Demografia, pensioni ed immigrazione incontrollata nel mondo occidentale, secondo il "grande" Luigi De Marchi. Il testo risale a quasi 20 anni fa, ma - purtroppo - appare attualissimo ancora oggi (dal libro: “O noi o loro”).
LUMEN
<< Il Segretariato delle Nazioni Unite ha pubblicato recentemente uno studio [il libro è del 2000 - NdL] sui possibili scenari demografici dell'Italia e di altri sette paesi a bassa natalità (Francia, Germania, Regno Unito, Russia, Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti) che merita d'essere segnalato perché sembra condensare in ogni sua pagina tutti i luoghi comuni della nostra sapienza (o insipienza) accademica e burocratica in campo demografico, economico e sociologico .
Può essere utile esporre anzitutto i dati "oggettivi" presentati dallo studio, che si propone di esaminare la probabile evoluzione della popolazione italiana nei primi cinquant'anni di questo secolo.
Secondo lo studio, se dovessero continuare gli andamenti attuali della natalità e della mortalità, la popolazione italiana calerebbe tra il 1995 ed il 2050, da 57 a 41 milioni. Va detto subito che questa riduzione, tutt'altro che imponente, viene vista dagli estensori del rapporto, conforme alle mode correnti, come un 'autentica calamità.
Per quanto mi riguarda, credo che invece ogni persona di buon senso dovrebbe considerarla un’autentica fortuna. Ricordo benissimo, tra l'altro, che l'Italia contava, durante il regime fascista, all'incirca quel numero di abitanti (42 milioni) e che nessuno riteneva quella popolazione insufficiente. Al contrario, già allora i luminari della nostra demografia la ritenevano troppo numerosa in rapporto al territorio nazionale (…).
A quei tempi, inoltre, nessuno si poneva il problema ecologico, anche perché i quattro/quinti della popolazione vivevano ancora in campagna ed i tassi d'inquinamento e consumo pro-capite erano un decimo di quelli attuali. Oggi, invece, la questione ambientale è diventata addirittura drammatica, per cui gli attuali 57 milioni di italiani, dati i loro tassi pro-capite di consumo e inquinamento, hanno un "peso ecologico", equivalente a quello d'oltre 2 miliardi di cinesi, di indiani o di africani stipati sulla nostra piccola penisola.
Una riduzione di 16 milioni di abitanti appare dunque, sotto il profilo ecologico, una vera benedizione. Ma stranamente, come tutti sappiamo, nessuno dei nostri verdissimi e zelanti apostoli della difesa ambientale si sogna mai di evidenziare i vantaggi enormi che la riduzione della popolazione assicurerebbe in campo ambientale.
Perché, dunque, tanta angoscia al pensiero di un calo demografico ? Perché, ci dicono, solo un radicale riequilibrio tra la popolazione attiva ed i pensionati può salvare l'Italia dalla bancarotta previdenziale. Ma, di grazia , dove sta scritto che agli attuali trattamenti pensionistici dobbiamo sacrificare la nostra libertà, la nostra pace sociale, la nostra identità culturale, la difesa delle nostre bellezze naturali e artistiche ed il futuro dei nostri figli ? Perché di questo si tratta, anche se nessuno, naturalmente, osa dirlo.
Vediamo dunque quali sono i rimedi alle "calamità pensionistiche" proposti dal rapporto delle Nazioni Unite. Sono tutti "rimedi", si fa per dire, imperniati su un'autentica alluvione immigratoria. Il rapporto dunque rivela che, per mantenere la popolazione residente in Italia ai livelli del 1995, sarebbe necessario l'insediamento di 13 milioni di immigrati sul nostro territorio con una triplicazione dei flussi migratori annui attuali e col risultato che, nel 2050, un terzo della popolazione italiana sarebbe costituito da immigrati e da loro discendenti.
Se però, precisa il rapporto, si volesse mantenere agli stessi livelli del '95 la popolazione in età lavorativa, ciò comporterebbe un aumento a 66 milioni e mezzo della popolazione complessiva, con una quintuplicazione dei flussi immigratori annui attuali, con un flusso totale di quasi venti milioni d'immigrati e col risultato che, nel 2050, 4 su 10 abitanti dell'Italia sarebbero immigrati o discendenti d'immigrati.
E se infine si volesse mantenere inalterato il rapporto del 1995 tra popolazione attiva e pensionati, nel prossimo cinquantennio dovremmo "accogliere" (come amano dire i nostri prelati, bene arroccati nelle loro principesche e inaccessibili residenze) la bazzecola di 120 milioni di immigrati, con una media di due milioni e duecentomila immigrati l'anno e col risultato che, nel fatidico 2050, l'80% della popolazione italiana (anzi, ex italiana) sarebbe costituito da immigrati o loro discendenti e l 'Italia avrebbe cessato d'esistere da tempo.
Tutto questo suona già assurdo sul piano intuitivo ed aritmetico, ma se pensiamo che la maggioranza di questi immigrati sarebbe (per motivi di contiguità geografica) di religione islamica, possiamo facilmente immaginare i disastri che ciò comporterebbe in termini di conflittualità sociale e interculturale, di criminalità, di arretramento socio-culturale delle donne italiane e di degenerazione autoritaria della nostra società, già oggi tutt'altro che liberale.
Ma quali sono, dinanzi a questi scenari apocalittici, le vere contromisure che nessuno sembra prendere in considerazione ? Anzitutto, data la gravità drammatica della minaccia, dovrà essere detto a tutti, e soprattutto ai giovani, che in un paese ove l'attesa di vita delle donne e degli uomini è aumentata di oltre 10 anni, anche l'età del pensionamento deve essere parimenti posposta.
Non è di certo una tragedia: al contrario, il pensionamento attuale delle donne a 55 anni, e degli uomini a 60 , porta spesso all'annientamento delle loro esistenze e alla perdita di un patrimonio prezioso di esperienza e diligenza professionale. Per parte mia, ho quasi 68 anni, lavoro da mezzo secolo e se dovessi smettere di lavorare piomberei in uno stato di depressione miserevole. E ricordo che mio padre fu ridotto, dal suo pensionamento, a una condizione quasi vegetale.
E poi, chi ha mai prospettato agli anziani la vera scelta: preferiscono vivere in un paese sconvolto dal caos di un'immigrazione annua quintupla rispetto a quella attuale, con tutto quanto ciò comporta in termini di moltiplicazione del degrado urbano e della criminalità o addirittura di guerra interetnica o preferiscono invece lavorare qualche anno di più ? Questa è la vera scelta, che peraltro nessuno prospetta ai diretti interessati: cioè né agli anziani, né ai giovani.
Già, perché è tempo di dire anche ai giovani che la razza padrona della demagogia statalista e sindacale, con la sua politica immigratoria paradossalmente avallata da certi liberisti d'accademia, sta svendendo il loro futuro e la civiltà occidentale, col suo retaggio di libertà e le sue conquiste democratiche, per assicurare a se stessa i propri vergognosi ed inutili privilegi: le pensioni miliardarie o semi-miliardarie [in Lire, ovviamente - NdL] dei mandarini della classe politico-burocratica dominante.
Ed è tempo di dire agli esperti nostrani e stranieri che la loro non è demografia, ma “buro-grafia”, cioè demografia da burocrati, decisi a godersi pensioni da nababbi alle spalle delle giovani generazioni. Insomma, per non perdere qualche anno di pensione o non farlo perdere ai nostri super-burocrati, vogliamo davvero ridurre l'Italia come la Bosnia o il Kossovo ? >>
LUIGI DE MARCHI