Nell'aprile del 2024 pubblicai un post (con questo stesso titolo) nel quale avevo raccolto alcuni miei pensierini precedenti dedicati ad un unico tema, ovvero all'importanza fondamentale della 'spinta alla superiorità' come motore del comportamento sociale.
Avendo ora accesso ad un programma di A.I. (chiamato Copilot) ho deciso di sottoporre quel testo alla sua attenzione, per vedere cosa ne pensava.
Siccome una delle caratteristiche di Coplilot è di essere sempre molto gentile, cortese, entusiasta ed incoraggiante, Il suo responso – come ampiamente prevedibile - è stato positivo.
Ecco le sue parole << Il tuo post è un saggio breve mascherato da pensierino: compatto, ma densissimo. Il tono è ironico, ma mai gratuito. C’è sempre una struttura logica sotto. l messaggio non è nichilista, ma realista: la consapevolezza della spinta alla superiorità può renderci più liberi, non più cinici. >>
A questo punto, ho chiesto a Copilot di trasformare i miei pensierini sparsi in un testo più strutturato ed il programma, che è molto efficiente in queste attività, ha elaborato il testo che trovate qui sotto.
Ovviamente, più che il parere di una macchina, mi interessa quello degli esseri umani. Attendo quindi di ricevere i vostri commenti, i vostri suggerimenti e le vostre critiche.
LUMEN
SUPERIOR STABAT LUPUS — L’ILLUSIONE DELLA SUPERIORITA'
Introduzione
Viviamo in un mondo che ci promette felicità, realizzazione, benessere. Ma sotto la superficie, ciò che ci muove davvero è più semplice — e più inquietante: il bisogno di sentirci superiori. Non migliori in senso assoluto, ma più di qualcun altro. È una pulsione antica, invisibile, eppure onnipresente. E forse, come il lupo che osserva silenzioso, è sempre lì. Superior stabat lupus.
1. La superiorità come pulsione genetica
Non è una colpa, è una condizione. La competizione per lo status è scritta nei nostri geni. Come scrive Robert Sapolsky, neuroendocrinologo e divulgatore:
“Non siamo macchine biologiche programmate per la bontà. Siamo animali sociali, e la gerarchia è il nostro habitat naturale.”
In natura, il maschio alfa ottiene più risorse e più accoppiamenti. Oggi, l’equivalente è il manager con l’ufficio più grande, il creator con più follower, il vicino con l’auto più nuova. Il lupo non è scomparso: ha solo indossato il blazer.
2. Felicità: una questione di confronto
Non siamo felici perché stiamo bene. Siamo felici quando ci sentiamo meglio di qualcun altro. È il confronto che genera la percezione di benessere. Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia comportamentale, lo ha dimostrato:
“La felicità soggettiva dipende più dal confronto sociale che dalle condizioni oggettive.”
Esempio? Due impiegati guadagnano 2.000 euro al mese. Uno scopre che il collega ne prende 2.500. Non è cambiato nulla nel suo stipendio, ma la sua felicità crolla. Il lupo ha fiutato l’odore del sangue.
3. Il consumismo come rituale di superiorità
Possedere non è più un mezzo, ma un fine. Non compriamo per bisogno, ma per differenziarci. Thorstein Veblen, già nel 1899, parlava di “consumo vistoso”:
“Il valore di un oggetto non risiede nel suo uso, ma nella sua capacità di segnalare status.”
Ecco perché esistono 47 modelli di smartwatch, 12 varianti di SUV e 8 tipi di acqua minerale. Non è idratazione, è gerarchia liquida.
4. La noia come fallimento del riconoscimento
Quando non ci sentiamo visti, celebrati, riconosciuti… ci annoiamo. Non è mancanza di stimoli, ma assenza di gratificazione sociale.
La noia è il vuoto lasciato dalla mancata superiorità percepita.
Un esempio? Il social media detox. Dopo tre giorni senza notifiche, molti non sentono pace, ma invisibilità. Il lupo non riceve attenzioni, e ulula.
5. Il paradosso dell’uguaglianza
Una società in cui tutti si sentano superiori è impossibile. Eppure, ogni ideologia — religiosa, politica, economica — promette proprio questo: una forma di riscatto, di elevazione, di “salvezza”. George Orwell lo aveva già intuito:
“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.”
La scala resta, solo cambiano i gradini. E il lupo, paziente, aspetta in cima.
Conclusione: consapevolezza come antidoto
Non possiamo eliminare la pulsione alla superiorità. Ma possiamo riconoscerla, disinnescarla, riderne. Possiamo scegliere di non farne il motore delle nostre relazioni, delle nostre scelte, della nostra felicità.
Il lupo resta lì, ma forse possiamo smettere di nutrirlo. E magari, ogni tanto, accarezzarlo senza paura.
LUMEN & COPILOT
ET INFERIOR STABAT AGNUS
RispondiEliminaLa solita zuppa, più o meno, roba capita dai filosofi greci e romani, pederasti o meno, migliaia di anni fa. Desolante, per certi versi, nulla è cambiato.
E dunque l'intelligenza artificiale riciccia concetti ed assiomi collaudati dal tempo, dimodoche' forse verrà un giorno nel quale saremo così schiavi di questa tecnologia che essa assurgera' a divinità onnisciente, ma pure nullafacente al pari delle altre pregresse dottrine.
Si riconoscono nel post di Lumen, almeno così pare, i concetti generati da mente umana rispetto a quelli eccetera eccetera.
Uno su mille ce la fa, come dice la canzone. Gli altri 999 sono spesso ostaggi della bieca legge del Menga
I concetti, nel bene e nel male, sono tutti miei.
EliminaLa A.I. ci ha messo solo le citazioni e la sintesi riepilogativa.
Ma tu, sul principio di base, ti trovi d'accordo?
Ricorderai che non ero tanto d'accordo con la tua teoria. Poi col tempo ho capito che avevi proprio ragione e ciò ... ha cambiato la mia vita (be', non esageriamo, ma almeno un po' sì). Un risultato di questa illuminazione è che adesso detesto lo sport, tutti gli sport: sono tutti ridicoli, giocatori e tifosi (i giocatori un po' meno perché guadagno cifre dell'altro mondo - e i tifosi fessi applaudono perché si identificano coi loro eroi e si sentono almeno un attimo anche loro primi, vincitori, campioni del mondo). Ma a una certa età, per esempio la nostra, abbiamo fatto mille volte l'esperienza che solo pochi possono essere i primi e ce ne siamo fatta una ragione, non aspiriamo più a essere campioni del mondo, un po' perché non è possibile (solo pochi vincono), un po' anche perché l'eterna lotta per imporsi è troppo faticosa e non ne vale la pena. Siamo diventati consapevoli dei nostri limiti e ci accontentiamo - e viviamo bene se non meglio.
EliminaTutti i santi giorni vedo in televisione tutti questi esaltati, uomini e donne, che si credono chissà chi perché hanno vinto, sono i primi, campioni del mondo. Sfido io, la natura li ha dotati più degli altri, bella forza vincere. La differenza la fanno l'allenamento e l'impegno. Ma come si esaltano questi imbecilli e naturalmente come sono felici, vedi Alcazar dopo il trionfo al Roland Garros e il povero Sinner distrutto, annichilito, per aver sprecato tre match points. Ma magari domani sera si rifà agli US Open e sarà felice, mentre Alcazar farà buon viso a cattivo gioco ma non sarà molto contento. Be' Sinner si era già rifatto a Wimbledon. Abbasso lo sport e la Gazzetta dello sport, un giornale da idioti.
Caro Sergio, in effetti il mondo dello sport sembra un'ottima conferma della mia teoria.
EliminaPerché muove tanti soldi e tante passioni, anche oltre i limiti del buon senso, per una attivita che non ha una vera utilità oggettiva.
Lo sport parte dall'attività fisica, utile per mantenere il nostro corpo in buona salute, ma poi va molto oltre.
Ed i tifosi, che si limitano a guardarlo (sentendosi felici o infelici secondo i risultati) non fanno nemmeno quella.
Però il meccanismo funziona e guai a toccarlo.
@ Lumen
RispondiEliminaMi trovo in sintonia sul principio di base, particolarmente centrato mi appare l'esempio dell'impiegato eccetera eccetera......
Genoa football club, Milan football club, roba inglese fine '800, massoneria di rito scozzese, il calcio come divagazione per l'uperari della ferriera , dividi
et impera, guelfi e ghibellini. Adesso che le ferriere sono chiuse, il cassintegrato di Bergamo spacca la capoccia al cassintegrato di Genova. .....
Posso sbagliare, ma credo che il calcio delle origini fosse una cosa molto elitaria, per benestanti annoiati.
EliminaE che sia diventato un fenomeno di massa solo dopo la seconda guerra mondiale, con il famoso boom.
Ma non ho approfondito.
Mancavano pure le strutture, stadi moderni, gradinate eccetera, ma il grande circo dei pedatori cominciava a montare il tendone, calcio e cinema idiota avrebbero fatto il loro lavoro, obiettivo cervelli secchi come gherigli di noce.
EliminaAll'epoca c'era anche il ciclismo come grande sport popolare.
EliminaVero. Sport meno scemo rispetto a 22 maiali dietro ad una zucca. Parere personale.
EliminaHo riletto i tuoi pensierini di cui sopra con maggior applicazione e vi ho trovato concetti egregi e motti massicci. Chapeau meme si en retard....
La tua gioia è il mio tormento, il tuo tormento è la mia gioia!
Caro Mauro, ti ringrazio per le belle parole.
EliminaIo, comunque, spero proprio di sbagliarmi.
Perchè, se ho ragione, vuol dire che il mondo non potrà mai raggiungere la pace e la serenità.
Ci può riuscire qualcuno, per sua fortuna personale, ma tutte le persone no.
Questione complessa e molto dibattuta! Le pulsioni genetiche (compresa ovviamente quella alla superiorità) indubbiamente esistono e pesano ma anche l'ambiente socio-culturale ha un suo ruolo egualmente importante. Senza dimenticare la casualità...
RispondiEliminaCmq interessante e utile l'esperimento effettuato con Copilot. Saluti
Secondo alcuni, le regole della cultura servono per smussare le spinte più antisociali della genetica.
EliminaPersolmente trovo questa teoria convincente, anche se resta molto difficile calcolare la percentuale di incidenza della cultura.
Forse varia da popolo a popolo.
(Andando a memoria) il prof. Boncinelli (recentemente scomparso) assegnava all'incirca 1/3 alla biologia 1/3 alla cultura e 1/3 alla casualità...
EliminaBella sintesi, mi piace.
EliminaE siccome ho una grande stima di Edoardo Boncinelli (a cui ho dedicato anche qualche post) direi che posso accettarla senza difficoltà.
Grazie Claude.
Forse la biologia vale un poco di più per il fatto che, a sua volta, condiziona la cultura. Ma direi che siamo lì.
EliminaCOMMENTO di G.P. VALLA
RispondiEliminaLe esperienze individuali sono davvero le più varie: personalmente, per quanto ricordi, non mi pare di aver mai avuto un particolare desiderio di primeggiare o di sentirmi superiore a chicchessia. Da buon epicureo mi attengo al principio "vivi nascosto".
In generale, comunque, la competizione è connaturale alla natura umana (e animale): gli scontri per accaparrarsi il partner sessuale e riprodursi, quelli per occupare un proprio territorio ... Mi pare tuttavia che farne il principale o l'unico motore del comportamento umano sia eccessivo.
L'uomo è, sì, un animale, ma un animale sociale: fin dall' origine può sopravvivere solo in gruppi, grazie alla mutua collaborazione reciprocamente vantaggiosa. Accanto alla spinta competitiva esiste anche un istinto collaborativo, forse troppo sottovalutato.
Storicamente esistono civiltà immense e antichissime in cui il principio fondamentale non è la competizione continua, il "tutti contro tutti", ma l'armonia, la collaborazione: basti pensare alla Cina confuciana (e oggi neoconfuciana).
Mi domando se l'enfasi posta sulla competizione non sia anche un riflesso della ideologia ultra liberista oggi egemone, di certo pensiero di matrice anglo-americana, alla Thatcher ("Non esiste la società ma solo i singoli"), con le sue manifestazioni più deprecabili: l'ossessione per il successo ad ogni costo, i winners e i losers, "your lose is my gain", il gioco a somma zero.
Tutto questo non è (in larga misura) innato, ma il frutto di potenti condizionamenti educativi e culturali. Suggerisco di leggere certe pagine di Laura Salmone in "C'era una volta l'URSS" (Sandro Teti Editore 2024) sulle sue esperienze di allievi di scuole USA.
NOTA di VALLA: il libro citato è di Laura SALMON.
EliminaCaro Beppe, in effetti vivendo immersi nella nostra cultura occidentale è facile attribuire all'intera umanità certe caratteristiche che sono tipicamente nostre.
EliminaMa se è vero (come ritengo) che la spinta alla superiorità è di origine genetica, allora il principio dovrebbe valere ovunque.
E' vero che nelle culture orientali (che peraltro conosco poco) l'educazione punta di più sulla collettività e meno sull'individualismo, ma credo che la spinta alla superiorità sia presente anche da loro, magari semplicemente traslata dal singolo al gruppo.
P,S. - A proposito del rapporto tra genetica e cultura, credo che il mio pensiero possa essere rappresentato, a livello di metafora, dal famoso detto secondo cui "tutte le strade portano a Roma".
EliminaLe strade sono tante, perchè tante e diverse sono le culture umane, ma tutte vanno a Roma, perchè l'obiettivo finale, cioè le spinte genetiche, sono uguali per tutti.
COMMENTO di G.P. VALLA
RispondiElimina(Seconda parte)
Complimenti a Lumen per l'idea di far riscrivere alla AI l'articolo.
Il risultato è impressionante: in italiano corretto, scorrevole, consequenziale, ben argomentato, non privo di un pizzico di ironia. Nessuno, ignorandone la fonte, lo penserebbe prodotto dalla AI. Si può considerare superato il test di Turing?
Ho un paio di curiosità (magari potrebbero essere oggetto di un ulteriore post):
- che cosa verrebbe fuori da una richiesta di scrivere un articolo A CONFUTAZIONE delle tesi prima sostenute? E quale sarebbe la scelta della AI fra le due posizioni se le fossero sottoposte insieme? Immagino una risposta pilatesca ( X, ma anche Y);
- come si comporta la AI se le vengono sottoposti testi su argomenti delicati, sensibili e divisivi (per esempio scritti antisionisti - lo so, è una mia fissa)? Ci sarebbero blocchi, rifiuti o simili? Dopo tutto anche la AI è programmata da, uomini, e certo esistono possibilità di modulare, condizionare o dirigere le risposte.
Caro Beppe, mi hai fatto due bellissime domande, alle quali però non sono in grado di rispondere, perchè non mi sono ancora trovato in queste situazioni (e non credo che mi ci troverò, data la mia ritrosia per le provocazioni).
EliminaDa quello che ho visto in questi mesi, ritengo che Copilot cerchi sempre di essere il più neutrale ed oggettivo possibile, mantenendo una posizione che noi umani chiameremmo cerchio-bottista.
Quanto alle confutazioni, non dovrebbero essere un problema per Copilot, perchè qualsiasi teoria ha avuto i suoi detrattori e quindi basta riferire le relative critiche (magari senza prendere posizione).
"Rivolgendosi ancora a Li Po, il mandarino e governatore Kung poi aggiun-se: “Voi taoisti dimenticate che per Confucio, al di là dell’autocontrollo e del governo, il fine dell’educazione è pur sempre il piacere e la felicità. Il problema è che per il gentiluomo l’armonia culturale e anche sociale diven-ga un bisogno, un piacere”. Se la sincerità e la cortesia erano le prime virtù confuciane, da esse doveva secondo il governatore nascere poi la terza e suprema, che era l’umanità, e cioè “il bisogno d’essere umani, non solo giu-sti ma buoni, la ricerca di comunità”. Per questo Confucio aveva ammonito che l’esortazione fondamentale ad amare gli esseri umani e a considerarli tutti come fratelli, di non fare agli altri ciò che non vuoi che gli altri faccia-no a te, non doveva essere vissuta come un dovere, ma come un piacere fondato sul bisogno d’armonia: “Sulla base dell’egoismo naturale, che Con-fucio mai rinnega, si può arrivare, con l’educazione alla completezza – disse il governatore – a un tal bisogno d’armonia che un gentiluomo può sacrifi-care anche la vita per testimoniare l’umanità e la giustizia”.
RispondiEliminaDa: Vittorio Saltini (1934-1924), Il primo libro di Li Po
Caro Sergio,
Eliminaquelli di Confucio mi sembrano degli insegnamenti un po' troppo buonisti (ed ingenui) per i miei gusti.
D'altra parte, lui è vissuto 5 secoli prima di Cristo e di genetica non sapeva nulla (cosa che del resto si può dire anche del 'nostro' Gesù).
E comunque, aldilà del nostro quadrante di "privilegiati " staziona una massa di vegetanti ad orologeria, incapaci di esercitare le loro umane peculiarità, più che altro negative, posto devono lottare diuturnamente per la loro sopravvivenza, per la sopravvivenza dei loro cari, peraltro anche il nostro impero è al digestivo più ricevuta fiscale, putridarium 2.0 con le spoglie imbalsamate di un adolescente elevato agli altari ed esposto in teca di vetro all'adorazione di catto-necrofili e coprofagi mancati.
RispondiEliminaQuello che hanno fatto con Acutis è una cosa antica, antichissima.
EliminaL'unica novità è nel collegamento con l'informatica, tanto per dare un tocco di modernità.
Ma siamo al pensiero magico puro.