sabato 31 gennaio 2015

Non è Francesco

Nel marzo del 2014, ad un anno dalla sua elezione, Papa Francesco rilasciò una lunga intervista a Ferruccio de Bortoli del Corriere della Sera. Noi (non chiedeteci come) siamo riusciti ad entrare in possesso della prima versione di quella intervista, poi totalmente censurata in sede di pubblicazione. Si tratta di un testo assai sorprendente, sulla cui autenticità, purtroppo, non possiamo dare alcuna garanzia (vista la fonte), ma che ci pare giusto pubblicare ugualmente, a beneficio dei nostri lettori. Lumen

 
FDB - Un anno è trascorso da quel semplice «buonasera» che commosse il mondo. L’arco di dodici mesi così intensi, non solo per la vita della Chiesa, fatica a contenere la grande messe di novità e i tanti segni profondi dell’innovazione pastorale di Papa Francesco. Il bilancio di un anno?
FRANCESCO – Tutto sommato, direi buono. I fedeli e le vocazioni sono un po’ in diminuzione, e questo lo sapevamo. Ma i soldi continuano ad affluire alle nostre casse più o meno come sempre. Non ci possiamo lamentare.
 
FDB - Voi, Santo Padre, ogni tanto telefonate a chi vi chiede aiuto. E qualche volta non vi credono.
FRANCESCO – E’ normale. Io, quando parlo in pubblico, racconto quasi soltanto frottole, e la gente, qualche volta, se ne accorge.
 
FDB - E c’è un contatto, un incontro che ricordate con particolare affetto?
FRANCESCO – Sì, una vecchia signora ottantenne che ha creduto a tutto quello che le dicevo. Un’esperienza indimenticabile.
 
FDB - I rapporti con il vostro predecessore. Avete mai chiesto qualche consiglio a Benedetto XVI?
FRANCESCO – No, mai: ci mancherebbe! L’abbiamo cacciato via perché quando parlava faceva danni. Adesso lo lasciamo ancora andare e venire, ci mancherebbe, ma non stiamo certo a sentire quello che dice.
 
FDB - Il vostro modo di governare la Chiesa a noi è sembrato questo: voi ascoltate tutti e decidete da solo. Un po’ come il generale dei gesuiti. Il Papa è un uomo solo?
FRANCESCO - Sì e no. Per le decisioni importanti sicuramente no: vengono prese dalla curia e io mi devo semplicemente adeguare. Però, quando c’è una specifica rogna che nessuno vuole, allora lasciano a me tutte le responsabilità.
 
FDB – Voi avete innovato, criticato alcuni atteggiamenti del clero, scosso la Curia. Con qualche resistenza, qualche opposizione. La Chiesa è già cambiata come avreste voluto un anno fa?
FRANCESCO – Ma no, non è cambiato nulla: le mie parole erano necessarie per accreditare di me una certa immagine “nuovista”; ma tutto quello che dico è sempre concordato con loro, ci mancherebbe.
 
FDB - La tenerezza e la misericordia sono l’essenza del vostro messaggio pastorale...
FRANCESCO – Sì, è un approccio mediatico che abbiamo studiato con cura (anzi con “curia”, eh, eh, eh…) e che sta funzionando alla grande. Alla gente questi riferimenti piacciono moltissimo, perché quando parlo della tenerezza pensano al sesso e quando parlo della misericordia pensano al perdono.
 
FDB - Ma è stato compreso questo messaggio? Voi avete detto che la “francescomania” non durerà a lungo. C’è qualcosa nella vostra immagine pubblica che non vi piace?
FRANCESCO – Per il momento direi che funziona benissimo, per cui continuiamo così. Se poi la gente dovesse stancarsi vedremo. Ma non credo: conosco bene le mie pecorelle.
 
FDB - Nostalgia per la svostra Argentina?
FRANCESCO – Sì, un poco. Là avevo un po’ più di tranquillità e di tempo libero. Qui gli impegno sono moltissimi, quasi continui; ma in fondo ho accettato la bicicletta e quindi adesso è giusto che pedali…
 
FDB – Avete appena rinnovato il passaporto argentino. Voi siete pur sempre un capo di Stato.
FRANCESCO – Il mio status giuridico personale è, in effetti, un po’ complicato ed io stesso non ci capisco niente. Ma per fortuna ho delle persone che se ne occupano.
 
FDB – Vi sono dispiaciute quelle accuse di marxismo, soprattutto americane, dopo la pubblicazione dell’Evangelii Gaudium?
FRANCESCO – Ma no, ce le aspettavamo. Guai se le encicliche del Papa non sollevassero polemiche: vuol dire che non se le fila più nessuno e questa sarebbe davvero una tragedia. Come diciamo noi del marketing: bene o male, purchè se ne parli.
 
FDB - Gli scandali che hanno turbato la vita della Chiesa sono fortunatamente alle spalle. Vi è stato rivolto, sul delicato tema degli abusi sui minori, un appello pubblicato dal Foglio e firmato tra gli altri dai filosofi Besançon e Scruton perché voi facciate sentire alta la vostra voce contro i fanatismi e la cattiva coscienza del mondo secolarizzato che rispetta poco l’infanzia.
FRANCESCO – Quell’appello è stato una vera manna dal cielo e non posso che ringraziare i suoi firmatari. Quando si parla di abusi sui minori, il nostro scopo è ovviamente quello di sviare l’opinione pubblica, portandola dalla chiesa al mondo secolare. E quell’appello è stato perfetto per i nostri scopi.
 
FDB - Santo Padre, voi dite «i poveri ci evangelizzano». L’attenzione alla povertà, la più forte impronta del suo messaggio pastorale, è scambiata da alcuni osservatori come una professione di pauperismo. Il Vangelo non condanna il benessere. E Zaccheo era ricco e caritatevole.
FRANCESCO – Non confondiamo. La Chiesa non condanna assolutamente la ricchezza, tanto è vero che teniamo molto alla nostra e facciamo ottimi affari con il mondo dell’alta finanza. Ma esaltare i poveri è un messaggio che funziona molto bene, soprattutto nel terzo mondo, e ci da ottimi ritorni mediatici. Non vedo perché dovremmo rinunciarvi.
 
FDB – Voi avete indicato nella globalizzazione, soprattutto finanziaria, alcuni dei mali che aggrediscono l’umanità. Ma la globalizzazione ha strappato dall’indigenza milioni di persone. Ha dato speranza, un sentimento raro da non confondere con l’ottimismo.
FRANCESCO – La globalizzazione ci ha consentito di fare molti ottimi affari, non lo nego. Ma il nostro giudizio rimane fortemente negativo. Anzitutto ha portato al miglioramento del tenore di vita in molti paesi del terzo mondo, a scapito di quelli occidentali, facendo declinare fortemente il nostro ruolo di controllo laggiù, senza nessun compenso in occidente. Inoltre ha facilitato notevolmente la circolazione delle idee, e questa per noi è sempre una cosa molto pericolosa.
 
FDB - Il tema della famiglia è centrale nell’attività del Consiglio degli otto cardinali. Dall’esortazione “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II molte cose sono cambiate. Due Sinodi sono in programma. Si aspettano grandi novità. Voi avete detto dei divorziati: non vanno condannati, vanno aiutati.
FRANCESCO – Quello dei divorziati è un tema molto delicato, che richiede un equilibrio sottile. Noi non possiamo perdere completamente il contatto con loro, perché sono molti e c’è già troppa gente che sta abbandonando la Chiesa. Ma non possiamo neppure rinnegare i nostri dogmi storici in materia di matrimonio. Quindi si va avanti con le solite affermazioni “cerchiobottiste”, sperando che la gente non si accorga della loro vacuità. Altro non possiamo fare.
 
FDB - Perché la relazione del cardinale Walter Kasper all’ultimo Concistoro (un abisso tra dottrina sul matrimonio e la famiglia e la vita reale di molti cristiani) ha così diviso i porporati? Come pensa che la Chiesa possa percorrere questi due anni di faticoso cammino arrivando a un largo e sereno consenso? Se la dottrina è salda, perché è necessario il dibattito?
FRANCESCO – Ma proprio per quello che dicevo sopra. La nostra posizione in materia è chiarissima: vogliamo tenerci tutti i divorziati senza concedere loro nulla. Ma per ottenere questo risultato è necessario dare la sensazione di un profondo dibattito, come se davvero volessimo cambiare qualcosa.
 
FDB - In un recente passato era abituale l’appello ai cosiddetti «valori non negoziabili» soprattutto in bioetica e nella morale sessuale. Voi non avete ripreso questa formula. I principi dottrinali e morali non sono cambiati. Questa scelta vuol forse indicare uno stile meno precettivo e più rispettoso della coscienza personale?
FRANCESCO – Quella dei valori non negoziabili era una fissazione del mio predecessore, che ci ha creato problemi a non finire. Adesso che ce lo siamo tolto dai piedi, non c’è più nessun motivo di insistere.
 
FDB - Molti Paesi regolano le unioni civili. È una strada che la Chiesa può comprendere? Ma fino a che punto?
FRANCESCO – Assolutamente no. Siamo convinti che finiremmo per attirare molte meno persone di quelle che sicuramente perderemmo. Non sarebbe un buon affare.
 
FDB - Come verrà promosso il ruolo della donna nella Chiesa?
FRANCESCO – La funzione delle donne, nella Chiesa, continua ad essere fondamentale, soprattutto nei lavori di supporto più delicati e impegnativi (ristorazione, pulizia, accudimento, assistenza, ecc.). Al massimo, se dovessero calare le vocazioni femminili, potremmo decidere di ridurre le ore assegnate alla preghiera ed alla meditazione, ad aumentare quelle dedicate alla attività di cui parlavo sopra.
 
FDB - A mezzo secolo dalla “Humanae Vitae” di Paolo VI, la Chiesa può riprendere il tema del controllo delle nascite? Il cardinale Martini, vostro confratello, riteneva che fosse ormai venuto il momento.
FRANCESCO – Questo mi sembra proprio l’ultimo dei nostri problemi. Abbiamo al nostro fianco, per motivi diversi, la grandissima parte della società civile, per cui possiamo continuare a spingere sulla crescita demografica senza correre nessun rischio di immagine. Quei “quattro gatti” dei denatalisti non otterranno mai nulla, e quindi non ci danno nessun fastidio.
 
FDB - La scienza evolve e ridisegna i confini della vita. Ha senso prolungare artificialmente la vita in stato vegetativo? Il testamento biologico può essere una soluzione?
FRANCESCO – Il principio base, su cui non possiamo assolutamente derogare, è che la persona non è autonoma, non può decidere con la propria volontà, ma appartiene a Dio, e quindi a noi della Chiesa. E’ un potere a cui non intendiamo rinunciare per nessun motivo. Quelli del fine-vita mi sembrano un po’ più pericolosi dei denatalisti, ma anche qui, un po’ di sano cerchiobottismo dovrebbe essere sufficiente.
 
FDB - Il prossimo viaggio in Terra Santa porterà a un accordo di inter-comunione con gli ortodossi che Paolo VI, cinquant’anni fa, era arrivato quasi a firmare con Atenagora?
FRANCESCO – Non credo. Loro sono disposti a tutto pur di difendere il loro territorio e le proprie pecorelle, per cui non accetterebbero mai un accordo che possa darci qualche vantaggio economico o di influenza. E senza questo, si tratterebbe di un pezzo di carta come tanti altri. Però il viaggio sarà comunque utile, perché farà circolare l’immagine di noi rappresentanti della varie religioni che ci parliamo amichevolmente. Questo piace molto alla gente e ci fornisce sempre un buon ritorno mediatico.
 
FDB - Fra qualche anno la più grande potenza mondiale sarà la Cina con la quale il Vaticano non ha rapporti. Matteo Ricci era gesuita come voi.
FRANCESCO – Qui la vedo dura, perché loro sanno benissimo quale pericolo rappresentiamo noi per la loro cultura. Ma ci proveremo comunque, com’è nella nostra natura di impiccioni ficcanaso.
 
FDB - Perché Santo Padre non parlate mai d’Europa? Che cosa non vi convince del disegno europeo?
FRANCESCO – L’Europa è un progetto laico, che tende ad escluderci a livello ideologico, e nel quale non riusciamo ad ottenere nessun tipo di potere, o sfera di influenza, o anche solo beneficio economico. Spero pertanto, per il bene della nostra Chiesa, che si disintegri presto e, probabilmente, è proprio quello che succederà.
 
FDB - Grazie Santo Padre.
FRANCESCO - Grazie a voi.

sabato 24 gennaio 2015

Beyond 2015


Un altro anno è passato ed abbiamo salutato da poche settimane la fine del 2014. Ma come sarà il 2015 ? Eccovi le previsioni di Luca Pardi per l’anno appena iniziato (dal sito Risorse, Economia, Ambiente). Non ci sarà molto da divertirsi, ma almeno saremo pronti. 
LUMEN


<< L’evento che ha maggiormente colpito l’opinione pubblica [nel 2014] ed ha avuto eco abbastanza vasta sui media, è la caduta quasi verticale del prezzo del petrolio. (…) Quello che il calo del prezzo evidenzia è un calo della domanda e l’inizio di una nuova fase recessiva sia per i paesi di cui si sbandierava la ripresa economica, sia per quelli che in vera recessione non sono mai stati.

Un colpo del tipo di quello del 2008, ma in una situazione più grave. Ce lo aspettavamo. Non abbiamo mai pensato che la “rivoluzione dello shale” e il ricorso ad altre risorse a basso EROEI potessero risollevare l’economia petrolifera, ormai in crisi a causa dell’insufficienza del petrolio a buon mercato determinata dal picco del convenzionale (…).

Il flusso di energia facile e a buon mercato, principalmente sotto forma di combustibili liquidi, che ha alimentato ininterrottamente per tutto il XX secolo, e con una forte accelerazione nel secondo dopoguerra, l’economia mondiale, non è più sufficiente a supportare la domanda dei paesi di antica industrializzazione, e le aspirazioni di quelli in via di sviluppo.

A questo flusso si è affiancato un flusso via via sempre più importante di altre risorse, di diversa natura, e, soprattutto, di diversa qualità. Lo shale, le sabbie bituminose, gli oli pesanti, i biocombustibili ecc. Tutti combustibili che solo apparentemente soddisfano l’uso che se ne fa.
Quando vengono commercializzati essi svolgono, più o meno, la funzione di contenitori e dispacciatori di energia concentrata. Ma prima di renderli commerciabili, cioè prima che raggiungano il mercato, una grande quantità di energia deve essere spesa per produrli.

Questo fatto, misurato da un basso indice EROEI, conferisce a questi combustibili non-convenzionali un contenuto energetico ridotto rispetto al vecchio petrolio. E inevitabilmente il mercato ne riconosce i limiti, magari con qualche ritardo dovuto a vari tipi di doping finanziario che, come il Quantitative Easing, non possono essere prolungati all’infinito.

Tutte le proiezioni [fatte] dall’IEA (International Energy Agency) partono da un modello sbagliato e non possono che essere sbagliate. Il modello è il World Energy Model (WEM) che assume la crescita economica come fattore esogeno, cioè indipendente dalle variabili materiali come l’energia. La crescita traina la domanda di energia e l’IEA fa le previsioni su quali debbano essere i prezzi delle diverse commodities energetiche e l’ammontare degli investimenti necessari da parte delle imprese estrattive, per soddisfare quella domanda.

Il fatto è che la crescita economica si è fondata nei due secoli e mezzo della rivoluzione industriale su un flusso di energia e risorse naturali a buon mercato (cioè fisicamente facili da estrarre, cioè, per quanto riguarda le risorse energetiche, ad alto EROEI) che è il vero fattore esogeno.
La crisi energetica rivela il nesso fra crisi ecologica e crisi economica. Gli ecosistemi spremuti sul lato delle sorgenti (le risorse naturali, rinnovabili e non) e saturati sul lato dei pozzi (gli ecosistemi che riciclano i cascami delle nostre attività) sono sempre meno facili da sfruttare. Il declino dell’EROEI è un fatto fisico che nessuna cura tecnologica può curare.

Tutt’al più ci vorrebbe un po’ di fortuna, tipo scoprire nascosto in qualche area inesplorata (ce ne sono ?) un nuovo Ghawar [immenso giacimento petrolifero dell’Arabia Saudita - ndr] che produca petrolio in grande quantità e a costi contenuti (cioè ad alto EROEI).

Ma sarebbe davvero un colpo di fortuna, data la situazione ecologica plasticamente rappresentata dall’evoluzione continuamente allarmante del cambiamento climatico ?
La fine del petrolio a buon mercato ha un significato semplice: rappresenta anche la fine dell’economia che abbiamo conosciuto nei secoli scorsi. (…) Sicuramente la fine della crescita economica di cui abbiamo goduto nel XX secolo. La fase di declino che ci aspetta non sarà facile, ma è inutile essere pregiudizialmente negativi. (…)

Il sistema è acefalo e la prima risposta del sistema capitalistico contemporaneo è quella di riassorbire la ricchezza accumulata nel ceto medio dei paesi sviluppati, trasferendola ai piani alti della scala sociale. Finché il sistema cresceva costantemente anno dopo anno era possibile un certo livello di trasferimento verso il basso della ricchezza. Il famoso 1% dei ricchissimi si arricchiva sempre di più, ma una parte della ricchezza serviva ad ingrassare un ceto medio che via via ha visto il corpo e la mente catturata dal sogno americano.

Con la fine della crescita le classi dominanti, quelle che detengono la maggior parte della ricchezza e, quindi, controllano anche i governi, non accettando di crescere meno di quanto facevano prima, assorbono (o riassorbono) ricchezza dal basso. Il significato dell’austerità è questo. L’austerità per noi ceti medi. Tutti a lavorare per due soldi e zitti.

Naturalmente questa politica può portare a diversi esiti, ma non condivido [certe]  conclusioni un po’ desolanti. (…) Il futuro resta aperto, una risposta politica e sociale adeguata può sempre evitare il massacro delle guerre civili e mitigare gli effetti di un inevitabile declino. In ogni caso è questo l’obbiettivo per cui vale ancora la pena di impegnarsi. E’ abbastanza ovvio che un forte conflitto sociale è in atto e che le cose non potranno che acuirsi nel tempo man mano che scendiamo lungo una china che nessuno vuol ancora ammettere abbiamo già imboccato.

Fare in modo che il maggior numero di persone capisca la natura e le ragioni di questo snodo storico è il nostro compito. Non corrisponde esattamente all’organizzazione della rivoluzione che abbatterà il capitalismo (che comunque, in questo senso, sta già facendo un buon lavoro senza l’aiuto di nessun Lenin), ma è almeno qualcosa che possiamo fare senza chiedere troppo a noi stessi.

Il 2015 sarà un anno in cui verranno al pettine i molti nodi che sono stati dimenticati e la molta polvere spazzata sotto il tappeto. Ognuno di noi ha un momento di risveglio dal torpore indotto dal sistema dell’informazione–intrattenimento-spettacolo. (…)

Spero che per molti l’anno che viene possa essere quello in cui capiranno che:
1) il nodo climatico deve essere affrontato e subito, il COP21 di Parigi sarà l’ultima occasione globale per metter mano alla questione in modo concertato.
2) La fine del petrolio facile ci invita e ci forza ad un cambio di paradigma energetico.
3) la crisi ecologica in atto forza l’umanità a ridurre la propria impronta ecologica che è essenzialmente composta da due fattori di uguale importanza: Popolazione e Consumi. Ogni riduzione di questi due fattori deve essere vista come un fatto virtuoso. Quindi il conflitto fra economia ed ecologia non potrebbe essere più grave. Prenderne atto è rivoluzionario.
4) Non esiste una soluzione tecnica al problema di un overshoot ecologico. Esiste solo un adattamento che implica ovviamente anche un adattamento tecnologico, ma è principalmente di carattere sociale.

Anche se ancora non sappiamo quale forme possa prendere questo adattamento e quanto sia possibile mitigare gli aspetti più drammatici e potenzialmente tragici di questa transizione, il nostro impegno per il 2015 non può certo essere quello di osservare con distacco accademico il dissolversi della società e lo sviluppo della catastrofe. Militanti siamo e tali restiamo; razionali, ma militanti. >>

LUCA PARDI

sabato 17 gennaio 2015

Edizioni Paoline

LUMEN – Il bravissimo Luigi Cascioli è tornato a trovarci, e noi non possiamo che ringraziarlo.
CASCIOLI – E’ sempre un piacere.

LUMEN – Oggi vorrei parlare con voi della nascita storica della Chiesa Cristiana e di quel personaggio a suo modo fondamentale che fu Paolo di Tarso.
CASCIOLI – E degli Esseni.

LUMEN – E degli Esseni. Credo che avremo delle belle sorprese.
CASCIOLI – Nel II secolo E.V. vi fu la separazione degli Esseni di origine ebraica dagli Esseni di origine pagana, determinata dall'istituzione del sacramento dell'Eucaristia. La comunità di Roma, che aveva deciso di dare al proprio Cristo l'incarnazione, respingendo ogni teoria gnostica, espulse quindi Marcione, dichiarandolo eretico, ma conservando il suo vangelo e le lettere di Paolo per costruire attraverso di essi i propri vangeli e la propria dottrina.

LUMEN – Una bella incoerenza.
CASCIOLI – Che si ritorse contro di loro. Infatti, per quanto avessero operato per trasferire al cristianesimo nascente la storicità della religione Essena, le falsificazioni, le sovrapposizioni e le interpolazioni che eseguirono non furono sufficientemente accurate e quindi non riuscirono ad eliminare le varie contraddizioni di cui sono piene. Contraddizioni ed anacronismi che ci permetteranno di dimostrare che il Cristo incarnato viene costruito tale soltanto dopo l'espulsione di Marcione dalla comunità di Gerusalemme avvenuta nel 144.

LUMEN – Quindi la nuova religione sarebbe sorta solo dopo il 150 ?
CASCIOLI – Proprio così. Ma la Chiesa, non avendo documenti dimostranti l'esistenza di Cristo e dei cristiani negli anni precedenti a questa data, cercò di procurarseli (come ancora sta facendo attraverso le manomissioni che tenta di operare sui manoscritti del mar Morto) ricorrendo ad ogni sorta d'imbrogli. Così falsificarono gli autori contemporanei, quali Giuseppe Flavio, Filone, Tacito, Seneca ed altri, s'inventarono autori a cui furono attribuiti vangeli e testi ricavati da fonti essene e pagane, bruciarono le testimonianze che si opponevano ai loro intrighi, usurparono agli Esseni spiritualisti i loro concetti religiosi, i loro usi comunitari e lo stesso appellativo di cristiani che gli era stato dato dai pagani sia pur con un significato dispregiativo.

LUMEN – La solita faccia tosta.
CASCIOLI - Costruirono su Giovanni il Presbitero, nato e vissuto a Efeso e quivi morto nel 135 la figura di Giovanni l'evangelista, trasformarono l'escatologia guerriera dell'Apocalisse, nel suo concetto di realizzazione imminente, nell'attesa di un giudizio universale che si realizzerà alla fine dei tempi, fecero diventare cristiano Filone di Alessandria (che era invece un filosofo ellenista), si appropriano dei martiri del movimento rivoluzionario giudaico facendoli passare per propri e, soprattutto, cercano di far sparire ogni traccia degli Esseni la cui esistenza avrebbe ridicolizzato ogni intromissione di cui avevano bisogno per darsi una base storica.

LUMEN – In effetti di questi Esseni la Chiesa non parla mai.
CASCIOLI - Quando ho chiesto a due preti se conoscevano gli Esseni, uno mi ha risposto che erano una tribù non bene identificata che era passata in Palestina nel primo secolo avanti Cristo senza lasciare tracce, e l'altro che non li conosceva.

LUMEN – E passiamo alla figura di Paolo di Tarso.
CASCIOLI - Fra i tanti personaggi che vengono usati dalla Chiesa come testimoni dell'esistenza di Gesù, se Paolo assunse una importanza predominante ciò dipese soprattutto dal carisma che gli venne da Marcione che lo presentò come personaggio storico, carisma di predicatore che, dichiarato esistito al tempo di Pietro e Giacomo, avrebbe costituito una garanzia di verità su tutto ciò che gli si sarebbe fatto dire.

LUMEN – A quei tempi l’ipse dixit funzionava alla grande.
CASCIOLI - Falsificando le Lettere che Marcione aveva portato con se dalla Siria insieme al suo vangelo ed aggiungendone altre, il personaggio di Paolo, prima filoniano e poi gnostico, fu spudoratamente trasformato dalla Chiesa nel sostenitore di un Cristo incarnato facendogli scrivere nel prologo della Lettera ai Romani, che poi è l'introduzione a tutte le Lettere: << Io sono Paolo, servo di Dio, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio riguardo al figlio, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne >>. (Rm. 1,1).

LUMEN – Una frase del tutto inventata.
CASCIOLI – Infatti. E con questa frase, interpolata come introduzione alla prima delle 14 lettere messe sotto il suo nome, la Chiesa si è arrogata ogni pretesa per usare Paolo come sostenitore quel Cristo-uomo che doveva imporsi a tutti gli altri Cristi esseni che lo avevano preceduto: il Logos filoniano delle visioni e il Salvatore gnostico.

LUMEN – Praticamente si sono arruolati d’ufficio Paolo di Tarso, a sua insaputa.
CASCIOLI - E così, divenuto preda dei Padri della Chiesa, Paolo finisce per sostenere tutto ciò che essi gli attribuiscono, via via che elaborano i concetti teologici, e diventa quindi la colonna portante di un cristianesimo che sarà costruito sull'incarnazione di Gesù. << E mentre i giudei chiedono miracoli e i greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocefisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani >>. (Cor. 1,22).

LUMEN – Una frase che ha fatto la storia.
CASCIOLI - Da rimarcare come in questa espressione c'è racchiusa tutta la lotta che i cristiani della prima Chiesa dovettero sostenere contro gli esseni giudaici, che li accusavano di scandalo perché avevano attribuito al Messia una morte così ignominiosa, ed anche contro i pagani, che ritenevano la crocifissione una stolta invenzione fatta per sostenere un Messia mai esistito, cioè un Gesù che nessuno conosceva, come ci viene dimostrato da un passo degli stessi Atti degli Apostoli .

LUMEN – Cosa dice questo passo ?
CASCIOLI – Si parla di un certo Apollo che cerca di spiegare che il Cristo della nuova religione si chiamava Gesù non con la citazione di fatti realmente avvenuti, ma esclusivamente attraverso le sacre scritture: << Giunto in Acadia, fu molto utile a quelli che per opera della grazia erano divenuti credenti; confutava infatti vigorosamente i giudei (che negavano l'esistenza storica di Gesù), dimostrando pubblicamente attraverso le scritture che Gesù è il Cristo >>. (At. 18,27)

LUMEN – Una prova che non prova nulla.
CASCIOLI – Per non parlare dei passi nei quali Paolo viene usato dalla Chiesa per sostenere il Cristo incarnato, la sua crocifissione, la sua nascita da donna terrena, la sua resurrezione e l'istituzione dell'Eucaristia, i quali si susseguono nelle sue Lettere attraverso collocazioni così evidentemente fraudolente da non meritare spesso neppure la confutazione.

LUMEN – Per esempio ?
CASCIOLI – Per esempio questo rimprovero ai Galati che si rifiutano di credere alla crocifissione di Cristo, perché non ne hanno mai sentito parlare << O stolti Galati, chi mai vi ha ammaliati, proprio voi agli occhi dei quali fu presentato al vivo Gesù crocefisso>> (Gal. 3,1).

LUMEN – E perché ?
CASCIOLI – Questo rimprovero è un'ulteriore prova della non esistenza storica di Gesù, se consideriamo che il fatto avviene nel 53 E.V., cioè soltanto 20 anni dopo dalla crocifissione. Se la crocifissione c'era stata veramente, come è possibile che i Galati, dichiarati dallo stesso Paolo testimoni del fatto, possano disconoscerla ?

LUMEN – Ineccepibile.
CASCIOLI - E ancora, senza il minimo ritegno, affondano talmente Paolo nell'umanizzazione di Cristo, da farcelo apparire addirittura ridicolo nella sua incoerenza: << Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, per riscattare i figli nati sotto la legge >>. (Gl. 4,4). 
Ma di quale legge, di quale riscatto può parlarci Paolo se è stato proprio lui a negare, prima come predicatore di un Logos filoniano e poi come sostenitore di un Cristo Gnostico, l'esistenza di un Cristo incarnato, nato da donna ?

LUMEN – Altri esempi ?
CASCIOLI – Poi ci sono i passi riguardanti l'istituzione dell'Eucaristia espressi nella prima lettera ai Corinti (9,16; 11,23), mentre i Padri della Chiesa incominciarono soltanto nella seconda metà del II secolo E.V. a sostenere quel sacramento basato sulla teofagia, che era stato respinto intorno al 150 dagli Esseni di origine giudaica.

LUMEN – Un bel guazzabuglio.
CASCIOLI – Queste interpolazioni e falsificazioni, certe ed evidenti, rendono le lettere di San Paolo di Tarso uno zibaldone di incoerenti follie tali da portare uno degli stessi falsificatori a riconoscerlo, facendo dire dall'eccellentissimo Festo: << Paolo, tu sei pazzo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!>>. (At. 26,24), e a far dire a Paolo in una lettera ai Romani (7-15,24): << Io non riesco a capire ciò che faccio; infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto...Io con la mente servo la legge di Dio e con la carne la legge del peccato  >>.

LUMEN – Un personaggio davvero con troppe ombre.
CASCIOLI - E cosa potrebbe mai essere, se non uno squilibrato, chi predica contemporaneamente tre Cristi: il Cristo astratto dei sogni e delle visioni, il Cristo che ha svolto la sua missione prendendo dell'uomo soltanto le apparenze, e il Cristo che si è incarnato nascendo da donna ?

LUMEN –  Ci sono un po’ troppi “Cristi”.
CASCIOLI – E infatti, se si guarda alla realtà storica dei fatti, non ce n’è nessuno.

LUMEN – Ben detto. Grazie per chiacchierata, signor Cascioli.

sabato 10 gennaio 2015

L’Etat c’est moi

“Lo Stato sono io”, diceva qualche secolo fa Luigi XIV, consapevole del proprio potere assoluto. “Lo Stato siamo noi”, possono dire oggi i cittadini occidentali, orgogliosi (o forse illusi) di essere i titolari della democrazia formale in cui vivono.
Ma domani, con la crisi economico-ambientale che ci attende, che ne sarà dello Stato tradizionale ? E di noi ? Ce ne parla il sempre bravissimo Antonio Turiel, in questo lungo articolo tratto da Effetto Risorse
LUMEN


<< Ci sono molte discussioni storiografiche ed antropologiche sull'origine e la funzione dello Stato, delle quali sono uno scarso conoscitore. Tuttavia, c'è una serie di caratteristiche che vengono attribuite con un sufficiente consenso allo Stato. Una di queste è che lo Stato è il depositario del diritto alla violenza legittima, cioè, è l'unico agente che ha diritto ad agire violentemente in difesa di un bene percepito come comune se non esiste nessun altro mezzo per garantirlo.

Lo Stato, che in sé non è altro che una serie di istituzioni create ad un certo punto per la gestione di un paese, diventa, in virtù di questo e di altri diritti, un soggetto di diritto, cioè, un ente con diritti e doveri riconosciuto da altri soggetti di diritto come lui. Per dirlo più semplicemente, lo Stato spagnolo è riconosciuto come l'interlocutore valido per discutere qualsiasi cosa che abbia a che fare col territorio che amministra, cioè la Spagna.

Dato che lo Stato ha il monopolio della violenza legittima, qualsiasi violenza esercitata nel suo territorio da chiunque non sia lo Stato diventa illegittima. Perché le cose siano più chiare, lo Stato, usando il proprio potere legislativo, promulga leggi che esplicitano la non legittimità di quelle azioni per mezzo di disposizioni legali che stabiliscono condizioni penali per i contravventori. Cioè, lo Stato stabilisce con delle leggi quale castigo corrisponde a chi esercita un determinato tipo di violenza che non sia ricoperta dallo Stato stesso.

Visto che lo Stato ha diritto di far violenza a qualsiasi aspetto della nostra convivenza (per esempio, sparando a un rapinatore di un supermercato se questo mette in pericolo la vita di altri, o anche negando alcuni assembramenti di massa e inviando polizia antisommossa a picchiare i manifestanti se non se ne vanno, o anche mandando in carcere coloro non pagano le proprie tasse), lo Stato ha un grande potere su tutti noi e per questo è giusto si definiscano in modo molto chiaro quali siano i fini dello Stato e che ci sia un grande consenso sociale sul fatto che questi fini siano legittimi.

Qui viene uno degli aspetti più delicati del meccanismo statale: dato che nei sistemi democratici si riconosce che la sovranità è del popolo, tutto il potere in realtà proviene dal popolo e lo Stato, che è un soggetto a parte ma con il grande potere della violenza, come abbiamo detto, deve il suo potere a quel popolo che in realtà glielo ha consegnato. Pertanto, lo Stato deve interpretare correttamente il dettato del popolo e da qui proviene la grande importanza del fatto che le istituzioni dello Stato siano trasparenti e democratiche, come modo per assicurare che si sta compiendo la volontà del popolo.

Come sappiamo tutti, gli Stati moderni sono strutture di una grande complessità e per la loro gestione servono funzionari specializzati e con esperienza. (…) La maggioranza di questi funzionari sono maestri, professori universitari, medici, infermieri, letterati, militari, pompieri, ispettori fiscali, scienziati, guardie forestali, avvocati, procuratori, giudici e un lungo eccetera dei tecnici più diversi, il cui lavoro non sempre è visibile ma è fondamentale.

A causa della complessità dello Stato che stiamo esponendo, è necessario mantenere questi corpi di funzionari specializzati, che logicamente non possono essere sostituiti allo stesso ritmo dell'alternanza democratica del paese. Per questo è richiesto che i funzionari lavorino in modo fedele al servizio del Governo di turno per il bene del paese, a prescindere dalle loro convinzioni partitiche. In cambio, viene loro riconosciuto uno statuto del lavoro speciale, che in da tempo e specialmente in questi tempi incerti viene percepito come un privilegio inadeguato.

Cosa succede quando un potere sufficientemente forte, tipicamente economico, corrompe qualche struttura dello Stato? Che lo Stato si scollega dalla fonte della sua legittimità, che è il consenso sociale, e si comporta a beneficio di questi altri interessi, naturalmente in modo subdolo per evitare una rivoluzione popolare. (…) Di fatto, il potere economico o di altro tipo non ha bisogno, per i propri fini, di corrompere troppo tutte le strutture dello Stato, perché per costituzione gli Stati tendono ad essere fortemente gerarchici e centralizzati.

Se si ottiene il controllo del vertice (per esempio, del Governo) o delle strutture immediatamente inferiori (gli alti funzionari), tutto il resto del macchinario dello Stato lavorerà in modo cieco e implacabile a favore di questo potere corruttore, in applicazione della massima secondo la quale i funzionari di rango inferiore hanno l'obbligo di soddisfare e servire fedelmente ciò che viene loro richiesto in virtù della loro condizione di servitori pubblici, al di là delle loro preferenze ideologiche.

Pertanto, la struttura piramidale e non deliberativa dello Stato lo rende più vulnerabile all'ingerenza illegittima di agenti non popolari, il che dà accesso a questi agenti a forme incontrastate di violenza, non sempre fisica. Si tende a pensare che quando succede questo sia per un difetto concreto dello Stato o persino della società che lo partorisce. Al contrario, (…) credo che la corruzione sia una caratteristica intrinseca degli Stati. Inoltre, che il ruolo dello Stato sia andato rinforzandosi durante la storia in simbiosi con l'ingerenza sempre maggiore dei poteri economici, di modo che alla fine il difetto della corruzione statale non è accidentale ma strutturale.

I due grandi sistemi economici che hanno dominato la discussione durante il ventesimo secolo sono il capitalismo e il comunismo. (…) L'attuazione di entrambi i sistemi è stata completamente subordinata all'esigenza di uno Stato e, nei casi in cui questo non c'era in quanto tale, si è finiti per crearlo a beneficio del sistema economico. A mio modo di vedere, il carattere statalista del comunismo e del capitalismo non è una coincidenza, ma una necessità di entrambi i sistemi per ottenere i propri fini.

Nel caso del comunismo di taglio sovietico e simili, la necessità di uno Stato forte risulta evidente a tutti: stiamo parlando di un'economia pianificata, che impone restrizioni ad ogni tipo di attività e che supervisiona in modo estenuante i dettagli della vita pubblica e privata dei suoi cittadini.

Nel caso del capitalismo, la percezione popolare, incoraggiata da certi settori della società, è che sia un sistema di libertà e che qualsiasi ingerenza dello Stato in realtà è dannosa. Parrebbe, pertanto, che il capitalismo sia in qualche modo contrario ad uno Stato forte. Niente di più lontano dalla realtà. L'economia capitalista moderna è più pianificata che mai e le percezione di libertà, di capacità elettiva, non è altro che una finzione costruita abilmente.

Molte grandi imprese hanno bisogno che lo Stato le sovvenzioni o le favorisca indirettamente costringendo i suoi cittadini a consumare i suoi prodotti o attraverso esenzioni fiscali. Ha tutta la logica del mondo: l'investimento che queste imprese fanno per influire sullo Stato aumenta i loro benefici, mentre lo Stato beneficia del controllo sociale che queste imprese assicurano, attraverso i loro lavoratori e il loro controllo sui mezzi di comunicazione. E’ qui la simbiosi Stato-capitale negli Stati capitalisti.

I casi nei quali lo Stato favorisce in modo indecente le grandi imprese non sono isolati ma ripetuti: la grande industria aeronautica sta in piedi grazie agli ordini di aerei militari (…), le grandi banche vengono salvate quando fanno investimenti massicciamente rovinosi, il settore delle auto è sostenuto da piani statali consecutivi di sussidio all'acquisto di un'auto nuova, alle industrie petrolifere riducono le tasse, le grandi società elettriche ottengono regolamenti favorevoli ai propri interessi e contro il bene comune...

E questo per non parlare degli scandali ambientali, a volte con gravi conseguenze per la popolazione, taciuti persino con l'uso della forza, grazie al controllo di uno Stato piegato agli interessi di un capitale che non conosce frontiere (“Ricordate Bhopal”).

Non c'è grande settore dell'economia capitalista di oggi che non sia sostenuto dallo Stato e questo non succede da ora, per colpa della crisi, ma è da molto tempo che è così. Se uno si scomoda a immergersi nei libri di Storia, vedrà che nella configurazione dei moderni Stati capitalisti la cosa è sempre stata così. Ma è solo ora che la sconnessione dalla volontà del popolo sovrano è più evidente. (…)  Semplicemente prima la gente si guadagnava meglio da vivere e preferiva continuare così, piuttosto che passarla nell'impresa di fronteggiare gli abusi dello Stato, cosa quasi sempre inutile.

Se si guardano con attenzione le differenza fra comunismo e capitalismo, queste non sono tanto grandi. Il comunismo sovietico è stato molto meno efficace dal punto di vista produttivo ed ha generato molte inefficienze, in molti casi frutto della disaffezione delle classi popolari agli obbiettivi dello Stato (qualcosa di molto naturale se teniamo conto del fatto che lo stato sovietico rifiutava la sovranità popolare, anche se formalmente diceva di difenderla).

Tuttavia, con l'attuazione di certe misure chiave, il comunismo cinese si è evoluto negli ultimi decenni verso quote di produttività superiori a quelle dell'Occidente, dimostrando che un paese comunista può essere tanto capitalista-statalista quanto qualsiasi democrazia occidentale e senza il costo aggiuntivo (economico) della democrazia.

Si può sostenere che la crisi dello Stato, in particolare quelle degli stati capitalisti come quelli in cui viviamo, è cominciata già da molto tempo. Il sintomo più chiaro di questa crisi di legittimità è stato il rifiuto dell'ingerenza in guerre in terre straniere, a difesa di interessi falsi ed assurdi, il cui massimo esponente è stato il movimento di rifiuto della guerra in Vietnam negli Stati Uniti alla fine degli anni ‘60 (…), o il rifiuto della seconda Guerra del Golfo all'inizio di questo secolo.

E' anche legittimo sostenere che la proliferazione delle pubblicazioni indipendenti favorita dalla diffusione di internet alimenta il focus e l'indagine delle disfunzionalità dello Stato  e in un certo modo aggrava la percezione delle stesse, cosa che ha a sua volta una parte importante  di ragione. Tuttavia, ciò che sta rendendo intollerabile le situazione di disprezzo della volontà popolare che dura già da decenni, sono le crescenti difficoltà economiche delle famiglie. (…)

Il malessere popolare non può più beneficiare del benessere materiale, e ciò porta a mettere sistematicamente in discussione i diversi ruoli esercitati dallo Stato. Le citazioni dello Stato disfunzionale escono continuamente fuori nelle conversazioni quotidiane, con speciale enfasi sui casi concreti e personalizzati di corruzione, ma con un fondo di sfiducia generalizzata verso il buon lavoro e persino verso i fini dell'Amministrazione (…)

Pertanto, credo abbia fondamento dire che la messa in discussione dello Stato e il clamore crescente per la sua riforma, per la sua rigenerazione, provenga in gran parte dello scontento causato dalla crisi economica interminabile che stiamo vivendo. Crisi che, in ultima istanza, non potrà mai finire a causa della decrescita energetica. (…)
Potrà essere mantenuto uno Stato centralizzato e complesso in una situazione di ritorni decrescenti, di diminuzione dell'attività economica, di diminuzione delle entrate? E' chiaro che la risposta è “no”, se la diminuzione è grave.

E dato il corso prevedibile degli eventi (senza bisogno di scomodare scenari più drammatici) sembra evidente che gli Stati capitalisti ad un certo punto giungeranno alla loro fine. Ed il momento chiave che segna la loro scomparsa è il momento in cui perdono il loro potere principale: il monopolio della violenza. Quando lo Stato smette di pagare gli stipendi alla polizia smetterà di poter imporre la sua volontà e in quel momento smetterà praticamente di esistere.

Che futuro attende i nostri paesi dopo la fine dei loro rispettivi Stati? Nessuno lo sa con certezza e questo tema, su quello che hanno teorizzato gli esperti da decenni, è ancora meno propizio per le mie divagazioni personali del tutto non autorizzate. Forse alcuni paesi conserveranno Stati più semplificati, forse in altri si recupereranno forme di organizzazione precedenti, molte delle quali democratiche; altri paesi, disgraziatamente, soccomberanno sotto un nuovo giogo feudale e, in ogni caso, la disgregazione sarà la norma.

Ciò che mi è chiaro è che il futuro dipenderà dalle decisioni che prendiamo ora. Niente è perduto se non vogliamo che lo sia. Forse il primo passo per sapere dove si trova questo futuro che interessa a tutti costruire, tanto l'operaio della fabbrica quanto il suo titolare, è uscire dai vecchi schemi di discussione e cominciare a guardare dimensioni del dibattito lungamente ignorate, come per esempio quelle che trattano dei limiti ecologici di questo pianeta che dobbiamo condividere. >>

ANTONIO TURIEL

sabato 3 gennaio 2015

Figli delle stelle

 
L'anno nuovo è appena incominciato e tutti vorremmo sapere come sarà. Ma come fare ? Semplice: basta chiederlo alle stelle, che non mentono mai. Ecco dunque, in esclusiva per i lettori di questo blog, alcune ghiotte anticipazioni per il 2015, suddivise segno per segno.
LUMEN



ARIETE

Oroscopo odierno. LAVORO: le stelle ti sorridono. AMICIZIA: le stelle ti sorridono. SOLDI: le stelle ti sorridono. SESSO: le stelle si piegano in due dalle risate. (Calogero Lunetta)

Il colmo per un Leone: essere dell'Ariete. (anonimo)

Al telefono: "Pronto casa Toro?". "No... casa Ariete". "Vabbè, tanto sempre cornuti siete!" (anonimo)


TORO

Sapete perché dai Greci messa fu l'immagine del Toro su uno dei segni dello Zodiaco ? Perché vollero darci a vedere che quant'uno più è bue e più va alle stelle ! (Antonio Guadagnoli)

Il Toro entra nella Vergine ed escono i Gemelli. (Danilo Arlenghi)

Se gli oroscopi dei giornali fossero veri ci sarebbero soltanto 12 categorie di persone sulla Terra. (Piero Angela)


GEMELLI

Oroscopo: Gemelli. Probabilmente succederà qualcosa a qualcuno, da qualche parte, prima o poi, forse. State attenti. (anonimo)

Erna: "Il maschio dei Gemelli e' ambiguo, spesso falso, molto egoista ed egocentrico...". Bibi: "E' proprio il ritratto di mio marito...". Erna: "Ma a letto sa essere attento e fantasioso...". Bibi: "Controlla meglio l'ascendente". (Sergio Staino)

[Ecco] una pietra di paragone per accertare il valore autentico di un "intellettuale": scopri cosa pensa dell’astrologia. (Robert Heinlein)


CANCRO

E' stato finalmente debellato il Cancro; pertanto da domani, dopo i Gemelli verrà direttamente il Leone ! (anonimo)

La conoscenza degli effetti e la ignoranza delle cause produsse l'astrologia. (Giacomo Leopardi)

La sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l'astrologia un po' più rispettabile. (Kenneth Galbraith)


LEONE

Sono nata il 21 agosto 1973. Leone. Pensi che, per un pelo, poteva restare vergine per tutta la vita. (Dario Vergassola)

Un antico romano si avvicina al gladiatore e dice: "Aho! Oggi te bbatterai co er leone!". "Non credo nell'astrologia". (Leonardo Manera)

L'editoria che si occupa di previsioni astrologiche è l'unica che non pubblica raccolte di numeri arretrati. (anonimo)


VERGINE

Oroscopo del giorno: VERGINE: Datevi una mossa. (Mauroemme)

Gli uomini sono come gli oroscopi. Ti dicono sempre cosa fare e solitamente sbagliano. (Susan Savannah)

Si nasce sempre sotto il segno sbagliato e stare al mondo in modo dignitoso vuol dire correggere giorno per giorno il proprio oroscopo. (Umberto Eco)


BILANCIA

Io sono della Bilancia e come tutti quelli della Bilancia non credo nell'oroscopo. (Enrico Faella)

Di che segno è? Sicuramente un segno d'aria. Ha l'aria stanca. Ha una casa ariosa. Ha eseguito un'aria di Bach. (anonimo)

Una donna va a pesarsi su una di quelle nuove bilance megagalattiche, che ti fanno l'oroscopo e prevedono il tuo futuro per i prossimi 10 anni. Il marito prende il fogliettino che esce e legge. "Stefania, qui dice che sei bella, intelligente, tenera e affascinante". Poi gira il foglio e dice: "Anche il peso è sbagliato". (anonimo)


SCORPIONE

Mia moglie è un segno di terra, io sono un segno d'acqua. Insieme facciamo fango. (Rodney Dangerfield)

I nati di questo mese sono un po' mammoni, ma anche un po' papponi. (Alessandro Bergonzoni)

"Credi nell'astrologia?". "Io non credo nemmeno nell'astronomia". (Peter De Vries)


SAGITTARIO

Lei: "Amore, noi litighiamo sempre per niente, siamo proprio due sagittari con le corna!". Lui: "Ma, cara, i sagittari non hanno corna!!". Lei: "Non ti preoccupare, caro. Ci penso io!". (anonimo)

Oroscopo: non siate creduloni, o qualcuno tenterà di imbrogliarvi. Mandatemi 50 euro per la consulenza astrologica, grazie. (Marco Bernardini)

Non so se sto ancora con la mia fidanzata perché l'amo, o per non deludere la mia cartomante di fiducia che ci ha predetto un futuro roseo insieme. (Mago Forest)


CAPRICORNO

Oroscopi. Il libro dice che i nati in gennaio sono gentili. Quelli di febbraio sono onesti. I nati di marzo sono sinceri. I nati di aprile sono affidabili, eccetera eccetera. Ora, quello che non capisco è: ma da dove vengono tutti i figli di puttana? (Lou Alexander)

Crittografia per Astrologi: “loro scopo l'oroscopo”. (anonimo)

L'astrologia è una malattia, non una scienza. (Enrico II)


AQUARIO

Il colmo per un astrologo: sentirsi un pesce fuor d'acqua con i nati dell'acquario. (anonimo)

Io non credo nell'astrologia. Se ci credessi, sarei un Acquario, e gli Acquari non credono nell'astrologia. (James Quirk)

Gli uomini dividono le donne in due categorie: me la darà, non me la darà mai. Le donne dividono gli uomini in 12 categorie: ariete, toro, gemelli,... (Massimo Coppola)


PESCI

Una domenica mattina Leonardo vede il suo amico Fulgenzio, appassionato pescatore e gli chiede: "Fulgenzio, perché non sei andato a pesca quest'oggi?". "Perché tanto non avrei preso niente". "Come fai a saperlo?". "Ho letto l'oroscopo di oggi che diceva: «Giornata fortunata per i pesci»". (anonimo)

I nati sotto il segno dei Pesci abboccano facilmente... agli oroscopi. (Guido Clericetti)

Verrà il tempo in cui la gente si renderà conto che gli astrologi sono dei grandi imbroglioni. (Voltaire)


P.S. – E’ possibile che, per uno spiacevole errore di impaginazione, il commento di alcuni segni sia stato scambiato con quello di altri segni. In pratica, non fa nessuna differenza, ma ce ne scusiamo ugualmente con gli interessati (ed anche coi disinteressati). LUMEN