Si concludono qui le
considerazioni di Marco Pierfranceschi sul travolgente successo della
nostra specie e le sue terribili conseguenze per l’eco-sistema
(quarta ed ultima parte). LUMEN
<<
A peggiorare il bilancio dell’assalto plurimillenario condotto
dalla nostra specie nei confronti delle risorse globali,
l’inquinamento ha aggiunto ulteriore fattore di stress agli
ecosistemi naturali. Col termine inquinamento si intende
l’introduzione di materiali ‘alieni’ alle dinamiche biologiche,
ed in grado di interferire coi processi di riuso della materia
organica. Tutto quello che la specie umana estrae dal suolo, raffina,
trasforma, utilizza ed infine scarta rappresenta una forma di
inquinamento.
Inizierò
quindi col descrivere una modalità di inquinamento che non viene
ancora individuata come tale: l’edilizia. I primi rifugi inventati
dalla nostra specie furono, con molta probabilità, capanne di legno
e foglie, composte interamente da materiali organici, decomponibili e
biologicamente riciclabili. Col tempo ed il padroneggiare tecniche di
manipolazione più evolute, la costruzione di edifici in pietra
rappresentò un primo esempio di intervento umano operato in totale
difformità dai processi biologici.
I
materiali inerti necessari all’edilizia vengono estratti dalle cave
di pietra e collocati dove poi sorgono paesi e città, luoghi di
norma caratterizzati da abbondante disponibilità di suolo fertile.
La costruzione di edifici e la successiva espansione delle città ha
l’effetto di ridurre la disponibilità di suolo fertile. Con la
crescita delle città e la nascita di regni ed imperi, l’occupazione
di suolo prodotta dalle città aumenta progressivamente, mentre la
produzione alimentare si trasferisce sempre più verso le periferie,
processo che innesca la creazione di strade ed il consumo di
ulteriore suolo fertile.
Il
gigantismo delle attuali metropoli, e le trasformazioni avvenute
nella produzione e nei trasporti grazie alla Rivoluzione Industriale,
hanno di fatto totalmente scollegato le aree urbane dalla necessità
di un’autonomia alimentare di ‘prossimità’, creando condizioni
di estrema criticità. Qualunque riduzione nell’efficienza della
produzione agricola, o di quella della rete di trasporti, si
tradurrebbe in un’incapacità delle popolazioni inurbate di far
fronte al proprio stesso sostentamento.
In
epoche passate, un limite alla crescita delle dimensioni urbane è
consistito nella disponibilità di cibo in relativa prossimità. Con
la Rivoluzione Industriale questo limite è stato rimosso,
consentendo alle città di espandersi seppellendo le aree agricole di
prossimità. Questo processo non è più reversibile nel breve
periodo, perché i terreni scavati e cementificati non recuperano la
propria fertilità a fronte del semplice abbattimento degli edifici.
I
materiali edili presentano quantomeno il vantaggio di essere inerti
rispetto ai processi organici. Lo stesso non si può dire di gran
parte delle sostanze che sono diventate parte della nostra vita di
tutti i giorni. Dalla rivoluzione industriale in poi la chimica ha
infatti provveduto a sviluppare una varietà pressoché infinita di
sostanze tossiche e nocive, in grado di interferire a vari livelli
coi processi biologici.
Queste
sostanze sono successivamente entrate a far parte dei manufatti, o
divenute parte integrante dei relativi processi produttivi, e molto
poco si è fatto per gestirne uno smaltimento sicuro al termine del
ciclo d’utilizzo. Parliamo di un ventaglio di sostanze che va dai
veleni veri e propri agli acidi, a materiali variamente irritanti,
tossici o cancerogeni. Tutta roba che per decenni è stata rilasciata
nei fiumi, seppellita, conferita nelle discariche o bruciata e
dispersa nell’atmosfera.
Anche
materiali biologicamente inerti come la plastica presentano un
risvolto negativo, perché la loro diffusione e successivo degrado
sta creando problemi agli animali che tentano di nutrirsene,
causandone spesso la morte. Soprattutto negli oceani la quantità di
frammenti di plastica trasportata da fiumi e correnti sta
rappresentando un problema significativo per la fauna marina. Questo
senza contare che il processo di frammentazione, al momento ancora
parziale (si parla infatti di ‘microplastiche’), procederà
gradualmente fino al livello molecolare, saturando l’ambiente di
quantità enormi di catene di polimeri di origine non biologica, con
effetti, allo stato attuale, totalmente non quantificabili.
Un’altra
parte rilevante di inquinamento deriva dall’impiego di diserbanti
ed antiparassitari nell’agricoltura, che cresce di anno in anno. Si
tratta di composti chimici dichiaratamente ostili ai processi
biologici (la loro funzione è uccidere le varietà vegetali che
competono con le specie coltivate e gli insetti che di queste ultime
si nutrono), che finiscono con l’accumularsi nella catena
alimentare portando morte anche alle specie (rettili, uccelli e
mammiferi) che di tali insetti si nutrono.
Oltre
agli antiparassitari l’agricoltura fa anche un largo uso di
fertilizzanti azotati, che hanno un effetto positivo a breve termine
sulle colture, ma nel lungo termine alterano gli equilibri chimici
dei suoli rendendoli meno ospitali per le popolazioni di insetti ed
altre forme di vita che li abitano. Quel che è peggio: ancora non è
chiaro quali siano gli effetti cumulativi relativi al dilavamento di
tutte queste sostanze venefiche, al loro assorbimento nei suoli ed
alla loro diffusione nei fiumi e nei mari.
Un
forte segnale di allarme giunge proprio riguardo alle quantità e
varietà di insetti rilevate in prossimità delle aree agricole
europee, che hanno subito un collasso repentino negli ultimi anni in
diversi paesi. Per la loro importanza nella produzione del miele
l’attenzione è attualmente capitalizzata dalle api, specie di cui
si sono registrati diversi casi di collasso di interi alveari, fino
alla totale scomparsa in diversi paesi, al punto che in alcune zone
della Cina gli agricoltori devono impollinare gli alberi da frutta a
mano.
Un
caso a sé è rappresentato dai sottoprodotti dell’industria
nucleare civile e militare. L’evoluzione delle tecnologie atomiche
ha generato, mediante un processo detto ‘arricchimento’,
tonnellate di materiali radioattivi in forme estremamente
concentrate. Materiali che, essendo instabili, non sono mai venuti a
contatto con le forme viventi. infatti, pur essendo presenti nella
fase di formazione del sistema solare, essi erano già scomparsi,
dalla crosta terrestre, ben prima che i processi vitali avessero
inizio.
Parliamo
di sostanze in grado di rendere pericolose ed inabitabili ampie
porzioni di pianeta, come abbiamo visto in occasione degli incidenti
di Chernobyl in Ucraina e Fukushima in Giappone. Su scala più
ridotta il riutilizzo di uranio impoverito nella fabbricazione di
proiettili ha già causato decine di casi di leucemia, anche mortali,
fra gli stessi militari utilizzatori di tali munizioni. Molto poco è
poi dato sapere sulle condizioni delle migliaia e migliaia di testate
nucleari tattiche, il cui semplice potenziale esplosivo, già ai
tempi della Guerra Fredda, era dato come in grado di annientare
completamente l’intera umanità più volte.
L’ultima
e più subdola forma di inquinamento riguarda i gas rilasciati in
atmosfera a seguito dell’utilizzo massivo di combustibili fossili
per i trasporti, le macchine utensili e la produzione di energia
elettrica. Questi gas stanno lentamente ma inesorabilmente alterando
l’equilibrio millenario tra il riscaldamento prodotto dalla
radiazione solare di giorno, ed il raffreddamento causato
dall’irraggiamento notturno, con l’effetto di surriscaldare
l’atmosfera ad un ritmo mai visto prima (essendo, per l’appunto,
un fenomeno artificiale) ed innescando ulteriori eventi
caratterizzati da feedback positivo, ovvero in grado di accelerare il
riscaldamento: scioglimento delle calotte polari, con ulteriore
riduzione dell’albedo, e rilascio di gas metano dal permafrost
artico.
Stiamo
già misurando, in questi anni, una variazione delle temperature
globali talmente repentina da non lasciare, a molte specie viventi,
il tempo di adattarsi, e causando, assieme a fattori concomitanti, un
collasso a catena di interi ecosistemi, dalle barriere coralline del
pacifico alle popolazioni di orsi bianchi non più in grado di
cacciare le foche artiche per la scomparsa dei ghiacci.
Riassumendo:
caccia alle specie animali edibili, allevamento e sostituzione della
naturale biodiversità con specie ‘simbionti’ (quelle di cui ci
nutriamo), distruzione delle foreste per far spazio a coltivazioni,
distruzione della residua biodiversità con fertilizzanti, erbicidi
ed antiparassitari, consumo di suolo fertile causato dall’edilizia,
dalla costruzione di strade ed infrastrutture, oltreché
dall’erosione chimica e meccanica prodotta dai macchinari agricoli,
rilascio di sostanze velenose e tossiche nell’ambiente,
inquinamento da materie plastiche, riscaldamento globale del clima.
Come
ultimo risultato, conseguenza di tutto questo gran daffare, la
popolazione umana è cresciuta esponenzialmente fin quasi a
raggiungere gli otto miliardi di individui, con una impennata negli
ultimi decenni che ha prodotto una progressiva invasione antropica
dei residui habitat intatti: le foreste vergini dell’Amazzonia e
della Polinesia. Un surplus di popolazione umana la cui sussistenza
può essere garantita solo attraverso l’inasprimento delle forme di
saccheggio ambientale descritte fin qui. >>
MARCO
PIERFRANCESCHI
Dopo le 4 puntate che ho riportato, Pierfranceschi ha pubblicato altri 2 post, un po' più propositivi, in cui cerca di analizzare i possibili rimedi alla crisi ambientale.
RispondiEliminaLi trovate qui:
https://mammiferobipede.wordpress.com/2019/07/04/la-questione-ambientale-quinta-parte/
https://mammiferobipede.wordpress.com/2019/07/17/la-questione-ambientale-sesta-parte/
Le sue considerazioni finali, però, non lasciano spazio a grande ottimismo:
<< La lungimiranza non è mai stata la caratteristica principale della nostra specie, così come non lo è per qualunque specie vivente.
La natura premia, nell’immediato, l’individuo, la popolazione e la specie in grado di razziare la maggior quantità di risorse, riservando al lungo periodo l’opera di ristabilire un equilibrio.
Che può anche comprendere la totale scomparsa della specie ‘eccessivamente aggressiva’, non solo un suo ridimensionamento. >>
Caro Lumen,
RispondiEliminahai fatto benissimo a segnalare anche la quinta e sesta puntata di Pierfranceschi - da cui ho tratto qualche motivo di speranza. Stavo infatti per scrivere, dopo aver letto le prime quattro puntate:
va bene, tutto giusto quello che scrive e descrive, ma avrei voglia di ripetere con Faust: "Da stehe ich nun, ich armer Tor, und bin so klug als wie zuvor". (Ed ora eccomi qua, io povero diavolo: ne so quanto prima!).
Invece la quinta e la sesta puntata mi sono davvero piaciute perché finalmente si leggono delle proposte ragionevoli e realizzabili, anche se prevale in me lo scetticismo riguardo alla loro attuazione. Il mondo è ormai troppo complesso per sperare di salvarci senza troppi dolori. La riduzione della complessità per permettere la sopravvivenza della specie non può avvenire che con qualche catastrofe.
Comunque Pierfranceschi non è un catastrofista, un apocalittico
(a parer mio). Sarebbe interessante una replica o qualche osservazione di Lorenzo. Sono quasi sicuro che lo farebbe a pezzi ridicolizzandolo - ma con argomenti di peso. Già quell'idea di ridurre la popolazione mondiale a una quota sostenibile (due - tre miliardi di individui al massimo) lo manderebbe in bestia. Ho seguito Lorenzo nel suo blog per molto tempo, ma mai ha accennato al problema demografico che per lui sembra non esistere. Una volta ti diede persino del criminale insinuando che volevi far fuori miliardi di individui. In effetti noi proponiamo un rientro dolce, non lo sterminio degli esseri umani esistenti.
Fra parentesi, l' "assalto alla diligenza" - l'invasione dall'Africa e dall'Asia - è il risultato proprio dell'esplosione demografica piuttosto che la realizzazione del piano delle Elite apolidi.
A me è sembrato che Lorenzo indulga a un darvinismo sociale: mors tua, vita mea, come ai tempi del Neandertal.
<< Fra parentesi, l' "assalto alla diligenza" - l'invasione dall'Africa e dall'Asia - è il risultato proprio dell'esplosione demografica piuttosto che la realizzazione del piano delle Elite apolidi. >>
EliminaCaro Sergio, direi che una cosa non esclude l'altra.
Leggevo ieri un post che parlava del cosiddetto "esercito industriale di riserva", rappresentato da quell'eccesso di forza lavoro disponibile che consente alle elites industriali di tenere bassi i salari.
L'autore sosteneva (ed io sono d'accordo con lui) che l'attuale immigrazione organizzata in occidente ha proprio la funzione di ricostruire il suddetto esercito di riserva, in sostituzione della popolazione autoctona in via di riduzione.
Dopo avere dato un'occhiata alle parti 5a e 6a dell'Art.lo, anch'io ne ho tratto l'impressione che in P. prevalga un amaro scetticismo di fondo sulle possibilità di un'autentica inversione di tendenza sul problema ambientale (in gen.le) e climatico (in partic.re), tuttavia forse è opportuno aggiungere/ricordare che il collasso ecologico da più parti preconizzato entro la fine del XXI secolo NON colpirà con eguale intensità e in contemporanea tutte le aree del mondo, alcune delle quali anzi (in partic.re tutte quelle settentrionali) ne potranno ricavare (almeno a breve-medio termine) alcuni benefici non indifferenti...
RispondiEliminaApplaudo inoltre alla lucida critica espressa da P. all'ampiamente strombazzato modello antropologico-filosofico-sociologico della Città, sempre più spesso inquinata e sovraffollata e sempre meno "a misura d'uomo"... Saluti
Pierfranceschi, nel suo blog, si è occupato spesso dei problemi di vivibilità delle nostre città e le sue considerazioni sono sempre molto acute e illuminanti.
EliminaUno dei suoi post, per esempio, comincia così:
<< Avendo speso svariati anni a ragionare sul perché le città non funzionino correttamente, è giunto finalmente il momento di provare a ragionare su come aggiustare queste città malfunzionanti.
Probabilmente quest’idea non mi sarebbe mai passata per la mente se non fossi stato cresciuto nella convinzione che “tutto si può riparare”.
Le città non fanno eccezioni. >>
Il seguito lo trovate qui: https://mammiferobipede.wordpress.com/2019/05/26/come-riparare-una-citta/