<< La selezione naturale nella sua forma più generale significa la sopravvivenza differenziata di varie entità. Alcune entità vivono e altre muoiono ma, perché la morte selettiva abbia qualche impatto sul mondo, è necessaria un’ulteriore condizione. Ogni entità deve esistere nella forma di molte copie, e almeno alcune delle entità devono essere potenzialmente in grado di sopravvivere — nella forma di copie — per un periodo significativo di tempo evoluzionistico. Le unità genetiche piccole hanno queste proprietà; invece gli individui, i gruppi e le specie non l’hanno. [...]
Un altro aspetto particolare del gene è che non invecchia; quando è vecchio un milione di anni, non ha più probabilità di morire di quando ne ha solo 100. Salta da un corpo all’altro attraverso le generazioni, manipolando un corpo dopo l’altro, a modo suo e per i suoi propri scopi, abbandonando i corpi mortali uno dopo l’altro prima che giungano alla vecchiaia e alla morte. I geni sono gli immortali. [...]
Noi, le singole macchine di sopravvivenza presenti nel mondo, possiamo aspettarci di vivere qualche decennio. Ma i geni presenti nel mondo hanno un’aspettativa di vita che va misurata non in decenni ma in migliaia e milioni di anni. Nelle specie che si riproducono sessualmente, l’individuo è un’unità genetica troppo grande e troppo temporanea per qualificarsi come unità significativa di selezione naturale. Il gruppo di individui è un’unità ancora più grande.
Geneticamente parlando, gli individui e i gruppi sono come nuvole nel cielo, o tempeste di sabbia nel deserto. Sono aggregazioni temporanee. Non sono stabili lungo il tempo evoluzionistico. Le popolazioni possono durare un po’ di più, ma si fondono costantemente con altre popolazioni e quindi perdono la loro identità. Sono anche soggette a un cambiamento evolutivo dall’interno. Una popolazione non è un’entità abbastanza discreta per fungere da unità di selezione naturale; non è abbastanza stabile e unitaria per essere “selezionata” al posto di un’altra popolazione.
Un corpo individuale sembra abbastanza discreto finché dura, ma purtroppo, quanto a lungo dura? Ogni individuo è unico. Non puoi ottenere un’evoluzione selezionando tra varie entità, quando esiste una sola copia di ogni entità! La riproduzione sessuale non è replicazione. Proprio come una popolazione è contaminata da altre popolazioni, così la discendenza di un individuo è contaminata da quella del suo partner sessuale. I vostri figli sono solo metà di voi, i vostri nipoti solo un quarto di voi.
In qualche generazione, il massimo che potete sperare è di avere molti discendenti, ognuno dei quali contiene solo una piccola porzione di voi — pochi geni — anche se alcuni di essi portano anche il vostro cognome. Gli individui non sono cose stabili, sono fluttuanti. Anche i cromosomi vengono rimescolati fino a scomparire, come una mano di carte subito dopo essere stata distribuita. Ma le singole carte sopravvivono al rimescolamento. Le singole carte sono i geni.
I geni non sono distrutti dal crossing-over, cambiano soltanto partner e vanno avanti. Naturalmente vanno avanti. È questa la loro specialità. Essi sono i replicatori e noi siamo le loro macchine di sopravvivenza. Quando abbiamo assolto al nostro scopo, siamo gettati via. Invece i geni esistono nel tempo geologico: i geni sono per sempre. I geni, come i diamanti, sono per sempre, ma non proprio nello stesso modo dei diamanti. Nel caso dei diamanti, ciò che dura è il singolo cristallo, la struttura inalterata di atomi. Le molecole di Dna non sono persistenti in quel senso.
La vita di ciascuna molecola fisica di DNA è molto breve — forse qualche mese, certamente non più di una vita umana. Ma una molecola di Dna potrebbe teoricamente vivere più di 100 milioni di anni nella forma di copie di se stessa. Inoltre, proprio come gli antichi replicatori nel brodo primordiale, le copie di un particolare gene possono essere distribuite per tutto il mondo. La differenza è che le versioni moderne sono impacchettate con cura nei corpi delle macchine di sopravvivenza. [...]
Il gene è il replicatore a vita lunga, che esiste nella forma di molte copie duplicate. Non ha una vita infinitamente lunga. Perfino un diamante non è eterno [...]. Il gene è definito come un pezzo di cromosoma abbastanza piccolo da durare, potenzialmente, abbastanza a lungo da fungere da unità significativa di selezione naturale. [...]
È la sua potenziale immortalità che rende un gene un buon candidato a fungere da unità di selezione naturale. Ma ora è venuto il momento di enfatizzare la parola “potenziale”. Un gene può vivere un milione di anni, ma molti nuovi geni non superano nemmeno la prima generazione. Quei pochi che riescono a farlo lo fanno in parte perché sono fortunati, ma soprattutto perché hanno ciò che serve, il che significa che sono bravi a produrre macchine di sopravvivenza.
Hanno un effetto sullo sviluppo embrionale di ogni successivo corpo in cui si vengono a trovare, tale che quel corpo ha un po’ più di probabilità di vivere e riprodursi di quante ne avrebbe se fosse stato sotto l’influenza del gene rivale, o allele. Per esempio, un gene “bravo” potrebbe assicurare la propria sopravvivenza tendendo a dotare i successivi corpi in cui si trova di gambe lunghe, che aiutano questi corpi a fuggire dai predatori. Questo è un esempio particolare, non universale. Le gambe lunghe, dopotutto, non sono sempre un vantaggio. In una talpa sarebbero un handicap.
Anziché perderci nei dettagli, possiamo pensare a qualche qualità universale, che ci aspetteremo di trovare in tutti i geni (cioè in quelli più longevi)? Viceversa, quali sono le proprietà che classificano istantaneamente un gene come “cattivo”, di vita breve? Potrebbero esserci varie proprietà universali di questo tipo, ma ce n’è una particolarmente importante in questo libro: al livello dei geni, l’altruismo deve essere male e l’egoismo deve essere bene.
Questo segue inesorabilmente dalla nostra definizione di altruismo ed egoismo. I geni competono direttamente con i loro alleli per la sopravvivenza, poiché i loro alleli nel pool di geni competono per la loro stessa posizione sui cromosomi delle generazioni future. Ogni gene che si comporti in modo da aumentare le proprie probabilità di sopravvivenza nel pool di geni alle spese dei suoi alleli tenderà, per definizione, tautologicamente, a sopravvivere. Il gene è l’unità di base dell’egoismo.
Ho espresso ora il messaggio principale di questo capitolo. Ma ho evitato alcune complicazioni ed assunzioni nascoste. La prima complicazione è stata già menzionata brevemente. Per quanto indipendenti e liberi possano essere i geni nel loro viaggio lungo le generazioni, non sono affatto liberi e indipendenti nel controllare lo sviluppo embrionale. Essi collaborano e interagiscono in modi inestricabilmente complessi, sia tra di loro, sia con l’ambiente esterno.
Espressioni come “gene per le gambe lunghe” o “gene per il comportamento altruistico” sono comode figure retoriche, ma è importante capire cosa significano. Non esiste un gene che da solo costruisce una gamba, lunga o corta che sia. Costruire una gamba è un’impresa cooperativa che coinvolge molti geni. Sono anche indispensabili delle influenze dall’ambiente esterno: dopo tutto, le gambe sono fatte di cibo! Ma può esserci benissimo un singolo gene che, a parità di altri fattori, tende a produrre gambe più lunghe di quanto lo sarebbero state sotto l’influenza dell’allele di quel gene.
Come analogia, pensate all’influenza di un fertilizzante, diciamo un nitrato, sulla crescita del grano. Tutti sanno che le piante di grano crescono più grandi in presenza di nitrato che in sua assenza. Ma nessuno sarebbe così sciocco da affermare che, di per sé, il nitrato può fare una pianta di grano. Sono necessari, naturalmente, un seme, il suolo, il sole, l’acqua, e vari minerali . Ma se tutti questi altri fattori restano costanti, e anche se variano entro certi limiti, l’aggiunta di un nitrato farà crescere di più la pianta di grano. Lo stesso vale per i singoli geni nello sviluppo di un embrione.
Lo sviluppo embrionale è controllato da una rete di relazioni così intricata che quasi ci passerebbe la voglia di guardarla. Nessun singolo fattore, generico o ambientale, si può considerare come l’unica causa di una data parte di un bambino. Tutte le parti di un bambino hanno un numero quasi infinito di cause antecedenti. Ma la differenza tra un bambino e un altro, per esempio la differenza nella lunghezza di una gamba, è facile da ricondurre a una o a poche semplici differenze antecedenti, nell’ambiente o nei geni.
Sono le differenze che contano nella lotta competitiva per la sopravvivenza; e sono le differenze controllate dei geni che contano nell’evoluzione. Dal punto di vista di un gene, i suoi alleli sono i suoi nemici mortali, ma gli altri geni sono solo parte dell’ambiente, come la temperatura, il cibo, i predatori, o gli amici. L’effetto del gene dipende dal suo ambiente, il quale comprende gli altri geni. A volte un gene ha un effetto solo in presenza di un altro insieme di geni compagni. L’intero insieme di geni in un corpo costituisce una specie di “clima”, o background genetico, che modifica e influenza gli effetti di ogni particolare gene.
Ma ora sembra che siamo arrivati a un paradosso. Se costruire un bambino è un’impresa cooperativa così intricata, ed ogni gene ha bisogno di molte migliaia di geni compagni per svolgere il suo compito, come possiamo riconciliare tutto questo con la mia descrizione dei geni come entità che saltano da corpo a corpo lungo i millenni, liberi, autonomi e senza ostacoli? Erano cose prive di senso? Assolutamente no. Forse mi sono lasciato trasportare dall’enfasi, ma non stavo dicendo sciocchezze, e non c’è alcun paradosso.
Possiamo spiegare tutto questo mediante un’altra analogia. Un vogatore non può vincere da solo la gara di canottaggio tra Oxford e Cambridge. Ha bisogno di otto colleghi. Ognuno è specializzato a sedersi in una parte precisa della barca — prodiere, primo rematore, timoniere, eccetera. Condurre la barca è un’impresa cooperativa, ma alcuni uomini sono comunque migliori di altri. Supponiamo che un coach debba scegliere la squadra ideale da un pool di candidati, alcuni dei quali specializzati nella posizione di prua, altri come timonieri e così via.
Supponiamo che il coach effettui la selezione come segue. Ogni giorno assembla tre nuove squadre di prova, mescolando a caso i candidati in ciascuna posizione, e fa gareggiare le tre squadre una contro l’altra. Dopo qualche settimana comincerà ad emergere che la barca vincitrice tende a contenere sempre gli stessi uomini. Questi vengono contrassegnati come bravi rematori. Altri individui finiscono per trovarsi spesso nelle squadre perdenti, e alla fine questi vengono scartati.
Ma anche un rematore incredibilmente bravo potrebbe a volte trovarsi in una squadra lenta, o a causa dell’inferiorità degli altri, o perché ha avuto un colpo di sfortuna — diciamo un forte vento contrario. È solo in media che l’uomo migliore tende ad essere sulla barca vincitrice.
I rematori sono i geni. I rivali per ogni sedile sulla barca sono alleli potenzialmente capaci di occupare la stessa posizione su un cromosoma. Remare velocemente corrisponde a costruire un corpo bravo a sopravvivere. Il vento è l’ambiente esterno. Il pool di candidati alternativi è il pool di geni. Per quanto riguarda la sopravvivenza di ciascun corpo, tutti i suoi geni sono nella stessa barca. Molti geni “buoni” hanno la sfortuna di trovarsi in cattiva compagnia, e si trovano a coabitare nello stesso corpo con un gene letale, che uccide il corpo durante l’infanzia. In questo caso il gene buono va distrutto insieme agli altri.
Ma si tratta solo di un corpo, e le repliche di quello stesso gene buono vivono anche in altri corpi che non hanno il gene letale. Molte copie dello stesso gene vengono scartate perché hanno la sfortuna di trovarsi nello stesso corpo con dei geni cattivi, e molti muoiono per altri tipi di sfortuna, diciamo quando il corpo è colpito da un fulmine. Ma per definizione la sfortuna colpisce a caso, ed un gene che si trova regolarmente dalla parte perdente non è sfortunato: è un gene cattivo.
Una delle qualità di un buon rematore è il gioco di squadra, la capacità di adattarsi e di cooperare con il resto della squadra. Questa qualità potrebbe essere importante quanto avere buoni muscoli. Come abbiamo visto nel caso delle farfalle [noi abbiamo saltato quell'esempio, NdM], la selezione naturale potrebbe inconsciamente “modificare” un complesso di geni mediante inversione e altri grossi spostamenti di pezzi di cromosoma, in tal modo portando nello stesso gruppo geni che cooperano bene insieme.
Ma in un altro senso, dei geni che non sono collegati l’uno con l’altro fisicamente possono essere selezionati per la loro mutua compatibilità. Un gene che coopera bene con la maggior parte degli altri geni che si trova ad incontrare nei corpi successivi, cioè con i restanti geni del pool di geni nel suo complesso, tenderà ad avere un vantaggio.
Per esempio, in un corpo efficiente di carnivoro sono desiderabili un certo numero di attributi, tra cui denti aguzzi, il giusto tipo di intestino per digerire la carne, e molte altre cose. Un erbivoro efficiente, d’altra parte, ha bisogno di denti piatti, e un intestino molto più lungo con diversi tipi di chimica digestiva.
Nel pool di geni di un erbivoro, ogni nuovo gene che conferisse denti affilati al suo possessore non avrebbe molto successo. Questo non perché mangiare carne sia intrinsecamente un’idea sconveniente, ma perché non puoi mangiare carne in modo efficiente se non hai il giusto tipo di intestino, e tutti gli altri attributi di un carnivoro. I geni che producono denti aguzzi non sono intrinsecamente cattivi. Sono solo cattivi in un pool di geni che sia dominato da geni per qualità erbivore. >>
RICHARD DAWKINS
Se a qualcuno interessa, sul TED c'e' una performance di Yuval Harari circa il suo "da animali a dei".
RispondiEliminaCiao a tutti.
http://www.ted.com/talks/yuval_noah_harari_what_explains_the_rise_of_humans?language=it
Grande.
RispondiEliminaSono riuscito a caricare i sottotitoli in italiano ed ho visto il filmato.
EliminaGrande davvero !
Bentornato Diaz.
RispondiEliminaSono contento che Harari ti piaccia.
Io ho comprato il suo libro quasi per caso, fidandomi del classico consiglio da forum, e l'ho trovato davvero eccellente.
Ho letto parecchi libri sull'argomento, ma nessuno coinvolgente come il suo.
L'Harari o conosco grazie a voi. A dire il vero finora ne ho letto solo la prima parte, anche perche' mi pare esponga concetti noti gia' da tempo, solo mettendoli insieme in un testo divulgativo. Ma il metterli insieme da' loro un valore aggiunto. Molto buona la sezione relativa alla realta' degli oggetti sociali: di norma, intuitivamente, quelli di noi che si suppongono piu' svegli distinguono fra "realta' reale" e immaginazione collettiva, contrapponendole, mentre Harari ci fa vedere come l'immaginazione collettiva abbia effetti ben concreti e reali. Tutto cio' e' in qualche modo gia' ben presente nella vecchia teoria dei tre mondi di Popper: il mondo della realta', il mondo dell'immaginazione, e le modificazioni del mondo della realta' create dall'immaginazione: ma Harari le sa vendere con piu' maestria, condendole con una sufficiente dose di divulgazione populistica. Speriamo che non finisca per trasformarsi nell'inizio della ennesima nuova "religione", cioe' il solito inutile tentativo, gordiano, di rompere la catena delle ricorsioni.
Elimina<< Speriamo che non finisca per trasformarsi nell'inizio della ennesima nuova "religione", cioe' il solito inutile tentativo, gordiano, di rompere la catena delle ricorsioni. >>
EliminaNon credo. Dal video, mister Harari mi sembra il classico studioso coi piedi per terra; non ce lo vedo a fare il guru di una nuova "pseudo-religione".
Piuttosto, dovresti spiegarmi meglio il tuo concetto di "catena ricorsiva" (termine che mi pare abbia un'origine prettamente matematica).
"Piuttosto, dovresti spiegarmi meglio il tuo concetto di "catena ricorsiva""
EliminaIl fattto che ogni spiegazione si debba rifare ad innumerevoli altre, in un "circolo vizioso" che sembra togliere significato, anzi toglie significato alla nostra logica che invece non ha pace finche' non trova la spiegazione cosiddetta "definitiva", la causa di tutte le cause, se necessario da difendere con la spada.
Se guardate bene, questo si manifesta in tutti i blog: in ogni blog che si rispetti, e che sostenga con veemenza delle opinioni, c'e' il tentativo (che per i tenutari del blog e' una certezza) dio aver trovato la spiegazione di tutte le spiegazioni. Cio' e' particolarmente evidente nei blog "millenaristici", ma e' cosi' anche in tutti quelli politici. La nostra struttura mentale evidentemente e' fatta cosi'.
"Catena delle ricorsioni" perche' anche l'opinione espressa sopra ne fa parte, non si scappa. L'uomo d'azione, colui che taglia il nodo gordiano, cioe' da questo punto di vista lo stupido, e' colui che narcisisticmente rompe questa catena per affermare se stesso.
Elimina<< in ogni blog che si rispetti, e che sostenga con veemenza delle opinioni, c'e' il tentativo (che per i tenutari del blog e' una certezza) di aver trovato la spiegazione di tutte le spiegazioni. >>
EliminaIl che vale un pochino anche per me.
Senza veemenza, per fortuna.
Mi inchino, ciao.
EliminaCaro Lumen,
RispondiEliminami dispiace me anche la continuazione del tuo pallino (il gene egoista) mi lascia indifferente. Ho letto comunque tutto il pezzo, lunghissimo. Più indifferente che irritato. Da un lato mi sembra(va) tutto un po' troppo arzigogolato, ricercato, non convincente. Insomma, non mi è venuto di gridare: eureka, adesso ho capito!
Mi sorprende un po' che a te *ste cose" piacciano, anzi ti abbiano spalancato orizzonti.
Siamo d'accordissimo che il libero arbitrio è una chimera, che siamo sempre e comunque - in più o meno grande misura - eterodiretti. Ma che ciò sia dovuto al gene egoista o ai quarks e bosoni non fa (per me) nessuna differenza. Anche le particelle o il gene sottostanno al principio universale, alla Legge (che alcuni chiamano Dio).
Vogliamo vivere il più a lungo possibile e nel miglior modo possibile. Questo è l'istinto. Ma commettiamo anche molti e fatali errori che compromettono sia l'individuo che la specie. L'errore è non solo umano ma inevitabile nei "lanci" che compie la natura nel suo cieco avanzare. Ci sono le mutazioni fatali e anche gli errori umani fatali (dovuti anche alla cultura).
Non volevo commentare, ma lo stesso ho voluto dire la mia.
Senza l'errore non esisterebbe l'evoluzione, tutto sarebbe statico e uguale per l'eternita' e, se e' vero che l'evoluzione avviene, non esisteremmo nemmeno noi, che infine siamo solo l'effetto di errori del passato, che cercano di persistere il piu' possibile, bloccando la possibilita' di errori futuri (salvo, appunto, errori ;).
EliminaMi chiedo come, secondo la ragione sociale del blog, possiate leggere dawkins senza leggere jay gould, la cui lettura e cultura peraltro e' a mio avviso immensamente piu' godibile.
<< Mi chiedo come, secondo la ragione sociale del blog, possiate leggere dawkins senza leggere jay gould, >>
EliminaCredo che si tratti di un puro caso.
So che tra Dawkins e Gould c'è un po' di polemica, per via della teoria di Gould sui c.d. "equilibri punteggiati" (mentre Dawkins è più "gradualista"), ma siamo di fronte a due evoluzionisti di primissimo livello.
Sarà il caso che vada in biblioteca a colmare questa lacuna.
Gould e' uno scienziato, Dawkins un polemista...
EliminaFra l'altro, per voi che mi pare siate di cultura umanistica, Gould e' immensamente piu' ricco da leggere.
Sorry, ma non sono d'accordo.
EliminaHo trovato qualche articolo di Gould sul web, ma il suo stile non mi è piaciuto per nulla (mi è sembrato prolisso e dispersivo). Nulla a che vedere con il rigore e la chiarezza scientifica di Dawkins.
Ma prima, di espimere un giudizio meditato, voglio leggere almeno un libro.
Allora, forse, non siete nemmeno di cultura umanistica... ;)
EliminaSergio ha sicuramente una cultura umanistica di primo livello.
EliminaIo, invece, mi sento un po' un ibrido (tipo: benzina / gpl, come la mia Punto :-)).
A me piacciono i suoi saggi pubblicati su Natural History, di cui ci sono molti libretti con le raccolte. Il poco di veramente scientifico che ho cercato di leggere e' incomprensibile, troppo tecnico.
Elimina<< Siamo d'accordissimo che il libero arbitrio è una chimera >>
RispondiEliminaCaro Sergio, siamo d'accordissimo, ma solo io, te e pochi altri.
La vulgata corrente è che lo abbiamo, che è il fiore all'occhiello della nostra specie e che - grazie a lui - siamo liberi di fare le nostre scelte (buone o cattive) praticamente in ogni circostanza.
Io, personalmente, non ci credo e sto giusto preparando un post sull'argomento.
Ne riparleremo.
"Siamo d'accordissimo che il libero arbitrio è una chimera"
EliminaSolo dal punto di vista (forse) teoretico: a tutti gli effetti pratici, e' come se lo avessimo, potete scegliere in ogni momento se uccidere o no chi vi sta di fronte ed e' antipatico.
Che poi il passato, visto dal futuro, sembri una catena di ineluttabilita' e' vero, ma la vera illusione e' questa. Considerare il futuro come un passato non ancora successo e' un trucchetto da illusionisti, o, spesso, da cattivi maestri. Magari fosse cosi'... Nemmeno i preti arrivano a fare di questi scherzi ;)
Ne riparleremo tra qualche settimana (post in arrivo).
EliminaLumen, nonostante le (modeste) apparenze, non siano nati (del tutto) ieri.
EliminaCerto che no.
EliminaE questo sia in senso metaforico (facciamo discussioni interessanti, qui dentro), che letterale (non siamo più di primo pelo, purtroppo :-)).
Aggiungo che io, prima di leggere il Gene Egoista, al libero arbitro ci credevo senza riserve.
RispondiEliminaEcco perchè il libro ha cambiato per sempre la mia vita: perchè mi ha fatto capire che quel concetto così importante, era tutt'altro che scontato, e che solo cambiando le mie prospettive riuscivo a spiegare compiutamente certi comportamenti umani, che - visti alla luce del libero arbitrio - apparivano invece assurdi.
Forse tu, al mito del libero arbitrio, avevi già riununciato da tempo, seguendo altri percorsi culturali, per cui la teoria di Dawkins non ti ha dato nulla che già non avessi.
Ma per me è stata una folgorazione sulla via di Damasco.
Il mio professore di filosofia, che era un prete e al libero arbitrio ci credeva eccome, ci doveva credere se no gli crollava in testa tutto l'edificio della scolastica, del peccato originale, della redenzione, del giudizio finale ecc. ecc. usava dire - non accorgendosi che si contraddiva - che noi al momento di decidere abbiamo in realtà già preso una decisione senza accorgercene (un concetto - Vorentscheidung - che mi è rimasto impresso). Si potrebbe tradurre con decisione inconscia (letteralmente predecisione).
EliminaO il paradosse di Rimbaud: "Je est un autre." (io è un altro).
Ciò non toglie che dobbiamo rispettare le regole che ci siamo date e che le infrazioni richiedono sanzioni.
Tuttavia c'è chi lo stesso difende la libertà umana (per es. il filosofo Sossio Giametta che non è cattolico e argomenta bene).
Insomma, al momento di scegliere il cervello ha già scelto per noi - e noi c'illudiamo di essere liberi! Del resto poi scegliere è un soppesare le alternative e propenderemo per la migliore, per quella che al momento ci appare migliore in base a tante premesse e vissuti (prendendo ovviamente spesso cantonate - nobody is perfect!).
Accidenti, che errore da matita blu: si contraddiva! Si contraddiceva, perbacco!
EliminaMa trovo su Wikipedia questa segnalazione_
"Le forme contraddivo, contraddivi... sono forme popolari che, a differenza delle forme "maledivo, maledivi", non sono accettate dalle grammatiche."
Potrei dunque dire a mia discolpa che stavolta mi ero espresso in modo popolare? ...
Perdonato. Chi è senza peccato.... (con quel che segue). :-)
Elimina<< Il mio professore di filosofia, che era un prete, al libero arbitrio ci credeva eccome, ci doveva credere se no gli crollava in testa tutto l'edificio >>
EliminaEcco appunto.
Per molte persone, che seguono una certa impostazione ideologica, il libero arbitrio è un concetto obbligato, che non può essere messo in discussione.
Ed in effetti, nel quotidiano, funziona abbastanza bene.
Ma, come era costretto ad ammettere persino il tuo professore, quando abbiamo la sensazione di decidere, in realtà lo abbiamo già fatto.
D'altra parte i neuroscienziati, parafrasando certe battute sui mariti traditi, amano dire che "la mente è sempre l'ultima a sapere".
"Accidenti, che errore da matita blu: si contraddiva! Si contraddiceva, perbacco!"
EliminaMacchissenefrega, Sergio! Non penserai che si possa giudicare (perlomeno da parte di me) una persona da queste scemenze (se non, positivamente, per la modestia nel cospagersi il capo, eccetera )
"Je est un autre." (io è un altro)
EliminaLa coscienza e' la capacita' di vedere se stessi come un altro, cosa che si rispecchia nel nostro linguaggio, quello umano, che non per niente e' definito a "sintassi ricorsiva". E si riflette in tutta la nostra socialita' soffocante, nel nostro ossessivo riferirsi agli "altri", in modo positivo o negativo che sia. Ma la ricorsione e' presente dappertutto in natura, ed e' anche cio' che rende imprevedibile il futuro.
In programmazione informatica, il linguaggio per l'intelligenza artificiale per eccellenza e' il lisp, l'essenza stessa della ricorsione fatta linguaggio formale.
Sono conoscenze, tecniche, di 50 anni fa...
L'operare pratico, quello degli uomini d'azione, tende a tagliare questo proverbiale nodo definito sopra, gordiano, rompendo la catena delle ricorsioni per definire meglio, come gia' detto narcisisticamente, ma illusoriamente, se stessi.
Anche la Chiesa, nella sua materialita', e' impegnata nel tagliare la catena delle ricorsioni, imponendo d'imperio, per fede, un causa di tutte le cause che a sua volta e' pero' priva di causa.
A ragione? Boh, di certo la reazione violenta, in senso fisico, che hanno certi tipi di uomini a questo argomentare, spiega almeno perche' questa elementare ovvieta' che permea il nostro essere al mondo sia tanto ostica a riconoscersi: chi la riconosce fa una brutta fine, sia per insufficiente affermazione di se', sia per aggressione diretta da parte delle bestie che lo circondano, il cui preprogrammato istinto vitale (solo per questi individui vale cio' che argomenta dawkins, le bestie umane) le spinge a spianare la strada del loro cieco esistere, privo di consapevolezza.
In effetti, lessi 'The selfish gene' alcuni anni fa e, al di là di una buona dose di fatica impiegata per (cercare di) comprenderne le parti più "tecniche", da quel momento compresi le ragioni del successo internazionale del saggio & imparai ad apprezzare le doti non solo scientifiche (biologico-evoluzionistiche) ma anche filosofico-letterarie dell'autore...
RispondiEliminaCaro Claudio, sono lieto che tu abbia apprezzato ill GENE EGOISTA di Dawkins, che è, nel suo genere, una pietra miliare.
RispondiEliminaSe ti piace l'autore (e l'argomento) ti consiglio anche L'OROLOGIAIO CIECO, che del primo libro costituisce una specie di completamento.