Su La Stampa di qualche giorno fa è stata pubblicata, nella rubrica della posta, questa lettera del lettore V.G.:
<< Caro Direttore, l’Italia oltre a essere schiacciata da un enorme debito pubblico, sta accumulando un forte debito demografico. Non siamo più in grado di garantire il normale tasso di sostituzione della popolazione.
Le generazioni che verranno hanno un futuro segnato: ci saranno sempre meno giovani, e questi pochi dovranno lavorare per ripianare il debito che abbiamo accumulato e per pagare le pensioni a una popolazione sempre più anziana. Credo che manchi una reale consapevolezza sulla terribile eredità che stiamo lasciando ai nostri figli ! >>
Con mia grande costernazione, la risposta del direttore Mario Calabresi (ottimo giornalista) è stata questa:
<< Il nostro declino demografico non è solo un problema che riguarda il futuro ma è anche la spiegazione di molti problemi del presente.
Siamo un Paese sbilanciato, in cui coloro che hanno più di sessant’anni sono un milione in più di chi ne ha meno di 25 (e pensare che all’inizio degli Anni Sessanta i giovani erano il triplo). L’aspetto positivo è l’allungamento della vita media, quello negativo è che facciamo meno figli e, nonostante l’apporto degli immigrati, il nostro saldo è negativo.
Una società che invecchia non solo ha problemi a stare in equilibrio e a pagare le pensioni ma è anche meno dinamica e portata al cambiamento.
Comprensibile, anche se non condivisibile, che i nostri politici si preoccupino di più di chi è in pensione (sono di più e votano) che di chi sarà adulto solo domani (sono meno e in parte ancora non votano). Una miopia che ci costerà cara.
L’unica via d’uscita è fare delle vere politiche familiari che prevedano sostegno a chi fa figli sotto forma di servizi (a partire dagli asili) e di sgravi fiscali. Partendo da qui forse potremo invertire la tendenza. >>
Ma come ? Rischiamo la catastrofe planetaria per colpa della sovrappopolazione, e tutto quello che sappiamo dire è che bisogna fare più figli ?
Mario Calabresi è, come detto, un ottimo giornalista. E’ un uomo colto, intelligente, informato, equilibrato e, ritengo, intellettualmente onesto.
Eppure anche lui si adagia tranquillamente sulla vulgata tradizionale per cui “più siamo, meglio stiamo”.
L’aumento della popolazione, secondo questo modo superficiale di pensare, invece di essere una iattura, anzi il nemico numero uno da combattere per salvare il futuro, diventerebbe addirittura un obbiettivo.
Poveri noi !
A questo punto, come si può sperare di fare davvero qualche progresso sulla strada, lunga e difficile, della riduzione demografica ?
Rientro dolce ? No cavoli amari.
LUMEN