sabato 28 dicembre 2013

Com'era verde la mia valle

Uno dei tanti effetti distorsivi dell'urbanizzazione di massa è che la gente non si rende più conto dell’enorme complessità (e fragilità) che sorregge il nostro sistema agricolo ed alimentare.
Chi vive e lavora in campagna conosce benissimo tutta la fatica, l'alea e la pazienza che stanno dietro ad un piatto pieno di cibo. Per chi invece vive in città, si può anche credere che il cibo si trova al supermercato, che ce n’è quanto se ne vuole, e che ce ne sarà anche domani. E invece non è così.
Ce ne parla Paul Ehrlich, grande esperto di ambiente e demografia, in questo coinvolgente articolo (tratto dal blog “Un pianeta non basta” dell’amico Agobit).
LUMEN


<< [Bisogna evitare] che la tempesta di problemi ambientali che minacciano l’umanità porti ad un collasso della civiltà.

Tali minacce comprendono lo sconvolgimento climatico, la perdita di bio-diversità (e quindi dei connessi ecosistemi), cambiamento di uso del suolo come la cementificazione o l’immissione di rifiuti tossici con il degrado conseguente, l’intossicazione chimica globale, l’acidificazione degli oceani, il degrado e la alterazione dei contesti epidemiologici con la diffusione di nuove malattie, il crescente impoverimento di risorse importanti, e le guerre per l’accaparramento di queste risorse sempre più scarse (guerre che potrebbero essere facilmente caratterizzate dall’uso di armi nucleari).

Questo non è solo un elenco di problemi, si tratta di un quadro di numerose criticità collegate tra loro che può essere descritto come risultante da una interazione tra due complessi sistemi adattativi: il sistema della biosfera e il sistema socio-economico umano.
Le manifestazioni di questa interazione sono spesso indicate come la “condizione umana”. Questa condizione è sempre in continuo e rapido peggioramento determinato in particolare da fenomeni come la sovrappopolazione, gli eccessivi consumi da parte dei popoli più sviluppati, l’uso di tecnologie arretrate e dannose all’ambiente.

Un ulteriore fattore è il supporto del sistema sociale, economico e politico a consumi inquinanti.
Tutti i problemi sono tuttavia riconducibili in gran parte alla sovrappopolazione e agli eccessivi consumi, specie di quelli non finalizzati al miglioramento della tecnologia.
Si può sperare che sia sempre più chiaro almeno alle persone più istruite che maggiore è la dimensione della popolazione umana e, ceteribus paribus, più è distruttivo l’impatto ambientale. Ma purtroppo non sempre è così e molti ancora negano la rilevanza del problema.

L’influenza della sovrappopolazione sull’ambiente è indicato abbastanza esattamente dall’analisi dell’impronta ecologica, che dimostra come per sostenere la popolazione di oggi con gli attuali modelli di consumo si richiederebbe circa un altro mezzo pianeta vergine disponibile, e che se si considerano i livelli consumistici degli Stati Uniti sarebbero necessarie ulteriori 4 o 5 nuove Terre.

La gravità della situazione può essere meglio compresa se consideriamo l’attività più importante di Homo Sapiens: produrre e procurare cibi.
Oggi, almeno due miliardi di persone soffrono la fame e hanno disperato bisogno di più cibo e di migliore qualità, e la maggior parte degli analisti ritengono che sarebbe necessario raddoppiare la produzione di cibo per sfamare una popolazione umana del 35 % più grande e in ulteriore crescita prevista entro il 2050.

Per avere una qualche probabilità di successo, l’umanità avrà bisogno di fermare l’espansione delle superfici dedicate all’agricoltura (per salvaguardare i residui ecosistemi); aumentare le rese della terra coltivata, aumentare l’efficienza dei fertilizzanti, l’uso di acqua e di molta più energia.
Sarà anche necessario modificare la produzione agricola in senso vegetariano, ridurre lo spreco alimentare, fermare la distruzione degli oceani per inquinamento e acidificazione, aumentare considerevolmente gli investimenti nella ricerca agricola sostenibile, ed infine spostare al primo posto dell’agenda politica il problema dell’alimentazione.

Tutti questi compiti richiedono modifiche sostanziali ai comportamenti umani che sono state già raccomandate ma per ora si sono rivelate irraggiungibili.
Forse uno dei problemi più critici sono le insormontabili barriere biofisiche all’aumento della resa dei suoli, ed anzi il tema è quello di evitare una riduzione della resa a fronte di perturbazioni climatiche.
La maggior parte delle persone non riescono a capire l’urgenza della situazione alimentare, perché non capiscono il sistema dell’agricoltura e dei suoi complessi componenti, le connessioni non lineari ai fattori di degrado ambientale.

Il sistema stesso, per esempio, è uno dei maggiori emettitori di gas serra, e quindi è un importante motore dello sconvolgimento climatico che minaccia seriamente la produzione alimentare.
Viene portato avanti un cambiamento epocale nei modelli più che millenari di temperatura e di precipitazioni, con la prospettiva di tempeste climatiche che mettono in pericolo coltivazioni, situazioni di siccità in zone finora temperate, ondate di calore e alluvioni, tutti elementi che sono già sotto i nostri occhi.

In queste condizioni, ed anzi in condizioni in continuo aggravamento, la produzione alimentare sarà sempre più difficile nei decenni a venire.
Inoltre, l’agricoltura è una delle principali cause di perdita di bio-diversità e degli ecosistemi che sono fondamentali per la sopravvivenza dell’agricoltura stessa e di altre attività umane; e fonte anche di inquinamento chimico e gassoso globale, i quali entrambi pongono ad ulteriore rischio la produzione alimentare.

La sola perturbazione climatica è una tale minaccia alla produzione alimentare e alla stessa civiltà umana, che è necessaria urgentemente una mobilitazione di tutta l’umanità per contenere il riscaldamento atmosferico ben al di sotto di un aumento – che sarebbe letale - di 5 gradi centigradi della temperatura media globale.
Ciò significa ad esempio che dobbiamo cambiare gran parte delle nostre infrastrutture per il reperimento, il trasporto e la distribuzione dell’acqua per fornire la flessibilità necessaria per il rifornimento idrico alle colture in un contesto di continua evoluzione delle precipitazioni.

Il cibo è solo l’area di interesse più ovvia in cui la sovrappopolazione tende ad oscurare il futuro umano; praticamente ogni problema umano, dall’inquinamento atmosferico, al brutale sovraffollamento delle megalopoli, alla carenza delle risorse, alla perdita di contesti naturalistici, alla democrazia in declino: tutti questi problemi sono aggravati dalla ulteriore crescita della popolazione.
E, naturalmente, uno dei problemi più gravi è il fallimento della leadership politica sulla questione della demografia, sia negli Stati Uniti che in Australia (ma in tanti altri paesi, ad esempio l’India).

La situazione è peggiore negli Stati Uniti, dove il governo non menziona mai il problema della popolazione, a causa del timore delle reazioni della gerarchia cattolica in particolare (ed anche di altre organizzazioni religiose) e la destra religiosa in generale, oltre che della quasi totalità dei media, da quelli repubblicani a quelli liberal e di sinistra, i quali mantengono l’ignoranza pubblicando articoli in favore della natalità.
In Australia addirittura si è arrivati a pubblicizzare in TV in prima serata programmi per avere altri bambini e famiglie numerose. (…)

E’ pertanto necessario un movimento popolare che conduca campagne informative per correggere tale fallimento e intervenga direttamente sui sistemi culturali fornendo una “intelligenza lungimirante” della situazione e che chiarisca gli aspetti riguardanti i cambiamenti necessari in campo agricolo, ambientale, energetico, e soprattutto di pianificazione demografica; tutti aspetti sui quali le leggi del mercato non intervengono o sono dannose, e non forniscono sufficienti informazioni.

Gli analisti della società inoltre dovrebbero smetterla di trattare la crescita della popolazione come un “dato” e prendere in considerazione i benefici nutrizionali e sulla salute, sugli aspetti complessivi della qualità della vita e del rapporto con la natura, e i benefici a tutte le altre specie viventi oggi in pericolo, che deriverebbero dallo stop alla crescita della popolazione umana ad un livello ben al di sotto dei nove miliardi e dall' iniziare un percorso di lento calo demografico.

A mio parere, il modo migliore per accelerare il passaggio verso tale calo della popolazione è di dare pieni diritti, istruzione, e le opportunità di lavoro per le donne in tutto il mondo, e di fornire a tutte le persone sessualmente attive informazioni sulla corretta contraccezione, sull’aborto e sugli altri diritti fondamentali di pianificazione familiare. Il grado di riduzione dei tassi di fertilità determinati da queste misure è tuttora controverso, ma sarebbero comunque un programma vincente per la società e il suo miglioramento.

Non sarà mai abbastanza sottolineata l’importanza critica di aumentare l’azione attualmente insufficiente sul fattore demografico da parte delle organizzazioni internazionali e dei singoli stati, oltre che delle opinioni pubbliche, affinché nei prossimi decenni si inverta sensibilmente il trend di crescita per riportare la dimensione della popolazione umana ad un livello “umano” nel senso più proprio del termine, essendo noi una parte della natura di questo pianeta e non i suoi padroni assoluti.

Mentre i modelli di consumo, come abbiamo appreso durante le mobilitazioni della seconda guerra mondiale, possono essere modificati in maniera sostanziale in meno di un anno, in presenza di certe situazioni e dati adeguati incentivi, è molto più difficile alterare i comportamenti demografici. (…)

[Occorre] anche mettere in evidenza le conseguenze di queste idee folli quali quella di far crescere l’economia al 3-5 % all’anno nel corso di decenni (o addirittura per sempre), come la maggior parte degli economisti e dei politici pretendono e credono possibile.
La maggior parte delle persone “colte” non si rendono conto che nel mondo reale una breve storia di una crescita esponenziale non implica un lungo futuro di tale crescita. >>

PAUL EHRLICH

sabato 21 dicembre 2013

Cuius Regio, eius Religio

LUMEN – Herr Marx è di nuovo qui con noi, questa volta per parlare di religione, il famoso “oppio dei popoli”.
MARX – E’ una bella definizione, non vi pare ? Ne vado piuttosto orgoglioso.

LUMEN – E fate bene. In effetti, è una delle vostre cose migliori, che il tempo non ha scalfito. E una definizione molto citata ancora oggi.
MARX – Danke. Voi siete d’accordo ?

LUMEN – D’accordissimo. Basta solo evitare di sostituire una droga con un’altra droga.
MARX – Come sarebbe ?

LUMEN – Niente, niente. Allora, incominciamo.
MARX - Io parto da molto indietro, molto dalla radice. la religione è una manifestazione della società. come lo sono il gusto estetico, il diritto eccetera.

LUMEN – Quindi ?
MARX – Quindi non è la religione a determinare la società, ma è la società - le forme sociali - a esprimere la religione.

LUMEN – Così come il gusto estetico, il diritto eccetera.
MARX – Vedo che avete capito. E le forme sociali sono la sovrastruttura generata dai mezzi di produzione, cioè dall'economia.

LUMEN – Anche questa è una delle vostre cose migliori.
MARX – Danke. Quindi non è la religione a modellare l'economia, ma è l'economia a modellare la religione.

LUMEN – Possiamo fare qualche esempio ?
MARX – Prendiamo un esempio antico: andiamo a Nicea nel 300 EV, al tempo del famoso Concilio. I patriarchi e gli episcopi si ritrovano attorno a Costantino e dettano le regole del cristianesimo, ma vengono da mondi diversi.

LUMEN – Cioè ?
MARX – Alcuni arrivano dal mondo latino, altri dal mondo della koinè ellenistica.

LUMEN – Con molte differenze.
MARX – Moltissime. Il primo è il mondo dei costruttori di strade, ponti e anfiteatri, quello delle navi onerarie e delle fonderie di ferro, Il secondo è quello dei filosofi, degli dèi asiatici, dei monaci della Cappadocia e della biblioteca d'Alessandria.

LUMEN - Due società diverse, due economie diverse.
MARX – Anche le lingue ufficiali del concilio sono ovviamente due: latino e greco. Quando viene dettata la formula del Credo cosa credete che succeda ?

LUMEN – Che le due versioni risultano diverse.
MARX – Proprio così. In latino lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. In greco, invece, lo Spirito Santo procede dal Padre e basta.

LUMEN – Il che ha un significato.
MARX – Certo. Le due versioni rispecchiano le due diverse società, e quindi la strutture economiche che vi sono sottese.

LUMEN – Proviamo a spiegare meglio.
MARX - Nel mondo latino degli opifici e degli anfiteatri, dei capitalisti e dei banchieri, dei liberi comuni e delle democrazie, il “Dio uomo” è pari al “Dio creatore”, e così il Dio creatore e la sua manifestazione fisica sulla terra sotto forma umana sono la stessa cosa. Dio interviene nel sociale, nel politico, nell'economia e la divinità è percepibile attraverso le opere. Non a caso, la Chiesa Cattolica è molto legata ai beni materiali. Da un migliaio di anni, possiede beni, ha banche, fa attività politica, amministra uno stato, gestisce scuole e ospedali.

LUMEN – E dall’altra parte ?
MARX – Nel mondo greco-asiatico, invece, il mondo dei mistici, dei terroristi, delle dittature con il culto della personalità, dei grandi deserti, il “Dio uomo” è distinto dal “Dio creatore”, il quale non s'immischia di faccende terrene. E la divinità è percepibile attraverso la meditazione.

LUMEN – Interessante.
MARX - Non a caso la Chiesa Ortodossa (o anche l'Islam, che le ha tolto spazio in Asia) non possiede ricchezze particolari, non amministra stati, non fa politica attiva.

LUMEN – Si limita, al massimo, a fornire un appoggio culturale al potere.
MARX – Appunto. Così la religione cambia di luogo in luogo e nel corso del tempo, esprimendo nelle sue forme le società e le economie diverse di cui è manifestazione.

LUMEN – E questo continua nel corso dei secoli.
MARX – Certamente: nella società feudale, è feudale la religione. Nella società industriale, è industriale la religione.

LUMEN – Ma allora, quando mai riusciremo a liberarci di questo maledetto “oppio” ?
MARX – Ci riusciremo con la rivoluzione ! Quando i proletari di tutto il mondo si saranno finalmente uniti e avranno preso il potere.

LUMEN – Allora tanti auguri, Herr Marx. Ho l’impressione che l’oppio della religione continuerà ad annebbiare i popoli ancora per molto tempo.

sabato 14 dicembre 2013

Così è se vi pare

Alberto Bagnai, è l'economista controcorrente diventato famoso per la sua battaglia contro la moneta unica dell'Euro, accusata (giustamente) di strangolare le economia europee più deboli, tra cui, purtroppo, anche l'Italia.
Ma nel suo blog (Goofynomics) Bagnai fa spesso anche delle considerazioni di ordine più generale sull'economia, la politica e la finanza mondiale.
Ne riporto alcune qui sotto, perchè mi sembrano particolarmente interessanti.
LUMEN


<< Da circa un trentennio l’Italia è governata dal “Partito Unico del Vincolo Esterno”: prima sotto forma di SME [il sistema monetario pre-euro], oggi, sotto forma di PUDE (Partito Unico Dell’Euro).
I personaggi sono sempre quelli, e da trent’anni sono dietro, sotto, sopra, o dentro al governo.
L’informazione, che è un bene costoso, è stata comprata da chi aveva i soldi per farlo: gli azionisti di maggioranza di questo partito unico, le grosse lobby finanziarie che dominano le scelte di Bruxelles.
Ne è risultata una plumbea uniformità: nessuna voce di dissenso aveva finora raggiunto i media, eccezion fatta per alcune strampalate organizzazioni, o movimenti, o iniziative, meritatamente prive di credibilità agli occhi degli elettori, e visibilmente strutturali a un disegno reazionario di “canalizzazione” del dissenso. >>


<< Cari imprenditori che vi lamentate tanto della burocrazia, cacciatevelo in testa (…): questo tipo di stato lo avete voluto anche voi, o meglio, quelli che vi comandano.
Se abbiamo un indice “Doing business” [facilità di impresa] fra la Bielorussia e il Ghana, ma nonostante questo eravamo nel G8 prima della crisi, un motivo ci sarà, ed è che evidentemente a un certo modello di business l'esistenza di certe barriere faceva comodo. Altrimenti, chi comandava le avrebbe rimosse. A che serve il potere se non a farsi i fatti propri ? (…)
E perché lo Stato è nemico dei piccoli ? Perché è amico dei grandi, delle lobby che possono "catturare" i politici (…).
Chi comanda ? Chi è ricco e potente o chi è povero e debole ? (…)  E chi decide come si amministra uno stato ? Quelli che comandano o quelli che obbediscono ? (…)  La risposta è agevole.
Ergo, se lo Stato è come è, lo sarà molto probabilmente anche perché fa comodo così a chi ha i soldi e il potere. Quindi, se chi ha i soldi e il potere si lamenta del perché lo Stato è come è, la reazione più appropriata sarebbe una pernacchia. >> 


 << Il problema del debito ce lo siamo causato da soli aggredendo il sintomo anziché la causa della crisi, cioè il debito pubblico, anziché quello privato estero (…) Ed ai motivi ideologici (la distruzione dello Stato, nemico numero uno dei liberisti “de noantri”) si aggiungeva un motivo ben più prosaico. (…)
Il governo aveva una missione ben precisa: tutelare non l'interesse nazionale, ma quello dei creditori esteri, che ovviamente (e in parte legittimamente) desiderano essere rimborsati in euro. >>


<< Ricordo che per l'Italia l'euro è una valuta estera, visto che non ne controlla l'emissione.
Ora, una valuta estera da dove ce la si procura ? Semplice ! Dall'estero, cercando di andare in surplus di bilancia dei pagamenti, cioè di ottenere più pagamenti dall'estero di quanti pagamenti si facciano all'estero.
E come si ottiene un surplus di bilancia dei pagamenti ? O importando di meno o esportando di più. (…)
Voi direte: ma all'estero questo fa comodo ? E io vi risponderò: non esiste il signor “Straniero J. Estero”, che abita all'estero e parla una lingua straniera. Esistono tanti "esteri".
Ai produttori esteri la riduzione delle nostre importazioni non fa bene, perché sono le loro esportazioni, e se diminuiscono i risultati si vedono. Ma l'estero è fatto anche di creditori. Non uno, tanti.
Ognuno dei quali se ne frega sia degli imprenditori manifatturieri del suo paese, che degli altri creditori del suo paese: semplicemente (e in parte legittimamente) rivuole i suoi soldi. E a ognuno di questi creditori il fatto che gli italiani risparmino (non acquistando beni esteri) per restituire soldi esteri (euro) all'estero fa ovviamente piacere. >>


<< I pretesi "europeisti" (…) fomentano sentimenti anti-tedeschi, giocando un gioco sporco e pericoloso. (…)
Quegli stolti che, non conoscendo la letteratura, la musica, la lingua tedesca, non sapendo nemmeno collocare la Baviera su una cartina geografica, vengono da noi [anti-euro] a dirci che siamo anti-tedeschi, mentre per salvare la loro faccia, cioè le loro terga, sparano a palle incatenate contro la Germania dai quotidiani, evocando storie che sarebbe meglio dimenticare.
Lo fanno per un motivo molto semplice. Perché, da sinistra, non riescono a capire che il problema non è (solo) la Germania, ma (soprattutto) il suo modello di capitalismo.
La Germania, come l'Italia, rigurgita di sconfitti, ai quali i politici - in Italia soprattutto quelli "de sinistra" - stanno insegnano a odiare l'altro. (…) Siano vituperati in eterno per l'odio al quale ci condannano ! >>


<< Cari intellettuali "del cavolo", ancora non avete capito che il capitale nasce internazionale e il proletariato non lo diventerà mai.
E che l'unico possibile presidio di democrazia, e quindi di tutela delle classi subalterne, oggi è lo Stato nazionale, che è poi l'entità sovrana che si costituisce sotto il presidio di una Costituzione, l'unico strumento dal quale possiamo aspettarci un minimo di tutela dei nostri diritti fondamentali.
Con il quale voi invece, seguendo la corrente "europeista", volete nettarvi le terga, in nome di un malinteso "superamento del nazionalismo".
Bene: per me i fascisti siete voi.  >>


<< Se il potere d'acquisto dei lavoratori si sviluppa di pari passo alla loro produttività, la “domanda” [cioè la richiesta complessiva di prodotti e servizi] potrà essere finanziata dai redditi dei lavoratori stessi.
Ma se la produttività cresce più in fretta dei salari reali, allora ci saranno in giro più prodotti che redditi da lavoro per acquistarli. Il capitalismo questo ovviamente lo sa, e pone rapidamente rimedio.
Come ? Semplice ! Col debito. >>


<< [Si può] spiegare in modo estremamente semplice perché i mercati finanziari sono intrinsecamente instabili. Il fatto è che nei mercati dei beni quando il prezzo sale la domanda cala, mentre nei mercati delle attività finanziarie o reali quando il prezzo sale la domanda cresce. […]
Siamo in mano ad operatori (i "mercati") costretti ad agire in una logica di brevissimo periodo, che per questo motivo traggono i loro guadagni non dal merito intrinseco delle loro scelte di investimento finanziario, cioè, in sostanza, dal fatto di finanziare il progetto più meritevole e redditizio. I loro guadagni derivano dal fatto di lasciare il cerino acceso in mano al fesso di turno. […]
Va da sé che questo comportamento, in sé non irrazionale, determina uno sgradevole fenomeno: mentre nei mercati reali la dinamica dei prezzi "pulisce" gli eccessi di domanda, in quelli finanziari li amplifica. Sì, sarebbero le famose bolle.
Così è se vi pare, e anche se non vi pare. >>

ALBERTO BAGNAI

sabato 7 dicembre 2013

Tempi biblici

LUMEN – Accogliamo di nuovo, con grande piacere, Luigi Cascioli, che è tornato a trovarci.
CASCIOLI – Salute a tutti.

LUMEN – Questa volta parleremo della Bibbia, ovvero dell’Antico Testamento, e soprattutto del suo reale contenuto storico.
CASCIOLI – Non bisogna essere dei geni per comprendere, sin dalle prime pagine, che la Bibbia non è altro che un castello di stupidaggini, di contraddizioni e di assurdità la cui costruzione è stata possibile perché messa sulle spalle di un popolo di pastori che, fra tutti gli altri, era il solo a non avere una storia documentata che avrebbe potuto impedirlo.

LUMEN – Cominciamo bene.
CASCIOLI - Praticamente la Bibbia ha attribuito una cronaca agli ebrei come quegli istituti di araldica a pagamento, che attribuiscono alberi genealogici a persone prive di un casato verificabile.

LUMEN – Questa è divertente.
CASCIOLI - Se si dovesse dire soltanto la verità su ciò che si conosce realmente del popolo ebraico e del suo passato, stando alle confuse documentazioni pervenuteci, si potrebbe riassumere il tutto in una sola frase.

LUMEN – Quale ?
CASCIOLI - "C'erano una volta dei nomadi che, lasciate le zone semi-desertiche della Mesopotamia, invasero la Palestina depredando per secoli i popoli che l'abitavano". Punto e basta.

LUMEN – Effettivamente è un po’ poco. Però, in fondo, la Bibbia può essere vista come un semplice racconto epico.
CASCIOLI – Certo, ma è proprio questo il punto. Gli altri libri epici, sia pur sotto forma di leggenda, riportano personaggi e fatti precedentemente celebrati, quindi già esistiti nel passato.

LUMEN – E la Bibbia invece no ?
CASCIOLI – La Bibbia no. Essa costruisce la propria storia, la storia della sua tribù, facendola derivare da un eroe da tutti sconosciuto, da un eroe che non essendo mai stato prima nominato, risulta del tutto inventato.

LUMEN – E chi sarebbe questo fantomatico eroe ?
CASCIOLI – Ma il Dio biblico, ovviamente. Quel Dio senza nome che, via via che si va avanti nella lettura della Bibbia, sempre più appare come un'entità la cui esistenza veniva imposta artatamente, inventando una relazione fraudolenta con una tribù di nomadi, che in realtà lo aveva sempre ignorato.

LUMEN – Beh, questa mi pare una affermazione un po’ forte.
CASCIOLI – Ma fondata. Troppe circostanze ci dimostrano che il Dio della Bibbia non ha mai fatto parte del culto di questi pastori che, da quanto risulta dai fatti, hanno sempre professato un politeismo caratterizzato da un insieme di idoli tribali e di divinità pagane tratte dagli altrui culti.

LUMEN – Il classico politeismo tipico di quell’epoca.
CASCIOLI – Appunto. Nulla ci conferma che questo Dio sia esistito prima di essere nominato dalla Bibbia che fu scritta nel VI secolo A.E.V. (avanti era volgare). Nessuna testimonianza, neppure sottoforma di traccia, che attesti un suo culto, nulla che ci parli di lui, come avviene invece per tutte le altre divinità che ebbero un nome e che ci dimostrano la loro esistenza (come culto, si capisce) con i templi, le statue e le steli che furono eretti in loro onore.

LUMEN – Quindi, voi sostenete che sul Dio degli Ebrei, prima del VI secolo A.E.V., c'era il vuoto più assoluto ?
CASCIOLI – Proprio così. Hanno voglia, i sostenitori della Bibbia, a dire che se il loro Dio non ebbe un nome é perché egli stesso aveva proibito di nominarlo e che se di lui non ci sono pervenute effigi o statue ciò è dipeso dal fatto che era stato severamente proibito ai suoi seguaci di riprodurne la figura. Io non ci credo, non posso crederci.

LUMEN – Ed io neppure. Quello di un Dio timido e riservato non sembra proprio il ritratto che emerge dalla Bibbia.
CASCIOLI - E poi c’è il problema dai templi.

LUMEN – Quali templi ?
CASCIOLI – Quelli che non ci sono. Quei templi che la Bibbia afferma che furono costruiti per ospitare l'Arca Santa, che fine hanno fatto? Dove è finito quel tempio di Gerusalemme che Salomone, a dare ascolto alla Bibbia, fece costruire con pietre tre volte più grandi di quelle del Pantheon e del quale non ci è pervenuto nulla, neppure un frammento ?

LUMEN – Sicuramente, sarebbe stato una delle meraviglie del mondo antico.
CASCIOLI – Appunto. Invece nessuno ne ha mai visto una traccia. E' evidente che siamo di fronte a una storia inventata nel VI secolo A.E.V. dai redattori della Bibbia per raggiungere, attraverso la riunificazione degli Ebrei sotto un solo Dio, quegli scopi nazionalisti che si erano prefissi dopo la liberazione dalla prigionia di Babilonia.

LUMEN – Il solito giochino della propaganda di regime.
CASCIOLI - D'altronde, quale altro sistema avrebbero potuto usare per sostenere l'esistenza di un Dio estemporaneo, se non quello di ricorrere all'anonimato ?

LUMEN – L’anonimato ?
CASCIOLI – Sì. L’anonimato di quella famosa sigla "HJWH", che nessuno ha mai saputo cosa significhi. E l’anonimato di quel "Yahvè" che non è affatto un nome, ma un semplice appellativo che, significando genericamente "Io-sono". Come si può dimostrare, con questi miseri giochini di parole, l’esistenza di qualcosa ?

LUMEN – Ma non potevano, per evitare tutti questi contorsionismi, inventarsi un nome vero e proprio ?
CASCIOLI – No, non potevano. Il dare un nome a un Dio mai esistito, ad un Dio inventato, avrebbe comportato una verifica storica che avrebbe fatto crollare nel ridicolo tutta l'impalcatura, quell'impalcatura che si sarebbe potuta reggere soltanto grazie all'anonimato.

LUMEN – Sembra un paradosso.
CASCIOLI – Ma non è l’unico. Abbiamo non solo un Dio anonimo, ma anche visivamente sfuggente.

LUMEN – In che senso ?
CASCIOLI - Un Dio messo su esclusivamente con visioni e sogni riferiti da personaggi immaginali, vissuti in epoche non controllabili, che si perdono nel buio dei secoli; un Dio privo di ogni accenno o testimonianza che si riferisca all'esistenza di un suo culto.

LUMEN – Ma com’è stato possibile che una costruzione così intrinsecamente fragile abbia retto alla prova dei secoli ?
CASCIOLI – Sfruttando, nella maniera più arrogante, l'impossibilità che ha la ragione di dimostrare l'inesistenza dell'inesistente.

LUMEN – La classica “probatio diabolica”.
CASCIOLI – E proprio su questa impossibilità di poter dimostrare l'inesistenza dell'insistente, il Cristianesimo, religione basata esclusivamente sulla rivelazioni e sui sogni, imporrà i suoi dogmi, farà passare per “veri” i miti costruiti su immaginari personaggi che eleverà agli onori degli altari, quali le migliaia di martiri dell'era neo-cristiana e tanti altri nei secoli che seguirono.

LUMEN – Possiamo fare qualche esempio ?
CASCIOLI - Senza andare troppo lontano, potrei citare Santa Rosa da Viterbo a proposito della quale il biografo Paolo Cenci, dopo averne ricostruito la vita arrampicandosi sugli specchi,conclude così "Non possiamo rifiutare ciò che di lei è scritto nella "Seconda Vita " dal momento che nessuno ha potuto dimostrare essere falso".

LUMEN – E quindi, tornando alla nostra Bibbia, si potrebbe dire che "Siccome nulla dimostrala che il Dio degli ebrei sia veramente esistito prima del VI secolo A.E.V., ma altrettanto nulla dimostra la sua inesistenza, non si può escludere che sia veramente esistito",
CASCIOLI – Ed infatti è proprio quello che sostengono loro.

LUMEN – Un bell’esempio di ragionamento circolare.
CASCIOLI - Possiamo quindi concludere che, se gli Ebrei non avessero scritto la Bibbia nel VI secolo A.E.V., in seguito alla decisione presa di costruirsi un Dio, Yahvè sarebbe rimasto nella Stele di Pergamo.

LUMEN – E cosa sarebbe ? Non ne ho mai sentito parlare.
CASCIOLI – La città di Pergamo, in Asia minore, aveva deciso di elevare una stele in onore degli Dei sconosciuti, per il senso di pietà che provava verso di essi, verso la loro frustrazione di divinità senza adoratori.

LUMEN – Un’idea, direi, quasi poetica.
CASCIOLI – Ma anche patetica. E l'immagine di questi Dei che, attraverso la stele di Pergamo, se ne stanno lì, in attesa di uomini che li evochino perché possano scendere dal cielo ed occupare finalmente un trono sulla Terra, mi sembra perfetta per mettere le religioni, tutte le religioni, nel “ridicolo” che si meritano.

LUMEN – Ben detto. E che ridicolo sia.