste da raccontare e quali quelle sbagliate, e che l’essere umano (come altri animali) è capace di mentire, come facciamo a sapere se quello che ci viene detto è sempre vero?
L’empatia è un sentimento ingannevole, fondamentale ma fuorviante – proviamo pena per le vittime e per gli assassini, per chi racconta bene più per chi soffre davvero, per chi trova qualcuno che si faccia carico della sua storia più che per qualcuno la cui condizione di vittima non rientra nei canoni previsti al momento. Non possiamo provare pena per tutti simultaneamente, sarebbe devastante, e quindi proviamo pena di volta in volta per delle categorie, quasi come una moda, calata dall’alto. (...)
La compassione senza conoscenza e senza comprensione è un sentimento non solo incompleto, ma anche pericoloso. Le grandi persecuzioni della storia si basano tutte sull’accusa al perseguitato di aver fatto soffrire qualcuno – che si tratti di streghe, ebrei, nemici del popolo o selvaggi. >>
GAIA BARACETTI
A proposito dell'eccesso di empatia (di cui ho già parlato altrove in questo blog), ecco una ulteriore riflessione di Gaia Baracetti:
RispondiElimina<< mi sono accorta di avere un problema personale con l’empatia, di provare pene infinite senza però in questo modo aiutare l’oggetto della mia pena.
Non è che aiuti le persone solo perché le compatisci. E alle volte compatisci nel modo o le persone sbagliate.
Sto iniziando a chiedermi se non si tratti di essere “sensibili”, ma solo di avere delle questioni personali che proiettiamo sul mondo.
In fondo, la massa della sofferenza nel mondo è tale da schiacciare chiunque; ad un certo punto, bisogna trovare il modo di spegnere anche l’empatia. >>
"In fondo, la massa della sofferenza nel mondo è tale da schiacciare chiunque; ad un certo punto, bisogna trovare il modo di spegnere anche l’empatia."
RispondiEliminaVerissimo. Se uno pensa intensamente ai 700 milioni di persone denutrite o che fanno la fame (come ci viene detto, chissà se è vero) come potrebbe mettersi a tavola e gustarsi tranquillamente le saporite vivande?
Un socialcomunista imbecille, lo svizzero Jean Ziegler, amico di Fidel e Gheddafi, insinua che la morte per fame di un bambino è un assissinio. E chi è l'assassino? La comunità internazionale o magari lo stesso Ziegler?
Il dolore delle creature - uomini e animali - è immenso, insopportabile. L'individuo è impotente, cosa può fare? Votare per certe persone o gruppi che promettono di ridurre le sofferenze del mondo? Campa cavallo!
Se cedo tutte le mie sostanze per essere perfetto (cioè giusto), come consiglia Gesù a quel giovane ("se vuoi essere perfetto liberati delle tue ricchezze e seguimi") sarò poi costretto ad elemosinare. I francescani sopravvivono grazie al lavoro degli altri.
L'eterna domanda: che fare? Qualcosa si può fare forse (essere onesti è già qualcosa - ma posso considerarmi onesto se io campo decentemente mentre altri, tantissimi altri, soffrono?). I giornali sono ogni giorno pieni di notizie raccapriccianti e deprimenti, tanto che a uno viene la voglia di non leggerli più. È ignavia, vigliaccheria o istinto di sopravvivenza.
Nessuno ci pensa, io sì: pensate a tutte le creature che sono morte e ancora muoiono tra le fiamme delle foreste in tutto il mondo, anche per incendi appiccati da qualche scemo o delinquente. Ceronetti reclamava la pena di morte per chi appicca il fuoco devastando il territorio.
Tornando al testo di Gaia. Che dire? Semplice buon senso il suo, sottoscrivo tutto. Ma se poni domande semplici a cui si può rispondere in modo altrettanto semplice ti dicono che sei un populista se non peggio. Il populista secondo la definizione è chi propone risposte semplicistiche a problemi complessi. Ma i problemi sono ormai tanto complessi che non è possibile nessuna risposta o misura realizzabile (per es. come far ripartire l'Italia, come incrementare la crescita economica e anche demografica, visto che si condizionano a vicenda - non ci può essere crescita economica senza quella demografica, Draghi dixit, il falsario che diventerà presidente della repubblica, secondo alcuni). Insomma, i problemi sono tanto complessi che ci possiamo solo sparare.
RispondiEliminaEcco un problema italiano (ma di tanti altri paesi). La disoccupazione in Italia è sempre stanta endemica, persino ai tempi del miracolo economico. Oggi la situazione è ancora più grave, anche per la crisi internazionale che dura da dieci anni e che rischia di protrarsi, anzi di aggravarsi. La disoccupazione giovanile è terrificante (oltre il 30%). Come può un paese in queste condizioni aprire o persino cancellare le frontiere imbarcando tutti i dannati della terra? Ridicole le motivazioni: chi raccoglierà se no i pomodori, chi ci pagherà un giorno le pensioni? Se la raccolta dei pomodori fosse remunerata decentemente tanti giovani o italiani farebbero la fila per farsi assumere.
La domanda semplice è o sarebbe: quanti ne possiamo accogliere assicurando loro una vita decente? Stranamente nessuno pone questa domanda, soprattutto quelli che - modestamente - si ritengono moralmente superiori (sinistri, pretume). Il sindaco Orlando vuole dare la cittadinanza a chiuque la richieda (poi si arrangino). Se questa non è demenza! Porre le domande semplici per certuni è inopportuno, anzi segno di grettezza, di chiusura mentale, di egoismo. Ma come, quelli crepano e tu chiedi quanti ne possiamo accogliere? Miserabile contabile, anzi reazionario e fascista.
Come diceva Nanni Moretti: continuiamo a farci del male. Più idioti di così!
<< Se la raccolta dei pomodori fosse remunerata decentemente tanti giovani o italiani farebbero la fila per farsi assumere. >>
RispondiEliminaEsattamente.
Purtroppo c'è la globalizzazione che ha portato ad una spaventosa corsa verso il basso sia per i costi che, conseguentemente, per i salari.
Però io ti dico, in tutta sincerità, che preferisco avere salari più alti e merci più care che non il contrario.
Magari mi illudo, ma mi sembrerebbe - a livelo sociale - un equilibrio migliore.
E inoltre, visto che dobbiamo preoccuparci anche dell'ambiente, ci indurrebbe ad acquistare di meno (facendo scelte più oculate) e quindi a sprecare di meno.
Ma il mercato globale, sotto questo aspetto, è spietato.
"Perchè fanno figli che non sono in grado di mantenere, e pretendono che li manteniamo noi?"
RispondiEliminaEcco probab.te il quesito fondamentale dell'intera questione-migrazioni di massa: una domanda che però mondo cattolico e sinistre exneopost-comuniste generalmente bypassano e a cui le destre nazional-sociali pretendono (indirettamente) di rispondere rialzando artificialmente il tasso di natalità autoctono... Saluti
"... e a cui le destre nazional-sociali pretendono (indirettamente) di rispondere rialzando artificialmente il tasso di natalità autoctono."
RispondiEliminaCredo che ti sbagli. Non è che le destre nazional-sociali rispondano alla demenza cattocomunista. L'auspicio di un aumento del tasso di natalità autoctono risponde alla necessità di non scomparire (noi italiani) nel giro di qualche generazione (persino solo due o tre). L'invecchiamento della popolazione in occidente è un fatto. Difficile immaginare che i consumatori decidano di tornare all'antica, di avere cioè più figli, e di consumare meno. Si creerebbe quindi un vuoto difficilmente colmabile se gli autoctoni vogliono meno figli o persino nessun figlio (il 30% delle donne in carriera non vogliono figli). Francia e Svezia hanno ottenuto qualche successo quanto a incremento del tasso di natalità (con vari trucchi pagati dalla collettività), ma lo stesso non raggiungono il tasso di sostituzione (2,1%). Non metterei sullo stesso piano cattocomunisti e destre nazionaliste, anche se entrambe non hanno capito che la crescita demografia infinita porta inevitabilmente al collasso.
Oggi comunque una buona notizia dall'Africa: sembra che vogliano contenere l'incremento demografico.
<< Oggi comunque una buona notizia dall'Africa: sembra che vogliano contenere l'incremento demografico. >>
EliminaMagari !
Dove hai trovato questa bella notizia ?
Premesso che Francia e soprattutto Svezia hanno una densità media/kmq. PIU' BASSA di quella italiana e che sfortunatamente da qualche tempo a questa parte la smania natalista ha colpito anche le forze di Centro-sinistra, resta il fatto che tradizionalmente sono state le forze di Centro-destra a propagandare costantemente non soltanto Dio (cristiano e prefer.te cattolico-romano) e Patria (tendenzialmente autarchica e nazionalista) ma anche la Famiglia (numerosa) e ad opporsi in tutti le sedi e in tutti i modi possibili ad ogni forma non soltanto di legalizzazione dell'aborto ma anche di pianificazione familiare e perfino di propaganda contraccettiva.
RispondiEliminaSinceramente non riesco a capire in che modo il problema dei problemi (quello dell'attuale crescita demografica INCONTROLLATA in gran parte dei Paesi afro-asiatici) possa essere combattuto e tantomeno risolto producendo altra nuova popolazione, che sebbene o forse proprio perchè autoctona (occidentale, quindi inevitabilmente più propensa ai consumi) finirebbe per avere un impatto economico-sociale e soprattutto ambientale proporzionalmente altrettanto pesante: in altre parole, sarebbe come se di fronte ad una stanza da bagno allagata x la rottura dei rubinetti dei servizi igienici, anzichè (cercare) di turare le falle si spalancasse pure il rubinetto del lavello della cucina... Saluti
<< resta il fatto che tradizionalmente sono state le forze di Centro-destra a propagandare costantemente non soltanto Dio (cristiano e prefer.te cattolico-romano) e Patria (tendenzialmente autarchica e nazionalista) ma anche la Famiglia (numerosa). >>
EliminaIl che, in un periodo storico in cui l'eccesso di popolazione NON era un problema, aveva anche una sua logica.
Purtroppo, anche se oggi i tempi (demografici) sono cambiati, i meccanismi ideologici delle destre sono rimasti (ottusamente) gli stessi, e lo conferma il fatto, strettamente collegato, che continuano a negare anche l'emergenza ambientale.
Per la sinistra, invece, si tratta probabilmente di meccanismi diversi, forse più distruttivi che costruttivi, di cui però non ho una conoscenza competenza sufficiente per approfondire.
"Dove hai trovato questa bella notizia ?"
EliminaUna notizia di televideo del 12/11, non ricordo più se italiano (!) o svizzero. Notizia sorprendente perché il problema se lo pongono gli Africani stessi, non l'ONU o qualche malthusiano occidentale. Fusse ca fusse la vòta bbona? Che anche loro comincino a farsi qualche pensierino in materia? Davvero sorprendente, quasi incredibile. Ma ci vorranno naturalmente conferme. Guardo un po' in rete se trovo un articolo in merito.
E invece della conferma circa le buone intenzioni di alcuni africani trovo il sottostante e delirante articolo della Caritas che trovo anche ambiguo. Sostiene la Caritas che la popolazione mondiale si assesterà sugli 11 miliardi nel 2200. Penso invece che continuando di questo passo gli 11 miliardi saranno raggiunti entro il 2100, anzi molto prima. Poi previsioni a così lunga scadenza (il 2200 !) mi sembrano aleatorie. Per la Caritas e la Chiesa cattolica lo spauracchio della sovrappopolazione è un mito. Le campagne per il contenimento della popolazione sono anche antiumane, si troveranno altre terre coltivabili, ci sarà da mangiare per tutti. Ma ci sarà anche lavoro, lavoro vero, cioè utile e sensato per tutti, visto che non si può stare con le mani in mano, si impazzisce. Poi bisogna anche vedere se ci sarà una corsa cruenta per l'accaparramento delle (ultime risorse). O forse il Governo Mondiale finalmente instaurato provvederà alla giusta ripartizione di cibo, acqua, spazio e altro?
RispondiEliminaIl lungo articolo della Caritas:
https://www.caritas-ticino.ch/riviste/elenco%20riviste/riv_9803/04-l%27inganno%20demografico.htm
LASCIATE OGNI SPERANZA, VOI CH'ENTRATE
RispondiEliminaVisto un documentario su "La Terra al limite". Sconforto, depressione. Il mondo ormai una cloaca. In Africa bambine di dodici anni incinte. Megalopoli spaventose in cui vivrà fra non molto il 90% della popolazione mondiale (inurbazione, in città si sta meglio?!). Gente che fruga nelle discariche dell'occidente in Africa per cercare qualcosa di ancora utilizzabile o da vendere. E gente gente gente ovunque. Morti di fame o consumatori avidi. Ah, poi l'acqua! Ce n'è sempre meno. La California esporta prodotti agricoli e mangimi nel mondo intero, ma per farlo deve pompare acqua dalla falda idrica. Una volta i pozzi arrivavano a sessanta metri, adesso devono trivellare fino a duecento, persino trecento metri ...
(non berrò più vino della Napa Valley, anche se è migliore del Bordeaux).
Non c'è più niente da fare, inutile prendersela. Ci sono però ottimisti che dicono che le cose vanno benissimo, mai tanti sono stati così bene come oggi (non proprio tutti, ma insomma). Mah! Io mi arrendo. Fossimo ancora "solo" tre miliardi come nel 1970 (in realtà già troppi anche quelli) si potrebbe ancora sperare, potremmo magari andare anche in macchina senza troppi scrupoli. Ma ormai siamo fuori controllo, l'umanità cresce al ritmo di 1 miliardo ogni 10-12 anni. Ma vi rendete conto? Un miliardo, una Cina in più a decennio! Ma ce la faremo, non facciamo i disfattisti. Come diceva la Merkel accogliente senza chiedere il parare dei suoi compatrioti alias Tedeschi? "Keine Obergrenze für Flüchtlinge!" (nessun limite per i profughi). E poi: "Wir schaffen das!" (ce la faremo). Con l'auto eletettrica! E le batterie? E la corrente?
Guang-Zou ha trenta milioni si abitanti. Meraviglioso, quante ore o giorni ci vorranno per andare da est a ovest? Ma figurati, coi treni e le metropolitane superveloci viaggi alla velocità della luce.
Ma quante tonnellate di feci producono al giorno i trenta milioni di Guang-Zou? Quanti depuratori ci saranno? È possibile smaltire questa massa enorme di feci al giorno? E l'acqua per lo scarico? E l'acqua per lavarsi e cucinare (anche da bere)?
Insomma, arrangiatevi. Un po' peccato, certo, c'erano le condizioni per vivere TUTTI meglio, ma è andata o va come deve andare apparantemente. Gesù, Giuseppe, Maria - siate la salvezza dell'anima mia. Fine.
Caro Sergio,
RispondiEliminase Dio esistesse (e davvero si occupasse di noi) questo sarebbe il momento buono per intervenire.
Magari chiamato proprio dalla Caritas, visti i rapporti...