sabato 15 dicembre 2012

La foglia, l'albero e la foresta

Tra i grandi inconvenienti di una società complessa c’è anche il rischio di affrontare i problemi nell’ottica della specializzazione più spinta, tralasciando il quadro d’assieme.
In tal modo, nei periodi di crisi, si riesce magari a risolvere un problema, ma al prezzo di aprirne  o aggravarne o semplicemente nasconderne un altro.
E’ necessaria, invece, una visione d’assieme della nostra società, come ci spiega l’ottimo Luca Pardi in questo interessante pezzo scritto per RIENTRODOLCE, l’associazione che si batte da anni per la riduzione globale della popolazione.
LUMEN


<< Non ho ancora trovato una critica convincente alla nostra convinzione che con il Picco del Petrolio si manifestino tutti i segni dell'overshoot ecologico di Homo sapiens, non come singoli eventi indipendenti o debolmente accoppiati, ma come manifestazione di un unico fenomeno i cui aspetti economici, ecologici e sociali andrebbero trattati, a livello politico, culturale e informativo nel quadro di una visione d'insieme (olistica) e non, meccanicisticamente, come singoli problemi a cui si può porre rimedio con interventi tecnicamente appropriati.
La sindrome dei tecnici è esattamente questa. Il problema generale è la sommatoria di tanti problemi che possono essere specialisticamente e separatamente affrontati. Non è così. (…)

I politici, i migliori, sono abituati a non guardare l'albero, ma la singola foglia, mentre noi gli chiediamo di guardare la foresta. (…)
Quello che sorprende è che dieci anni sono passati invano se si pensa che tutt'oggi la maggior parte delle persone guardano la foglia e trascurano la foresta e perfino l'albero; non solo ma considerano "ideologico" guardare più in la della punta del proprio naso affermano di sapere che c'è qualcosa oltre quella punta, ma si comportano come se lo ignorassero.

Per creare questo modo di vedere aiuta molto la cultura contemporanea della velocità e della specializzazione. Tutto deve essere istantaneo, consumato rapidamente e trasformato in rifiuto.
Questo vale per gli oggetti materiali, ma anche per le idee. Fermarsi a riflettere è irrimediabilmente retrò e fuori moda. Questo sullo schermo e sul palcoscenico. Ma nell'intimo ciascuno di noi sente il bisogno di fermarsi.

Mentre le classi dirigenti spronano alla competizione, molti sentono il bisogno di cooperazione, coscienti del fatto che è la cooperazione a premiare il merito e non la competizione che premia solo la violenza e la sopraffazione.
In un ambiente collaborativo i migliori per certe mansioni e caratteristiche vengono investiti spontaneamente delle responsabilità, mentre in un ambiente competitivo prevalgono i più furbi e i meno leali, in pratica prevale la malavita. Esattamente quello che sta succedendo da una parte all'altra del nostro paese e nel mondo.
Violenza, illegalità, spregio della giustizia, bulimia consumista, irresponsabilità ecologica nei confronti delle altre specie viventi, sopraffazione e sfruttamento dell'uomo e degli altri animali e degli ecosistemi, questi sono i caratteri emergenti dell'etologia umana all'inizio del XXI secolo.

Le soluzioni sono demandate agli specialisti, ai tecnici. Persone che hanno dedicato la loro vita a guardare la foglia, le sue venature, la faccia superiore e la faccia inferiore. Magari l'hanno sezionata e guardata al microscopio. Sanno tutto della foglia. Non sanno nulla dell'albero e della foresta, ma sono convinti che la foresta sia semplicemente una somma di foglie.

Per questo la politica è nelle mani di tecnici che poi essenzialmente si occupano di economia, considerando l'economia una cosa che si esaurisce in se stessa e al suo interno contiene tutte le possibili risposte.
Tutto viene reso economico attraverso un prezzo. Gli idealisti, in questo campo, si occupano di abbellire il ponte del Titanic o rendere il naufragio meno sgradevole. Anche questo è successo già nella storia dell'umanità, ma quando succedeva c'era sempre un posto dove andare, dove fuggire e rifugiarsi. Una nicchia ecologica libera in cui emigrare.

L'umanità del XXI secolo non ha questa opzione. Il mondo è pieno e non c'è posto dove fuggire, dobbiamo rinunciare a questo modulo comportamentale che ci ha accompagnati fin dall'origine.
Oggi emigrare significa affrontare presto o tardi un conflitto. La retorica del migrazionismo e la contro-retorica dell'isolazionismo sono ambedue prodotti dei secoli scorsi. Inutili oggi.
Nessuno fermerà le ondate migratorie se non metteremo mano ai due problemi di fondo: la crescita della popolazione e la crescita dei consumi. >>

LUCA PARDI 

2 commenti:

  1. Un mondo senza competizione è inimmaginabile o difficilmente immaginabile. Almeno così era fino a ieri e lo è ancora oggi per molti o quasi tutti (o no?).
    Ma se eliminiamo la competizione e incoraggiamo la cooperazione non finiamo nel ... socialismo o comunismo.
    In una società stazionaria e cooperativa le differenze e le disuguaglianze tendono a ridursi, forse persino ad annullarsi. Non so perché ma c'è qualcosa che non mi piace in questo sviluppo o evoluzione. La cooperazione è sicuramente qualcosa di positivo e auspicabile, ma se si riducono o annullano le differenze non si mette anche a rischio lo sviluppo?

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  2. Caro Sergio, la tragedia dell'umanità è proprio di essere continuamente sballottata tra la competizione e la cooperazione.
    La prima deriva dalla spinta ancestrale del gene egoista, la seconda dalle esigenze di coesione sociale portate dalla cultura.
    Chi vincerà ? Difficile dirlo.
    Sino ad oggi il pendolo della storia si è limitato ad oscillare ora da una parte ora dall'altra, ed il futuro non riposa neppure "sulle ginocchia di Giove".

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