tag:blogger.com,1999:blog-91955747666295851052024-03-18T02:47:53.883-07:00IL FENOTIPO CONSAPEVOLEQualcuno ha detto che una gallina (fenotipo) non è altro che il mezzo con cui un uovo (cioè, in sostanza, il suo genotipo) produce un altro uovo. E' vero. Ma l'homo sapiens ha un vantaggio: può esserne consapevole. E capire meglio come funziona il mondo. LumenUnknownnoreply@blogger.comBlogger736125tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-88581614689994939282024-03-17T00:37:00.000-07:002024-03-17T01:21:05.802-07:00Leopardi e la Natura<div><i>Come tutti sanno, Giacomo Leopardi era un pessimista ed incolpava 'madre natura' del dolore e delle sofferenze che la vita causava agli uomini. <br />La sua abilità poetica, però, era talmente grande che anche quando esprimeva questi concetti lo faceva con una leggerezza ed una scorrevolezza tali, da acquistare una certa dolcezza. <br /> Per questo, ho provato a fare un piccolo florilegio di alcuni passi sull'argomento NATURA, in modo da lasciare a voi ogni migliore valutazione. <br /> LUMEN </i><br /></div><div><p><br /> <br /> Da: SOPRA UN BASSO RILIEVO ANTICO SEPOLCRALE <br /><br />Madre temuta e pianta<br />dal nascer giá dell’animal famiglia,<br />NATURA, illaudabil maraviglia,<br />che per uccider partorisci e nutri,<br />se danno è del mortale<br />immaturo perir, come il consenti<br />in quei capi innocenti?<br />Se [è] ben, perché funesta, <br />perché sovra ogni male<br />a chi si parte, a chi rimane in vita,<br />inconsolabil fai tal dipartita? <br /> (…) <br /> Come, ahi, come, o NATURA, il cor ti soffre<br />di strappar dalle braccia<br />all’amico l’amico,<br />al fratello il fratello,<br />la prole al genitore,<br />all’amante l’amore: e, l’uno estinto,<br />l’altro in vita serbar? Come potesti<br />far necessario in noi<br />tanto dolor, che sopravviva amando<br />al mortale il mortal? Ma da NATURA<br />altro negli atti suoi<br />che nostro male o nostro ben si cura. <br /><br /> <br /> Da: IL TRAMONTO DELLA LUNA<br /><br />Tal si dilegua, e tale<br />lascia l’età mortale <br />la giovinezza. In fuga<br />van l’ombre e le sembianze<br />dei dilettosi inganni; e vengon meno<br />le lontane speranze,<br />ove s’appoggia la mortal NATURA.<br />Abbandonata, oscura<br />resta la vita. In lei porgendo il guardo,<br />cerca il confuso viatore invano<br />del cammin lungo che avanzar si sente<br />meta o ragione; e vede<br />che a se l’umana sede,<br />esso a lei, veramente è fatto estrano. <br /><br /> <br /> Da LA GINESTRA <br /><br />Ma dá la colpa a quella<br />che veramente è rea, che de’ mortali<br />madre è di parto e di voler matrigna.<br />Costei chiama inimica; <br />(...) <br />Cosí, dell’uomo ignara e dell’etadi<br />ch’ei chiama antiche, e del seguir che fanno<br />dopo gli avi i nepoti,<br />sta NATURA ognor verde, anzi procede<br />per sí lungo cammino<br />che sembra star. <br /> <br /><br />Da LE RICORDANZE<br /><br />Chi rimembrar vi può senza sospiri,<br />o primo entrar di giovinezza, o giorni<br />vezzosi, inenarrabili, allor quando<br />al rapito mortal primieramente<br />sorridon le donzelle; a gara intorno<br />ogni cosa sorride; invidia tace,<br />non desta ancora ovver benigna; e quasi<br />(inusitata maraviglia!) il mondo<br />la destra soccorrevole gli porge, <br />scusa gli errori suoi, festeggia il novo<br />suo venir nella vita, ed inchinando<br />mostra che per signor l’accolga e chiami?<br />Fugaci giorni! a somigliar d’un lampo<br />son dileguati. <br /><br /><br />da CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE PER L'ASIA<br /><br />Nasce l’uomo a fatica,<br />ed è rischio di morte il nascimento.<br />Prova pena e tormento<br />per prima cosa; e in sul principio stesso<br />la madre e il genitore<br />il prende a consolar dell’esser nato.<br />Poi che crescendo viene,<br />l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre<br />con atti e con parole<br />studiasi fargli core,<br />e consolarlo dell’umano stato:<br />altro ufficio piú grato<br />non si fa da parenti alla lor prole.<br />Ma perché dare al sole,<br />perché reggere in vita<br />chi poi di quella consolar convenga?<br />Se la vita è sventura, <br />perché da noi si dura?<br /><br /> <br />Da: IL TRAMONTO DELLA LUNA <br /><br />Troppo felice e lieta<br />nostra misera sorte<br />parve lassù, se il giovanile stato,<br />dove ogni ben di mille pene è frutto,<br />durasse tutto della vita il corso.<br />Troppo mite decreto<br />quel che sentenzia ogni animale a morte,<br />s'anco mezza la via<br />lor non si desse in pria<br />della terribil morte assai più dura.<br />D'intelletti immortali<br />degno trovato, estremo<br />di tutti i mali, ritrovàr gli eterni<br />la vecchiezza, ove fosse<br />incolume il desio, la speme estinta,<br />secche le fonti del piacer, le pene<br />maggiori sempre, e non più dato il bene. <br /><br /><br />Da: LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA <br /><br />O NATURA cortese,<br />son questi i doni tuoi,<br />questi i diletti sono<br />che tu porgi ai mortali. Uscir di pena<br />è diletto fra noi.<br />Pene tu spargi a larga mano; il duolo<br />spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto<br />che per mostro e miracolo talvolta<br />nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana<br />prole cara agli eterni! Assai felice<br />se respirar ti lice<br />d’alcun dolor: beata<br />se te d’ogni dolor morte risana.<br /><br /> <br />Da: A SILVIA<br /><br />Quando sovviemmi di cotanta speme,<br />un affetto mi preme<br />acerbo e sconsolato,<br />e tornami a doler di mia sventura.<br />O NATURA, o natura,<br />perchè non rendi poi<br />quel che prometti allor? Perchè di tanto<br />inganni i figli tuoi? </p></div>Unknownnoreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-2470287812583490712024-03-10T00:10:00.000-08:002024-03-11T23:20:23.771-07:00Pensierini – LXVIII<div>PIRAMIDE DI MASLOW <br /></div><div style="text-align: justify;"> Secondo la teoria psicologica denominata 'piramide di Maslow' (dal nome del suo ideatore) i bisogni umani possono essere organizzati secondo una struttura gerarchica, che va dalle necessità fondamentali a quelle più elevate. <br />I cinque gradini della piramide sarebbero i seguenti: <br />1= bisogni fisiologici (respiro, cibo, acqua, sonno, metabolismo) <br />2= bisogni di sicurezza (stabilità, salute, famiglia, occupazione) <br />3= bisogni di appartenenza (amicizia, affetto, intimità) <br />4= bisogni di stima (autostima, autocontrollo, rispetto reciproco) <br />5= bisogni di auto-realizzazione (moralità, creatività, accettazione). <br /> La teoria (elaborata alla metà del '900) ha avuto un notevole successo ed è stata utilizzata spesso nel settore del marketing. <br /> A mio avviso, però, risulta eccessiva, in quanto i bisogni umani si possono dividere in due semplici categorie: <br /> 1= I bisogni materiali: cibo, acqua, riparo, salute, sesso. <br /> 2= i bisogni psicologici: qualcuno di cui fidarsi e senso di superiorità. <br /> La differenza tra le due categorie è notevole, perchè mentre i primi possono essere soddisfatti da una attenta pianificazione sociale, per i secondi le cose sono molto più complicate. <br /> LUMEN <br /></div><div><br /><br /> PATRIARCATO <br /></div><div style="text-align: justify;"> Il patriarcato, che ha dominato la società occidentale per secoli (ed è tuttora vivo e vegeto in larghe parti del mondo) era strettamente connesso con le esigenze economiche dell'epoca. <br /> La sua struttura, infatti, era la più efficiente per gestire un'economia prevalentemente rurale, con una limitata ricchezza sociale e la necessità di ottimizzare le poche risorse disponibili. <br /> Quando è cambiata la struttura economica della società e, con l'avvento della produzione industriale, è aumentata la ricchezza disponibile, sono cambiati anche i ruoli tra le generazioni ed i rapporti tra i sessi. <br /> Questo, peraltro, è avvenuto sia nel bene che nel male, perché nessuna variazione sociale è sempre solo positiva o solo negativa. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /><br /> VERITA' MUTABILI <br /></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;"> Come noto, i cattolici tradizionalisti hanno il dente avvelenato con l'attuale Papa Francesco, a causa delle sue eccessive aperture alla modernità; aperture che considerano ingiustificate, in quanto i dogmi e le verità della Chiesa, per loro natura (divina), non possono che essere fissi ed immutabili. <br /> L'argomentazione, da un punto di vista logico (o meglio teo-logico), appare corretta, ma i tradizionalisti dimostrano di non conoscere bene la storia. <br /> Perchè è già avvenuto più volte che la Chiesa, nella sua storia millenaria, abbia dovuto cambiare le proprie posizioni, per adeguarsi al mutare dei tempi; solo che l'ha sempre fatto in modo così lento e sottile da non darne quasi l'impressione. <br />Quindi se una colpa può essere ascritta a Papa Bergoglio non è quella di aver fatto dei cambiamenti, ma di averli fatti troppo in fretta. <br /> LUMEN <br /></div><br /></div> <br /> SOCIETA' MISTE <br /></div><div style="text-align: justify;"> La storia ci insegna che tutte le società 'miste', ovvero multi-etniche o multi-culturali, hanno dovuto affrontare delle notevoli difficoltà di convivenza. <br /> Ma c'è una differenza importante: che una società multi-etnica, se gestita dal potere con intelligenza (e pur con alcune difficoltà) può funzionare comunque, se c'è un collante forte, come quello religioso (nel senso di religione unica). <br /> Mentre una società multi-culturale non potrà mai funzionare bene e può dirigersi solo verso il caos. <br />Con buona pace di tutte le persone di buona volontà che, animate dalle migliori intenzioni, cercano ugualmente di provarci. <br /></div><div style="text-align: left;"> LUMEN <br /><br /><br /> IPOCRISIA <br /></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"> Dunque, secondo la legge italiana (ma anche di altre nazioni) l'esercizio della prostituzione è lecito, ma sua organizzazione è un reato. <br /> Similmente, l'assunzione di sostanze stupefacenti è una pratica lecita, ma il suo commercio è un reato. <br /> A me sembra il trionfo dell'ipocrisia. Ed anche un bell'aiuto (involontario, certo) alla malavita, che ne può ricavare le sue attività più lucrative. <br /> A conferma che le buone intenzioni, da sole, non bastano per far fare delle buone leggi. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> UOMINI E ANIMALI <br /> Noi esseri umani non siamo – dal punto di vista etico - né migliori né peggiori degli altri animali: siamo solo terribilmente più efficienti (grazie al nostro cervello più complesso e sviluppato). <br /></div> Per questo possiamo raggiungere livelli superiori a loro, sia nel bene che nel male; ma si tratta solo di una differenza quantitativa, non qualitativa. <br /> LUMEN</div>Unknownnoreply@blogger.com21tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-53052200830824600712024-03-03T00:29:00.000-08:002024-03-03T00:32:04.375-08:00Modalità aereo<div style="text-align: justify;"><i>La sensibilità ecologica e la difesa dell'ambiente hanno sicuramente bisogno di personaggi di riferimento, meglio se famosi; ma cosa pensare quando il comportamento pratico di queste persone - a cominciare dai lunghi viaggi aerei - risulta dannoso per l'ambiente e, quindi, finisce per contraddire il messaggio che si vuole trasmettere ? </i><br /><i> Ce ne parla Gaia Baracetti in questo pezzo appassionato, scritto per il sito americano The Overpopulation Projet (traduzione di Google). </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /> </div><div style="text-align: justify;"><< C'è una forma di consumo eccessivo che non è riconosciuta come tale: i viaggi. Nessuno arriva in questo sito per vantarsi di una nuova auto o di una borsa di design, ma ci sono stati un paio di articoli ed e-mail private (...), in cui il viaggio è stato discusso come un piacere personale, non importa quanto lontano o frequente, o anche come un fatto positivo, come un modo per conoscere personalmente la difficile situazione in cui si trova il nostro pianeta. <br /><br />Ma il fabbisogno energetico e infrastrutturale dei viaggi è gigantesco, per non parlare della conversione di habitat selvaggi in località turistiche, sia per le masse che per pochi fortunati, e persino lo spostamento delle popolazioni autoctone o la concorrenza con le loro attività economiche tradizionali. <br /><br />Non solo il volo di per sé (lo sappiamo già tutti), ma il turismo e qualsiasi tipo di viaggio in quanto tale è uno dei maggiori inquinatori, dei maggiori consumatori di risorse e dei maggiori fattori di perdita di habitat, in cui l’umanità è impegnata ( e sì, questo include “ecoturismo”). <br /><br />Ed è sorprendentemente elitario. Ciò potrebbe sembrare difficile da credere dal punto di vista di un cittadino benestante di un paese ricco per il quale una vacanza è una ricorrenza regolare e un diritto umano, ma la maggior parte degli esseri umani che vivono oggi sul pianeta non prendono mai un aereo, e molti viaggiano molto poco e solo localmente, spesso semplicemente a piedi. (...) <br /><br />A differenza delle attività “cattive” comunemente individuate, come i soliti colpevoli di mangiare carne o bruciare qualcosa, viaggiare per piacere non è necessario per la sopravvivenza ed è esclusivo. <br /><br />Il negazionismo climatico è una tattica disonesta utilizzata dalla lobby dei combustibili fossili e dai suoi alleati per proteggere i propri profitti, ma c’è un altro discorso, più insidioso, che scoraggia le persone dal sostenere buone politiche climatiche o ambientali: sottolineare l’ipocrisia degli ambientalisti di alto profilo. <br /><br />La maggior parte degli attivisti per l'azione per il clima sono ipocriti. Ricordo la prima volta che ho avuto questa impressione: era con An Inconvenient Truth di Al Gore : perché questo ragazzo va in giro in un SUV ? Sembra che sia passato molto tempo e da allora le cose sono peggiorate moltissimo. <br /><br />Da Bill Gates alla famiglia reale britannica, alle celebrità minori che segnalano virtù, sembra che chiunque ci dica, oggi, che dobbiamo fermare il cambiamento climatico, smettere di bruciare combustibili fossili, smettere di mangiare carne o salvare gli elefanti viva in un una villa, possiede un'isola o utilizza jet privati per aggirare il traffico. <br /><br />Le persone lo hanno capito rapidamente: non siamo stupidi e la maggior parte di noi aspetta solo scuse per non essere bravo quando ci costa qualcosa. E quale scusa migliore per non fare nulla se non rendersi conto che le persone che ti dicono di fermare questo e quello, in realtà non lo stanno facendo da sole? <br /><br />Quando si parla di ambiente ho sentito questo argomento tantissime volte (…): “se il cambiamento climatico è un problema così urgente, perché gli scienziati prendono così tanti voli inquinanti per raccontarlo a noi e agli altri?" (…) <br /><br />Che senso ha spendere enormi quantità di risorse per fare campagne sul cambiamento climatico o sulla crisi della biodiversità, quando sappiamo già che la soluzione richiede di accontentarsi di restare, sprecare meno e vivere in modo meno stravagante? <br /><br />Ho provato un senso di soddisfazione personale quando, dopo che l’attrice francese Marion Cotillard ha dato il suo sostegno “assoluto” al movimento ambientalista Les Soulèvements de la Terre mentre stava affrontando un’azione repressiva da parte del governo francese, le persone si sono rivolte ai social media per esprimersi in termini coloriti. (…) Se c'è una cosa per cui i francesi sono famosi, è la loro scarsa pazienza con le buffonate delle loro élite. <br /><br />Su Twitter ho trovato la stessa cosa: la celebrità dello sport Gary Lineker ha pubblicato un'immagine allarmante delle attuali temperature nell'Europa meridionale con la didascalia: “Sì, fa un po' caldo, ma è estate. Continuiamo a trivellare per trovare nuovo petrolio. In ogni caso, chi ha a cuore i nostri figli e il futuro dei loro figli?”. <br /><br />Il commento più apprezzato è stata una raccolta di tweet di Lineker sui suoi voli e sulla situazione in vari aeroporti, con la didascalia: "Come diavolo fai a decollare con un aereo ogni settimana senza nuovo petrolio, Gary?" (…) <br /><br />Non si tratta solo di un paio di celebrità sprovvedute. <br /><br />Se sei un professore universitario, un avvocato, un ricercatore in qualsiasi campo della “sostenibilità”, soprattutto in Occidente; se lavori per una ONG, o Dio non voglia per un governo, o se possiedi o gestisci un'azienda di moda "sostenibile" o un'attività di commercio equo e solidale, è probabile che il tuo livello di consumo sia molto più alto di quello che sarebbe effettivamente sostenibile per un ambiente sano. pianeta anche se fossimo solo un paio di miliardi, e superiore alla media mondiale odierna. Molto probabilmente sei un 10% globale, se non l'1%. <br /><br />Lo sai: hai viaggiato. Hai visto gli indigeni la cui terra è devastata; hai visto l'estinzione degli ultimi animali selvatici, l'innalzamento dei mari, il ritiro dei ghiacciai, le foreste in fiamme... Senti di essere in una posizione migliore per mettere in guardia gli altri da tutto questo, perché l'hai visto. Ma il semplice fatto di averlo visto ti rende parte del problema, non parte della soluzione. <br /><br />Se questo viaggio fosse una tantum, un requisito inevitabile del tuo lavoro, o implicasse vivere in un posto per molti anni senza lasciarlo molto... abbastanza giusto. Ma sappiamo che la maggior parte delle volte non è così. E, ancora una volta, non si tratta solo di viaggiare in luoghi lontani. Sono le grandi case e le ristrutturazioni, le seconde case degli “amanti della natura”, i bei vestiti, l'auto, elettrica e non (…) <br /><br />L’eccessiva disuguaglianza e il consumo eccessivo sono due dei principali ostacoli al raggiungimento di un pianeta vivibile per tutti. Il fatto che gli ambientalisti li ignorino è imperdonabile. <br /><br />Oltre al cambiamento sistemico, abbiamo bisogno di azioni individuali per ispirare gli altri e mostrare ciò che è possibile. Se nessuno cerca di essere sostenibile adesso, come potremmo sapere come sarebbe uno stile di vita sostenibile ? >> <br /></div><div><br />GAIA BARACETTI</div>Unknownnoreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-51392892968220199622024-02-25T00:06:00.000-08:002024-02-25T00:14:32.845-08:00Appunti di Geo-Politica – (2)<div style="text-align: justify;"><i>Torno a parlare della situazione internazionale, perché il progressivo spostamento degli equilibri internazionali verso un sistema multi-polare, sta aumentando notevolmente le aree di tensione. </i><br /><i> Tutte le opinioni sotto riportate sono tratte dal web. Buona lettura. </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div style="text-align: left;"><br /> <div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: justify;"> TERZA GUERRA MONDIALE <br /> La “Guerra Grande” (cioè l'insieme dei conflitti attuali - NdL) ha la sua origine nella scelta occidentale, dunque in buona sostanza americana, di non cedere l’attuale supremazia su scala planetaria. <br /> Una supremazia messa in discussione dall’emergere della Cina, dallo sviluppo dei BRICS, dal minor peso economico dell’Occidente complessivo, dall’evidente tendenza generale al multipolarismo, dall’insostenibilità di un sistema monetario dollaro-centrico. <br />A Washington hanno da tempo deciso di lottare per impedire il passaggio dal “nuovo secolo americano”, teorizzato venti anni fa, ad un sistema policentrico in cui dover ricontrattare i nuovi equilibri di potenza. E lo strumento principale di questa lotta, anche se di certo non l’unico, è quello militare. <br />Da qui la guerra in corso in Ucraina, da qui la tendenza generale alla guerra che permea tutto l’Occidente in questo preciso momento. <br />Tuttavia, la guerra non è mai un fatto esclusivamente militare. Non solo perché, come ci ricorda von Clausewitz, essa è “la prosecuzione della politica con altri mezzi”, ma anche perché nella guerra entrano in campo altri fattori, tra i quali l’economia, il commercio, le relazioni internazionali, le capacità propagandistiche e quelle relative all’egemonia culturale ed al consenso. <br />Chiamiamo quindi “Terza Guerra Mondiale” un periodo – nel quale siamo già entrati – caratterizzato dallo scontro, prevedibilmente sempre più violento, che potrà concludersi solo con la definizione di nuovi equilibri su scala planetaria e, a cascata, nelle diverse realtà regionali. <br />LEONARDO MAZZEI <br /></div><div style="text-align: left;"><br /><br /><div style="text-align: justify;"> DUE POPOLI DUE STATI <br /> Due popoli, due stati e altre amenità. La popolazione di Israele è più che quadruplicata dal 1960 passando da 2 milioni a 9,6 milioni (...) densità 424 ab/kmq. La popolazione dei territori palestinesi è attualmente intorno ai 5,3 milioni (aumentata di oltre due volte rispetto al 1990) densità 730 ab/kmq. <br /> Per confronto la densità di popolazione dell'Italia è 195 ab/kmq, qualle della Francia 100, quella dell'India 423 e quella degli Stati Uniti 40 ab/kmq. <br />Dunque la densità dell'insieme Israele-Territori ha una densità di popolazione superiore a quella dell'India, che però ha vaste zone fertili. Il territorio di Israele e Palestina è prevalentemente arido, in parte desertico (Negev). <br />La retorica ripetuta per decenni secondo cui gli israeliani "hanno fatto fiorire il deserto", nasconde una realtà ecologica molto meno edificante: hanno fatto fiorire il deserto grazie all'applicazione di tutte le tecniche dell'agricoltura industriale: petrolio, irrigazione, fertilizzanti e pesticidi. <br />Pratiche che sappiamo essere insostenibili nel lungo periodo e tanto più insostenibili quanto più aumenta la densità di popolazione. Fai aumentare il prezzo del barile (già aumentato da un paio di decenni), fai diminuire la disponibilità di acqua per fattori climatici e di sfruttamento intensivo e la retorica si rivela per quello che è. (...) <br />15 milioni di persone in continuo aumento (se continuasse al tasso attuale la popolazione raddoppierebbe in 35 anni) non possono vivere sul territorio di cui stiamo parlando. Le motivazioni psico-etnico-religiose per cui si scannano sono rilevanti fino ad un certo punto. <br />LUCA PARDI <br /><br /><br />RUSSIA E CINA <br />L'odierna intesa tra Russia e Cina è nata su presupposti anti-egemonici. Ha mosso i suoi primi passi contrastando il tentativo americano di acquisire la supremazia nucleare con il suo scudo antimissile, si è forgiata con l'espulsione degli USA dalle basi centro-asiatiche (…) ed oggi si nutre del mutuo interesse ad indebolire Washington, per sostenere le rispettive pretese in Europa e nel Pacifico. (...) <br /> La Cina [però] potrebbe soddisfarsi del suo status quo di super-potenza, e cercare un accomodamento con gli USA a spese della Russia. <br /> D’altro canto, la Russia potrebbe sviluppare una diffidenza dei motivi di Pechino e temere di essere sacrificata sull’altare della distensione sino-americana, diventando apertamente ostile agli interessi cinesi (forte anche dell’alleanza con l’India) in attesa di una 'proposta indecente' degli americani, che potrebbe benissimo arrivare [una volta] abbassatasi la tensione in Ucraina. (…) <br /> Un domani Mosca potrebbe temere Pechino più di quanto teme Washington. Un domani, i cinesi potrebbero volersi spartire il mondo – o quantomeno l’Asia – con gli americani. <br /> PIETRO PINTER <br /></div> </div><div style="text-align: left;"><br /> <br /></div><div style="text-align: justify;"> GUERRE SENZA FINE <br /> Alcuni anni fa nei Balcani – per motivi politici ma anche religiosi – c’era un insanabile e sanguinoso contrasto fra due popolazioni. Tanto che lo scontro sembrava senza sbocco. <br /> Fu a quel punto che un politologo americano (Luttwak?) disse qualcosa di tremendo. O, per lo meno, qualcosa di tremendo per chi non ha studiato storia. <br /> Disse che quando c’è un serio contrasto fra due popoli sullo stesso territorio, se ne viene a capo soltanto se uno dei due popoli stermina l’altro, oppure se lo costringe a lasciare il territorio. <br /> Finché ambedue sono in grado di combattere, e nessuno riconosce la vittoria dell’altro, la guerra rimane eterna. <br /> GIANNI PARDO <br /></div><div style="text-align: left;"><br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-68477111584836707572024-02-17T23:49:00.000-08:002024-02-18T00:37:21.491-08:00Dalla Schiavitù al Genocidio<div style="text-align: justify;"><i>Sappiamo bene che la guerra è sempre stata una compagna inseparabile delle vicende umane. <br /> Sembra però che, nel corso dei secoli, l'aumento dell'efficenza delle armi e della densità di popolazione ne abbiano modificato la funzione sociale, trasformandola da semplice mezzo per la cattura di schiavi, a strumento totale per la pulizia etnica. <br /> Ce ne parla Ugo Bardi in questo post di argomento storico, tratto dal suo blog personale. <br /> LUMEN </i><br /></div><div> <br /><br /></div><div style="text-align: justify;"><< Gli esseri umani si sono sempre uccisi a vicenda con rabbia, ma gli stermini su larga scala sono rari nella documentazione storica fino a tempi relativamente recenti. Ciò è particolarmente vero per gli “stermini ideologici”, quegli eventi che vedono gli sterminati meritevoli del loro destino in quanto "subumani", “razze inferiori” o “animali umani”.</div><div style="text-align: justify;"><br />In epoca classica i nemici sconfitti non venivano quasi mai sterminati ma piuttosto trasformati in schiavi o assimilati. Secoli di agiografia cristiana hanno visto la storia dal punto di vista degli sterminati, celebrando le virtù dei martiri, ma non hanno mai suggerito che la vendetta fosse una risposta adeguata. <br /><br />Persino le crociate (1095-1291), la paradigmatica guerra di religione, non miravano a sterminare i musulmani (anche se a volte è successo), ma piuttosto a convertirli al cristianesimo. <br /><br />E poi le cose sono cambiate. Nel secolo scorso, abbiamo visto ogni guerra diventare una lotta metafisica del bene contro il male, con la parte perdente che meritava pienamente di essere sradicata ed eliminata. <br /><br />Le guerre non vengono più dichiarate, i trattati di pace sono sostituiti dalla resa incondizionata, le popolazioni sconfitte vengono cacciate dalle loro terre, i loro leader vengono spesso giustiziati con o senza una parvenza di giusto processo. Il 20° secolo è stata una vera e propria fiera dello sterminio, con alcune delle uccisioni di civili più sanguinose ed estese mai registrate nella storia. <br /><br />La crescente brutalità delle guerre moderne non ha cambiato l’atteggiamento degli occidentali, che continuano a considerarsi sempre superiori in termini morali. Tra coloro che hanno studiato gli stermini del XX secolo, Rudolph Rummel (1932 – 2014) ha fornito dati estesi e un termine da lui coniato, quello di “ democidio ”, per descrivere questi eventi. <br /><br />Ma le sue conclusioni si limitavano all’idea semplicistica che i democidi sono qualcosa a cui si dedicano solo le dittature; le democrazie occidentali non lo fanno mai. Un’interpretazione sostenibile solo attraverso una definizione molto flessibile dei termini “democidio” e “democrazia”. (...) <br /><br />Proviamo ad avere una visione a lungo termine. Abbiamo visto che nell'antichità gli stermini erano rari e sicuramente non dovevano essere un segno di virtù per gli sterminatori. Allora, quando sono apparse le visualizzazioni attuali? Penso che il punto di svolta possa essere identificato con l’inizio delle campagne di caccia alle streghe in Europa durante il XVI secolo. <br /><br />Il punto cruciale della caccia alle streghe è che le streghe venivano giustiziate non per quello che facevano ma per quello erano. In altre parole, non era necessario che una strega avesse effettivamente commesso un delitto per essere punita; era sufficiente essere dichiarata strega da un tribunale. Se ci pensiamo, si tratta di una profonda perversione del concetto stesso di “giustizia”, ma è alla base di tutti gli stermini, delle pulizie etniche e simili. "Sei uno di loro, quindi meriti di morire." (…) <br /><br />I dati mostrano che la “guerra dei trent’anni” (dal 1618 al 1648) è una delle prime guerre su larga scala. Sappiamo anche che si tratta di una delle prime guerre di sterminio ideologico. Ha visto protestanti e cattolici uccidersi felicemente a vicenda in Europa: due visioni del mondo incompatibili, in cui ciascuna parte bollava l’altra come malvagia. <br /><br />Da lì in poi è stato tutto in discesa. Una parvenza di “onore” nei combattimenti è stata mantenuta fino all’inizio del XX secolo, e poi le guerre sono state completamente trasformate in imprese di derattizzazione, tranne per il fatto che nel ruolo dei ratti ci sono esseri umani. <br /><br />Cosa è successo che ha causato questa trasformazione? Posso proporre tre spiegazioni.<br /><br />Sovrappopolazione - La frenesia omicida degli ultimi secoli coincide con il rapido aumento della popolazione umana, con gli europei che si spostano in altri continenti e spostano o sradicano le popolazioni native alla ricerca di nuove terre. Questa idea fu successivamente descritta come la necessità di lebensraum (spazio vitale), spesso unita a una visione pseudo-scientifica che vedeva le “razze superiori” avere il diritto di sostituire quelle inferiori. (…) <br /><br />Armi da fuoco - L’inizio dell’Era degli stermini coincide con la diffusione delle armi da fuoco. L’effetto potrebbe non essere tanto una questione di maggiore letalità ma di portata. Konrad Lorenz sosteneva nel suo libro “ Sull’aggressione ” (1963) che le armi che uccidono a distanza disattivano la capacità della parte sconfitta di inviare segnali di sottomissione ai vincitori. Con ciò scompaiono i meccanismi innati che impediscono agli esseri umani di uccidere un nemico sconfitto (almeno qualche volta).<br /><br />La tipografia - In Europa gli stermini andarono parallelamente allo sviluppo della stampa e alla diffusione dei libri e, più tardi, dei giornali. Con questi strumenti, lo Stato poteva raggiungere un livello di controllo sui suoi sudditi prima impensabile. Poi, si è presto scoperto che il modo migliore per concentrare le risorse dello stato sulla guerra era quello di scatenare nella popolazione un delirio di odio contro gli stati esterni o i sottogruppi interni presentati come malvagi. Quello fu l’inizio della propaganda moderna, una tecnologia sviluppata per fare proprio questo su larga scala. <br /><br />Se queste interpretazioni sono corrette, e potrebbero esserlo tutte e tre, allora ci troviamo in una situazione difficile. Tutte e tre le tendenze non solo sono ancora valide, ma stanno diventando sempre più importanti. <br /><br />La popolazione umana continua ad aumentare. La capacità di uccidere a distanza è aumentata dalle armi da fuoco individuali ai bombardamenti aerei e ora ai droni assassini. La propaganda sta diventando sempre più radicata nella visione occidentale del mondo. (...) <br /><br />Andiamo quindi verso un ulteriore aumento della tendenza allo sterminio? Ciò che vediamo in questo momento nel mondo sembra indicare esattamente questo. >> <br /></div><div><br /> UGO BARDI </div>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-1589509553726597712024-02-11T00:09:00.000-08:002024-02-14T22:30:40.537-08:00Pensierini – LXVII<div style="text-align: justify;">INFALLIBILITA' PAPALE <br /> Il dogma dell'Infallibilità papale, formalizzato solo nell'ottocento ma con alle spalle una storia secolare, afferma che il Papa è infallibile (solo) quando si pronuncia “ex cathedra” e in questioni di dottrina e morale. <br /> Qualcuno ha fatto notare che la definizione appare po’ criptica, perchè non è mai troppo chiaro quando un Papa si pronuncia effettivamente 'ex cathedra'. </div><div style="text-align: justify;">La critica è fondata, ma non credo che si tratti di un errore 'casuale'. Sono convinto che si tratti di una indeterminatezza VOLUTA, allo scopo di poter sempre modificare (o addirittura ribaltare) le affermazioni papali in caso di necessità. <br />La Chiesa Cattolica, infatti, si vanta di seguire norme eterne, perchè dettate da Dio e quindi immodificabili, ma, se si guarda bene, nella sua storia ha già fatto più giri di valzer di una coppia di ballerini. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> EUTANASIA <br /> Una buona legge sull'eutanasia (come quella, molto avanzata, vigente in Canada, che tante polemiche ha suscitato) mi sembra una semplice norma di civiltà, come quelle sul divorzio, sull'aborto, sulle unioni omosessuali eccetera. <br /> Chi è d'accordo la usa, chi non è d'accordo non la usa. <br /> Se pensiamo che in tanti Paesi, per motivi sostanzialmente religiosi, il suicidio è ancora considerato un reato (tanto da punire gli eventuali 'complici'), la differenza diventa ancora più abissale. <br /> Ovviamente l'eutanasia deve essere una scelta consenziente e non forzata. <br /> Ma ci possono essere situazioni nella vita (che non auguro a nessuno) in cui la sofferenza (soprattutto fisica) della vita è superiore a qualunque altro compenso.<br />Allora è giusto che ogni persona sia libera di scegliere la propria sorte. <br /> Il suicidio è sempre esistito nella storia dell'uomo, ma i metodi utilizzati per togliersi la vita, in genere, sono di tipo violento e non fanno che aggiungere ulteriori sofferenze. L'eutanasia medica evita tutto questo. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> DIRITTO NATURALE <br /> Secondo i sostenitori del c.d. Diritto Naturale – risalente al pensiero greco antico e poi ripreso dal medioevo cristiano - il fondamento del 'diritto' sarebbero le norme della natura, basate sul principio latino del NEMINEM LAEDERE (non fare del male a nessuno). <br /> Questa affermazione, però, non mi convince, perchè tutti gli esseri viventi, per poter sopravvivere, sono costretti a ledere qualcun altro. Quindi non è possibile seguire le leggi della natura e, nel contempo, proibire il danneggiamento altrui. <br />Ritengo pertanto che continui ad essere necessario il c.d. Diritto Positivo, quello convenzionale, che, basandosi sui costumi sociali, cerca di limitare alla meno peggio il comportamento naturale delle persone. <br />Ed infatti solo gli uomini possono avere un diritto, che è una limitazione della natura, mentre gli altri esseri viventi no. <br /> Temo che il fascino del diritto naturale (ricercato a lungo come una panacea da tanti fiosofi e pensatori) stia nella speranza di trovare delle norme 'a priori' che ci tolgano la responsabilità di dover decidere 'da soli' quello che è bene e quello che è male. <br /> Una cosa che ci provoca angoscia e confusione. Ma alla quale ci dobbiamo rassegnare. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> SPECISMO UMANO <br /> Che la popolazione umana sia eccessiva per la capacità di carico del nostro pianeta è un dato di fatto che nessuno può negare; e quindi è indispensabile che venga ridotta in modo significativo. <br /> Se non vogliamo farlo per il benessere degli altri animali, come chiedono gli ambientalisti più radicali, visto che, tutto sommato, un po' di specismo umano è comprensibile (ed anche giustificato), facciamo per noi stessi. <br /> Per vivere bene l'uomo HA BISOGNO di una certa quantità di natura libera.<br />Quindi, non vergognamoci se vogliamo fare le cose giuste per noi stessi, per egoismo di specie; però facciamole. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> DIZIONARIO DELLE SIGLE <br /> ONU = Organizzazione di Nessuna Utilità <br /> OPEC = Operatori Poco ECologici <br /> UNESCO = UNione Emeriti SCOnosciuti <br />FAI = Forse Abbiamo Inquinato <br /></div><div style="text-align: justify;">LUMEN <br /><br /><br /> PACIFISMO ATEO <br /> Diceva Josè Saramago che “Il mondo sarebbe molto più pacifico se fossimo tutti atei”. E' un bella frase, ma io, pur essendo ateo, non ne sono molto convinto. <br /> Certo, non sappiamo come sarebbe un mondo totalmente ateo, perché non è mai esistito, ma non credo che sarebbe molto pacifico, perché la violenza è insita nell'uomo e se non ci fosse la religione ad aizzarla e giustificarla, ci sarebbe qualche altra ideologia. <br /> Oggi, gli atei (e gli agnostici) sono più pacifici dei credenti, perché sono una quota minoritaria della società, ed in genere sono più riflessivi. <br />Ma se fossero tutti dei 'non credenti', le cose sarebbero diverse. <br /> LUMEN</div><div style="text-align: justify;"> <br /></div>Unknownnoreply@blogger.com40tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-71715463266386841332024-02-04T00:26:00.000-08:002024-02-04T00:33:53.945-08:00La luce in fondo al Tunnel<div style="text-align: justify;"><i>Secondo uno dei più recenti modelli demografici (denominato World-4) sembra che la popolazione mondiale dovrebbe smettere di crescere verso il 2030, per poi (finalmente) diminuire nel periodo successivo. <br /> Se la previsione è corretta, sarebbe proprio il caso di dire: meglio tardi che mai. <br /> A questa ipotesi è dedicato il post di oggi, scritto da Jacopo Simonetta per il sito Apocalottimismo. <br /> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /></div><div style="text-align: justify;"><< La demografia ufficiale soffre di tre principi sinergici che ne rendono futili le argomentazioni e le previsioni. Ricordiamoli brevemente: <br /><br />1 – La popolazione umana non è soggetta fattori limitanti esterni. Per quanto stravagante sia questa tesi, è uno dei fondamenti degli studi e delle previsioni ufficiali delle istituzioni grandi e piccole. Talvolta è esplicitata, spesso viene invece taciuta, ma è sempre presente. Ne consegue pretendere che, al netto di gravi e temporanee calamità, la dinamica della popolazione umana risponda solo a pulsioni interne alla popolazione stessa. Essenzialmente quindi fattori economici e culturali. <br /><br />2 – L’influenza dei fattori economici si estrinseca secondo la cosiddetta “transizione demografica”. Teoria secondo cui la povertà è la principale forzante sia dell’elevata natalità che della mortalità. Aumentando il benessere, la mortalità diminuisce subito, mentre la natalità segue con una certa inerzia così da giungere dopo alcuni decenni ad un nuovo sostanziale equilibrio su livelli molto più alti che si dà per scontato siano sostenibili a tempo indeterminato. Nata come ipotesi scientifica alla fine del XIX secolo, questa teoria è si è dimostrata falsa in moltissimi casi, ma rimane fortemente radicata nella cultura sia popolare che scientifica perché politicamente ed eticamente molto confortevole. <br /><br />3 – La sovrappopolazione non esiste, perlomeno non a livello globale, e parlarne è indizio sicuro di una mentalità gretta e colonialista (se non peggio). <br /> <br />Prima di tutto è bene ricordare che i modelli [demografici] sono solo degli strumenti per studiare i fenomeni; anche i migliori di essi non sono la realtà, al massimo ne simulano abbastanza bene alcuni aspetti e tendenze. (...) <br /><br />World4 è stato elaborato sulla base dei dati fino al 2010 e pubblicato nel 2021. Il suo interesse è che rompe drasticamente con i modelli demografici correnti, basandosi su tre principi fondamentali: <br />= L’umanità non può eccedere la disponibilità di cibo. <br />= La produzione di cibo dipende anche da servizi eco-sistemici che sono resi gratuitamente dagli ecosistemi naturali (assorbimento e stoccaggio di CO2, fertilità, acqua dolce, impollinazione, banchi di pesca, ecc.). <br />= Gli ecosistemi naturali vengono distrutti dalla crescita demografica ed economica. <br /><br />Anziché sui tassi di natalità, l’aspettativa di vita ecc., World4 è quindi focalizzato sulla disponibilità di risorse e sulla nostra capacità di estrarle. In effetti, vi sono altri due insiemi di fattori critici per il nostro destino: la complessità del sistema socio-economico-tecnologico e la capacità degli ecosistemi di rigenerare le risorse ed evitare l’accumulo di sostanze nocive. <br /><br />A dire il vero quest’ultimo aspetto è indirettamente preso in conto, visto che si utilizza la metodologia dell’ “Impronta Ecologica” e si fa riferimento esplicito a fenomeni come il GW. La complessità è invece parzialmente correlata con la tecnologia che, invece sta al centro del modello. <br /><br />Dunque, il modello è strutturato su 2 fattori aggregati: la tecnologia e l’ambiente, correttamente considerando che è soprattutto dal loro rapporto dinamico che deriva la capacità di carico umana, vale a dire quanta gente può vivere su questo pianeta. Entrambi i fattori si articolano in due sotto-fattori. <br /><br />La tecnologia [si articola] in 'Conoscenza' ed 'Ignoranza' che determinano il tasso di mortalità. La prima riducendolo e la seconda aumentandolo. Entrambi i due sotto-fattori operano in ogni momento, ma il punto di equilibrio fra di essi si sposta: verso l’ignoranza per obsolescenza (tecnologie non più utili, non più possibili o comunque dimenticate); viceversa per apprendimento. <br /><br />L’ambiente si articola invece in antroposfera (la parte di bio-capacità già sfruttata) ed ecosfera (la parte di bio-capacità ancora libera e dunque in grado di rendere servizi eco-sistemici vitali. Anche in questo caso si passa dall’una all’altra mediante ri-naturalizzazione o, viceversa, domesticazione. <br /><br />Queste quattro variabili sono legate fra loro da un sistema di 6 equazioni da cui si estrapola la capacità di carico. Si noterà che questo modello considera la mortalità come fattore principale nel determinare la popolazione. E’ molto politicamente scorretto, ma scientificamente accettabile in quanto chi nasce in un contesto di “overshoot” conclamato, vale a dire carestia, assenza di sostegno internazionale, caos sociale, ecc., facilmente muore. <br /><br />Come al solito, il modello è stato messo a punto facendogli riprodurre i dati reali dei 100 anni scorsi, per poi azzardare delle previsioni sul futuro, inserendo una serie di variabili. Facendo quindi girare il programma un milione di volte, via via inserendo combinazioni di dati diverse, si ottiene un fascio di curve che indicano i possibili sviluppi. <br /><br />Orbene, contrariamente alle proiezioni attualmente accreditate, tutte le curve disegnate puntano decisamente verso il basso a breve termine. La “finestra” che contiene l’80% di probabilità è che il picco della popolazione si verifichi fra il 2025 ed il 2030 intorno ai 7,5 miliardi di persone, per poi giungere al 2060 con una popolazione globale compresa fra 2 e 6,5 miliardi di persone. <br /><br />Come si vede, tutte le curve sottostimano il numero di persone attuali (si ricorda che il modello è settato sui dati fino al 2010), che pare abbia già raggiunto gli 8 miliardi nel 2022 (anche se non è poi certo), ma l’aspetto più interessante è che il margine di incertezza risulta molto ridotto circa l’inizio della flessione, mentre è molto ampio per quanto riguarda la sua rapidità. <br /><br />Tale differenza dipende prevalentemente da differenti ipotesi fatte circa la resilienza degli ecosistemi selvatici; vale a dire dalla loro capacità di continuare a fornire servizi eco-sistemici vitali ancorché parzialmente antropizzati. <br /><br />In altre parole, il risultato più interessante del lavoro è che, al di là della precisione nelle previsioni, il fattore principale per la sopravvivenza dell’umanità risulta essere non già la tecnologia, bensì la qualità ambientale. Sorprendente per molti, questo risultato è invece esattamente quello che ci si poteva aspettare dal momento che la tecnologia non crea risorse, bensì ne migliora lo sfruttamento, cosa che solitamente ne accelera il degrado. (...) <br /><br />Ovviamente è perfettamente possibile che il modello abbia trascurato o mal considerato uno o più fattori rilevanti e che pertanto risulti sbagliato. Ancora una volta è bene ricordare che si tratta di un modello e non di Nostradamus (per modo di dire). Tuttavia io credo che sia da prendere sul serio, come tendenza generale e non come previsione di dettaglio, per due solide ragioni. <br /><br />La prima è che risulta molto consistente con i risultati ottenuti aggiornando e ricalibrando il [precedente] World3, la cui validità strutturale è invece stata ampiamente dimostrata dai fatti. <br /><br />La seconda è molto più empirica, ma non per questo meno cogente: l’analisi dei dati demografici di questi ultimi decenni indica non solo una tendenza globale a ridurre la natalità, ma anche che laddove si verifica una crisi economico-politica abbastanza grave da provocare un sensibile aumento di mortalità, si verifica anche una contemporanea riduzione della natalità; specialmente se non vi è la possibilità di emigrare. <br /><br />A ciò dobbiamo aggiungere che, sia pure in modi molto diversi, tutti i paesi del mondo dipendono dal commercio globale per parecchie delle loro necessità vitali e che la rete commerciale globale sta scricchiolando sotto i colpi della crisi energetica ed economica generale, oltre che della rinnovata ostilità fra blocchi geopolitici contrapposti. (...) <br /><br />Un vecchio adagio afferma che è meglio essere ricchi e sani, piuttosto che poveri e malati. Molti e crescenti indizi indicano che però abbiamo scelto la seconda opzione, anche se la maggioranza delle persone ed anche molti scienziati non sono d’accordo. Vedremo, forse anche prima del previsto. >> <br /></div><div><br /> JACOPO SIMONETTA</div>Unknownnoreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-75398405924909360322024-01-28T00:43:00.000-08:002024-02-02T01:44:03.378-08:00Punti di vista – 35<div>BREVE STORIA DEL LAVORO <br /></div><div style="text-align: justify;">Il mondo del lavoro, storicamente, è passato per diverse fasi. <br />1= Schiavitù: si cattura una persona, la si tiene in cattività e la si costringe a lavorare. <br />2= Servitù: non e’ necessario catturare la persona, la struttura sociale costringe la persona a lavorare. <br />3= Proletariato: non e’ nemmeno necessaria una struttura sociale riconosciuta, si fa in modo che non esista alcuna alternativa al superlavoro. <br />4= Propaganda: si convincono intere generazioni di persone che il lavoro è il modo migliore di realizzarsi nella vita. <br /> Sul punto numero quattro, e’ chiaro che si tratti di una menzogna. Il problema e’ che gli uomini, (...) indottrinati cosi’, trascurano ogni [altra] cosa per il lavoro. <br /></div><div> URIEL FANELLI <br /><br /> <br /> PAPA SOCIAL <br /></div><div style="text-align: justify;"> [Papa] Bergoglio da tempo ha abdicato al ruolo di Santo Padre per assumere il ruolo di 'Influencer'. Le chiese sono deserte e lui s’inventa una chiesa fluida, nomade, che si muove inseguendo i flussi d’opinione. <br /> Ha lasciato il carisma, l’autorevole tradizione, il senso del sacro, del rito, del simbolo e della liturgia; reputa una battaglia persa esortare alla fede, alla catechesi e alla riscoperta di Dio, e si pone il problema di influire sulla società contemporanea facendosi a sua volta influenzare dalle sue tendenze prevalenti, fino a sposarle, con rito civile. <br /> Compiace l’onda 'social' del momento, cavalca l’Opinione Dominante di cui si fa veicolo clericale, (...) reputa la Chiesa la continuazione dei 'social' con altri mezzi. <br /></div><div> MARCELLO VENEZIANI <br /><br /> <br /> DELITTO E CASTIGO <br /></div><div style="text-align: justify;"> Chiunque commetta un reato non pensa alla pena che rischia. <br /> La prima ragione è che nemmeno la conosce. La seconda (per esempio nel caso del furto) che pensa che non sarà identificato. La terza che, nell’emozione del momento, il colpevole dice: «A costo di farmi trent’anni di galera». <br /> Ipotesi che accettare con disinvoltura e coraggio; salvo poi farsela sotto, in Corte d’Assise, quando rischia di vederseli infliggere sul serio, trent’anni. <br /> La sintesi è semplice: nei secoli passati la pena di morte è stata inflitta molto più disinvoltamente di oggi e tuttavia i reati commessi erano maggiori. <br /></div><div> GIANNI PARDO <br /><br /> <br /> TRA IL DIRE E IL FARE <br /></div><div style="text-align: justify;"> Certe posizioni [politiche di protesta] le assumi quando non hai la possibilità di contare qualcosa o di governare. <br /> Appena varchi la soglia dell’invisibilità, e ti fai prima visibile, poi decisivo, in grado di influenzare le sorti di governi e maggioranze, allora ti trovi davanti a un bivio: o vieni estromesso, con ogni mezzo, o vieni neutralizzato, sterilizzato, addomesticato, e allora entri nel gioco politico ma a prezzo della tua identità e del tuo progetto originario. (…) <br /> Il passaggio dall’opposizione al governo comporta una mutazione inesorabile. <br /></div><div> MARCELLO VENEZIANI <br /><br /> <br /> VETI INCROCIATI <br /></div><div style="text-align: justify;"> L’insieme di veti incrociati ormai e’ tale che potete fare solo cose canoniche. <br /> Se ogni opera puo’ solo essere neutrale nei confronti di ogni gruppo, in che modo l’arte, il pensiero, la nostra preziosa “liberta’ di parola” potra’ cambiare le cose ? <br /> [Com'è possibile], se per cambiare le cose occorre criticare qualcuno, e non si può perchè quel qualcuno si offende ? <br /> La tua liberta’ finisce dove inizia quella di qualcun altro, ma quella di qualcun altro inizia, guarda caso, proprio dove inizia la tua! Che sfortuna. <br /></div><div> URIEL FANELLI <br /><br /> <br /> DIO, PATRIA, FAMIGLIA <br /></div><div style="text-align: justify;"> L’amor di Dio, l’amor patrio e l’amore per la famiglia sono stati, nel bene e nel male, e in tutte le contraddizioni, la bussola e il filo conduttore per tenere unita una società, per fondare comunità e legami non provvisori né utilitaristici e per stare al mondo non badando solo ai propri esclusivi interessi egoistici e ai propri desideri individuali. <br /> Negare quei fondamenti significa negare il fondo persistente, benché ferito e tante volte calpestato, su cui regge la vita della gente e il sentire comune. <br /> Non è mai esistita una società fondata sulla negazione di quelle basi e del loro intreccio. Noi proveniamo da quel mondo, siamo figli ed eredi di quel modo di vivere e di vedere; i nostri legami più forti e duraturi derivano da quelle basi. <br /> Sarebbe assurdo ridurre quei fondamenti alti, vasti e profondi al programma politico, ideologico, elettorale di uno schieramento.<br /></div><div> MARCELLO VENEZIANI</div>Unknownnoreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-27264625699582359162024-01-21T00:02:00.000-08:002024-01-21T00:04:51.827-08:00Vegano ? No, grazie !<div style="text-align: justify;"><i>L'uomo, per sua natura, è un animale onnivoro, che mangia ogni tipo di alimento, ma può, con un modesto adeguamento (e senza risentirne), diventare vegetariano, cioè escludere dalla propria dieta la carne animale. </i><br /><i> Esiste però una scelta alimentare ancora più impegnativa ed è quella del vegano, che rinuncia non solo alla carne, ma anche ad ogni tipo di alimento animale (latte, formaggio, uova, ecc.). </i><br /><i> A questo argomento è dedicato il post di oggi, scritto da Gaia Baracetti per il suo blog, con la quale mi trovo in totale sintonia. </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div> </div><div> </div><div style="text-align: justify;"><< Potrebbe sembrare gratuito e controproducente prendersela con i 'vegani', quando il problema del pianeta è l’opposto: troppa gente mangia troppa carne o prodotti animali, e il numero di queste persone sembra destinato ad aumentare. Quindi chiarisco subito. <br /><br />Generalmente, penso che le pratiche dei vegani contribuiscano a un mondo migliore, riducendo il consumo di risorse necessario per produrre carne, formaggi, uova e altri prodotti animali, e la sofferenza delle bestie, purché tengano conto anche di altri fattori nei loro consumi alimentari: chilometro zero, stagionalità, riduzione della dipendenza da cibi lavorati industrialmente, e così via. <br /><br />Io sono grata ai vegani per le loro pratiche, ma contesto le loro filosofie. La mia tesi è che i vegani pecchino dell’antropocentrismo di cui fanno rimprovero ai non-vegani, e manchino di comprensione e rispetto nei confronti dello stesso mondo naturale ed extra-umano che dicono di voler proteggere. <br /><br />Inoltre, con le loro campagne moraliste, spesso si comportano da crociati e da fanatici, e non comprendono le ragioni di chi non la pensa come loro, trattato da assassino e peccatore. Nel peggiore dei casi, mettono una vita umana sullo stesso piano di una vita animale, svilendo la prima e non capendo il senso della seconda. <br /><br />La mia obiezione principale ai vegani è quindi questa: non si può pensare che l’uccisione di un animale sia una cosa sbagliata. Non lo si può pensare perché è la legge fondamentale della vita su questo pianeta: 'mors tua vita mea'. (...) <br /><br />Il mondo degli animali è complesso e segue leggi diverse da specie a specie, ma io ritengo compatibile con questo mondo accettare che una specie tuteli se stessa. Tralasciando questioni per ora irrisolvibili su cosa rende gli esseri umani diversi da altre specie, e superiori, ammesso e per nulla concesso che lo siano, io dico semplicemente: io faccio gli interessi dell’homo sapiens. <br /><br />Questo è quello che fa ogni specie, anche se alcune, per motivi di sopravvivenza, si sbranano al proprio interno. Naturalmente questo solleva spinose questioni su fino a che punto ci si possa spingere nella difesa della propria specie, dato che io penso anche che il mondo non umano abbia un valore intrinseco; ma anche senza preoccuparci di questo valore, mettendolo da parte per il momento. so che distruggendo l’ambiente che ci circonda non possiamo vivere. <br /><br />Quindi: sono umana, considero la vita umana superiore alle altre, e cerco di preservarla. Al tempo stesso, senza mancare a questo principio, mi adopero affinché la vita umana esista entro dei limiti, difficili da definire, certo, ma indispensabili. <br /><br />Cerco di mantenere uno stile di vita non troppo impattante, di sensibilizzare le persone sui rischi di una crescita senza fine della popolazione umana, e sul valore del mondo non-umano. Penso agli interessi della mia specie, nel nome di questi interessi tutelo l’ambiente in cui la mia specie vive, e intanto gli riconosco anche un indefinito valore proprio indipendente dall’esistenza umana. <br /><br />Se questa mia premessa non vi torna, guardatela in questo modo: quanti di voi si sentirebbero di mettere sullo stesso piano la vita di una persona e di un cane? E poi di una persona e di una falena? E poi di una persona e di un tonno? Questo non è incompatibile con l’idea, con cui sono d’accordo, che vadano limitate le sofferenze animali. (…) <br /><br />Diverso è il discorso della libertà. Io non tengo animali in casa, non sopporto pesci negli acquari, uccelli in gabbia, e nemmeno cani e gatti prigionieri di una casa. Per me gli animali, a meno che non servano per qualcosa di utile, dovrebbero vivere liberi nel proprio ambiente. Quindi non ho animali domestici. Sono pronta a credere che questa sia una mia semplice proiezione: non so se a un animale dispiaccia stare in gabbia o no. (…) <br /><br />Avete mai visto una mucca su una malga? Mangia, si sdraia, mangia un altro po’. Una mucca in una stalla fa lo stesso. Io posso supporre che la vacca stia meglio all’aperto e muovendosi piuttosto che al chiuso e ferma, ma non posso saperlo per certo. Dubito tra l’altro che apprezzi gli spettacolari paesaggi alpini tanto quanto le idilliche foto sui prodotti caseari sembrano suggerire. <br /><br />Inoltre, come posso io sapere che è migliore la stressante vita di un capriolo, sotto la minaccia costante di essere cacciato e ucciso [dai suoi predatori] (...), piuttosto che quella di una vacca, prigioniera sì ma con cibo sempre garantito e la morte che arriva solo alla fine? (...). <br /><br />Facciamo un altro esempio. I metodi biologici di controllo degli insetti, per la produzione di verdure di cui si nutrono anche i vegani. Ucciderli con i pesticidi è inquinante, ma forse non è più crudele di metodi di controllo biologico come farli divorare dall’interno dai nematodi o attirarli con dei feromoni, per poi fargli trovare una trappola anziché l’agognato partner per l’accoppiamento. <br /><br />Questa è l’agricoltura biologica: crudele! Eppure, l’alternativa è lasciare che gli insetti divorino il cibo che stiamo coltivando per noi stessi, e nutrirci con quel che rimane, se ne rimane. Quindi, a meno che non mi sfugga qualcosa, i vegani non sono vegani se mangiano verdure coltivate, perché per coltivarle bisogna uccidere gli insetti. <br /><br />Insomma, io cerco di garantire alle bestie un tenore di vita decente, (…) [ma] le leggi di natura dicono che gli animali si ammazzeranno, inevitabilmente, gli uni gli altri per sopravvivere. Al di fuori della mia specie, io accetto di vivere secondo queste regole, le regole naturali, anziché secondo quelle stabilite dai vegani, innaturali e assurde, secondo le quali gli animali non devono essere uccisi. (…) <br /><br />Possiamo immaginare un mondo in cui nessun essere umano uccide un altro: questo mondo potrebbe esistere e anche funzionare. Un mondo in cui gli animali non si ammazzano gli uni gli altri è impossibile, insensato e ridicolo. Noi siamo animali. <br /><br />Gli animali che sono prede producono più prole di quanta ne servirebbe per il semplice ricambio intergenerazionale, proprio perché parte di essa sarà uccisa e mangiata per sostenere altre specie. Quando non viene uccisa, perché non ci sono più predatori naturali o perché c’è uno squilibrio, di solito creato dall’uomo, la specie preda diventa infestante e distrugge l’habitat divorando le risorse disponibili. Non serve neanche che vi faccia esempi, tanto è evidente e noto quello che dico. <br /><br />Quindi, se i principi dei vegani venissero applicati all’intero mondo naturale, i predatori dovrebbero competere con le prede per mangiare solo vegetali, anche se il loro metabolismo e la loro fisiologia lo rendono impossibile, e le prede dovrebbero praticare qualche tipo di controllo per le nascite. Vedete che questa prospettiva è ridicola. <br /><br />E allora perché io dovrei aderire a una regola tanto assurda? I vegani vogliono che io creda che un pilastro della vita su questo pianeta è sbagliato: quanta arroganza in questo! (…) Mangio poca carne per non pesare sul pianeta, cerco di controllarne l’origine, ma la mangio. Accetto tutto questo perché penso che se avessi dovuto vivere secondo regole diverse, non sarei nata su questo pianeta. >> <br /></div><div><br /> GAIA BARACETTI <br /><br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-13540061312406156742024-01-14T06:53:00.000-08:002024-01-15T01:55:19.378-08:00Pensierini – LXVI<div>NON RISPONDERE <br /></div><div style="text-align: justify;"> Trovo assurda la previsione del nostro Codice Penale (e di tanti altri ordinamenti giurici occidentali) secondo cui l'imputato ha sempre il diritto di non rispondere. <br /> L'imputato, al contrario, dovrebbe sempre essere obbligato a rispondere, a dare la propria versione dei fatti, con la previsione che, in caso di silenzio, sarà considerato colpevole. <br /> Certo, l'imputato ha diritto alle sue tutele, ma quello che deve essere tutelato non è il suo diritto di tacere (assurdo, come detto), ma solo quello, giuridicamente ben più importante, di non subire abusi da parte degli inquirenti. <br /> E per ottenere questo, basta prevedere, molto semplicemente, che ogni dichiarazione dell'imputato, per essere giudizialmente valida, deve essere effettuata in presenza del suo avvocato; altrimenti non ha alcun valore. Ma, una volta garantita questa tutela, l'imputato deve parlare, eccome; e deve raccontare tutto quello che sa. </div><div style="text-align: justify;">Al massimo, se dovesse mentire nel proprio interesse, non potrà essere condannato (in aggiunta) per falsa testimonianza. Ma nulla di più. Perchè la ricerca della verità, che è poi lo scopo ultimo di ogni processo penale, ha assolutamente bisogno delle sue parole. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> SINGOLO E SOCIETA' <br /></div><div style="text-align: justify;"> Come ricordo spesso, una delle tragedie fondamentali dell'uomo è questa: che quello che va bene per il singolo non va bene per la società; e quello che va bene per la società non va bene per il singolo. <br /> Come fa allora una società a nascere ed a funzionare ? <br /> Inventa le sovrastrutture (religione, ideologie, ecc.) grazie alle quali convince il singolo che gli interessi della società coincidono con i propri. <br /> Questo ovviamente continua a non essere vero, però l'inganno funziona e tanto più profondo e condiviso è l'inganno e tanto maggiore è l'efficienza della società. <br /></div><div> LUMEN<br /><br /><br /> POPOLO EBREO <br /></div><div style="text-align: justify;"> Vedendo le cose del Medio Oriente dall'esterno, cioè da persona non coinvolta direttamente nella questione, ho l'impressione che gli Ebrei siano comunque un popolo 'speciale'. <br /> Nel senso che, per una serie di motivi, anche storici, non possono passare inosservati: o li apprezzi o li detesti. <br /> Non sono molti i popoli, nel mondo, di cui si può dire la stessa cosa. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> ELITES E FRATTALI <br /></div><div style="text-align: justify;"> Gaia Baracetti, parlando dei comportamenti politici, che appaiono spesso egoisti e discutibili, ha osservato acutamente che “Gerarchia e potere sono frattali”, nel senso che coinvolgono un po' tutti, ciascuno nella sua nicchia. <br />Mi sembra una frase molto bella, che esprime perfettamente (e con sintesi mirabile) l’essenza del pensiero elitista: nel nostro piccolo, siamo tutti affascinati dal potere, appena ne abbiamo l’occasione (un po' come nel famoso proverbio “l’occasione fa l’uomo ladro”). <br />Le elites vere e proprie, cioè quelle che stanno sopra a tutti, per la ricchezza posseduta ed il conseguente potere, sono solo quelle più appariscenti. Ma non sono le uniche. <br /></div><div> LUMEN<br /> <br /><br /> DIO MAIUSCOLO <br /></div><div style="text-align: justify;"> Per i credenti, ovviamente, la parola Dio va scritta in maiuscolo (ed anche con sacro rispetto), ma per gli atei, che non credono alla sua esistenza, sarebbe forse più corretto scriverla in minuscolo ? <br /> Io penso di no. <br /> Perchè Dio sarà anche un personaggio di fantasia, ma è un personaggio noto, e tutti i personaggi di fantasia vengono scritti comunque con la maiuscola: dall'Arcangelo Gabriele a Sherlock Holmes, da Mefistofele a Peter Pan, ecc. ecc... <br /> Quindi, inesistente sì, ma con la maiuscola. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> DIRITTO INTERNAZIONALE <br /></div><div style="text-align: justify;"> Mentre gli accordi internazionali che coinvolgono pochi paesi vengono sottoscritti per rafforzare i contraenti, i trattati internazionali di più ampio respiro (in genere promossi dall'ONU o dai suoi organismi collegati) sembrano improntate ad una matrice talmente 'buonista' e lassista da dare l'impressione di avere lo scopo specifico (promosso probabilmente dalle elites globaliste) di fiaccare e limitare la sovranità delle singole nazioni. <br /> Tanto è vero che molti Stati, essendo concordi sui principi ma perplessi sulle conseguenze pratiche, ritardano talvolta la loro adesione e gli USA – che hanno un'opinione molto elevata della loro indipendenza - si rifiutano spesso di firmare. <br /> Per conseguenza il diritto internazionale, per quanto non cogente (e quindi giuridicamente inesistente), è diventato una gabbia sempre più stretta che finisce, paradossalmente, per limitare più le democrazie (a cui non servirebbe) che le dittature (che invece se ne fregano). <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-12041229042314279352024-01-07T00:14:00.000-08:002024-01-07T02:15:28.307-08:00Vox Populi, vox Dei<div style="text-align: justify;"><i>Contrariamente a quello che molti pensano, non è la religione a forgiare i costumi ed il carattere di un popolo, ma semmai il contrario. <br /> Ne consegue, tra le altre cose, che le Nazioni che – per scelta o per necessità – si trovano ad essere multi-religiose (cioè non applicano il principio storico “cuius regio, eius religio”) devono sempre affrontare molte difficoltà. <br /> A questo argomento è dedicato il post di oggi, scritto da Gianni Pardo e tratto dal suo blog personale. <br /> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /></div><div style="text-align: justify;"> << Un titolo di giornale così recita: “Impedire alle donne di studiare e lavorare è contro l’Islam”. Pare l’abbiano detto dei “leader musulmani” contro “l’apartheid femminile in Afghanistan”. E francamente viene da sorridere. <br /><br /> Non c’è bisogno di essere specialisti della religione maomettana per sapere che il Corano non contiene se non generiche prescrizioni riguardo al vestiario, alla cultura e al lavoro delle donne. E allora, dirà qualcuno, in Iran si rischia la rivoluzione, con centinaia o forse migliaia di morti, per un “hijab” che non è nemmeno una prescrizione religiosa? La risposta è: proprio così. <br /><br /> Buona parte delle religione maomettana, così come viene vissuta ogni giorno in parecchi Paesi, è più figlia della tradizione che della teologia. Dunque nella dichiarazione di quei “leader musulmani” c’è un fraintendimento di fondo che del resto si verifica anche per quanto riguarda il Cristianesimo. <br /><br /> Molta gente, anche in Europa, è convinta che la morale sia figlia della religione, tanto da considerare “immorale” chi è “irreligioso” e da pensare che rubare sia peccato, e soltanto in secondo luogo furto. In realtà è tutto il contrario. Per quanto riguarda i principi della convivenza sociale ogni religione costituisce la sacralizzazione delle idee prevalenti in un dato momento storico. <br /><br /> La religione cristiana, per esempio, è nata in un tempo e in una regione in cui era “ovvio” che le donne fossero sottomesse all’uomo e non avessero cariche direttive. Infatti alle donne è stato vietato il sacerdozio, e gli si è pure vietato di prendere la parola in chiesa (“foeminae in ecclesia taceant”, ha scritto San Paolo, o piuttosto Paolo di Tarso, per indicare la regione da cui proveniva). <br /><br /> Le monache ancora oggi sono vestite come l’ayatollah Khamenei amerebbe vedere vestite tutte le iraniane, per non parlare del hijab afghano che copre tutto il corpo e permette alle donne di vedere qualcosa solo attraverso una grata fatta di ricamo. <br /> </div><div style="text-align: justify;">Come è ovvio, il Cristianesimo si è evoluto, perché si è evoluta la società, e addirittura non soltanto le donne prendono la parola in chiesa, ma nel Protestantesimo è addirittura permesso loro il sacerdozio, fino ad avere donne che hanno la carica di vescovo. Insomma, il Cristianesimo delle origini è quasi completamente dimenticato e, mentre in Iran impiccano gli omosessuali perché tali, papa Francesco invita a considerarli fratelli, a rispettarli e ad accoglierli nel seno materno della Chiesa. <br /><br /> Qui non si stanno né criticando né apprezzando i principi che applicano le varie religioni: si vuole soltanto dire che non bisogna mettere il carro dinanzi ai buoi. Non è l’Islam che rende certi popoli selvaggi, sono certi popoli che rendono selvaggio l’Islam. <br /><br /> Non è la società che obbedisce alla religione, è la religione che obbedisce alla società. Quanto meno in un primo momento. Poi avviene che la religione si proclama la fonte dei principi della convivenza sociale e, forte di questa auto-investitura, vuole bloccare la storia ad un dato momento storico (quello della sua affermazione, ed ecco l’abbigliamento delle suore). <br /><br /> Dunque la religione diviene intransigente perché crede (e fa credere) che i principi che cerca di imporre sono di origine divina. Ecco perché reputa che il suo potere di influire sulle norme della convivenza debba essere considerato indiscutibile: perché è “sovrumano”. Se l’hayatollah Khamenei è intrattabile è perché gli pare assurdo che debba mettersi a discutere la parola di Dio con quattro scalmanati (e, peggio, scalmanate).<br /> </div><div style="text-align: justify;">Ma c’è di più. Come si sa “Le istituzioni camminano sulle gambe degli uomini”. La religione si crede la regola fondamentale della società e i suoi rappresentanti sanno benissimo che il loro status, la loro autorità ed anche il loro reddito dipendono dalle sorti della fede. Finché essa è rispettata sono rispettati anche loro e vivono bene; se invece la religione perde presa, perdono presa anche loro e rischiano l’insignificanza prima e la sparizione dopo. <br /><br /> Dunque non c’è da stupirsi che i religiosi siano ferocemente conservatori. Ogni innovazione comportamentale e morale (per esempio il matrimonio degli omosessuali) corrisponde infatti ad un perdita di territorio, ad una diminuzione del loro potere. <br /><br /> In questo senso Khamenei, con la sua spietata chiusura totale, mostra di aver compreso la religione; e infatti Francesco, con la sua tolleranza politically correct, rischia di far sparire il Cristianesimo anche dal Vaticano. Ma non è il primo che ha cominciato a sbagliare. <br /><br /> Non bisognava per esempio permettere la messa in italiano. Il latino ammantava di mistero esoterico parole e concetti che non venivano compresi, mentre la messa in italiano fa ascoltare cose arcaiche su cui si può esercitare lo spirito critico dei più svegli. Io per esempio ci ho messo decenni a capire che significa l’inizio del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”. <br /></div><div><br /> </div><div style="text-align: justify;"> (PS - Per chi avesse questa curiosità: la frase deriva dalle convinzioni gnostiche dell’autore e riflettono – salvo errori – una teoria di Aristotele. <br /> Dio, essendo perfetto, non può avere modificazioni, perché agire è modificare e modificarsi. Ma Dio ha creato il mondo. Come ha fatto? Dicendo: “Fiat”. La sua Parola (Verbo, in latino), essendo la parola dell’Onnipotente, ha provocato la creazione, mentre Dio rimaneva “Motore immobile”. <br /> Ma, ammoniva l’evangelista, la sua Parola è la Parola di Dio, è presso Dio, è Dio stesso. Giovanni intendeva spiegare la natura di Gesù, contemporaneamente – per chi era disposto a crederci – entità separata da Dio, e nel frattempo consustanziale a Dio e Dio stesso.) >> <br /></div><div><br /> GIANNI PARDO <br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com15tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-2410579695680986512023-12-31T00:04:00.000-08:002024-01-03T01:53:25.991-08:00Appunti di Ecologia<div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"><i>Questo post riporta alcune considerazioni sullo stato attuale del nostro pianeta. Il cui sistema ambientale non se la sta passando molto bene, anche perché le (modeste) decisioni che vengono prese nei vari consessi internazionali, rimangono spesso lettera morta. <br /> Speriamo che il pensiero ecologico 'a lungo termine' possa finalmente prevalere su quello economico, 'a breve termine'. <br /> LUMEN <br /></i><br /><br /> SMANTELLARE IL NUCLEARE <br /> La necessità di gestire le scorie e di smantellare le centrali fuori servizio (de-commissioning) rappresentano fardelli non da poco per i nuclearisti di vecchia data, anche perché in passato si è nutrita troppa fiducia sugli sviluppi tecnologici che consentissero di arginare tali criticità. <br />Per farsi un’idea della portata del problema, si pensi che la Sogin nel 2022 dovrebbe aver completato il de-commissioning dei reattori italiani [solo] al 45 %, malgrado la nostra esperienza nucleare sia terminata nel 1987 e riguardasse solo quattro unità. <br />Oppure si consideri il caso britannico, dove il costo per lo smantellamento di 14 reattori di vecchia generazione è stimato in 23,5 miliardi di sterline). <br />Secondo l'AIEA, l’unica centrale atomica commerciale ‘de-commissioning completed’ è quella tedesca di Kahl, che impiegava una piccola unità sperimentale da 15 MW ed è rimasta attiva solo quindici anni. <br />Per ovviare a tutte queste incognite, la strategia universalmente adottata in Occidente è consistita nel prolungare la vita operativa dei reattori esistenti dai 35-40 anni previsti a 60 o addirittura 80, operazione però che richiede aggiornamenti tecnici continui. (…) </div><div style="text-align: justify;">[E] la manutenzione delle vecchie unità si è rivelata più lunga e complessa del previsto. <br /> IGOR GIUSSANI <br /></div> </div><div style="text-align: left;"><br /> <br /></div><div style="text-align: justify;"> AMBIENTE E POPOLAZIONE <br /> Limitare il numero degli esseri umani deve far parte dell'impegno [ecologico]. <br /> Eppure gli ambientalisti raramente lo riconoscono, o perché pensano che la crescita della popolazione non sia più un problema, o perché pensano che il problema si risolverà da solo. Nessuno dei due è vero. <br /> Le dimensioni eccessive delle famiglie mandano decine di milioni di bambini a letto affamati ogni notte nei paesi in via di sviluppo, dove la rapida crescita della popolazione mette a dura prova le scarse risorse idriche, alimentari e spaziali oltre i limiti di sicurezza. <br /> Nel frattempo la continua crescita della popolazione porta alla deforestazione, al deterioramento delle barriere coralline e alla pavimentazione di terreni agricoli e zone umide. <br /> In tutto il mondo, la maggior parte delle popolazioni nazionali continua a crescere e le Nazioni Unite prevedono un massiccio aumento di 3 miliardi di persone in più entro il 2100. <br /> LEON KOLANKIEWICZ <br /></div><div style="text-align: left;"><br /> <br /><div style="text-align: justify;"> ANDARE IN BICICLETTA <br />Un ciclista è un disastro per l'economia del Paese: non compra auto e non chiede prestiti per comprarle. Non paga l'assicurazione. Non compra carburante e non paga la manutenzione e le riparazioni. Non usa parcheggi a pagamento Non causa incidenti gravi. Non ha bisogno di autostrade a più corsie... e non ingrassa. <br /> Le persone sane non sono né necessarie né utili all'economia. Non comprano farmaci. Non vanno in ospedale o dal medico. Non aggiungono nulla al PIL (prodotto interno lordo) del Paese. <br /> Al contrario, ogni nuovo fast food crea almeno 30 posti di lavoro: 10 cardiologi, 10 dentisti, 10 dietologi e nutrizionisti, e naturalmente le persone che lavorano nel ristorante stesso. <br /> Scegliete con saggezza: ciclista o fast food? Vale la pena di riflettere. <br /> NATURA MIRABILIS <br /></div></div><div><br /> <br /> VISIONE RISTRETTA <br /></div><div style="text-align: justify;"> La maggior parte del dibattito su energia e ambiente riguarda il cambiamento climatico e la ricerca di modi per sostituire i combustibili fossili con forme di energia a basso contenuto di carbonio. <br /> Questa è una visione 'ristretta' della difficile situazione umana. (…) È necessaria una prospettiva più ampia che includa energia, economia, popolazione, ecologia e comportamento umano. <br />Il cambiamento climatico non è il problema più grande che il mondo deve affrontare. È un sintomo del problema molto più ampio dell'overshoot [superamento dei limiti]. <br />Ciò significa che gli esseri umani utilizzano le risorse naturali e inquinano a ritmi superiori alla capacità del pianeta di riprendersi. La causa principale dell’overshoot è la straordinaria crescita della popolazione umana resa possibile dall’energia fossile. <br />Il superamento dei limiti è più difficile da contestare rispetto al cambiamento climatico: la distruzione delle foreste pluviali, il declino della popolazione di altre specie, l’inquinamento della terra, dei fiumi e dei mari, l’acidificazione degli oceani e la perdita della pesca e delle barriere coralline. <br />Questi non fanno parte di alcun processo naturale e l’attività umana ne è chiaramente responsabile. <br />La tecnologia, sfortunatamente, non è più una soluzione al cambiamento climatico, al superamento dei limiti o alla situazione umana in cui era la causa principale della prosperità umana. (…) <br />È improbabile che le emissioni di carbonio e il superamento dei limiti planetari diminuiscano finché il consumo di energia, il PIL mondiale e la popolazione continueranno ad aumentare. <br />L’interrelazione di questi fattori con il degrado dell’ecosistema terrestre significa che non esistono soluzioni senza un cambiamento strutturale di tutti questi fattori come punto di partenza. Ciò implica che è necessario un cambiamento di paradigma di civiltà. <br /> ART BERMAN</div>Unknownnoreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-42955967345780458922023-12-23T23:50:00.000-08:002023-12-24T02:10:01.765-08:00Mussolini e il carbone<div style="text-align: justify;"><i>Dopo aver parlato del Fascismo sotto il profilo socio-economico e mistico-religioso, dedico questo post ai problemi energetici dell'Italia dell'epoca, visto che, al di là degli ovvi aspetti ideologici, anche Mussolini, come qualsiasi altro capo di Stato, doveva preoccuparsi di far marciare la Nazione. </i><br /><i> Ce li racconta Ugo Bardi in questo pezzo di argomento 'storico' tratto dal suo blog personale. </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /></div><div style="text-align: justify;"><< Il Fascismo può essere visto come un tentativo di adattare l’economia italiana a una situazione di carenza di risorse energetiche che cominciò a manifestarsi negli anni 1920, con l’arrivo del “picco del carbone” in Inghilterra – il principale fornitore di carbone per l’Italia. <br /><br />Mussolini, come pure gli intellettuali italiani del tempo, non riuscirono mai veramente a rendersi conto dei limiti produttivi del carbone e del suo valore strategico. Il risultato fu una storica sconfitta per l’Italia, dalla quale lo stato italiano non si è mai veramente ripreso. (…) <br /><br />Con la fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1918, nessuno si accorse di un evento epocale che avrebbe cambiato tutta la storia dell’Europa, incluso i rapporti fra Italia e Gran Bretagna: il picco del carbone. <br /><br />Il carbone è un combustibile fossile: esiste in quantità limitata. Ed è soggetto a una legge economica ben nota: quella dei “ritorni decrescenti”, generata dall’esaurimento graduale. Se ne era già accorto Jevons nel 1866, ma nessuno gli aveva dato retta. Ma la combinazione di geologia e economia genera dei cicli economici inevitabili di crescita e declino. <br /><br />Nel 1913, la Gran Bretagna aveva raggiunto il suo massimo produttivo (il “picco del carbone”) e, da allora, cominciava un declino che si sarebbe concluso solo verso la fine del ventesimo secolo, con l’azzeramento della produzione. Nessuno allora come oggi, riusciva a capire il ruolo dell’esaurimento e il calo produttivo in Inghilterra veniva invece attribuito agli scioperi. In Italia, invece, si tendeva ad attribuirlo alla cattiveria dei perfidi albionici in Italia. (...) <br /><br />Quando Mussolini prese prese il potere nel 1922 si trovò davanti una situazione relativamente favorevole. Nonostante il declino della produzione, il carbone inglese arrivava ancora in Italia ed era possibile soddisfare la domanda, anche con l’apporto addizionale di carbone tedesco. Questo portò ad alcuni anni di condizioni economiche relativamente buone con una crescita del PIL per persona in Italia moderata, ma significativa. <br /><br />Il problema cominciò a presentarsi con la grande depressione del 1929, accompagnata, e forse causata, dal declino della produzione di carbone inglese. Mussolini era un tipico politico: non ragionava in termini quantitativi. Né lui, ne gli intellettuali italiani dell’epoca riuscirono a capire che gli alti costi del carbone inglese non erano un tentativo da parte della Gran Bretagna (la “perfida Albione”) di danneggiare l’economia italiana. <br /><br />A partire dal 1934, circa, questa situazione portò a una virata radicale dell’orientamento geopolitico Italiano, ovvero ad allontanarsi dall’alleanza con l’Inghilterra per stabilire rapporti sempre più stretti con la Germania, vista come un fornitore di carbone più affidabile. Questo portò ad allinearsi con la Germania in materie come l’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei, come pure ad avventure spericolate e disastrose, come l’invasione del’’Etiopia nel 1935. <br /><br />Basta qualche numero per rendersi conto di come il governo Italiano avesse pesantemente sbagliato i calcoli. <br /><br />Al massimo produttivo, nel 1913, le miniere inglesi arrivarono a produrre quasi 300 milioni di tonnellate di carbone in un anno. Ancora verso la metà degli anni 1930, ne producevano oltre 200 milioni. Di questi, circa 20 milioni erano esportate in tutto il mondo e, almeno un terzo delle esportazioni si dirigevano verso l’Italia. Con l’aggiunta del carbone tedesco, l’economia Italiana consumava circa 10 milioni di tonnellate di carbone all’anno. <br /><br />Se ragioniamo che l’economia industriale era proporzionale ai consumi energetici (allora come lo è oggi) ne consegue che la produzione industriale Britannica era venti volte quella Italiana in termini di quei prodotti che servono a combattere una guerra – cannoni, carri armati, navi da guerra, eccetera. <br /><br />La sproporzione era così evidente che non si riesce a capire come sia stato possibile anche solo prendere in considerazione l’idea di combattere la Gran Bretagna su un piano di parità. Ma fu il risultato dell’incapacità dei politici, e dell’intera società che rappresentavano, di ragionare in termini quantitativi. <br /><br />Mussolini era un politico “puro” non era grado di ragionare sulla base dei dati. Per lui, le miniere del Sulcis in Sardegna erano una risposta sufficiente alle miniere del Sussex in Inghilterra. Non si rendeva conto che erano delle miniere giocattolo in confronto. Certo, Mussolini contava sulla Germania per fornire il carbone che la Gran Bretagna non poteva più fornire. Ma era semplicemente cambiare fornitore e la sproporzione delle forze in campo rimaneva spaventosa. <br /><br />Tolstoj diceva che i re e gli imperatori sono gli “schiavi della storia”. Mussolini lo fu certamente. Dagli anni 1930 in poi, lo vediamo dibattersi fra una situazione impossibile e un’altra, ogni volta prendendo la decisione sbagliata, creando più problemi di quelli che risolveva. (...) <br /><br />Poteva la storia essere diversa? Ci potremmo domandare cosa sarebbe successo se Mussolini avesse preso delle decisioni diverse. Ancora nel 1934, Margherita Sarfatti, ex-amante del Duce, proponeva al presidente USA Roosevelt un’alleanza con l’Italia che, pare, Roosevelt vedeva favorevolmente. Sarebbe stato possibile? <br /><br />Forse si, ed è da notare che già negli anni 1920, gli USA producevano tre volte più carbone dell’Inghilterra e avrebbero probabilmente potuto rifornire l’Italia, se necessario. Sembra che Mussolini prese la decisione di allearsi con la Germania più che altro sotto l’effetto della personalità dominante di Adolf Hitler. Un caso dove la decisione sbagliata di una singola persona cambiò i destini del mondo intero. <br /><br />Ma la situazione italiana era di debolezza oggettiva per ragioni geografiche. Comunque fosse andata, l’Italia sarebbe diventata un paese subalterno di paesi più forti, economicamente e militarmente. >> <br /> <br /> UGO BARDI <br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-26374702058472153672023-12-16T23:50:00.000-08:002023-12-22T01:57:02.657-08:00Pensierini – LXV<div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">IMMIGRAZIONE ED ELITES <br /> Quello dell’immigrazione incontrollata è uno dei temi più drammatici che sta vivendo oggi la civiltà occidentale (oltre, ovviamente, al degrado ambientale). <br />Io credo che il problema sia strettamente legato al cambiamento strutturale delle elites (soprattutto europee), che da elites nazionali sono diventate elites sovra-nazionali, con la conseguenza che gli interessi che esse perseguono non sono più nazionali, come prima, ma internazionali. <br />Pertanto, non si verifica più quella (casuale) coincidenza di interessi, in cui alcune iniziative delle elites finivano per contribuire anche al benessere delle relative popolazioni. <br />Quindi, se oggi l’immigrazione viene gestita in questo modo assolutamente aberrante, cosa chiaramente voluta, è solo perchè le elites ne hanno tutti i vantaggi economici, mentre gli svantaggi sociali (gravissimi) ricadono sulla popolazione comune, della quale alle elites non importa assolutamente nulla. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> PERCENTUALI <br /> A coloro che si lamentano che nessuna nazione cristiana sta realizzando il vero "spirito cristiano", i vertici religiosi rispondo che questo non è vero. <br /><< Nella Chiesa Cattolica - affermano - composta da circa 1,4 miliardi di fedeli, esistono decine di milioni di persone che danno la vita stessa per aiutare le persone bisognose nelle missioni nei Paesi poveri, nelle carceri, negli ospedali, nelle strade; un esercito di anime buone che realizzano il vero spirito evangelico. >> <br /> Ora, è abbastanza ovvio che tra le moltitudini dei cristiani nel mondo ci siano delle brave persone. Ma le brave persone ci sono in tutte le religioni ed in tutti i gruppi umani. <br /> Il cristianesimo sarebbe speciale solo se potesse dimostrare che, tra i suoi fedeli, i 'buoni' sono in percentuale superiore alla media ed i 'cattivi' in percentuale inferiore. <br /> Ovviamente non esistono statistiche di questo genere, ma la sensazione 'a pelle' è che le percentuali siano più o meno le stesse. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> MONOTEISMO E POLITEISMO <br /> La storia ci mostra che il Monoteismo è stato un fenomeno successivo al Politeismo, e viene in genere interpretato come una sua evoluzione migliorativa, come una sorta di progresso del pensiero religioso. <br /> Io, però, non sono del tutto d'accordo. <br /> Il Dio unico, infatti, pone dei problemi insormontabili a livello di coerenza logica (basta vedere le arrampicate sugli specchi dei teologi in materia di 'teodicea'), mentre gli Dei plurimi sembrano dare una spiegazione più convincente della realtà caotica che ci circonda. <br /> E' anche vero, però, che il Dio unico è molto più efficace come 'instrumentum regni'; il che, forse, può giustificare il suo innegabile successo nella storia della civiltà. <br /> LUMEN <br /></div> <br /> <br /> RIVOLTE DI PIAZZA <br /></div><div style="text-align: justify;"> Alcuni sostengono che le elites (tramite i grandi gruppi che controllano il web) cercano talvolta di ridurre le potenzialità dei social media, per smorzare gli eventuali moti di rivolta spontanea. <br /> E' una considerazione interessante, ma che, forse, può essere rovesciata. <br /> Chi si sfoga sui social, magari, si accontenta delle sue invettive virtuali, ed ha meno voglia di andare a fare 'casino' anche in piazza. <br /> Mentre le Elites, se hanno paura di qualcosa, è proprio delle rivolte di piazza. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> LIBRI <br /> Nella mia vita, ho avuto la fortuna di leggere molti libri, sia di narrativa che di saggistica, ma il mio approccio con i cosiddetti romanzi classici è molto limitato, forse a causa della mia impostazione mentale. <br /> Se infatti, per soddisfare la mia naturale curiosità, voglio imparare qualcosa e progredre nelle mie concoscenze del mondo e dell'uomo, la scelta migliore è quella di un saggio. <br /> Se invece leggo un romanzo, lo faccio per rilassarmi e divertirmi (ed infatti leggo molti gialli), in quanto i romanzi che mi possono insegnare qualcosa (sotto forma di annotazioni profonde di psicologia o di sociologia) sono davvero pochi, anche se devo ammettere che le mie conoscenze in materia sono molto limitate. <br /> Comunque, leggere molto è sempre la cosa più utile; perchè ogni libro può avere il suo fascino. <br /> LUMEN <br /><br /><br /> AVERE UN CANE <br /> I cani, nonostante il grande affetto che danno e che ricevono, non possono essere i surrogati di un compagno (o di una compagna) nella vita affettiva. <br /> Ma possono essere il surrogato (o l'eccellente complemento) dei figli. <br /> Quindi, se le circostanze lo consentono, è molto meglio vivere in compagnia di un cane, che farne a meno. <br /></div> <div> LUMEN <br /></div>Unknownnoreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-58270988554525052932023-12-10T00:27:00.000-08:002023-12-12T23:31:24.316-08:00Occidente e Democrazia<div style="text-align: justify;"><i>Siamo talmente abituati ai vantaggi della democrazia in cui viviamo, che, talvolta, finiamo per attribuirle anche dei meriti che forse non ha. </i><br /><i> Di questa opinione è, per esempio, Uriel Fanelli, che nel post di oggi (tratto dal suo blog) prova a ribaltare qualche luogo comune sull'argomento. </i><br /><i> Un post molto provocatorio, ma anche molto interessante. </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /></div><div style="text-align: justify;"> << L’idea di democrazia che le persone hanno e’ del tutto infondata rispetto alla realta’. Nel dopoguerra, l’Europa post-coloniale ebbe un gigantesco balzo economico, che arrivo’ insieme alla imposizione da parte americana delle democrazie in Europa. <br /><br /> Un mondo che usciva dal colonialismo (o che ne stava ancora uscendo) era un mondo economicamente unipolare: sebbene apparentemente diviso in due poli politici e militari (USA e URSS) sul piano economico era del tutto unico. C’era un solo mercato (...), c’era un solo polo industriale e tecnologico, c’era una sola fonte di domanda. <br /><br /> Chiunque nel mondo avesse prodotto qualcosa aveva una sola speranza: venderla in occidente. Chiunque avesse materie prime aveva una sola speranza: venderle ad occidentali. Chiunque avesse forza lavoro aveva una sola speranza: lavorare per occidentali. Il prezzo? In condizioni di monopolio della domanda, lo faceva l’occidente. <br /><br />Non solo le nazioni occidentali erano le uniche a consumare, ma eravamo anche gli unici a comprare: questo era il mondo emerso alla fine del colonialismo. Dunque, il prezzo lo facevamo noi. Le condizioni le facevamo noi. <br /><br />I benefici del periodo storico sono stati confusi coi benefici della “democrazia”, al punto da pensare che la democrazia sia una specie di divinita’ capace di garantire al suo popolo la ricchezza e la prosperita’. Questa superstizione si e’ diffusa al punto che in caso di disastro economico per prima cosa il popolo chiede i soliti rituali religiosi: “elezioni, cambio di governo, dimissioni, manifestazioni,…”: si tratta del corrispondente di quello che si fa quando non piove e si fa una processione per la pioggia. <br /><br />Quello che si crede [in sostanza] e’ che la democrazia sia una divinita’ che garantisce ricchezza al suo popolo: bastera’ dunque che la Dea democrazia sia felice del proprio popolo, e ci ricompensera’. Cosi’, ad ogni crisi si fanno tutti i rituali della Dea democrazia, e ci si aspetta che la Dea provveda . </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">E se l’economia va male, per prima cosa si lamenta di non aver fatto abbastanza rituali, ovvero di non aver fatto abbastanza elezioni (o di non aver votato quello giusto), di non aver cambiato abbastanza il governo, di non aver avuto abbastanza dimissioni, di non aver manifestato abbastanza: senza queste cose la Dea democrazia e’ adirata coi suoi fedeli, e li punisce con una carestia. Amen. <br /><br />Ovviamente e’ un falso. Costruire un’economia funzionante e’ una questione tecnica. C’e’ riuscito Hitler come ci sono riusciti i cinesi, per dirne una. Avere ricchezza non e’ una prerogativa delle democrazie, dal momento che i paesi che crescono maggiormente sono in gran parte delle tirannie, e se prendiamo per esempio un periodo felice dell’ Europa, come il rinascimento, di democrazie ne troviamo ben poche. <br /><br />Non e’ impossibile per un governo tirannico costruire un buon sistema produttivo ed economico, e’ solo una questione di tecnica economica. La Spagna verso’ in condizioni pietose per tutto il dopoguerra, finche’ Franco chiamo’ i cosiddetti “tecnocrati” (...) i quali riuscirono a fare delle riforme tecnicamente corrette, che causarono un periodo di crescita che permise alla Spagna, finita la dittatura, di avere i requisiti per entrare nella UE e di arrivare al 79% del reddito pro-capite europeo. Eppure, il regime franchista non era certo una democrazia. <br /><br /> Alla democrazia, cioe’, vengono attribuiti con metodi simili alla superstizione dei risultati che sono puramente economici, indipendenti dal tipo di governo, ottenibili da qualsiasi genere di governo a patto di affidarsi a tecnici preparati. <br /><br />Un altro punto e’ il mito della liberta’. Circola voce insistente sul fatto che in una democrazia la gente sia “libera”, ovvero capace di fare quello che vuole senza interferenze da parte dei governi. <br /><br />Il problema a questo punto e’ che la democrazia la si confronta con i regimi del recente passato (comunismo e fascismo) ma non la si confronta con gli ultimi 2000 anni di storia. Negli ultimi 2000 anni, tranne pochissimi periodi, il cittadino qualsiasi subiva MOLTE meno interferenze da parte dello stato, rispetto ad oggi. <br /><br />Non intendo scrivere cose come “poveri ma felici” perche’ i poveri sono infelici, ed e’ proprio questo il punto: prima degli ultimi 50 anni le masse stavano male per ragioni economiche, non politiche. (...) <br /><br />Il cittadino di Re Luigi, in altre parole, era di gran lunga piu’ libero del cittadino francese di oggi. Se avesse avuto il tempo, l’alfabetizzazione e la scuola, non aveva leggi che regolavano [per esempio] la musica, se non il divieto di ledere sua maesta’. Ma se escludiamo questo semplice contenuto, uno solo, poteva cantare tutto il resto sulla strada. <br /><br />Oggi, la legge francese obbliga una certa percentuale di canzoni francesi. Obbliga che tutti i contenuti considerati “inadatti” siano bollati secondo la classificazione ICRA. Oggi ci sono orari, luoghi deputati, eta’ ammissibili, classificazioni, iscrizioni ad associazioni, nullaosta dell’autorita’. Sei libero di fare le cose, che pero’ vengono “regolate”. Ovvero, non sei affatto libero. (...) <br /><br />Il nostro cantautore francese ha i mezzi ECONOMICI per fare la sua musica. Ha i mezzi materiali per studiare musica, per comprare gli strumenti, per non ammazzarsi di lavoro sui campi. Ma questo glielo da’ l’economia, non la democrazia. I cinesi hanno ottenuto risultati economici lasciando entrare in Cina il mercato, non la liberta’. <br /><br />Allora il problema vero e’: perche’ allora quando misuriamo la liberta’ delle democrazie esse appaiono piu’ “libere” degli altri sistemi di governo? E’ molto semplice: perche’ la liberta’ si misura in quantita’ di democrazia. Basta che un popolo possa partecipare ai rituali della democrazia perche’ venga definito libero. <br /><br />Le misure della liberta’ dentro le democrazie sono drogate per la semplice ragione che si assume che la democrazia stessa sia una forma di liberta’. Se misuriamo la liberta’ delle democrazie e delle tirannidi semplicemente mettendo la liberta’ di voto tra le liberta’, e’ ovvio che la misura sara’ distorta a favore delle democrazie. <br /><br />Inoltre, il problema delle misurazioni a questo riguardo e’ che esse misurano la liberta’ di gruppi, ma non la liberta’ del singolo cittadino. La democrazia come sistema, cioe’, non si occupa di definire le liberta’ dei singoli. La democrazia definisce SOLO liberta’ di gruppo e solo liberta’ regolate. Il “regolate” e’ il succo della trappola. (…) <br /><br /> Nella nostra amata democrazia, la nostra volonta’ non e’ MAI sufficiente. Non possiamo MAI fare qualcosa solo perche’ lo vogliamo, per la semplice ragione che tutto e’ “regolato”. In molti sistemi meno democratici, invece, ci sono cose che NON possiamo fare perche’ mettono a rischio il governo. Ma su tutte le altre la nostra volontà è sufficiente. >> <br /></div><div><br /> URIEL FANELLI</div>Unknownnoreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-63050713757064708372023-12-03T00:18:00.000-08:002023-12-03T00:21:13.371-08:00Punti di vista – 34<div><div>ELITES E CRISI AMBIENTALE <br /></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;"> I membri delle élite mondiali non sono più intelligenti della gente comune, almeno in media. Ma alcuni di loro cominciano a vedere che hanno un grosso problema [con la crisi ambientale]. Veramente molto grosso. <br />Sicuramente sono meglio equipaggiati della gente comune per sopravvivere durante il caos che li attende. Ma se le cose si mettono davvero male, non c'è alcuna garanzia che anche i miliardari sopravviveranno. <br />Consideriamo ora che le élite hanno poteri decisionali al di là di qualsiasi cosa la gente comune possa fare. <br />Pensate alla guerra in Ucraina; la gente comune è stata consultata? No. Nella migliore delle ipotesi, gli è stato detto chi dovevano odiare; nel peggiore dei casi sono stati arruolati e mandati in trincea. E questo è tipico di come le élite mondiali gestiscono le risorse: investendo centinaia di miliardi di dollari in attività che non avvantaggiano nessuno tranne le lobby industriali. <br />Ma si noti anche che le élite, non importa quanto potenti, non sono un gruppo affiatato che si riunisce nel seminterrato della casa di Bill Gates per adorare il demone Baphomet. Sono una galassia di lobby che spingono in direzioni diverse per fare soldi con i loro prodotti: guerre, droga, carburanti, eccetera. <br />Quindi, difficilmente possono gestire il tipo di piano globale che sarebbe necessario. <br /> UGO BARDI <br /><br /><br /> VIVA IL LATINORUM <br /> Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. <br /> Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. <br /> E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro” potrà parlare per un’ora senza dire niente. <br /> Cosa impossibile col latino. <br /> GIOVANNI GUARESCHI <br /></div><br /></div> <br /> INTELLIGENZA ARTIFICIALE <br /></div><div style="text-align: justify;">Massimo Chiriatti ha lanciato un monito (…): “Stiamo cercando attraverso le macchine di deresponzabilizzarci, quando invece dovremo essere più responsabili per evitare rischi sistemici e imprevedibili.” “Il problema è che ci comportiamo come se il mondo fosse un dominio lineare, mentre non è così. <br />Un dominio lineare è prevedibile e ha un basso grado di interazione tra gli elementi che contiene; in un dominio complesso, invece i legami causali sono difficilmente visibili e la prevedibilità estremamente bassa. <br />In psicologia ed economia ci sono fattori e cause che semplicemente non capiamo, o che hanno così alti livelli di interdipendenza che le previsioni ex ante sono inaccessibili dal punto di vista computazionale; pertanto le previsioni diventano disponibili solo ex post.” <br />Questo perchè la realtà è irriducibile, è incalcolabile ed è imprevedibile, perciò invece di venerare l’intelligenza artificiale e perseguire autisticamente, come fanno le nostre istituzioni, la svolta digitale in tutti gli ambiti delle nostre esistenze “sarebbe meglio far risolvere alla I.A. sia i problemi deterministici sia quelli probabilistici, ma lasciare a noi tutto il resto, ossia quando ci sono novità, incertezze e quando servono astrazione, intuizione e creatività”. <br />FRANCESCO CENTINEO <br /><br /><br /> FIDARSI O NON FIDARSI <br /> In inglese si dice:<i> fool me once, shame on you, fool me twice, shame on me.</i><br /> Significa che imbrogliare qualcuno è scorretto, ma se non impariamo dai nostri errori e ci fidiamo di nuovo della persona che ci ha già ingannato, allora dobbiamo prendercela in primis con noi stessi. <br /> GAIA BARACETTI <br /><br /><br /> CRISI STATISTICHE <br /> Non sono le teorie economiche a non funzionare più, [oggi]. A non funzionare piu’ sono i calcoli degli indici economici, e la trasparenza sulle metodologie di calcolo. <br />Perché parlo di trasparenza? Per farvi un esempio, ISTAT e’ stato lottizzato gia’ nel periodo di Berlusconi ed ha sempre avuto un presidente vicino o vicinissimo al governo. <br />Qual è il senso di lottizzare una ISTAT (ma all’estero le cose non vanno tanto diversamente) ? Il senso e’ una pressione per cucinare i numeri, in modo che dipingano situazioni più o meno felici. (...) <br />C’è solo un problema. E il problema e’ che cucinare i numeri per dire che tutto va bene funziona in politica solo fin quando le persone stanno bene. Cioè, se quasi tutti hanno un lavoro di cui sono soddisfatti, e gli racconti che hai creato un 'gozzilione' di posti di lavoro, molto probabilmente ti crederanno e ti voteranno. <br />Se invece ci sono davvero troppi disoccupati, e gli racconti la stessa panzana, penseranno che tu abbia dimenticato proprio e solo loro, e ti odieranno. <br />URIEL FANELLI </div> Unknownnoreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-26172614496411391792023-11-27T00:22:00.000-08:002023-11-27T10:00:19.740-08:00La Terra del pianto<div style="text-align: justify;"><i>Questo post è dedicato all'attuale situazione geo-politica del Vicino Oriente (Palestina e dintorni), un territorio storicamente martoriato, nel quale si ha sempre un'impressione strana: non che tutti abbiano ragione, ma che tutti abbiano torto. <br /> Le considerazioni che ho riportato, opera di diversi autori, sono tratte dal web. </i></div><div style="text-align: justify;"><i>Non vi auguro 'buona lettura', perché si tratta di un post che avrei di gran lunga preferito non fare. <br /></i></div><div><i> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /> CONFLITTI SENZA FINE <br /></div><div style="text-align: justify;"> Perché Israele e’ in conflitto continuo con gli arabi? Perché gli israeliani sono in conflitto perenne al proprio interno. <br /> Sono divisi in gruppi più o meno religiosi che si scannano per le rispettive parrocchie rabbiniche, e non c’è alcun dubbio che il conflitto esterno sia una conseguenza inesorabile. Un popolo stracolmo di conflitti interni non può vivere in pace, con chiunque venga in contatto. <br />Lo stesso dicasi per il mondo arabo. E’ diviso in nazioni, correnti, tribù, chi più ne ha e più ne metta, in perenne conflitto per il dominio, per cui entrerà inevitabilmente in conflitto con qualsiasi cosa sia diverso. <br />E’ esattamente la stessa cosa che ho detto per gli israeliani. Nemmeno il mondo arabo e islamico può davvero vivere senza conflitti con l’esterno, perché ne ha troppi al suo interno. <br />Chiaramente, se metti a contatto due culture stracolme di conflittualità interne, otterrai solo guerra. <br /></div><div> URIEL FANELLI <br /><br /> <br /> LA TRAGEDIA DEL LIBANO <br /></div><div style="text-align: justify;"> La situazione del Libano, da alcuni decenni a questa parte, è catastrofica. Un tempo era stato la Svizzera (e la Montercarlo) del Vicino Oriente: tollerante, civile, cosmopolita e, insomma, uno dei posti migliori in cui andare. In seguito è divenuto un autentico, miserabile inferno e nel 2020 ha anche dichiarato fallimento (...) <br /> Tutto cominciò con l’invasione dei profughi palestinesi. I libanesi commisero l’imprudenza di accoglierli (diversamente da quanto sta facendo attualmente l’Egitto) e presto quelli si comportarono da padroni (come prima avevano fatto in Giordania, da dove erano stati scacciati a cannonate). <br /> Tormentarono talmente Israele che alla fine Gerusalemme invase il sud del Libano fino al fiume Litani. Solo per tenerli lontani. E in seguito, come conseguenza di una prodezza di Hezbollah, Israele invase e semidistrusse l’intero Paese. Fino a provocare un intervento per istituire un contingente militare internazionale, di cui fa parte anche l’Italia, che mantenesse la pace. <br /> Il piccolo Stato non si è mai liberato di due croci: i palestinesi e Hezbollah il quale, longa manus di Teheran, è ormai militarmente più forte dello stesso esercito libanese. <br /></div><div> GIANNI PARDO <br /><br /> <br /> UNO STATO PARTICOLARE <br /></div><div style="text-align: justify;"> L’ambito fondativo dello Stato ebraico è il sionismo, ed il sionismo è una dottrina politico-religiosa formulata da Theodor Herzl nel pieno dell’età del colonialismo imperialistico europeo, al pari del pangermanesimo e del panslavismo, più o meno coeva alla Conferenza di Berlino del 1878, presieduta da Bismarck che per dirimere la questione balcanica inaugura de facto l’età dell’imperialismo europeo. <br />Con ciò, si badi bene, non intendiamo dire che il sionismo abbia caratteri omologhi a quelli delle altre ideologie citate, ma che esso pone, in un futuro Stato ebraico (…) come requisito di cittadinanza l’appartenenza religiosa. <br />Con ciò regredendo, rispetto allo “jus publicum europeum” di alcuni secoli. ‘E noto che l’epoca delle guerre di religione in Francia, che hanno segnato il periodo più sanguinoso della storia europea, si conclude con l’editto di Nantes del 1598 promulgato da Enrico IV di Borbone, che riconosce ai calvinisti francesi, detti ugonotti, il diritto di professare la propria religione senza più discriminazioni e minacce da parte della maggioranza cattolica. <br /> Si stabilisce così (salvo le riserve determinate dalla cultura del tempo, per cui i protestanti potevano disporre all’interno dello stato francese di una propria forza armata a garanzia della propria incolumità, diritto poi revocato in una fase successiva) che il requisito della cittadinanza non è più la confessione religiosa. <br /> In seguito, fatto salvo in Francia e non solo, il principio del monopolio della forza quale condizione della statualità, che fonda l’ordinamento giuridico su territorio, popolazione e potere sanzionatorio, il diritto di cittadinanza viene svincolato dal dato confessionale ed integrato nella successiva dottrina dello Stato giusta i principi razionalisti ed illuministi <br /> Il sionismo fa un obiettivo passo indietro, teorizzando uno Stato in cui la pienezza dei diritti è legata alla religione ebraica. <br /></div><div> NELLO DE BELLIS <br /><br /> <br /> VIVERE IN UN IMPERO <br /></div><div style="text-align: justify;"> La sfortuna dei palestinesi (...) si coglie innanzi tutto ripercorrendo la loro storia. Come si sa, l'Impero Ottomano è stato estremamente esteso ed è nato ben prima che nascessero le coscienze nazionali. <br /> In quel tempo era molto più importante che si fosse cristiani o musulmani, cattolici o ortodossi, che si parlasse l’una o l’altra lingua e per il resto era secondario che politicamente si facesse capo all’una o all’altra potenza. Non esisteva ancora il concetto di nazione. <br /> E questo stato di cose era anche in parte l’eredità dell’Impero Romano che riuniva sotto di sé tante regioni, anche molto diverse ma con pari dignità, purché sottoposte a Roma. Prova ne sia che durante l’Impero gli imperatori spesso sono stati di nazionalità (diremmo oggi) diversa da quella romana. Non solo ce ne furono più d’uno spagnoli, ma ce ne fu persino uno arabo. <br />Nello stesso modo, nell’immenso Impero Ottomano contava più la comune religione musulmana che l’essere nati in Albania, in Iraq o in Palestina. E questo cosmopolitismo estendeva la sua tolleranza anche alle altre religioni: prova ne sia che quando los Reyes Católicos scacciarono gli ebrei dalla Spagna, più o meno al tempo della scoperta dell’America, è nell’Impero Ottomano che essi trovarono rifugio. (…) <br />Per tutte queste ragioni, salvo che nei decenni recenti, sarebbe stato ozioso chiedersi a chi appartiene – o deve appartenere – la Palestina. Per un tempo lunghissimo la risposta è stata: a Istanbul. E per il resto c’era posto per chiunque volesse abitarci. <br />E così è stato anche dopo che l’Impero Ottomano si è dissolto, alla fine della Prima Guerra Mondiale. La grande novità che ha creato il nodo gordiano che oggi abbiamo sotto gli occhi si è avuta dopo la Seconda Guerra Mondiale. (…) <br />Questo dramma che sembra eterno, questo fanatismo religioso, e questo odio che sembra così radicato, sono fenomeni così recenti, immotivati e feroci, che non si riesce affatto a capirli. Ma bisogna prenderne atto. <br /></div><div> GIANNI PARDO <br /><br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-48877038855407785212023-11-20T22:53:00.000-08:002023-11-20T23:57:40.401-08:00Pensierini – LXIV<div>LA NOIA <br /></div><div style="text-align: justify;"> Una delle categorie di persone più patetiche in assoluto (da intendersi in senso ironico) è rappresentata da coloro che dicono di 'annoiarsi'. <br /> Non solo perchè per annoiarsi è necessario non avere nessuna altra preoccupazione, cosa che dovrebbe già da sola renderci contenti, ma anche perchè, al giorno d'oggi, annoiarsi è praticamente impossibile, visto che con pochi soldi è possibile leggere libri e giornali, guardare film e spettacoli, sentire musica, e molte altre cose. <br /> Ma chi si lamenta per la noia non si riferisce a queste cose, che potrebbe fare facilmente. Si riferisce, ovviamene senza saperlo, alla mancanza di attività sociali che lo facciano sentire superiore. <br /> Ed allora diventano pericolosi, non solo per sé stessi, tanto da dedicarsi a sport estremi od altre attività border-line, ma anche per gli altri, in quanto diventano capaci, pur di ottenere il loro scopo, di offendere, deridere o addirittura maltrattare le persone più deboli. <br /> E questo è davvero molto triste. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> ELITES OPPORTUNISTE <br /></div><div style="text-align: justify;"> In campo socio-politico, io seguo la teoria delle c.d. 'elites opportuniste', cioè che si limitano a sfruttare le nuove tendenze sociali senza determinarle. <br /> Ritengo pertanto che i movimenti popolari di rottura (femminismo, ecologismo, veganismo ecc.), siano effettivamente spontanei e non creati appositamente ex nihilo. <br /> Questi movimenti, cioè, sono nati da istanze autonome della società, per motivi inizialmente libertari, e solo dopo, quando, aumentando di importanza, potevano diventare pericolosi per il potere, le elites sono poi intervenute per manipolarli dall'interno e tenerli sotto controllo. <br /> Alla base di questa teoria c'è la convinzione che le elites possono molto, ma non possono tutto, e che il mantenimento del potere (che è il loro unico vero scopo), è già un'impresa notevolmente impegnativa. <br /></div><div> LUMEN <br /> <br /><br />TECNOLOGIA PSEUDO-MAGICA <br /></div><div style="text-align: justify;"> Molti sono convinti che il progresso continuo della scienza e delle sue scoperte possa rendere sempre più razionale il pensiero umano, anche tra la gente comune. <br /> Io, però, non riesco a sentirmi troppo ottimista. <br /> Ho paura infatti che la scienza, non venga vista come un nuovo 'metodo razionale di pensiero', al quale adeguarsi per ragionare meglio, ma solo come la 'madre' della tecnologia, che tanto apprezziamo. <br /> E che la moderna tecnologia, non potendo più essere compresa (data l'enorme complessità che ha finito per acquisire) venga interpretata soltanto come un nuovo sistema pseudo-magico di risolvere i problemi. <br /> Perchè, per come è strutturata la mente umana, ho la sensazione che il pensiero magico non possa morire mai. <br /></div><div> LUMEN <br /> <br /><br /> SANGUE BLU <br /></div><div style="text-align: justify;"> Ma secondo voi, per un occidentale di etnia 'caucasica', è più desiderabile avere la pelle molto chiara, oppure molto abbronzata ? <br /> Dipende. Dipende da quale 'aspetto' della pelle è più utile, secondo i tempi, per rimarcare la propria ricchezza e la propria superiorità. <br /> Una volta, i ricchi cercavano la pelle bianca (da cui l'espressione 'sangue blu' per indicare i nobili, le cui vene erano ben visibili sul corpo pallido) perchè era un segno della loro vita oziosa, che non li obbligava a lavorare all'aperto, come i contadini e tutti gli altri. <br /> Oggi invece va di moda l'abbronzatura, perchè dimostra che la persona è così ricca da potersi permettere molti mesi di vacanza nelle località più soleggiate. <br /> Come vedete, il diavoletto della superiorità si infila proprio dappertutto. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> GUERRE <br /></div><div style="text-align: justify;"> Quando due nazioni entrano in guerra tra loro, è sempre molto difficile (salvo casi particolari) prevedere chi risulterà alla fine il vincitore. <br /> Una previsione sicura, però, la possiamo fare uguamente: quando la guerra sarà finita una delle due Nazioni si ritroverà più povera; e l'altra si ritroverà MOLTO più povera. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> PROSELITISMO ATEO <br /></div><div style="text-align: justify;"> Anche se molti atei si limitano tenere per sé le proprie convinzioni su Dio, ve ne sono altri che, invece, si danno molto da fare per cercare di convincere i credenti religiosi, in una sorta di proselitismo laico. <br /> Forse lo fanno con spirito positivo, nella convinzione che un mondo di atei sia preferibile ad un mondo di credenti. <br /> Io, però, su questo punto, sono molto perplesso; anzi ritengo che nessun ideale laico potrà mai costruire una coesione sociale paragonabile a quella religiosa. <br />Per conseguenza, ho rinunciato da tempo al proselitismo ateo, preferendo lasciare a ciascuno le proprie illusioni. <br /></div><div> LUMEN <br /></div>Unknownnoreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-8097112751135261522023-11-15T00:16:00.000-08:002023-11-15T00:20:20.435-08:00La distorsione Identitaria<div style="text-align: justify;"><i>La difesa dell'ambiente è diventata sempre più difficile, almeno negli USA, perchè viene ostacolata non solo (com'è ovvio) dalla crescita continua della popolazione e dell'immigrazione incontrollata, ma anche dall'attuale cultura 'identitaria', che attacca le proposte ambientaliste con accuse 'ideologiche' assolutamente ingiustificate. </i><br /><i> A questo argomento è dedicato il post di oggi, scritto da Karen Shragg per il sito americano 'The Overpopulation Project'; la traduzione dall'inglese è di Google translate. </i><br /></div><div style="text-align: left;"><i> LUMEN </i><br /><br /> <div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: justify;"> << La protezione della natura non dovrebbe essere una questione di parte, eppure lo è diventata. Ciò è particolarmente vero con l’ascesa della politica dell’identità e della cultura dell’annullamento (“cancel culture”). <br /><br />Gli Stati Uniti ricordano quest’anno il 57° anniversario del Wilderness Act (1966), [che consentì] la creazione di 54 aree selvagge. (...) Da allora, il Congresso ha approvato più di 100 progetti di legge separati che designano più terreni sotto stretta protezione. Ma per quanto grandi siano sulla carta, queste tutele legali vengono indebolite dal nostro continuo impegno per la crescita con la “C” maiuscola. <br /><br />La crescita della popolazione statunitense, che è già più che raddoppiata nel corso della mia vita, raggiungendo i 335 milioni, significa che abbiamo bisogno di più acqua, più infrastrutture, più assistenza sanitaria, più scuole e così via per accogliere i nuovi arrivati, il che mette a dura prova la fauna selvatica negli angoli insostenibili del nostro paesaggio sempre più al servizio dell’uomo. (…) <br /></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Abbiamo bisogno di pensare in grande, e non possiamo affrontare il problema con il pensiero ristretto della politica dell’identità. <br /><br />Alcune cose semplicemente non dovrebbero essere politicizzate: per un paese o sono buone o cattive. La crescita è dannosa per gli Stati Uniti, che stanno lottando per affrontare gli effetti di tempeste più frequenti e intense, dovute al cambiamento climatico, e alla diffusa povertà sistematicamente radicata da tempo. <br /><br />Abbiamo ancora leggi che tassano i pagamenti della previdenza sociale dei cittadini comuni, lasciando scappatoie per i ricchi. Indipendentemente dalle leggi, tuttavia, a un certo punto il numero degli esseri umani travolge tutto, compresa la natura selvaggia che abbiamo lottato per proteggere negli anni '60. <br /><br />Nessun sindaco di nessuna delle nostre 19.000 città, ad eccezione forse di alcune piccole città rurali, potrebbe onestamente dire che più persone risolverebbero i loro problemi di criminalità, di senzatetto, di inquinamento, di acqua o di traffico. Tuttavia, quando arriva il momento di provare ad avere una discussione ragionata da entrambi i lati della navata sulla moderazione al confine, da dove proviene la maggior parte della nostra crescita, tutto ciò che ottieni sono accuse di razzismo. <br /><br />La politica dell’identità è la tendenza delle persone di una particolare religione, gruppo etnico o background sociale a formare alleanze politiche per portare avanti i propri programmi come una crociata morale. In questo pensiero di gruppo, le questioni diventano in bianco e nero. <br /><br />I veri conflitti di interessi, come quello tra la conservazione della natura e l’accoglienza di più persone, vengono negati e presentati come una semplice cortina di fumo per il razzismo o peggio. “Eco-fascista” è il nuovo insulto con cui respingere ogni tentativo di portare l’immigrazione nel dibattito sulla sostenibilità. <br /><br />La fauna selvatica è messa sotto pressione dall’espansione delle città: un’espansione che, come è stato dimostrato, è causata principalmente dalla crescita della popolazione. Coloro che affermano di avere a cuore la fauna selvatica devono capire che continuare a consentire leggi sull’immigrazione permissive o non applicate che impongono la nostra continua crescita significa restare su un terreno ipocrita. <br /><br /> La maggior parte delle persone che si identificano con valori progressisti e favoriscono la giustizia sociale hanno formato un fronte unito, per ascoltare solo le tristi circostanze di coloro che lottano per raggiungere i nostri confini e accedere a una vita migliore. <br /><br /> Queste persone ben intenzionate vogliono abbracciare gli oppressi e si rifiutano di considerare le conseguenze negative delle politiche che sostengono. Se qualcuno osa mettere in discussione le frontiere aperte, è più facile considerarlo xenofobo che vedere se i fatti confermano le sue preoccupazioni. <br /><br />Associano solo l'idea del controllo dell'immigrazione alla filosofia dell'opposizione e non vogliono ascoltarli. Ascoltare minaccerebbe la loro appartenenza al “club” politico sul quale hanno costruito la propria identità e il senso di autostima. Coloro che sottolineano lo stress che la crescita dell'immigrazione esercita sulle nostre risorse già messe a dura prova non vengono presi in considerazione, perché vengono associati alla parte “sbagliata” del corridoio. <br /><br />Sono considerati xenofobi perché, quando si tratta di questo tema, i progressisti vedono solo due colori: blu (Democratico) o rosso (Repubblicano). Se sei “blu”, accetti il pensiero a valle di aiutare il mondo a utilizzare e degradare le risorse di cui i futuri cittadini avranno bisogno. Se sei 'rosso' sei associato a coloro che hanno il cuore indurito, soprattutto verso gli stranieri. Nessuno dei due atteggiamenti aiuta la nostra fauna selvatica o i nostri sindaci esausti, soprattutto delle città di confine. <br /><br />È tempo di chiedere un approccio bipartisan sfumato che riconosca che c’è spazio per una via di mezzo. Esistono opzioni per fermare la nostra crescita insostenibile con politiche di immigrazione sensate. Le realtà climatiche non faranno altro che aumentare la pressione migratoria e prima faremo i conti con il nostro diritto – anzi, la nostra responsabilità – di proteggere le nostre risorse e la fauna selvatica, meglio sarà. <br /></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Solo quando noi americani vedremo che il nostro Paese ha già sovraccaricato le risorse nazionali e globali con una domanda eccessiva, saremo in grado di raggiungere l’altra parte del corridoio con un’offerta di pace. Sostenere le restrizioni alle frontiere favorirà non solo la fauna selvatica rimasta, ma anche buoni salari, adeguate reti di sicurezza sociale, infrastrutture essenziali, alloggi accessibili e dignitosi e tutte le cose che ci stanno a cuore. <br /><br />Non possiamo più permetterci una politica identitaria miope quando si tratta della questione dell’immigrazione. Questo vale sia per l'immigrazione legale che per quella clandestina, perché alla fauna selvatica non interessa chi ha i documenti o chi no. Hanno solo bisogno di spazio per vivere. >> <br /></div><div style="text-align: left;"><br />KAREN SHRAGG <br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-15817848768007954992023-11-09T22:56:00.005-08:002024-03-03T23:33:44.657-08:00La settima Arte - (3)<div><i>Torno a parlare di cinema, ma questa volta il post è dedicato a 2 film italiani, sempre scelti fra i miei preferiti. </i><br /><i> I testi sono tratti, anche in questo caso, dal sito specializzato 'Gli Spietati'. </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /> PERFETTI SCONOSCIUTI <br /> <br /></div><div style="text-align: justify;">TRAMA - Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata ed una segreta. Un tempo quella segreta era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre Sim. Cosa succederebbe se quella minuscola schedina si mettesse a parlare? <br /><br /> << L'idea alla base della sceneggiatura (quella del patto tra i convitati di denudarsi emotivamente, attraverso l'uso condiviso del proprio cellulare) non è soltanto molto efficace, ma è soprattutto sviluppata con perizia, assecondando un disegno dei personaggi perfettamente calibrato; i loro caratteri vengono delineati gradualmente, il piano delle rivelazioni non è mai precipitoso, l'assetto dei dialoghi sempre solido, l'alternanza dei punti di vista molto fluida, la partita degli equivoci e degli scambi di ruolo viene condotta con puntualità. <br /><br /> Genovese (...) si muove con sicurezza sul suo terreno congeniale, quello nel quale l'immedesimazione dello spettatore è inevitabile: se i cellulari sono diventati delle scatole nere dell'esistenza, il loro contenuto, svelato, può mettere in pericolo anche gli equilibri in apparenza più saldi; la coscienza di un tale pericolo, insito nella pratica di svelamento della propria privacy, va a toccare, dietro la maschera dello scherzo e del divertimento conviviale, un tabù. E come tabù, la questione, verrà identificata, passo dopo passo, dal film. <br /><br /> L'incantesimo dell'eclisse, (…) ribadisce in realtà il punto: non penserete davvero che delle persone che, come tutte, hanno segreti e bugie da nascondere, possano scientemente arrivare a mettersi in gioco così tanto? Non penserete davvero che una sfida siffatta possa essere accettata? Non penserete davvero che questo tabù (eccolo) possa essere infranto? <br /><br /> No, è l'evento astronomico a stravolgere la normale logica comportamentale e a condurre queste persone a mettersi in gioco, ad affrontare le conseguenze della loro sfida. E quando l'effetto dell'eclisse sarà passato tutto tornerà alla normalità e quel disvelamento si scoprirà mai avvenuto. Le cose sono state viste, per un attimo, sotto una luce diversa: una luce accecante, uniforme, che non permette ombre, chiaroscuri, che rende tutto innaturalmente, mostruosamente chiaro (le opinioni personali, i tradimenti, le considerazioni reciproche, i pregiudizi, le scorrettezze). <br /><br />Quindi, una volta denudate tutte le piste narrative, il confronto diventa gioco al massacro, l'intreccio rivela problematicità serie, si fa potenzialmente tragico, il film virando improvvisamente (come spesso avviene nei lavori del regista) sul dramma. <br /><br />Perfetti sconosciuti, insomma, narra consapevolmente di un'ipotesi limite, di uno svelamento impossibile: è un 'what would happen' che, aprendo uno squarcio sulla sostanza reale dei rapporti (tutti), mostra come essi funzionino, come si reggano su menzogne, rassegnazioni, rifiuti ad accettare la realtà, prese d'atto delle altrui inadeguatezze. Nell'intuire questo ambito e nel muoversi in esso con acume e la necessaria accortezza, senza inciampare in facilonerie, nel suo mostrare, anche spietatamente, un nervo scoperto, nella direzione sensibile di un cast ispirato, sta il merito del film, il più maturo ad oggi del regista. (Luca Pacilio) >> <br /><br /> <br /> <br /> THE PLACE <br /> <br /> TRAMA - Un misterioso uomo siede sempre allo stesso tavolo di un ristorante, pronto a esaudire i più grandi desideri di otto visitatori, in cambio di compiti da svolgere. Quanto saranno disposti a spingersi oltre i protagonisti per realizzare i loro desideri? <br /><br /> << The Place è il 'Posto' in cui le storie non si svolgono, ma si raccontano. Di quanto accade fuori dal 'Posto' non vediamo nulla, possiamo solo supporre che i racconti che ascoltiamo rispondano a eventi reali o che aderiscano perfettamente, nella sostanza, alle parole scelte per descriverli. Più di ciò che si racconta, conta chi lo fa, come lo fa e in che rapporto è con chi sta ascoltando, perché è in questi elementi che risiede la narrazione di primo grado, ovvero quello che stiamo guardando. (...) <br /><br /> Per questo il momento più interessante del film è quello in cui l’anziana moglie del malato di Alzheimer (Giulia Lazzarini) dichiara di voler mettere la bomba in The Place: perché finalmente la narrazione esterna farebbe irruzione all’interno del luogo in cui le storie vengono narrate e le avvalorerebbe (...). Ovviamente l’attentato rimane una pura minaccia, la constatazione dell’evento non ci è data: non sapremo mai se quella bomba è stata effettivamente costruita. (...) <br /><br /> Il film (…) è una raccolta automatica di sipari (la teatralità è già suggerita dall’unità di luogo), di dialoghi a due (eccezionalmente a tre) con cambi regolari di personaggi (pletora di primi piani - stretti e strettissimi), infilati come perle in successione nella collana-film. L’intrecciarsi delle storie fa sì che non ci si perda nessun pezzo, che si ascolti anche l’avventore della cui vicenda ci importa meno perché comunque collegata al disegno generale. (...) <br /><br /> Così lo schema è sempre a vista (apertura, sviluppo, chiusura), la struttura parcellizzata evidente (le micropuntate suggerite dalle dissolvenze), gli automatismi dell’operazione annullando carne e sangue che, se ci sono in potenza, nei fatti non si riscontrano perché l’arido congegno è più forte della sostanza con la quale lo si nutre. <br /><br /> Così, di The Place si apprezza soprattutto (...) la coralità (di qui la sfilata di attori di nome e riconoscibili) che si collega alla molteplicità di storie che si intrecciano (...), la contemporaneità come sfondo e chiave di lettura, l’indagine sulla morale, le puntuali verifiche sul campo del politicamente corretto (se potessi sovvertire l’ordine naturale delle cose, che cosa sarei disposto a fare per ottenere quello che desidero?), il tocco fanta-mystery (...). <br /><br /> La tensione, [però], è tutta posticcia, perché è evidente che alla fine nessuna spiegazione verrà fornita e che quello che vincola lo spettatore alla visione è solo la curiosità di conoscere il finale di ciascun filo narrativo; (...) come un racconto che di misteri si nutre, ma che si guarda bene dallo spiegarli, perché delle due una: a) non saprebbe come; b) ne fornirebbe una soluzione deludente. (...) <br /><br />Quello che intriga di più, semmai, è il ruolo del personaggio interpretato da Mastandrea, non come diavolo che esaudisce un desiderio e ti chiede l’anima (si parla non a caso di un patto), ma piuttosto come raccoglitore di storie e di stati d’animo, come rigoroso analista di atteggiamenti e reazioni, il che farebbe presupporre che il potere di cui è detentore derivi da un naturale, e molto approfondito (matto, disperatissimo) studio della natura umana. <br /><br />Ecco, allora, che si può leggere tutto in chiave psicanalitica perché la questione sulla quale il film invita a riflettere non è tanto su dove si spinga ciascun personaggio per ottenere ciò che vuole, ma sul come la sua decisione non nasca mai da un impulso, ma da una riflessione ponderata, lucida, tormentata. (Luca Pacilio) >> <br /></div><div><br /> <br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-36095092819564466142023-11-03T00:48:00.003-07:002023-11-03T01:12:14.945-07:00La fine della Lotta di Classe<div style="text-align: justify;"><i>Secondo alcuni studiosi, i movimenti del '68 – pur essendo stati palesemente (e sinceramente) di sinistra - hanno finito per segnare, senza rendersene conto, la fine della Lotta di Classe, con la vittoria del capitalismo. </i><br /><i> Ce ne parla Carlo Formenti in questo pezzo (tratto dal sito di Sollevazione) in cui riporta e commenta il pensiero di Carlo Tronti, un altro intellettuale di area marxista,. </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"> << I giovani del '68, argomenta Tronti, erano radicalmente anti-autoritari, ma ignoravano che abbattere l’autorità non significa automaticamente liberare le potenzialità dell’essere umano: poteva voler dire, e questo è ciò che in effetti ha voluto dire, liberare gli spiriti animali del capitalismo che scalpitavano dentro quella gabbia di acciaio che il sistema politico aveva costruito come rimedio della lunga crisi dei decenni centrali del Novecento, punteggiati da guerre e rivoluzioni scatenate dall’utopia del libero mercato. <br /><br /> Negli anni Settanta può così trionfare (...) “il nuovo spirito del capitalismo”: l’esaltazione della soggettività “desiderante” da parte dei nuovi movimenti, che si allontanano progressivamente dall’impegno per la difesa dei bisogni proletari, diviene adesione inconsapevole a una nuova cultura capitalista che fa leva sulle pulsioni consumiste, sull’edonismo individualista “emancipato” da ogni legame sociale e sulla critica radicale della razionalità del limite in qualsiasi campo dell’esistenza e dell’agire umani. <br /><br />Nel '68, Tronti non vede una svolta epocale, un grande inizio, bensì la fine, la conclusione del Novecento. Più che di un grande balzo trasformativo, si è trattato, alla fine dei conti, di un banale cambio di ceto politico, in seguito al quale la storia si è progressivamente convertita nello scorrere di “un tempo senza epoca”, nel quale ogni increspatura viene scambiata per una svolta epocale, mentre nessuna vera svolta è più possibile a fronte di una realtà caratterizzata dalla dittatura del presente, un presente che ignora passato e futuro. <br /><br />Se il grande Novecento è stato l’epoca delle grandi rivoluzioni – grandi anche nel loro tragico fallimento – la sua parte terminale è invece il tempo delle rivoluzioni immaginarie, fallite prima ancora di iniziare. <br /><br />Paradigmatico, in tal senso, il destino del femminismo, movimento nei confronti del quale Tronti confessa di avere inizialmente nutrito simpatia e interesse, almeno finché il “femminismo della differenza” è stato neutralizzato dal prevalere del proprio lato emancipatorio. <br /><br />Nel momento in cui l’emancipazione vince, la rivoluzione perde: avanzando verso l’uguaglianza fra generi le donne non sono salite ma scese sulla scala delle libertà; hanno acquisito nuovi diritti, ma i diritti qualsiasi società moderna è più che disposta a concederli, perché è consapevole che si tratta di un altro modo per assicurare il potere a chi comanda. <br /><br />Nella misura in cui l’emancipazione si è sviluppata in senso contrario alla differenza di genere, la politica della differenza si è piegata alla logica borghese di neutralizzazione e depoliticizzazione; la vittoria dell’emancipazione sancisce l’inclusione senza residui del femminile nel sistema. <br /><br />Si tratta un destino condiviso da tutti i nuovi movimenti, i quali hanno finito per soccombere, più che di fronte alla repressione o a minacce totalitarie, al trionfo di una democrazia intesa esclusivamente come emancipazione individuale, di un progetto che mira a isolare l’individuo e a impedirgli di entrare in rapporto con altri individui, a costruire una massa atomizzata agevolmente manipolabile. <br /><br />Giudizi analoghi (...) Tronti esprime nei confronti della deriva post-operaista. Si potrebbe dire, argomenta, che il “peccato originale” dell’operaismo è la sua concezione immanente del processo rivoluzionario, vale a dire l’idea secondo cui il principio del superamento è inscritto nelle dinamiche stesse del modo di produzione capitalistico. <br /><br />Si tratta di un principio di immanenza che si rovescia perversamente in principio di cattura, sintetizzato nello slogan secondo cui occorre essere dentro-contro il rapporto di capitale, dopodiché, non essendoci più alcun fuori, non c’è alcuna possibilità di fuoriuscita. Da qui l’illusione di poter battere il capitale sul suo stesso terreno, che è quello dell’accelerazione-intensificazione dello sviluppo (sociale, politico e culturale, oltre che economico). <br /><br />Illusione, argomenta Tronti, perché “nessuno può essere più moderno del capitale”, nessuno può batterlo a un gioco di cui controlla ogni mossa e ogni regola. La critica di Tronti affonda fino al nocciolo duro della teoria operaista (e tocca qui i più espliciti accenti autocritici), vale a dire fino all’idea secondo cui la soggettività operaia rappresenta, al tempo stesso, l’unico vero motore dello sviluppo capitalistico e il principio immanente del suo rovesciamento. <br /><br />“Abbiamo forse caricato gli operai di un progetto eccessivo”, ammette, e la nostra illusione è svanita nel momento in cui è apparso chiaro che “la rude razza pagana” non ce l’avrebbe fatta a rovesciare il capitale. <br /><br />Né avrebbe potuto farcela, perché gli operai rappresentano sì una parte, ma una parte interna al capitale; si potrebbe dire (…) che aveva ragione Lenin: la coscienza spontanea degli operai non supera la coscienza trade-unionista [cioè sindacale] e può divenire rivoluzionaria solo attraverso l’organizzazione politica. (…) <br /><br />Tronti liquida la metafora dell’ “operaio sociale” come un tentativo di “fabbrichizzare” il sociale, di estendere la qualità dell’antagonismo di fabbrica al sociale diffuso, che viene sovraccaricato di coscienza anti-capitalista per compensare il declino di potenza dell’operaio tradizionale. <br /><br />Quanto alla moltitudine, più che rappresentare una nuova forma di soggettività di classe, rispecchia il processo di atomizzazione sociale generato dalla ristrutturazione capitalistica: (…) visto che il capitale mette oggi al lavoro la vita stessa, il conflitto non è più fra capitale e lavoro, bensì fra capitale e umanità intera. >> <br /><br /> CARLO FORMENTI <br /></div><br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-28061130559598439652023-10-26T23:26:00.010-07:002023-10-29T02:26:38.734-07:00Pensierini – LXIII<div>CONSUMISMO <br /></div><div style="text-align: justify;"> Le persone più sagge diffidano del consumismo, che considerano, con ragione, una limitazione della libertà personale (non solo economica), ed invitano quindi a respingerlo, limitando i propri acquisti alle sole cose necessarie. <br /> Il consiglio è ottimo, ma... facile a dirsi, difficile a farsi. <br /> Perchè l'uomo non ha bisogno solo del necessario materiale, ma anche di un'altra 'soddisfazione' specifica che potremmo definire psicologica, ovvero la sensazione di superiorità. Una sensazione che, se non è soddisfatta, ci fa sentire infelici: ed allora il desiderio di possedere non ha più limiti. <br /> Certamente ognuno di noi reagisce a questa spinta genetica in modo diverso e personale. Chi ha la fortuna di esserne consapevole, può limitare la sua sensazione al livello interiore, mantenendo un comportamento corretto e rispettoso nei confronti degi altri. </div><div style="text-align: justify;">Ma se – come nella maggior parte dei casi – la spinta non viene percepita a livello cosciente, si determinano poi quei tipici tentativi di sopraffazione (fisica o psicologica) che tanto avvelenano i rapporti umani. Perchè per ogni persona che manifesta una superiorità, ce ne vuole almeno un'altra che la subisca. <br /> Temo quindi che il consumismo – tanto amato dai produttori e dai commercianti – possa dormire sonni tranquilli. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> CREDERE IN QUALCUNO <br /></div><div style="text-align: justify;"> E' giusto essere diffidenti, perchè gli uomini sono abituati a mentire spesso. <br /> Ma le nostre conoscenze personali sono, per forza di cose, talmente limitate che credere in qualcun altro diventa necessario, ed anzi invitabile. <br /> Io, una volta preso atto che non si può credere alle autorità religiosi, perchè parlano di cose che non esistono, ed alle autorità politiche, che mentono per ovvii motivi di convenienza, ho deciso di credere agli uomini di scienza. <br /> Già sapendo che, in alcuni casi, me ne potrò pentire; ma mi sembra, tutto sommato, il male minore. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> TANTI O POCHI <br /></div><div style="text-align: justify;"> Potendo scegliere, io preferisco un pianeta abitato da poche esseri umani, ma che vivono a lungo ed in modo agiato, piuttosto che da tanti esseri umani che muoiono presto e dopo una vita di stenti. <br /> La scelta, purtroppo, è inevitabile, perchè il totale delle energie rinnovabili della terra è fissa e non modificabile; mentre la quota pro-capite dipende, ovviamente, dal livello della popolazione. <br /> Io credo che ben poche persone, dopo averci riflettuto sopra, possano essere contrarie. </div><div style="text-align: justify;">E la scelta di quale mondo vogliamo dipende anche da noi. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br /> COMPORTAMENTO LOGICO <br /></div><div style="text-align: justify;"> Vilfredo Pareto, uno dei padri della sociologia classica, divideva i comportamenti umani in 'Logici' e 'Non Logici', e ne concludeva poi, visto lo stato deplorevole delle vicende umane, che i comportamenti 'Non Logici' erano la maggioranza. <br /> Io (si parva licet) non sono d'accordo. <br /> Secondo me, tutti i comportamenti umani sono, dal punto di vista dell'agente, di tipo logico, cioè sono la conseguenza di un ragionamento coerente dal punto di vista formale. <br /> Se appaiono illogici (come spesso accade) è solo perchè quella persona disponeva di informazioni errate, ma non lo sapeva. <br /> A conferma che il controllo delle informazioni è (quasi) tutto. <br /></div><div> LUMEN <br /><br /> <br />PROVERBI INESISTENTI <br />= Chi ben capisce, peggio risponde. <br />= Sotto la panca, la capra si riposa. <br />= Chi fa da sé, fa per uno. </div><div>= Corna e buoi dei paesi tuoi. <br />LUMEN <br /><br /> <br /> CASA DOLCE CASA <br /></div><div style="text-align: justify;"> Io sono un tipo tranquillo ed abitudinario, che trova nella routine quotidiana la propria forza interiore e considera la sua casa come il miglior porto contro le tempeste. <br />Però dicono che non va bene, che non fa bene starsene troppo nella 'comfort zone'. Che bisogna uscire di casa, affrontare il mondo e mescolarsi con la gente. <br /> Ma chi l'ha detto che sia davvero necessario girare il mondo come trottole ? <br />Se ti piace lo fai, se non ti piace non lo fai. <br />Tanto, per imparare come funziona il mondo, non serve l'interazione fisica con gli altri popoli e le altre culture: basta leggere. <br /></div><div> LUMEN</div>Unknownnoreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-49533476069561052422023-10-19T23:59:00.006-07:002023-10-20T00:07:03.365-07:00Il rasoio di Odifreddi<div style="text-align: justify;"><i>In uno dei suoi saggi più famosi - “Perché non possiamo essere cristiani” - il logico e matematico Piergiorgio Odifreddi utilizza il 'rasoio' della ragione e della scienza per analizzare i Testi Sacri ed i dogmi della religione cristiana. </i><br /><i>Che non ne escono molto bene. </i><br /><i> Il testo di oggi contiene la presentazione ufficiale del libro da parte dell'editore (TEA) ed, a seguire, la recensione di Raffaele Carcano, tratta dal sito di UAAR. </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div><br /> <br /></div><div style="text-align: justify;"> << Al centro del dibattito tra religiosità e ateismo, questo libro è uno straordinario viaggio dentro le Scritture e lungo la storia della Chiesa, fino ai giorni nostri. <br /></div><div style="text-align: justify;">Come uomo di scienza, Piergiorgio Odifreddi, considera l'affermazione che quello della Bibbia è l'unico vero Dio una bestemmia nei confronti di Colui che gli uomini di buona fede hanno da sempre identificato con l'Intelligenza dell'Universo e l'Armonia del Mondo. <br /> Come cittadino, afferma che il Cristianesimo ha costituito un grave freno per lo sviluppo del pensiero democratico e scientifico europeo, e ritiene che l'anticlericalismo sia oggi più una difesa della laicità dello Stato che un attacco alla Chiesa. <br /> Come autore, infine, legge l'Antico e il Nuovo Testamento e le successive elaborazioni dogmatiche della Chiesa per svelarne, con una critica serrata e avvincente, non soltanto le incongruenze logiche ma anche le infondatezze storiche, dando alla Ragione ciò che è della Ragione e facendo emergere dai testi la Verità. (TEA) >> <br /><br /> <br /><< Il volume, fin dal titolo, cita Bertrand Russell (altro logico e matematico, guarda il caso) ed anche, con giudizio ovviamente negativo, Benedetto Croce, su cui grava la responsabilità di un testo ("Perché non possiamo non dirci cristiani", del 1942), che costituisce ormai il mantra dei sostenitori delle radici cristiane dell’Italia e dell’Europa. (…) <br /><br />Come fece a suo tempo Isaac Asimov con In principio, analizzando il Genesi come se fosse un testo scientifico, Odifreddi esamina ora soprattutto la coerenza interna delle Sacre Scritture, nonché dei dogmi che ne hanno distillato le confessioni cristiane. <br /><br />Più che di critica biblica si dovrebbe dunque parlare di critica testuale, che si concretizza in un’opera che si potrebbe quasi definire di esegesi laica, in quanto affronta il testo come se lo si leggesse per la prima volta. È questa la ragione per cui le citazioni e le note sono quasi esclusivamente scritturali. <br /><br />In ordinata e metodica sequenza, dunque, l’Antico Testamento, il Nuovo, il cristianesimo e il cattolicesimo vengono fatti passare per il tritacarne. Tutto sommato, però, con meno impertinenza e disistima di quanto qualcuno temesse (o auspicasse), benché il volume cominci con una capitolo intitolato Cristiani e cretini (un accostamento, peraltro, etimologicamente fondato). <br /><br />La Bibbia è definita come il racconto di «piccole beghe di un popolo di pastori mediorientali di tremila anni fa»: libri intrisi di violenza, tanto che «il conto delle vittime ascrivibili al buon Jahvé, dalla moglie di Lot a Saul, assomma a 770.359 persone, salvo errori e omissioni», come il meticoloso professore diligentemente annota. <br /><br />La circostanza rappresenta una buona ragione per chiedersi «perché mai chi dettava [le Sacre Scritture] avrebbe voluto che si scrivessero così tante cose che, come abbiamo cominciato a notare e continueremo a fare, sono sbagliate scientificamente, contraddittorie logicamente, false storicamente, sciocche umanamente, riprovevoli eticamente, brutte letterariamente e raffazzonate stilisticamente, invece di ispirare semplicemente un’opera corretta, consistente, vera, intelligente, giusta, bella e lineare?». <br /><br />Già, perché? Perché tutti i testi sacri riflettono, inevitabilmente, le condizioni politiche, economiche, sociali e culturali delle comunità che li hanno creati. Meglio: delle élite che li hanno creati. <br /><br />A questa constatazione non si sottrae nemmeno il Nuovo Testamento, specialmente laddove Gesù dice ai suoi discepoli: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché vedendo non vedano, e udendo non intendano». <br /><br />Il commento dell’autore è sferzante: «secondo la contorta logica di Jahvé […] la sua parola non deve dunque essere compresa, così che da un lato egli possa perversamente infuriarsi col suo popolo che non comprende […] e dall’altro lato, egli possa poi magnanimamente perdonarlo e risanarlo. Questa contorta logica viene dunque ereditata anche da suo Figlio, o chi per esso, che parla per parabole perché la gente non possa capirlo, affinché si compiano le profezie». <br /><br />L’inevitabile conseguenza, sostiene l’autore, è che il cristianesimo si rivela «una religione di illetterati cretini», indegna «della razionalità e dell’intelligenza dell’uomo». «Non possiamo essere Cristiani, e meno che mai Cattolici» – sostiene con vigore - «se vogliamo allo stesso tempo essere razionali e onesti. La ragione e l’etica sono infatti incompatibili con la teoria e la pratica del Cristianesimo». <br /><br />È comunque il cattolicesimo il vero bersaglio dell’autore, dai suoi dogmi sconcertanti (la transustanziazione, la Trinità, l’Immacolata Concezione…) ad aspetti meno teologici, ma non meno sorprendenti se si prendessero sul serio le rivendicazioni di povertà, rigore morale e spiritualità ripetutamente avanzate dalle gerarchie vaticane, quali la stipula di concordati, l’otto per mille, gli scandali finanziari… <br /><br />Facile prevedere che le battute contenute nel libro piaceranno a molti, anche se probabilmente non piaceranno a tutti certe prese di posizione politiche. <br /><br />Un complimento che potrà sembrare perfido all’orgoglioso matematico, ma che mi sento comunque di fare, è che questo è un libro scritto con bel piglio umanistico e perfino filologico (vedi l’ampio ricorso alle etimologie), con una facilità di scrittura da fare invidia a molti scrittori. <br /><br />Quasi che l’autore, già che c’era, intendesse sfatare anche un altro mito, quello della inintelligibilità degli uomini di scienza. «Finché ci saranno religioni ci saranno guerre di religione, come ci sono sempre state e ci sono. Mentre invece non ci sono guerre di scienza, né ci sono mai state, perché la scienza è una sola». <br /><br />La critica alle religioni, e alla loro pretesa di verità, è dunque impietosa. Dalla lettura del libro sembra emergere, anche se Odifreddi nega di voler “sconvertire” qualcuno, la malcelata ambizione che il grande pubblico sappia: quasi che anche il consenso di cui gode tuttora la Chiesa cattolica non possa spiegarsi razionalmente, se non con il mancato accesso di larga parte della popolazione a fondamentali strumenti di conoscenza. >> <br /></div><div><br />RAFFAELE CARCANO <br /></div>Unknownnoreply@blogger.com19tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-21010173614994559052023-10-13T00:13:00.007-07:002023-10-23T01:26:21.463-07:00Punti di vista - 33<div style="text-align: justify;">POPOLAZIONE MASSIMA <br /> Ormai una contrazione economica globale non può essere evitata e sarà quasi certamente accompagnata da una grande “correzione” della popolazione umana. <br />Stime attendibili indicano che la capacità di carico a lungo termine della Terra varia da un minimo di 100 milioni a un massimo di tre miliardi di persone. <br /> WILLIAM REESE <br /><br /> <br /> CINA E RICCHEZZA <br /> Il primo nemico della Cina [di oggi] è la ricchezza. <br />La cosa può sorprendere perché la ricchezza è universalmente considerata una cosa positiva. E certamente lo è. <br />Ma, paradossalmente, quanto più la gente sta bene, tanto più si lamenta del governo, se è libera di farlo. <br />Soprattutto la ricchezza presenta svantaggi per chi vuole dominare totalmente. <br />Un popolo miserabile può essere imbottito di propaganda finché manca di dati; ma un popolo prospero, che viaggia e conosce il mondo, come può essere ingannato sulla reale situazione del proprio Paese? <br />Ed oggi i cinesi viaggiano a decine di migliaia. <br />GIANNI PARDO <br /><br /> <br /> I CONFINI DELLA LIBERTA' <br /> La libertà non è tutto ciò che mi va di fare, la libertà confina in alto col dovere, in basso con la responsabilità, ai lati col rispetto degli altri e da ogni parte con la misura. <br />Nella misura c’è la discrezione, la non ostentazione, la capacità di discernere ciò che è intimo da già che è pubblico, ciò che è privato da ciò che è solenne. <br />E tutto questo si chiama buon gusto. E la netta separazione tra ciò che è intimo e privato e ciò che è pubblico e solenne. <br />MARCELLO VENEZIANI <br /> <br /><br /> NOI E GLI ALTRI <br /> Il bias di proiezione è una tendenza cognitiva che porta le persone a pensare che gli altri la pensino come noi, o che abbiano le nostre stesse caratteristiche. <br />Si tratta di una forma di auto-percezione, in cui le persone proiettano le proprie preoccupazioni, aspettative e opinioni sugli altri. In altre parole, questo bias può spingere le persone a vedere negli altri le caratteristiche che vedono in se stesse o che temono di possedere. <br />Ad esempio, un individuo potrebbe essere incline a sospettare che gli altri siano bugiardi (o generosi) solo perché è consapevole del fatto che mente spesso (o che lui stesso è una persona generosa). <br />Questo tipo di tendenza alla proiezione può influire su come ciascuno percepisce la realtà e interagisce con gli altri. <br />ANA MARIA SEPE <br /><br /><br /> MATRIMONI DI IERI E DI OGGI <br /> Ho letto che i matrimoni combinati di un tempo non erano poi quell’inferno che molti credono oggi. <br />I coniugi venivano “messi insieme” a freddo, molte volte senza nemmeno la loro partecipazione, e loro stessi non si aspettavano dal matrimonio niente di ciò di cui si parla oggi: né sesso appassionato, né dialogo, né particolare affetto. <br />Ambedue i coniugi conoscevano i loro doveri e i loro diritti, si rispettavano formalmente, mettevano al mondo dei figli perché era un dovere farlo, ma per il resto il matrimonio cominciava tanto prosaicamente che, col tempo, non poteva che migliorare. <br />Invece, da quando il matrimonio è divenuto “un affare di cuore”, da esso ci si aspetta la felicità, tanto che finisce con un divorzio più di un matrimonio su due. <br />A nessuno viene seriamente insegnato che una convivenza in tanto può riuscire, in quanto si sia disciplinati, in quanto si impari a tollerare e perdonare. La serenità coniugale è al prezzo della padronanza di sé. <br />La spontaneità non è quella deliziosa virtù che molti credono. Spontaneamente siamo dei maleducati e degli egoisti. È con la ragione e con la buona educazione che diveniamo persone perbene. <br />GIANNI PARDO <br /></div><div><br /> <br /></div><div style="text-align: justify;"> OTTO SETTEMBRE <br /> Non ci siamo più ripresi dall’8 settembre di ottant’anni fa, quando sull’Italia fu fatta una croce e il paese fu così spaccato in quattro: l’Italia fascista, l’Italia partigiana, l’Italia monarchica e l’Italia neutrale. <br />Quella croce sul Paese pesa ancora, nonostante quei quattro spicchi d’Italia si siano rimescolati e disciolti, nonostante l’Italia abbia perso la memoria storica di quel che accadde e vive solo brucando nel presente. <br />Ma quegli stampini, quei quattro spicchi d’Italia, separati ormai dalle loro matrici storiche e ideologiche, sono ancora i recinti in cui vive l’Italia, pur con attraversamenti continui e passaggi di campo: magari si chiamano conservatori, progressisti, moderati e fluttuanti. <br />MARCELLO VENEZIANI <br /></div><div><br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-9195574766629585105.post-86354226586868683732023-10-06T23:37:00.004-07:002023-10-06T23:48:12.333-07:00Bric a Brac <div style="text-align: justify;"><i>Questo post è dedicato al gruppo di Stati denominato BRICS (dalle iniziali di Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) ed al loro ruolo crescente sullo scacchiere geo-politico mondiale, da intendersi quale alternativa al blocco occidentale che si è costituito nel dopoguerra intorno agli Stati Uniti. </i><br /><i> Il testo è di Leonardo Mazzei ed è tratto dal sito di Sollevazione. </i><br /><i> LUMEN </i><br /></div><div><br /><br /></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;"><< I BRICS nascono nel 2006 per raggruppare le cosiddette “economie emergenti”. In quell’anno il Brasile, la Russia, l’India e la Cina decidono di costituire un “coordinamento diplomatico informale”. Nel 2009, al primo vertice tra questi paesi (il Sudafrica si unirà solo nel 2010), verrà esplicitato lo scopo fondamentale dell’associazione, quello di perseguire “un nuovo e più equo ordine mondiale multipolare”. <br /><br />In queste poche parole c’è già l’essenza fondamentale dei Brics, mentre nel persistente unipolarismo del blocco occidentale Usa-Nato c’è la ragione del loro associarsi. Quel che produrranno in futuro, ce lo dirà solo la storia, ma l’impressione è che si tratterà di una storia molto, ma molto interessante. <br /><br />Torniamo adesso al modello associativo dei Brics. Fino ad ora l’analogia con il G7 [il forum delle Nazioni più sviluppate] è stata davvero notevole: un vertice all’anno, dichiarazioni finali di indirizzo piuttosto generiche ed articolate, la formale autonomia di ogni membro associato. Su quest’ultimo punto è interessante notare come le dichiarazioni finali non siano mai a nome dei Brics in quanto tali, ma dei rappresentanti di ognuno dei paesi che ne fanno parte. Esattamente come avviene per il G7. <br /><br />Nel 2014 (summit di Fortaleza) emerge però un’importante novità. Nella città brasiliana, i Brics decidono infatti di creare una loro Banca di Sviluppo, la New Development Bank (Ndb), una chiara sfida all’ordine di Bretton Woods, basato sul ruolo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale oltre che sulla centralità del dollaro. Questa banca (la Ndb), partita con una dotazione iniziale di 50 miliardi di dollari, poi accresciuta nel tempo, dispone anche della piattaforma “Brics Pay” per aggirare l’uso della moneta americana nelle transazioni tra i 5 paesi dell’associazione. Insomma, i Brics in quanto tali rimangono un’organizzazione sui generis, ma di fatto si vanno strutturando. <br /><br />Il vero salto di qualità avviene però con la guerra in Ucraina, che (al di là delle differenze pure profonde tra loro), i Brics vivono come conseguenza della rinnovata aggressività occidentale. Se si capisce che questo è stato lo snodo fondamentale, quello che porterà all’allargamento annunciato a Johannesburg ed a quelli previsti in futuro, si è già capito l’essenziale. <br /><br />E’ vero, Russia e Cina non si sono mai amate. E’ verissimo, l’India mantiene stretti rapporti di cooperazione militare con gli Stati Uniti in funzione anti-cinese. Ed è certo (e naturale) che le agende del Brasile e del Sudafrica siano centrate sui rispettivi continenti. E’ certissimo, infine, come ogni membro dei Brics persegua i propri specifici interessi. Ma, nonostante tutti questi elementi di contraddizione, i Brics sono uniti dalla comune volontà di non sottostare al tallone occidentale. <br /><br />E siccome sanno che l’Occidente a guida americana è pronto ad ogni tipo di guerra pur di non perdere la sua supremazia, è alla guerra (per adesso quella economica) che si stanno preparando. Qui sta l’importanza del vertice in terra sudafricana. Probabilmente senza la guerra in Ucraina l’allargamento non sarebbe neppure avvenuto. <br /><br />Gli stati che entreranno il 1° gennaio 2024 [Arabia Saudita, Iran, Argentina, Egitto, Emirati Arabi ed Etiopia], e quelli ben più numerosi in lista d’attesa (tra i quali alcuni giganti come l’Indonesia, la Nigeria e l’Algeria), sanno benissimo che la loro adesione ai Brics è vista a Washington come una dichiarazione di guerra de facto. Dunque, se hanno compiuto quel passo non privo di conseguenze, vuol dire che hanno ritenuto ormai impossibile sottrarsi al gigantesco scontro alle porte. <br /><br />Del resto, il 94° ed ultimo punto della Dichiarazione di Johannesburg così recita: «Brasile, India, Cina e Sud Africa estendono il loro pieno sostegno alla Russia per la sua presidenza Brics nel 2024 e per lo svolgimento del XVI vertice Brics nella città di Kazan, in Russia». <br /><br />Vista l’importanza dei simboli in politica, ed anche nei rapporti internazionali, possiamo immaginarci come questa enfasi sia stata accolta nelle capitali occidentali, specie a Washington. I delegati di una quantità di paesi che, tra membri effettivi ed aspiranti, rappresentano ormai la maggioranza della popolazione mondiale, che vanno in casa di un nemico sotto sanzioni. Decisamente un colpaccio sotto la cintura! <br /><br />Molti commentatori occidentali hanno cercato di minimizzare la svolta, enumerando le tante contraddizioni che fanno dei Brics un blocco per molti aspetti parecchio eterogeneo. Ma se rilevare differenze e contraddizioni è fin troppo facile, costoro fingono di non vedere che la natura dei Brics – un’associazione che esclude programmaticamente l’esistenza di un’egemone al proprio interno – è esattamente opposta a quella del G7, laddove l’egemone c’è e non è difficile notarlo. <br /><br />Questa differenza segnala sì un potenziale punto di debolezza dei Brics, ma al tempo stesso – tenendo conto che lo scopo dell’associazione è “un nuovo e più equo ordine mondiale multipolare” – ne mette in luce un fondamentale punto di forza: la salvaguardia e il riconoscimento degli specifici interessi (non solo economici) di ogni paese membro. (...) <br /><br />Nessun mito dei Brics, dunque, ma [la consapevolezza] che il loro sviluppo è il più importante elemento oggettivo di messa in discussione dell’ordine attuale. La forza più potente che si oppone al blocco USA-NATO. Nulla di più, ma nulla di meno. >> <br /><br /> LEONARDO MAZZEI <br /></div><br /> </div>Unknownnoreply@blogger.com17