mercoledì 27 aprile 2016

Storie di confini - (2)

Confini naturali e confini politici. Tre brevi considerazioni sull’importanza dei confini nel guidare (e condizionare) il corso la storia. Lumen

 
CONFINI EUROPEI

<< Nella politica internazionale [europea] ci sono nazioni fortunate, come la Spagna, le cui frontiere sono state disegnate dalla natura, e vivono tendenzialmente tranquille.

L’orso russo invece, pur essendo estremamente forte, manca di frontiere naturali, vive nella paura e trasforma questa paura in aggressività. Cerca sempre di tenere alla massima distanza i possibili aggressori e il risultato è che la Russia è tanto temuta quanto odiata. L’Impero Romano non sapeva come tenere lontani i barbari che premevano per entrare e divenire anche loro “romani”, Mosca non ha mai creato in nessuno dei suoi vicini il desiderio di divenire russo.

I regimi sono cambiati, ma al Cremlino la politica espansionistica non è mai cambiata, dagli zar a Stalin, da Kruscev allo stesso Putin. Quest’ultimo, pur democraticamente eletto, non appare meno preoccupante e temibile dei predecessori. Quando strappa la Crimea all’Ucraina spinge gli altri Stati a chiedersi se, dopo, non sarà il loro turno, e non dubbio si riarmano.

L’orso spaventato amerebbe forse essere amato, ma è fin troppo trasparente la sua convinzione che potrà sopravvivere soprattutto divorando i suoi vicini. Vive nell’angoscia e fa vivere nell’angoscia. In quella zona del mondo si rappresenta l’eterna tragedia dell’orso che rischia di morire di fame e della foca che rischia di essere uccisa.

L’Europa centro-orientale ha la sfortuna di essere una grande pianura, dove le frontiere – da tempo immemorabile – sono state disegnate più dalle armi che dalla natura. La Polonia nei secoli recenti ha spesso dovuto subire le aggressioni e le annessioni dei suoi prepotenti vicini. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Russia l’ha addirittura sollevata di peso e spostata verso ovest. Con quali sentimenti di gratitudine degli interessati è facile immaginare.

Oltre vent’anni dopo essere riuscite a liberarsi dal giogo di Mosca, le infelici nazioni che vanno dal golfo di Botnia al Mar Nero si chiedono per quanto tempo ancora riusciranno a rimanere indipendenti. > >

GIANNI PARDO


 
CONFINI AFRICANI

<< Fin dall'inizio delle lotte per l'indipendenza e lungo tutto il corso della storia post-coloniale, la gran parte degli Stati africani ha dovuto fare i conti con l'eterna questione dei propri confini, eredità tangibile, e sinora pressoché ineludibile, della dominazione coloniale. Un’eredità che affronta costantemente il complesso problema dell'incontro-scontro tra gli elementi culturali, sociali, politici e antropologici dei paesi occidentali colonizzatori e la miriade di entità esistenti in Africa prima del contatto con gli europei.

Dal punto di vista politico, ciò ha significato essenzialmente la trasposizione, e quindi l'imposizione nel continente, di categorie politiche, istituzioni e di una concezione stessa della sovranità sino ad allora sconosciute in Africa. Sul piano territoriale si è tradotto nell'applicazione di criteri cartografici, di mappe e di confini modellati sull'impostazione culturale e sugli interessi dei colonizzatori.

L'accettazione pressoché unanime dei confini coloniali quale punto fermo per la costruzione delle nuove nazioni africane indipendenti è un dato storico incontrovertibile. Una sorta di tabù per gli stessi leader africani.

In effetti il poco più di mezzo secolo di storia dell'Africa indipendente mostra come, a dispetto di numerose dispute bilaterali sui confini e nonostante gli innumerevoli conflitti inter-etnici (sia dentro sia fuori dalle frontiere degli Stati sovrani), siano stati pochissimi i casi di cambiamento dei confini internazionali e ancora meno i casi di nuovi Stati costituiti (…).

Tutte quelle nuove frontiere furono delineate in larga misura in maniera arbitraria. Rispondevano esclusivamente a logiche di spartizione tra potenze coloniali (oltre che mostrare la profonda ignoranza dei colonizzatori sul piano etno-antropologico) e sono state in qualche modo l'unico elemento su cui tentare di costituire in tempi brevi una qualche forma di sovranità territoriale.

Del resto lo sgretolamento o l'implosione delle antiche e spesso piccole entità sovrane esistenti al momento dell'arrivo dei colonizzatori non ha lasciato molta scelta alle classi dirigenti dei neonati Stati africani. Al loro interno questi paesi non corrispondevano a nazioni in senso proprio. Erano più aggregati di popolazioni che spesso condividevano null'altro che il passato coloniale. Un processo di costruzione dello Stato all'inverso dunque: sulle ceneri di entità sovrane ereditate dai vecchi imperi coloniali si tentava di costruire una nazione. (…)

La storia dell'ultimo mezzo secolo ha dimostrato come l'incidenza di conflitti legati a questioni inter-etniche sia maggiore laddove maggiore è stata la divisione di gruppi omogenei in diversi Stati-nazione. Più conflittualità, quindi, dove le linee tratteggiate dai colonizzatori hanno separato e diviso le storie di uno stesso gruppo etnico in due o più entità nazionali, o dove, per converso, la stessa palingenesi cartografica ha costretto più gruppi a coesistere in un'unica entità nazionale. >>

SILVIO FAVARI



CONFINI MEDIO-ORIENTALI

<< La presenza di un’entità politica forte come l’Impero ottomano aveva impedito, per tutto l’Ottocento, una completa colonizzazione occidentale nel Vicino e Medio Oriente. La scomparsa dell’impero, potenza uscita sconfitta nel primo conflitto mondiale, assicurò ai Grandi dell’Europa l’espansione della loro influenza in queste regioni asiatiche.

L’irruzione dell’Occidente nel Medio Oriente ha comportato l’invenzione degli Stati. L’Iraq e Israele non sono Stati storici e non hanno frontiere naturali. Ambedue sono nazioni “artificiali”, come “inventati” sono anche la Siria, il Libano, la Giordania, l’Arabia Saudita, il Kuwait: tutti frutto di una spartizione di Francia e Gran Bretagna.

Forti del mandato loro attribuito dalla Società delle Nazioni, quali Stati vincitori della Prima guerra mondiale, Francia e soprattutto Gran Bretagna si arrogarono il diritto di tracciare delle linee su una carta geografica muta, toccando inevitabilmente sensibilità che riguardano la religione e l’identità. (…).

Dall’autorità coloniale dipendeva la definizione dei confini degli Stati, la designazione dei leader e delle elités poste ai vertici del potere statale, la modellazione dei regimi politici, con la preferenza normalmente accordata alle monarchie ereditarie, l’allocazione delle risorse naturali.

Sin dal loro primo ingresso nel Medio Oriente, tuttavia, gli europei portarono il progresso: alla prima fase, puramente militare, seguì quella della rapida modernizzazione delle vie di comunicazione (costruzione di strade, ferrovie, porti), del progresso tecnologico (elettricità, telegrafo, radio, motore a scoppio) e di quello economico. La più importante iniziativa occidentale fu la scoperta e lo sfruttamento del petrolio, che ha posto redditi enormi a disposizione anche ai governi mediorientali. (…)

Le sorti della regione furono già decise dalle potenze europee già prima della fine del conflitto mondiale, attraverso una serie di intese diplomatiche. La presenza del petrolio, pur ritenuto un fattore importante, non fu comunque un interesse dominante, come lo sarebbe diventato in seguito, cioè da quando l’Arabia Saudita iniziò per prima a sfruttarlo. Infatti, accanto alla presenza di ricchi giacimenti di oro nero, c’era l’interesse di controllare le vie di comunicazione e di commercio, la più importante delle quali era il canale di Suez.

La logica europea era chiara: nel breve periodo spartirsi il Medio Oriente in funzione dei propri interessi; (…) nel lungo periodo bisognava fare in modo che i futuri governi del Medio Oriente continuassero ad aver bisogno degli europei.

Per questo occorreva adottare la strategia del ‘divide et impera’ che sfruttava le divisione settarie, etniche e tribali, sostenendo con la dovuta forza le minoranze (come i curdi) per frenare le rivendicazioni arabe e creare barriere artificiali: ad esempio la Transgiordania, che secondo gli Inglesi doveva servire per impedire al futuro Stato ebraico di espandersi verso Est, oppure la separazione francese del Libano dalla Siria, per indebolire quest'ultima, oppure ancora separare il territorio del Kuwait dall’Iraq per limitare il più possibile lo sbocco al mare di quest’ultimo. >>

RENZO PATERNOSTER

55 commenti:

  1. "...oppure ancora separare il territorio del Kuwait dall’Iraq per limitare il più possibile lo sbocco al mare di quest’ultimo."

    Se si pensa cosa è successo per la questione del Kuwait (Guerra del Golfo I e II ecc.) con un numero di morti ignoto ma verosimilmente altissimo (si dice che l'embargo all'Iraq dopo la prima guerra del Golfo sia costato un milione di vite umane).
    Quanto al resto che dire? L'arbitrio ha regnato e non c'è molto da fare. Sicuramente sono possibili ritocchi dei confini degli Stati africani, o persino un rimescolamento delle carte, ma se la vedano gli Africani (che hanno voluto la bicicletta, ora pedalino).

    Comunque i confini che conosciamo non sono definitivi. Si pensi all'UE che - dicono - ha cancellato i confini degli antichi Stati europei (attualmente non direbbe).

    Un'osservazione sulla Russia di Putin. Non sono tanto d'accordo con Pardo. E siccome finora non l'ho mai letto da qualche parte mi permetto di chiedere: di chi è davvero la Crimea? È stata davvero annessa alla Russia con un'azione di forza o è semplicemente tornata alla madrepatria? Il regalo della Crimea all'Ucraina da parte dell'ucraino Kruscev appena qualche decennio fa fu legittimo? Non credo proprio, fu un atto autoritario di Kruscev che non chiese certo il parere dei poveri sovietici (che avevano altro a cui pensare, per es. come rimediare il pranzo con la cena o come fronteggiare l'altra superpotenza).
    Ritengo assai improbabile un'espanione della Russia che ha un problema demografico enorme: il paese più esteso del mondo ha la miseria di 141 milioni di abitanti destinati a scendere a 120 mln a metà secolo. All'est intanto la Cina si espande in territorio sovietico senza che Mosca possa fare qualcosa (sinaizzazione della Russia orientale).
    Chissà se un giorno non esisteranno davvero più confini (libera circolazione universale, umanità pacificata e felice - e in movimento - come auspicano certuni: fine degli Stati e disarmo totale, eliminazione non solo delle atomiche, ma anche degli eserciti nazionali ormai non più necessari ...). Forse anche eliminazione della polizia? E della proprietà privata? Tutto è di tutti, no, come dice anche Bergoglio il furbacchione che si sta alleando con l'islam per non sparire completamente dalla scena (chi crede più in Gesù bambino e nella redenzione di Cristo, l'Immacolata Concezione, l'Assunzione, il Dio uno e trino ecc. ecc.?).

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    1. << All'est intanto la Cina si espande in territorio sovietico senza che Mosca possa fare qualcosa. >>

      Il che, caro Sergio, mi sembra abbastanza paradossale.
      Dopo decenni in cui la gente veniva trasferita (deportata) in Siberia 'contro' la sua volontà, adesso la Russia deve stare attenta ai cinesi che forzano i confini da sud, perchè in Siberia ci vogliono andare spontaneamente.
      La classica ironia della storia.

      D'altra parte la pressione demografica umana non ha mai avuto molti limiti.
      Altrimenti l'homo sapiens, dopo essere partito a suo tempo dalla natia Africa orientale, non avrebbe finito per colonizzare l'intero globo, compreso il polo nord (si è salvato, per l'ora, solo l'antartide, e i pinguini ringraziano).

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  2. I cinesi non e' che "forzano i confini", semplicemente commerciano, lavorano a cavallo del confine, ovviamente limitandosi alle zone frontaliere, fra nord della cina e sud della siberia. Sono tanti, e MOLTO piu' laboriosi dei russi, tant'e' che chi si reca in quelle zone ha l'impressione che siano abitate da cinesi piu' che da russi.

    I deportati in siberia, invece, venivano spediti sui campi di lavoro minerari del nord della siberia, dove le condizioni di vita sono davvero proibitive, se si pensa che appena sopra la fascia del sud della siberia, dove passa la ferrovia transiberiana, la temperatura media annuale e' attorno allo zero, il che significa permafrost, ghiaccio perenne, appena sotto i primi strati di terreno. Significa dover mettere i tubi dell'acqua sopraterra, sopraelevati, e riscaldarli per evitare il congelamento. Dove non c'e' acqua liquida in condizioni naturali, la vita per l'uomo, abitante tipico delle savane, e' difficilissima se non impossibile, se non per piccoli avamposti.

    Poco tempo fa ho riletto un bellissimo libro, "in siberia", di colin tubron come mi pare si chiami l'autore, che vi consiglio.

    Riguardo l'articolo precedente, quando dici:

    "Avere un surplus di ricchezza disponibile per il futuro ha cambiato tutto, nel bene e nel male, e per sempre. Da un lato ha allungato l'aspettativa di vita essendo più facile superare i momenti di crisi, dall'altro ha reso la vita più faticosa ed inoltre (ecco che ci arriviamo) ha reso inevitabile il sorgere delle elites, perchè il surplus doveva esser gestito e difeso."

    mi e' poi venuta in mente una cosa che quando la seppi, non molto tempo fa, mi stupi': non e' vero che l'eta media e' sempre aumentata rispetto alla preistoria, anzi e' vero il contrario. E' con l'inurbamento, l'addensamento della popolazione, e il sorgere di molte nuove malattie (quasi tutte nostre le malattie infettive non esistevano prima dell'inurbamento e addensamento demografico), che l'eta' media diminuisce. L'eta' media negli USA di un secolo fa, che era attorno ai 40 anni o meno, era forse minore di quella di un cacciatore raccoglitore preistorico.

    A suo tempo, altra cosa che adesso mi sovviene a conferma, lessi un libretto di uno dei massimi esperti di medioevo, Luzzatto, che diceva che le citta' del medioevo dovevano essere continuamente rifornite di nuovi abitanti dalle campagne, a causa del molto maggiore tasso di mortalita' dovuto alle malattie. Quindi anche su questo abbiamo molti pregiudizi. Prima della scoperta dei vaccini e degli antibiotici la vita addensata che segue il periodo preistorico, fosse anche solo quella dei contadini che si ritrovavano tutti insieme al mercato, era estremamente precaria.

    Da qualche parte avevo rimediato una tabella che pero' ora non ritrovo.

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  3. "Nel mezzo del cammin di nostra vita" scrive Dante sui trentacinque anni. Dunque arrivare alla settantina era normale o molti arrivavano a quell'età. L'alta mortalità però abbassava naturalmente la media.
    Ora arriviamo in media agli 80 in Italia. Abbiamo aggiunto dunque una decina d'anni alle nostre vite. Tanti o non così tanti?

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    1. A proposito di vita media, ecco una notiziola dei giorni scorsi, che sicuramente non vi sarà sfuggita:

      << 80,1 anni per gli uomini, 84,7 per le donne: è la speranza di vita degli italiani nel 2015.
      La notizia è che per la prima volta nell’intera storia del nostro Paese le cifre sono in calo, come annunciato dall’Istat recentemente.
      Nel 2014, l’aspettativa alla nascita era di 80,3 anni per gli uomini e 85 per le donne. Pochi mesi di differenza con l’anno successivo, ma il trend è significativo e merita una spiegazione.
      Che sta in una sola parola: prevenzione. Se ne fa meno. >>

      A me, per il momento, sembra solo una modesta fluttuaziona statistica.
      Ma forse c'è davvero una tendenza.
      Chissà ?

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    2. Sicuramente l'aspettativa di vita non aumentera' all'infinito: eliminate anche tutte le cause accidentali, ad un certo punto si dovra' morire. Ma oggigiorno e' normale sottintendere che, che riducendo a zero il rischio per ogni tipo di avversita', l'aspettativa di vita aumentera' all'infinito.
      Come dice Balasso con efficace metafora, adesso se muore il nonno di cent'anni, si fa causa all'ospedale: deve essere per forza colpa di qualcuno, non puo' dipendere solo dal fatto che e' vecchio.

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    3. Naturalmente anche da noi si commettono errori in sala operatoria e c'è la tendenza a coprire chi commette "sbagli", ma ma non si assiste alle reazioni isteriche dei parenti di una "vittima" dei medici negli ospedali in Italia e che sono all'ordine del giorno. Se qualcuno muore in ospedale in Italia scatta subito la reazione: l'hanno ammazzato, chi è il colpevole? Ci sono addirittura dei casi di quasi linciaggio dei "poveri" medici. Ah sì, la "malasanità" (termine intraducibile in tedesco o solo con una perifrasi). Per qualsiasi cosa in Italia si cerca subito un colpevole: chi è stato? Che infantilismo, che voglia di scaricare su qualcuno le proprie frustrazioni. Un medico in Italia deve procurarsi subito un buon avvocato e magari una pistola per far fronte alle aggressioni dei parenti dei pazienti. Io il medico in Italia non lo farei. Italiani incivili, infantili, violenti.

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    4. Infatti, e succede addirittura che certe specializzazioni particolarmente esposte a ritorsioni legali, tipo ortopedia e chirurgia, non le vuole piu' fare nessuno proprio per questo.

      E pensare che fino a pochi decenni fa questo tipo di cause era impensabile, si dava per scontato che in ogni caso non ci fosse intenzione di nuocere, e quindi nessun dolo. Oggi invece la folla arrabbiata chiede punizioni esemplari e folli per qualsiasi tipo di malanno anche casuale che potrebbe capitare a chiunque di provocare, per pura probabilita' (vedi l'"omicidio stradale", che mi fa ridere solo a scrivere la parola, in cui il legislatore, con la furbizia dalla vista corta, ha prontamente assecondato la folla sanguinaria).

      E i giornali e i blog, per fare notizia, fomentano al massimo ogni inezia, gonfiandola di scandalo che quasi sempre e' del tutto inventato.

      Era meglio quando credevano che di tutto fosse responsabile Dio, di cui almeno avevano paura. Anche adesso avrebbero ragione di essere terrorizzati, e forse di piu': di se stessi, perche' mancano totalmente di comprensione.

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    5. A proposito guardate questa notizia, notissima e scontata fra gli agronomi (si parla di un 20 per cento di aumento nelle rese dei raccolti, tantissimo):

      http://www.pontilenews.it/3832/SCIENZE%20E%20TECNOLOGIA/la-terra-232-pi249-verde-oggi-di-30-anni-fa.html

      E notate come si faccia di tutto per volgerla in negativo secondo la moda del momento.

      Lo stesso per le foreste, nel mentre che tutti strillano il contrario, in italia ormai ben un terzo della superficie e' a foresta, con grande aumento rispetto a qualche decennio fa.

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    6. @ Sergio

      << Un medico in Italia deve procurarsi subito un buon avvocato e magari una pistola per far fronte alle aggressioni dei parenti dei pazienti. >>

      Ed inoltre, come mi risulta che succeda sempre più spesso, una buona (e quindi costosa) assicurazione sugli incidenti professionali.
      Con il che, il costo complessivo della sanità aumenta ulteriormente, senza vantaggio pratico per nessuno.


      @ Diaz

      << Era meglio quando credevano che di tutto fosse responsabile Dio, di cui almeno avevano paura. >>

      Quasi quasi ti do ragione.
      In fondo, della religione si può dire facilmente che è falsa, ma non necessariamente (o almeno non sempre) che sia inutile o dannosa.

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    7. Paese che vai usanze che trovi. Mentre in Italia ci s'inventa femminicidi e omicidi stradali con relativi inasprimenti di pena in Svizzera una donna che aveva ammazzato il compagno è stata assolta alcuni giorni fa per alcune attenuanti (nemmeno una pena con la condizionale!). Mentre Schettino è stato condannato a 16 anni e il procuratore ne chiede ora 27 nel processo di appello (praticamente un ergastolo) in Svizzera i costruttori di una piscina, il crollo del tetto della quale aveva causato la morte di una dozzina di persone, sono stati prosciolti e nessuno ha gridato allo scandalo. Anche la Franzoni da noi si sarebbe presa due anni con la condizionale (è evidente che ha ucciso il figlio in un raptus). In Italia invece si vogliono a tutti i costi dei colpevoli e delle pene esemplari (ergastoli o pena di morte se ci fosse). Ricordo il caso Priebke, assolto in base alla legge e riprocessato e condannato perché il popolo era infuriato e voleva a tutti i costi una condanna. E pensare che si dicono cristiani. Già, piove governo ladro: solo in Italia qualcuno poteva inventarsi questa battuta.

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    8. << In Italia invece si vogliono a tutti i costi dei colpevoli e delle pene esemplari >>

      Esemplari, ma quasi sempre per finta.
      Hai mai notato che, dopo pochi anni, qualunque sia stata la pena inflitta, i condannati girano tranquilli per le strade, grazie a sconti, condoni, semilibertà, buone condotte, servizi sociali e via dicendo ?
      E' vero che il tempo, a volte, cambia le persone, ma un diritto penale che commina condanne finte mi sembra un po' come un esercito che spara palline di carta.

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    9. Oggi vige il concetto che un ladro, un assassino, uno stupratore, insomma un delinquente debba essere recuperato, la società non deve vendicarsi. Ma chi ruba deve restituire il maltolto (secondo la morale cattolica e la morale tout court); chi ha inflitto un vulnus alla società col suo comportamento deve fare ammenda e accettare dunque una punizione, oggi in genere solo la privazione della libertà (le prigioni italiane non sono alberghi a cinque stelle come in Olanda e Norvegia, ma ci si può organizzare, imparare un mestiere se non lo si aveva e persino laurearsi (più educazione e recupero di questo!).
      Per i buonisti invece chi sgarra è un povero diavolo da coccolarsi: sicuramente ha avuto un'infanzia infelice, genitori mostri, sfortuna, insomma non è colpa sua se ha rubato e ammazzato.
      Ma una pena se è tale, lo dice il nome stesso, non può non avere un carattere punitivo e afflittivo, e la privazione della libertà ha sicuramente questo carattere. Certamente la società ha un interesse al recupero di chi delinque, ma si vorrebbe lo stesso un risarcimento da parte di chi ha infranto le regole: e i risarcimenti costano, fanno male. Un ergastolo è un ergastolo è un ergastolo. È disumano, contro i diritti umani? Possibile, discutiamone.

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  4. << sicuramente ha avuto un'infanzia infelice, genitori mostri, sfortuna, insomma non è colpa sua se ha rubato e ammazzato. >>

    Il che può anche essere vero; anzi è molto probabile che sia così. E allora ?
    La società ha il diritto (direi anzi il dovere) di difendersi dai violenti e dai truffatori.
    E' la prima, inderogabile, regola della convivenza umana.

    A me piace molto il principio introdotto tempo fa da un famoso sindaco di New York (mi sembra Rudolph Giuliani, ma posso sbagliare), che diceva molto semplicemente questo:
    -Prima violazione: tutti possiamo sbagliare; quindi pena modesta e possibilità di riabilitazione.
    -Seconda violazione: non sei in grado di rispettare le regole di questa società; quindi sei fuori.

    Qui il concetto di 'colpa' e tutto l'armamentario tipicamente cattolico (peccato, vergogna, perdono, riabilitazione, ecc.) non c'entrano più.
    E' la società che, oggettivamente, si difende dalle proprie minacce interne, perchè altrimenti non sopravvive.

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    1. Il bello è che chi come noi nega il libero arbitrio deve riconoscere che ladri e assassini sono davvero dei poveracci che agiscono in stato di necessità e sono dunque letteralmente innocenti. Dunque niente inferno per loro (all'inferno caso mai ci può andare Lui che ha creato questo gran pasticcio). E tuttavia. Per quanto innocenti non devono credere che io/noi stiamo qui a subire e ci lasciamo svaligiaree e persino ammazzare perché loro sono necessitati a farlo. Figurati! Noi non porgiamo l'altra guancia (del resto anche il papa regnante ha promesso un pugno nel grugno a chi gli offende la mammina). Non vuoi, non puoi rispettare il patto sociale perché qui e perché là? Mi dispiace, ma non ci stiamo. E se insisti "noi apriam la finestra / quattro piani son duri da far" (ballata di Pinelli, il questore Guida all'indiziato Pinelli). La ballata proseguiva così: "L'hanno ucciso perché era un compagno ... C'è una bara e tremila compagni ... Calabresi e tu Guida assassini, non finisce di certo così." Bei o brutti tempi.

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    2. Caro Sergio, nelle società preistoriche dei cacciatori-raccoglitori, ma anche dopo per parecchio tempo (diciamo sino a che il mondo non era troppo popolato), la condanna classica era l'espulsione dal gruppo.
      Una cosa semplice, funzionale e neppure troppo crudele.

      Ma così la società riusciva a proteggere adeguatamente la propria esistenza, che richiede non solo la difesa dei propri confini esterni (esercito), ma anche di quelli interni, intesi come limiti di comportamento (polizia).
      Oggi, ovviamente, non si può più: chi se lo prende un delinquente ?
      Ma è un peccato.

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    3. "Una cosa semplice, funzionale e neppure troppo crudele."

      Diciamo non sanguinaria, ma pesantissima per la "vittima".
      Senza il gruppo le possibilità di sopravvivenza si riducevano drasticamente (è la stessa cosa anche oggi: l'espulsione da un qualsiasi gruppo è un trauma, un colpo terribile, psicologicamente e a volte anche materialmente).

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    4. Giustissimo.
      Ma qualcosa occorre pur fare per difendersi da certi elementi.

      E qui, tanto per non perdere l'abitudine, possiamo evidenziare un'altro dei mille difetti dell'eccesso di popolazione.
      Con poche persone, il controllo sociale funziona benissimo ed il gruppo resta coeso (per amore o per forza).
      Con tante (troppe) persone, ecco che occorre creare la polizia, i tribunali e le prigioni.
      Quale situazione sia preferibile mi pare abbastanza ovvio.

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    5. "Il bello è che chi come noi nega il libero arbitrio deve riconoscere che ladri e assassini sono davvero dei poveracci che agiscono in stato di necessità e sono dunque letteralmente innocenti."

      Non solo loro, anche voi stessi.
      Poveracci tutti, sia i pendagli da forca, che i boia.

      Dico "voi" e non "noi" perche a me questa faccenda del libero arbitrio non sembra cosi' banalmente liquidabile. E trovo inoltre che le conclusioni che se ne traggono siano altamente deprecabili.

      Senza libero arbitrio non ha senso neppure usare la parola "deprecabile". E non ha senso nemmeno leggere queste parole, ne' scriverle. Nulla ha senso, nel senso che da' l'uomo alla parola "senso".

      Non vi so dire perche', ma ho l'impressione che questa sia una "trappola per topi" intellettuali, del genere che intendeva Aron del marxismo, o Marx della religione costituita.

      In qualche modo, mi sembra che la negazione del libero arbitrio neghi se stessa nel momento in cui viene profferita.

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  5. "Non vuoi, non puoi rispettare il patto sociale perché qui e perché là?"

    Ma quale patto sociale? Ma di cosa parliamo? Chi ha mai firmato niente?

    Riguardo questo problema, ho avuto recente occasione di rimeditare guardando qualche tempo fa i primi 3 episodi di una interessante serie TV americana, "breaking amish", che tratta, sebbene in modo molto superficiale e traviante, del periodo della "rumspringa" dei giovani anabattisti amish. L'impegno di adesione alla comunita' e alle sue leggi viene preso solo da adulti, col battesimo (anabattismo), e solo allora diventa fortemente cogente: chi, da adulto, non condivide e non controfirma le regole, e' libero di andarsene dalla comunita' e mescolarsi con gli "Inglesi" - gli amish parlano tedesco antico, una buona parte arriva, nel '700, dalla svizzera calvinista, anzi zwingliana (controllate su wikipedia, vado a memoria).

    Guardando la serie, rileggendo la pagina di wikipedia sugli amish, e ricordando una delle mie amate letture, Tocqueville, ho finalmente (forse) capito cosa intendesse il nostro quando, osservando l'america dell'epoca, 1830, meditava:

    Quale specie di dispotismo devono temere le nazioni democratiche.
    Durante il mio soggiorno negli Stati Uniti avevo notato che uno stato sociale democratico simile a quello degli americani può offrire una facilità singolare allo stabilirsi del dispotismo; al mio ritorno in Europa vidi che quasi tutti i nostri sovrani si erano già serviti delle idee, dei sentimenti e dei bisogni che questo stesso stato sociale fa nascere per estendere la cerchia del loro potere.

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    1. Il patto sociale è costituito dalle regole non scritte che già i bambini assimilano uniformando i propri comportamenti a quelli dei genitori e dei grandi in genere (quello che Küng chiama Weltethos e che è riassumibile in tre dei Dieci comandamenti - gli altri sette sono oggi inservibili o ridondanti, due sono dei "doppi" (non desiderare la roba e la donna d'altri possono rientrare nel settimo).
      Insomma regole di comportamento che si accettano senza che te le debbano spiegare e che tu le debba firmare.

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    2. Quindi il patto sociale non e' un patto, e gia' cominciamo male.
      Poi, gabellare per patto (cioe' contratto liberamente sottoscritto dalle parti) cio' che e' solo un'imposizione unilaterale, e' altamente truffaldino.
      Basare l'etica sociale su una truffa spiega da sola il malfunzionamento del tutto.

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    3. Non sono da'accordo.
      Il fatto che non sia scritto e che molto spesso non si basi su una libera adesione, non rende il patto sociale meno importante nè meno reale.

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    4. Il fatto che non sia SOTTOSCRITTO, non scritto. Il fatto che non sia liberamente condiviso vuol dire che non e' un patto, vuol dire che e' ipocrita definirlo tale, non che non e' importante.

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  6. Per arrivare infine alla descrizione di noi contemporanei, in alcuni dei quali sospetto che la negazione del libero arbitrio sia dovuta principalmente al fatto che, poveracci, nell'intero corso della loro (nostra) vita MAI hanno potuto fare uso:

    La dipendenza nei piccoli affari si manifesta ogni giorno e si fa sentire indistintamente su tutti i cittadini. Non li spinge alla disperazione, ma li contrasta continuamente, portandoli a rinunciare all’uso della loro volontà. Deprime a poco a poco il loro spirito e indebolisce il loro animo, mentre l’obbedienza dovuta solo in un piccolo numero di circostanze gravissime, ma rare, mostra la servitù solo di tanto in tanto e la fa pesare solo su pochi uomini. È inutile affidare a questi cittadini, così dipendenti dal potere centrale, l’incarico di scegliere di tanto in tanto i rappresentanti di questo potere, poiché questo uso così importante, ma così breve e raro del loro libero arbitrio, non li salverà dalla perdita progressiva della facoltà di pensare, sentire e agire da soli e li lascerà cadere gradatamente al disotto del livello dell’umanità.

    Aggiungo che essi diverranno presto incapaci di esercitare il grande ed unico privilegio che resta loro. I popoli democratici, introducendo la
    libertà nella vita politica nel tempo stesso in cui aumentavano il dispotismo amministrativo, sono stati portati a singolarità stranissime.
    Se si tratta di condurre piccoli affari, nei quali può bastare il buonsenso, essi stimano incapaci i cittadini; se si tratta, invece, del governo di tutto lo stato, affidano ai cittadini immense prerogative; così ne fanno a volta a volta i trastulli del sovrano e i suoi padroni; più dei re e meno degli uomini. Dopo avere escogitato infiniti sistemi di elezione, senza trovarne uno adatto, si stupiscono e cercano ancora: come se il male che essi notano non dipendesse dalla costituzione del paese molto più che da quella del corpo elettorale.

    È effettivamente difficile comprendere come mai degli uomini, che hanno interamente rinunciato all’abitudine di dirigere se stessi, potrebbero
    riuscire a scegliere bene quelli che li dovrebbero guidare; non si può mai sperare, quindi, che un governo liberale, energico e saggio possa uscire dai suffragi di un popolo di servi.

    Una costituzione repubblicana nella testa e ultramonarchica in tutte le altre parti mi è sempre sembrata un mostro effimero: i vizi dei
    governanti e l’imbecillità dei governati la porterebbero presto alla rovina, mentre il popolo, stanco dei suoi rappresentanti e di se stesso, creerà istituzioni più libere o ritornerà a subire un solo padrone.

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  7. Ancora sul libero arbitrio sul quale sembra difficile o impossibile intendersi. Del resto sono millenni che se ne discute. La filosofia-teologia cattolica, che ha condizionato il pensiero in occidente, ha optato per il libero arbitrio pur ammettendo che la nostra volontà possa essere talvolta contrastata dalle circostanze (le famose attenuanti di cui oggi la giustizia tiene ampiamente conto). Del resto il magnifico edificio del cattolicesimo si fonda proprio sul libero arbitrio senza il quale inferno e paradiso (castigo e premio) non si giustificano.
    Non posso certo "smontare" il mito del libero arbitrio in due o tre frasi. Ma qualche osservazione è lecita.
    Noi in genere ci sentiamo liberi di prendere una decisione se non subiamo alcuna costrizione "esterna" (di persone o circostanze avverse). Ci sono anche però costrizioni interiori, conscie e inconscie, che condizionano le nostre scelta. Proprio il grande successo della pubblicità si basa sulla conoscenza sempre più approfondita dell'agire umano: a un certo input corrisponde pressonché invariabilmente una risposta meccanica dell'essere umano, insomma azione e reazione meccanica, prevedibile, prevista, e che funziona quasi sempre o il più delle volte. La pubblicità più che informare suggestiona, fa sognare, e i pubblicitari apparentemente sono psicologi (la psicologia è in fondo lo studio dei comportamenti, in genere rigidi, fissi, e anche della possibilità d'indurre modifiche dei comportamenti).

    Uno strupatore o un ladro è il campo di scontro di due forze contrastanti: una inibitrice e l'altra desiderante. Da un lato ci sono i rischi (galera, ostracismo), dall'altro il desiderio del possesso o del godimento. La maggioranza non cede alla "tentazione" (per paura o per essere ben educata, cioè addestrata, addomesticata). In alcuni invece prevale la forza distruttrice (del patto sociale, della società).
    È chiaro che la società deve contrastare chi non rispetta i patti, magari anche con la pena capitale (che anche Beccaria, contrariamente a quanto si dice, approvava in circostanze particolare, per es. in caso di sovversione o rivoluzione).

    (continua)

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  8. Nel secondo epilogo di Guerra e Pace (che stranamente non si pubblica - è in effetti un epilogo un po' pesante e posticcio, una riflessione "filosofica" sulla libertà - ma è pubblicato nell'edizione einaudiana dei Millenni) Tolstoi osserva che prima di prendere una decisione ci sentiamo liberi (salvo costrizioni esterne): non sappiamo" infatti cosa sceglieremo, dobbiamo ancora rifletterci, ci sono varie possibilità, il futuro appare aperto, non determinato. A posteriori invece ci sembra che non potevamo agire che come abbiamo agito. La libertà era dunque illusoria.

    Io mi attengo sempre al principio di non contraddizione (mi dicono che nella meccanica quantistica non vale, ma non lo capisco). Il nesso causa-effetto mi sembra ferreo, infrangibile. Una volontà completamente, assolutamente libera da qualsiasi causa o condizionamento è a parer mio impossibile. Difatti è attribuita solo a Dio (a dir la verità anche Dio o Giove sottostà al Destino o alla sua natura - infatti Dio non può volere che il bene essendo somma bontà, logicamente non sarebbe nemmeno lui assolutamente libero, non può che agire che secondo la sua natura, non può volere per es. il male). Nell'islam invece il logos, la ragione sono negati perché Dio può anche contraddirsi, è davvero assolutamente libero, ciò che è assurdo. Anche il cristianesimo ha voluto attribuire a Dio questa libertà assoluta (Agostino, Calvino, Giansenio) con l'assurda dottrina della predestinazione.

    Non conosciamo il futuro: possiamo sì predirre le eclissi lunari dei prossimi 10'000 anni, ma non abbiamo la certezza che si verificheranno (qualche grande evento astrofisico potrebbe modificare la rotta dei pianeti o magari anche distruggere il sistema solare). Il futuro è incerto per quanto si possano fare certe previsioni. Non sappiamo come sarà la vita sulla terra fra appena cento anni o persino fra trent'anni. Possiamo cercare di ottenere certi risultati (fusione nucleare, acqua potabile a sufficienza per 10-15 miliardi di esseri umani ecc. ecc.), ma chissà cosa succederà.
    Dunque nonostante la meccanicità dei nostri comportamenti che escludono il libero arbitrio il futuro è incerto e dipende anche dalle scelte che faremo, scelte che sono ovviamente il risultato di altre scelte precedenti, di tanti altri fattori o cause. Come non possiamo evadere ancora (e forse per sempre) dal sistema solare (vi siamo intrappolati dentro) non possiamo negare il nesso di causa-effetto e quindi anche il libero arbitrio. Ogni azione, ogni pensiero è una sintesi necessaria. Ma ciò non deve immalinconirci e frustrarci. Non è che ad ogni piè sospinto ci sentiamo prigionieri del destino, condizionati, non liberi.

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    1. In effetti questo che dici e dai per scontato ("la meccanicità dei nostri comportamenti che escludono il libero arbitrio") si basa sulla visione del mondo scientistico-meccanicistica sette-ottocentesca, che da quasi un secolo sappiamo essere ingenua, semplicistica e sbagliata.

      Anche senza disturbare la meccanica quantistica (che non e' una teoria astratta: sulle sue regole si basa il funzionamento di tutte le diavolerie elettroniche che usiamo), c'e' tutta una teoria, quella del caos e delle catastrofi, che formalizza il fatto che alcuni microscopici eventi(che potrebbero benissimo essere non causali), influenzano l'intero scorrere futuro degli eventi, mutandolo completamente.

      Quando pensiamo il passato, lo vediamo come un futuro che e' successo: credendo che il passato sia univocamente determinato da singoli, necessari, passi causali, ne concludiamo, indebitamente, che anche il futuro lo sia. E' scientificamente sbagliato secondo le conoscenze attuali (che datano quasi un secolo, pero').

      Ammesso quindi che sia lecito estendere le leggi della fisica newtoniana al comportamento umano (e non e' detto che lo sia, anche questa e' una generalizzazione metafisica, come mostra la teoria dei sistemi, che ha oramai 50 anni), e' comunque sbagliato secondo le moderne leggi della fisica stesse dedurne il determinismo. L'universo "tavolo da biliardo" e' un modo di vedere la realta' che si considera superato da piu' da un secolo. La materia non si comporta come a noi sembra che si comportino le palle da biliardo.

      Un esempio delle leggi del caso e della causalita' trova applicazione pratica, che forse si puo' capire, ad esempio qui:
      https://it.wikipedia.org/wiki/Crittografia_quantistica

      En passant, questo qui sopra, e' un esempio di come il mondo dell'infinitamente piccolo, con le sue leggi indeterministiche, puo' influenzare, modificandolo completamente, il corso degli eventi futuri in tutto l'universo macroscopico.

      Le obiezioni che esponi sopra quindi se sono valide, e lo possono essere dal punto di vista etico-pratico, come poteva sostenere il moralista tolstoi che citi) non possono in alcun modo trovare supporto nelle leggi della fisica: le leggi della fisica (non-casualita', caos, catastrofi) semmai le invalidano.

      Ne e' passata di acqua sotto ai ponti.

      Su youtube trovate un sacco di roba sulla fisica moderna e sull'indeterminazione che sembra essere una sua caratteristica intrinseca, e NON una conseguenza della nostra imperfetta e ignorante conoscenza degli eventi. Nelle particelle non solo pare essere intrinseca la indeterminazione (cioe' la non-causalita'), ma sembra valere pure l'azione istantanea (l'entanglement). Non e' difficile da capire, solo si scontra col nostro pregiudizio.

      Concludendo, cio' che del comportamento umano ci sembra essere incompatibile con le leggi deterministiche della fisica, in realta' alla luce della fisica dell'ultimo secolo, non lo e'.

      Non voglio avere ragione, ma nemmeno sono stato io a cominciare nel voler ridurre tutto al meccanicismo sette-ottocentesco, vorrei solo instillare del dubbio e dell'attitudine scientifica nell'osservazione del mondo (ma temo sia dura, siete troppo vecchi). :)

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  9. Errata corrige;

    "non possiamo negare il nesso di causa-effetto e quindi anche il libero arbitrio."

    Ovviamente: " ... e dobbiamo quindi negare anche il libero arbitrio."

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  10. << Tolstoi osserva che prima di prendere una decisione ci sentiamo liberi (salvo costrizioni esterne): non sappiamo" infatti cosa sceglieremo, dobbiamo ancora rifletterci, ci sono varie possibilità, il futuro appare aperto, non determinato. A posteriori invece ci sembra che non potevamo agire che come abbiamo agito. La libertà era dunque illusoria. >>

    Una cosiderazione interessante, ma forse non del tutto condivisibile.

    Può darsi infatti che il mio sentimento di conferma ex post sia semplicemente un modo per autoconvincermi di aver scelto bene (ed evitare quindi la terribile dissonanza cognitiva).
    Oppure può capitare, sempre ex post, di pentirsi della decisione presa, pensando, re melius perpensa, che avremmo dovuto fare una scelta diversa.
    Credo che entrare nei meccanismi decisionali dell'uomo sia davvero labirintico e, forse, inutile.

    E se mai, un giorno, si dovesse avere la prova provata che il libero arbitrio non esiste, non riesco ad immaginare che tipo di convivenza sociale ne verrebbe fuori.

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    1. Ne verrebbe fuori la convivenza sociale di oggi, la nostra intera normazione e legislazione, fin dalla piu' tenera eta', e' basata su principi pavloviani terra-terra di stimolo/risposta/punizione-con-scossa-elettrica.

      L'economicismo attuale dello "zero virgola" sta portando tale weltanschauung al grottesco, per cui sempre piu' gente scrolla le spalle e non ci bada piu'.

      Il fatto che funzioni molto male, implica che la concezione della realta' su cui si basa non e' del tutto esatta, ad usare un eufemismo.

      "Credo che entrare nei meccanismi decisionali dell'uomo sia davvero labirintico e, forse, inutile."

      Resta pero' il fatto che pensare di poter invertire il verso la retta del tempo senza che cambi nulla e' una forma di fidelismo metafisico e astratto, oltretutto sbagliato secondo le attuali conoscenze.

      EN passant, dire che un gene e' egoista e' come dire che un neurone e' intelligente. Puo' essere intelligente UN neurone? La domanda ha molte piu' implicazioni di quanto sembra.

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    2. Caro Diaz, con me non la spunti.
      Mi pare evidente che IL GENE EGOISTA è solo una (bella) metafora.
      Ed anche, da un punto di vista editoriale, un titolo eccellente, perchè colpisce il lettore ed invoglia ad acquistare il libro.

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    3. Una bella metafora riduzionista. Un po' meno la mia al suo riguardo.

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  11. Sì, penso anch'io che se si provasse che il libero arbitrio non esiste cambierebbe ben poco (a parte che la Chiesa dovrebbe chiudere i battenti dopo aver fatto passare una mano di calce sul Giudizio Universale e tante altre "immortali" opere dell'arte cristiana piene di diavoli - anche l'Inferno dantesco dovrebbe essere messo all'indice, come del resto già si sta cominciando a fare - l'autore è infatti un sadico, omofobo, medievale, semi incomprensibile ecc. ecc.).
    Quella del libero arbitrio è un po' una fissazione di filosofi e teologi, soprattutto cristiani, e della nostra civiltà ... ancora incivile. Un giovane filosofo tedesco, Schmidt-Salomon, ha scritto un bel libro: "Al di là del bene e del male. Perché senza morale vivremmo meglio." Ovviamente non intende abolire le norme sociali, inneggiare all'immoralità. Il suo è però un discorso accattivante contro il moralismo a cui indulgiamo un po' tutti, anche noi "illumminati" (eh eh). I moralisti (un po' tutti) danno con piacere addosso agli altri, i peccatori, i delinquenti, che bisogna naturalmente punire, magari anche eliminare: hanno trasgredito scientemente, hanno scelto liberamente di delinquere e quindi sono responsabili delle loro azioni ecc. ecc. Se invece considerassimo maggiormente il fatto che facciamo quel che facciamo "spinti dalla necessità" cominceremmo intanto ad avere più comprensione e saremmo più indulgenti. Non al punto di farci ammazzare o derubare, così fessi non siamo. Un vecchio detto suona: "Chi capisce davvero perdona tutto." Che non significa accettare tutto e subire passivamente, ma mettersi un po' anche nei panni di chi si comporta in un certo modo. Marco Aurelio: "Se qualcuno ti offende chiediti perché si comporta così." La regola generale che tutti praticano è: non porgere l'altra guancia, rendi pan per focaccia (persino Bergoglio la pensa così).
    La rivoluzione di Gesù - ama il prossimo tuo come te stesso - è fallita finora. Lo stesso Gesù è spesso tutt'altro che misericordioso e comprensivo, minaccia continuamente chi non fa la volontà del padre suo. Lo stesso una maggiore comprensione dell'agire umano porta a indulgere, a perdonare. Morale sì, moralismo no. I moralisti sono poi spesso dei Tartufi.
    Libero arbitrio sì, libero arbitrio no: un falso problema. Non esiste e basta, e se sono fermo al determinismo sette-ottocentesco ormai superato, e da quel dì, pazienza. Fate dei discorsi comprensibili come quelli del prof. Gianni Pardo e magari mi convincerete, cambierò opinione. Per il momento penso di avere meriti zero per non aver ancora rubato (in grande) e non aver ammazzato nessuno.
    E non è che abbia deciso di non rubare e ammazzare grazie al libero arbitrio. Non rubo e non ammazzo per essere stato addomesticato da cucciolo (da suore e preti) e poi forse anche per una naturale empatia verso i miei simili.

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    1. << penso anch'io che se si provasse che il libero arbitrio non esiste cambierebbe ben poco >>

      Non ne sono del tutto sicuro.

      Perchè, a mio parere, la conseguenza più importante del Libero Arbitrio (ovvero della convinzione che esso esista) è di dare alle persone la convizione che chi ha commesso degli errori (reati, scorrettezze, ecc.) può, da sè solo, migliorare il proprio approccio mentale e quindi decidere di non commetterne più.

      Io invece, di questo, non ne sono per nulla convinto.
      Certo, le persone cambiano nel tempo le loro convinzioni più profonde e quindi i propri comportamenti, e possono non ripetere nel futuro gli 'errori' del passato.
      Ma questo avviene, a mio avviso, solo come conseguenza delle pressioni esterne (della società o delle persone più vicine) che finiscono per modificare le loro strutture decisionali (neurali).
      Come può una persona modificare queste strutture da sola ?

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    2. Quindi il libero arbitrio sarebbe una proprieta' emergente della societa'? Perche' proprio della societa'?

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    3. "E non è che abbia deciso di non rubare e ammazzare grazie al libero arbitrio. Non rubo e non ammazzo per essere stato addomesticato da cucciolo (da suore e preti) e poi forse anche per una naturale empatia verso i miei simili. "

      Vabbe' questa e' la dottrina luterana della predestinazione, dato che pure chi ti ha addestrato non ha, suppongo, il libero arbitrio. Lo stesso per la "naturale empatia".

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    4. << Quindi il libero arbitrio sarebbe una proprieta' emergente della societa'?
      Perche' proprio della societa'? >>

      Perchè il nostro cervello (l'insieme dei circuiti neurali che portano alle decisioni) è modellato dall'ambiente e, per l'uomo, l'ambiente più importante è la società in cui vive.

      E comunque non è il libero arbitrio ad essere una proprietà emergente della società, ma solo l'illusione del libero arbitrio.
      Tanto per voler cavillare.

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    5. "E comunque non è il libero arbitrio ad essere una proprietà emergente della società, ma solo l'illusione del libero arbitrio."

      Non c'e' dubbio che il determinismo meccanicistico sia la metafisica condivisa e dominante, il luogo comune del nostro tempo, dato che in tutto cio' che ci circonda, fin dalla piu' tenera eta', nel mondo completamente artefatto e di macchine, di eserciti, di scuole, di burocrazie e di industrie (avete notato che sono organizzazioni esattamente simili?) in cui viviamo, la metafora dominante e' che se qualcosa non va, governo compreso, la si porta dal meccanico che l'aggiusta.

      Ma il nostro compito di esseri umani e' criticarlo, nel senso di determinarne i limiti e le possibilita', nonche' le alternative, magari con un occhio alla storia.

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  12. Big bang e poi - sembra - big crunch. Tra l'uno e l'altro trilioni, quadrilioni, quintilioni, sestilioni ecc. di eventi o fenomenti o enti - tutti necessari, anche le minuzie sul questa ridicola terra. Ogni fotogramma di questo lunghissimo film che dura decine e decine di miliardi di anni segue un altro fotogramma e ne precede un altro. Tutto logico, concatenato. Dov'è questa fantomatica libertà? Perché ci accapigliamo in fondo su uno pseudoproblema. Capisco i teologi che se gli togli il libero arbitrio sono fritti, possono fottersi con tutta la loro teologia. Ma a noi che ce ne frega della teologia o filosofia ancilla theologiae? Adesso me ne vado a passeggio lungo il Reno armato del mio binocolo 10 x 42, vediamo se riesco a scorgere il corriere piccolo (charadrius dubius) che nidifica sui banchi del fiume. Come l'anno scorso, come l'anno precendente, come l'anno prossimo (salvo catastrofe cosmica). Sempre uguale, sempre lo stesso (stessa spiaggia stesso mare). Ma potrei anche non andare a passeggiare lungo il Reno: sono libero, no? Posso deciderlo liberamente. Posso decidere di non andarci benché ne abbia voglia per dimostrare che sono libero di decidere. Che bei giochini, è già scritto che ci vado. Diffati ci vado. E al diavolo il libero arbitrio che non serve a un cazzo, solo ai teologi.

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    1. Teologi cattolici! I teologi protestanti, e pure quelli islamici, lo negano, e tutto sommato qualche differenza si nota.
      A quel che ho capito a suo tempo i protestanti l'hanno negato per convenienza economica: la priorita' era togliere a Roma la rendita dalla vendita delle indulgenze: con la predestinazione deterministica, nessuno poteva essere salvato, in nessun modo, _a nessun prezzo_.
      Posizione MOLTO ipocrita, se posso permettermi di giudicare, con conseguenze peggiori di quella cattolica, e infatti i calvinisti/puritani non si puo' dire abbiano rappresentato un gran progresso su questo fronte (esclusa, appunto, l'ipocrisia, per cui chi ha successo e' automaticamente nella grazia di Dio, mentre gli altri sono dannati senza possibilita' di recupero). A fare da discrimine, lo spessore del portafogli.

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  13. Postilla (ma poi basta).

    È noto che perché ci sia colpa grave ovvero il peccato sia mortale è necessario il "deliberato consenso". La tentazione è normale perché il demonio è sempre all'opera circuens quem devoret. Dunque l'apparizione di Brigitte Bardot nuda (versione anni Sessanta!) e un furtivo piacere che provo a questa spledida visione non è affatto un crimine o un peccato mortale. Perché ci sia colpa grave ci vuole il "deliberato consenso". Cioè invece di distogliere subito lo sguardo e di pronunciare una giaculatoria (consultare l'etimologia di questa parola) se invece indugio e finisco poi per ammirare questa creatura divina (!) sono già sulla via del peccato che seguirà a ruota (varie possiibilità). A questo punto ho peccato gravemente e andrò all'inferno perché c'è il deliberato consenso. Ma io il deliberato consenso non lo vedo. Semplicemente la natura mi ha indotto ad ammirare la bellezza del creato. E la paura dell'inferno non mi ha distolto dal peccato. Due forze in contrasto: paura dell'inferno, desiderio di bellezza. Quale delle due forze prevarrà? A volte prevale l'una, a volte l'altra. E da che parte penderà la bilancia può dipendere da un'inezia nemmeno avvertita dal libero soggetto.

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    1. << se invece indugio e finisco poi per ammirare questa creatura divina (!) sono già sulla via del peccato >>

      Che esagerazione !
      Finire all'inferno solo per aver guardato con intenzione la bellezza della Bardot, ed averci magari anche fantasticato un po' sopra.

      Aveva proprio ragione quello psicologo che diceva che non dobbiamo aver paura dei nostri pensieri, qualunque essi siano.
      Quello che contano sono i comportamenti.
      Ed è più facile controllare i comportamenti che non i pensieri.

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    2. Pare che non tutti siano d'accordo... a questo proposito avete visto che proprio oggi hanno inasprito le leggi sul "negazionismo". Io non sono negazionista, ma non mi piace non doverlo essere per legge.

      http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Negazionismo-si-Senato-al-ddl-Fino-a-6-anni-di-carcere-c7e33595-c1c8-4cad-8018-4414b34cf11f.html

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  14. Tenetevi forte (e poi espelletemi pure alias bannatemi). Ritengo questo inasprimento di pena per i negazionisti antidemocratico e illegale perché nega la libertà di pensiero. Io non sono negazionista - per il semplice fatto che non ho mai "studiato" la questione, più o meno come il 99,99% della gente, compresi i parlamentari che hanno votato questo inasprimento perché così vuole Israele (potenza nucleare) e gli ebrei italiani, come pure molti governi occidentali. Il negazionismo è infatti punito con il carcere in Germania (pe fforza!), Austria, Svizzera, Francia, Canada, credo anche in Australia e altri paesi. Non so negli USA dove la libertà d'espressione è sacra per il famoso emendamento. L'Italia stranamente non faceva parte fino ad oggi dei paesi che incriminavano il negazionismo. Ricordo persino il socialista craxiano Intini che riteneva assurdo il carcere per questo "crimine" pur non essendo lui un negazionista. Negare l'olocausto è oggi peggio che negare l'esistenza di Dio. Difatti il Vaticano non scatena una guerra contro gli atei, ma guai a chi nega l'olocausto: è il sacrilegio dei tempi moderni, anatema, carcere, fateli tacere questi infami. Non c'entrano destra, sinistra, centro: l'olocausto non si tocca, non si può negare perché è "evidenza storica". Di evidente c'è ben poco per i 99,99% della popolazione che di storia sa poco o niente e non ha mai letto un libro storico serio, e men che meno ha studiato la "questione ebraica" (Marx e Sartre, entrambi ebrei, hanno scritto dei libri sulla questione, quello di Sartre ce l'ho in casa ma non ricordo ora le sue tesi). Sono arciconvinto che ebrei intellettuali come Marx e Sartre non esigerebbero il carcere o un inasprimento di pene per i negazionisti.
    In sostanza i negazionisti negano che ci fosse un piano preciso di sterminio degli ebrei da parte di Hitler (difatti non ci sono documenti al riguardo, e si può anche capire che certe cose non si mettessero per iscritto). La famosa conferenza di Wannensee con le minute della conferenza non sembra essere una "prova provata" (ma posso sbagliarmi). Le ammissioni di Eichmann al processo a Gerusalemme non so se possano essere considerate prove (notate che con queste parole io posso già passare per - anzi sono un antisemita e ho già la polizia postale alle calcagna). Chi tocca i fili muore - chi tocca gli ebrei o gli israeliani è un antisemita. La Chiesa, che ha praticato l'antigiudaismo per due millenni, antigiudaismo che è il sostrato dell'antisemitismo, oggi è filogiudaica e condanna anch'essa il negazionismo.
    Oltre a negare un esplicito piano di sterminio i negazionisti negano sia il numero delle vittime ebree (sei milioni) che l'esistenza delle camere a gas.
    (continua)

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  15. Errata corrige (voglaimo essere precisi: Wannsee, non Wannensee, pardon)

    Dunque dicevamo. Noto che il negazionismo fa venire la pelle d'oca a tutti benché quasi tutti siano a digiuno di nozioni storiche. Come mai? Tutti abbiamo sentito parlare della persecuzione ebraica, di Auschwitz, dei campi di concentramento. A scuola, dai giornali (più che dai libri), abbiamo letto e visto il libro e il film su Anne Frank (che mi colpirono molto da giovane) e tanti altri film e polpettoni hollywoodiani sul dramma ebraico. Io - debbo ammetterlo - mi sono rotto le palle (che schifoso antisemita sono, vero?) e ho rifiutato di vedere l'ultimo della serie, "Schindler's list". Abbiamo istituito anche il "Giorno della memoria" che è la commemorazione non dei 50 milioni di morti della 2ª guerra mondiale, ma dei "sei" milioni di vittime ebree. Sento che esiste persino una "didattica della Shoah a scuola. Un amico di Israele e sicuramente non un negazionista, il filosofo ex marxista Lucio Colletti buonanima, era contrario all'istituzione di questa giornata della memoria. Che - diciamolo - sta sulle palle a molti. Quel giorno dobbiamo sorbirci da tutti i canali la lagna di questa commemorazione. Le vittime della guerra furono 50 milioni, ma 45 milioni non contanto, contano solo i "sei" milioni di ebrei. Perché metto sei fra virgolette? Perché anche questo è ormai un dogma. L'ebreo Pacifici non solo ha preteso la legge antinegazionista, ma anche la persecuzione di chi vorrebbe "ridimensionare" il numero delle vittime. Quante furono davvero precisamente o almeno approssimativamente? E chi lo sa, manca uno studio storico su questa questione (e non lo trovate uno storico che voglia affrontare la questione: non sia mai che fosse costretto a ridurre il numero ufficiale, sarebbe lapidato persino dal Vaticano che ha calato le braghe non solo davanti agli ebrei - e pour cause - ma anche davanti agli islamici, "nostri fratelli". Non si dica che le vittime siano state in effetti 5,5 milioni o 4,7: sacrilegio, anatema.
    Ma chissà forse furono pure 6,2 milioni. Io non lo so. So però che inizialmente il numero delle vittime di Auscwitz era indicato in 4 e passa milioni (così si leggeva su una targa) ed è via via stato ritoccato (oggi si legge che furono 1,2 milioni se non sbaglio). Ma mi raccomando: non azzardatevi a dire che non furono proprio 6 milioni, che non si sa esattamente. Sarete impalati o passerete per antisemiti.
    Insomma, l'olocausto e il numero delle vittime ebree (gli altri 45 milioni di morti non contano) sono il tabù del nostro tempo. Il negazionismo è anche chiamato revisionismo. Ora non c'è un solo storico degno di questo nome che non sia un revisionista (se no è un pappagallo che ripete cose già note). Ogni storico vero riscrive la storia, in base a nuovi elementi, o anche mettendo a fuoco certi elementi invece di altri, dando un nuovo taglio al "racconto" (la storia non è che un racconto più o meno credibile, pieno di lacune).
    La "verità storica" (che non è la verità tout court perché nessuno conosce tutti i dettagli di un evento storico) si basa su un accordo degli storici: in base agli elementi noti si può affermare qualcosa. Nessuno mette in dubbio la storia di Roma e l'esistenza e l'assassinio di Giulio Cesare: c'è un accordo universale su questi fatti (suffragato da testi, monumenti, numismatica ecc.). Ma chi se ne frega della storia di Roma e di Giulio Cesare: il 99% ne ha sentito parlare a scuola e basta.
    (continua)

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  16. (continuazione e fine)

    olo pochi si interessano nella vita di questi eventi storici che non contano più letteralmente niente. Solo storici, studenti e aficionados di antichità si occupano di queste cose. Tra le letture che mi hanno più impressionato figurano le opere di Tacito, perciò lo leggo e rileggo (ahimè solo in traduzione purtroppo).
    Su tanti eventi storici comunque, specie del lontano passato, ma anche del più prossimo presente, le opinioni degli storici divergono; non c'è accordo. Sull'olocausto invece l'accordo è pressoché universale - perché negarlo è pericoloso, ti squalifica, anche agli occhi di chi non ha la più pallida idea della questione in quanto semianalfabeta in materia di storia.
    Io ho avuto un contatto personale con un negazionista svizzero, Jürgen Graf, che fu condannato a 15 mesi di prigione (si sottrasse all'arresto emigrando, credo viva oggi in Russia). Debbo ammettere che mi abbia messo una pulce nell'orecchio. Non sono diventato anch'io negazionista, ma qualche dubbio me l'ha istillato. Oggi dovrei definirmi dubitazionista, come dice il prof. Melis di sé. Non nego (del resto non ho mai approfondito la questione), ma qualche dubbio ce l'ho. Ma avere dei dubbi, per es. sul numero delle vittime ebree, è già blasfemia e chiaro sintomo di antisemitismo. Il bello non solo per gli ebrei, ma anche per la stragrande maggioranza della popolazione che ha subito il lavaggio del cervello. Quanti ebrei geniali nelle scienze e nelle arti (Mendelssohn, Mahler, Freud, Stefan Zweig, Einstein ecc. ecc.). Sono sicuro che con questi persoanggi mi intenderei benissimo, non dovrei avere alcun timore di essere bollato come antisemita. Ma certi ebrei purtoppo "chiagnono e fottono" (fanno le vittime e te lo mettono in quel posto).
    Attendo ora l'intervento della polizia postale e forse alcuni agenti busseranno alla mia porta e mi porteranno via.

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    1. Cari amici, credo che siamo tutti d'accordo col fatto che una legge sul negazionismo è assolutamente ridicola, e - oltretutto - viola il principio basilare della libertà di opinione, di cui tutti (almeno a parole) si dichiarano paladini.

      Ed il motivo è molto semplice.
      Se tutti gli studiosi sono d'accordo su un certo evento storico, negare la sua esistenza rende semplicemente ridicoli; e non è compito della legge occuparsi di queste cose.

      Se invece gli studiosi NON si trovano totalmente d'accordo su quell'evento, è lecito (anzi doveroso), che continui ad essere discusso, secondo i vari punti di vista.

      Questo vale, ovviamente, per qualsiasi evento storico, e per qualsiasi (presunta) vittima, dato che la storia umana è piena di tragedie, sia personali che collettive, e non c'è che l'imbarazzo della scelta.

      Può darsi che certe scelte legislative siano frutto dei sensi di colpa, o di particolari pressioni politiche, o semplicmente del desiderio di compiacere l'opinione pubblica.
      Ma la sostanza non cambia.

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    2. Peggio, cio' dimostra per l'ennesima volta che una societa' senza capro espiatorio, senza un nemico contro cui combattere e da incarcerare, non puo' esistere, e non importa di che nemico si tratti, non importa nemmeno che il nemico di oggi sia cio' che si riteneva sacrosanto fino a ieri, fino a poco prima di perdere la guerra: se questa gentaglia (questi erano tutti nazisti e fascisti o comunisti prima, finche' gli conveniva, non dimentichiamolo) l'avesse vinta, secondo voi ora che legge avremmo? esattamente uguale ma volta dall'altro verso).

      Aggiungerei che chi sostiene questa legge non ha capito nulla del nazismo e del fascismo in quanto si comporta esattamente come quei nazisti e quei fascisti (e andrebbero aggiunti pure i comunisti) che, a parole, dice di osteggiare.

      Punire con il carcere il dissenso delle idee e' assolutamente inaccettabile.

      Fra l'altro, il fatto che nei dipartimenti di storia non ci sia il minimo scandalo per questa legge, la dice lunga su che razza di gentaglia ci deve essere li' dentro.

      Vi va bene anche questa parte del "patto sociale"?
      A me no, anche se dovesse essere "deterministicamente inevitabile", e sento come sempre piu' moralmente doveroso distanziarmene, anche se questo mi portera' sicuramente ad una brutta fine (che agogno, non vedo l'ora di togliermi dalle palle di questa italia del cazzo, ho gia' visto abbastanza e non ho nessuna voglia di vedere il resto).

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    3. Be', professori contrari a questa legge ce ne sono, e non pochi, che hanno manifestato il loro dissenso. Ma senza scendere in piazza, inscenare un professor's pride per la libertà di ricerca e di espressione. Penso poi anche che i media, più o meno tutti embedded, non abbiano interesse a fare da cassa di risonanza per gente che sostiene tesi non politicamente corrette.

      Sul fatto che ogni società debba, quasi per una legge di natura, avere la propria testa di turco (si può dire o Erdogan si arrabbia?) ovvero un capro espiatorio è forse vero. Identità, tanto più forte identità, significa contrapporsi ad altri, ad altri gruppi, che bisogna un po' boicottare o come si dice oggi "discriminare" (peccato mortale per Bruxelles). La cultura tende a smussare le differenze, a gettare ponti. Adesso però siamo alle comiche: si vuole l'uguaglianza perfetta, sostanziale, è vietata ogni forma di discriminazione (solo quella salariale permane). E si vuole imporre questa ideologia dell'uguaglianza. Invece, fatta salva l'uguaglianza davanti alla legge (che forse è pure utopica o non garantita visto che chi ha l'avvocato migliore può spuntarla), dobbiamo rivendicare il "diritto umano" alla diversità. Da un lato si dice che la diversità è ricchezza, dall'altro si vuol limitarla se non azzerarla. Siamo tutti belli, intelligenti, buoni - che non è vero: ci sono anche gli scemi, i sadici e i brutti ("Brutti sporchi e cattivi" è un orribile film di Scola che però la prima volta che lo vidi mi divertì; l'ho rivisto alcune settimane fa e mi ha fatto schifo, non ce l'ho fatta a vederlo tutto).

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    4. << Sul fatto che ogni società debba, quasi per una legge di natura, avere (...) un capro espiatorio è forse vero. >>

      Sono d'accordo anche io.
      Però, tanto per tornare aLl'argomento del post (i confini), è molto meglio un nemico esterno, che può essere anche solo una tigre di carta, ad uno interno, che rischia di subire delle vessazioni reali (c'è sempre qualche imbecille che ci crede, e si comporta di conseguenza).

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    5. Infatti l'amministrazione del nostro Stato, non potendo per noti motivi esprimere la sua naturale volonta' di predominio fuori dei confini, sfoga il suo sadismo dentro, specialmente da quando si e' ripresa dalla batosta della ultima guerra ignominiosamente dichiarata e persa (cosa che e' costata il giusto essere appeso per i piedi a qualcuno, e l'esilio perpetuo a lui e alla sua famiglia a qualcun altro).

      Notate che su 13 volte di aumento di pil pro capite totale dall'unita' d'italia, circa 10 risalgono a quando lo Stato e' stato piu' debole, il ventennio dell'ultimo dopoguerra, gli anni fra il 48 e il 70, durante i quali, grazie a tale assenza, si puo' dire che siamo passati dal medioevo alla modernita', forse troppo in fretta, e evidentemente solo economicamente.

      Prima lavorando ascoltavo "radio parlamento": ora i deficienti stanno accapigliandosi con grandi discorsi che definire da bar e' un complimento, sull'utero in affitto. Meglio cosi', intanto distolgono la loro distruttiva attenzione da cose dove tipicamente farebbero molto piu' danno.

      Non so se avete sentito la diatriba fra una nota trasmissione televisiva di cui non so nemmeno il nome e l'agenzia delle entrate: e' del tutto vero che regolarmente, in caso di compravendite di qualsiasi cosa, l'agenzia delle entrate pretende tasse su prezzi teorici di transazione del tutto irragionevolmente elevati che lei suppone: e quei soldi glieli dovete dare, in nessun modo vale dimostrare che avete venduto/comprato ad una frazione di quella cifra. Sono stato personalmente testimone di situazioni del genere. Delinquenti comuni, mafiosi.

      Il bello e' che credono che la gente li stimi e li rispetti, solo perche' quando si reca al loro cospetto, temendoli, li salamelecca: non sospettano nemmeno che appena si girano dall'altra parte l'istinto della maggior parte della gente sarebbe di accoltellarli alla schiena.

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    6. Dal quel che sento il fisco italiano è veramente vessatorio, considera tutti i cittadini potenziali evasori e quindi delinquenti. Velleitario ribellarsi ovviamente, quelli ti portano alla disperazione, persino al suicidio. E magari pensano di essere al servizio dei cittadini, sono i sacerdoti della giustizia.
      Nel paese in cui vivo invece i cittadini non sono considerati evasori e delinquenti, anzi si una certa comprensione per chi ricorre a qualche sotterfugio per pagare meno tasse. Infatti il fisco distingueva tra evasione (peccatuccio) e frode fiscale (peccato, non proprio mortale). So già cosa mi direte: ma scusa, che differenza c'è tra evasione e frode fiscale, è la stessa cosa. Infatti nessuno straniero lo capiva, nemmeno io, e men che meno i socialisti nostrani e anche qualche liberale, contrari alla "sottile" distinzione (l'evasione poteva essere casuale, dovuta a qualche errore di contabilità, mentre la frode avveniva col "deliberato consenso", magari truccando i conti, dunque punibile). Il segreto bancario, istituito "anche" per tutelare i vessati dal fisco all'estero e che mettevano i loro soldi al sicuro in Svizzera, per es. gli ebrei tedeschi, è ormai storia: l'Internazionale socialista ha spinto la Svizzera in un angolo e la Svizzera ha dovuto arrendersi. All'interno però il segreto bancario resiste ancora, almeno in parte, per cui i sotterfugi sono ancora possibili. Nel complesso però l'evasione e la frode fiscale non erano e non sono difFuse PERCHE' LE TASSE SONO BASSE (10-15%) e il clima è sereno. Il fisco fa ovviamente il suo lavoro e sanziona la frode fiscale, ma senza infierire, senza fare il cerbero. E la gente paga le imposte senza tante storie, anche se a volte malvolentieri, le considera dovute e giuste. Comunque anche in Svizzera si lavora fino a giugno per lo Stato (alla bassa tassazione vanno infatti aggiunti i premi assicurativi malattia molto elevati, e da vent'anni obbligatori).
      Ricordo di aver letto una volta su una rivista cattolica (!) che le tasse in Italia sono eccessive: le tasse, scrivevano quelle buone anime cattoliche, dovrebbero aggirarsi intorno al 10% del reddito, al massimo il 20% (non so se questo è anche il parere del Vaticano, penso di no). Tasse del 10-20%, mica male.
      Credo tuttavia che l'abbassamento delle tasse non rilancerebbe l'economia, come crede e pretende la destra.
      Sì, certo, la gente avrebbe più soldi da spendere, si toglierebbe qualche soddisfazione, cambierebbe più facilmente macchina, elettrodomestici e smartphone, ma non basterebbe ad abbassare sensibilmente il tasso di disoccupazione. È quel che si dice una crisi strutturale. Draghi intanto continua a fare il falsario, stampa e distribuisce biglietti falsi (come Totò ...). Invano.

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  17. Sul problema dei confini vorrei fare una breve riflessione: alcuni confini geografici hanno diviso popoli ( esempio tipico molto vicino a noi il pooolo Walzer ( diviso tra Italia e Svizzera ) il popolo franco provenzale ( diviso tra Italia e Francia ) il popolo del Tirolo ( diviso tra Italia ed Austria ); altri confini sono totalmente artificiali, nati dalla disgregazione dell’impero ottomano, ed hanno creato tensioni e odii che non affievoliscono ( Iran-Iraq , Israele Giordania, Siria Turchia Iraq ), altri ancora nascono da imposizioni coloniali ( quasi tutti quelli africani,) con obbligata coabitazione di popoli da sempre nemici ( hutu e tutsi ad esempio). Pochi sono i confini che circondano popoli con la stessa cultura, tradizione e lingua, senza prevaricarne altri. Non penso quindi che il confine sia una opportunità, esso è sempre un limite, una causa di scontri, di odio e di guerre; probabilmente non avremo mai la libera circolazione sul pianeta di ogni essere umano ( come sarebbe auspicabile) ma certo, se vogliamo evolvere e non estinguerci, nel rispetto delle reciproche diversità, bisognerebbe che la maggior parte dei confini venga abbattuta. L’alternativa, a mio parere, è l’estinzione

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    1. Caro Claudio, non credo che i confini vadano abbattuti, ma solo migliorati.
      I gruppi umani, infatti, funzionano meglio se sono distribuiti su aree delimitate e coese, perchè questa è la nostra storia biologica.

      La vita stessa si basa su una unità fondamentale chiamata cellula, e la cellula non può materialmente esistere senza una membrana che ne delimiti rigorosamente i confini.
      Certo la membrana è permeabile agli scambi di sostanze chimiche con l'esterno, ma solo in forma molto limitato.

      Ecco, questa mi sembra una metafora molto calzante circa l'importanza dei confini tra i gruppi umani.
      Gli scambi (pacifici) sono sicuramente auspicabili, la confusione totale, a mio parere, no.

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