venerdì 27 dicembre 2019

L'equilibrio degli eco-sistemi - 2

Si conclude qui il post di Jacopo Simonetta sui “Servizi Eco-Sistemici” (seconda ed ultima parte). LUMEN


<< Aria
La composizione dell’atmosfera ha alcune implicazioni su cui raramente si riflette. Rende possibile alle piante di foto-sintetizzare ed a praticamente tutto ciò che vive di respirare, ma non solo. Come abbiamo accennato, filtra i raggi cosmici, impedendo che le cellule vangano uccise ed assicura al Pianeta una temperatura media compatibile con la presenza di acqua allo stato liquido e di vita biologica. Una composizione dell’atmosfera relativamente costante è un servizio eco-sistemico.

Qualcuno comincia a rendersi conto che averla alterata anche di poco sta scatenando una specie di anteprima d’inferno in molte regioni. Questa alterazione deriva solo in parte dalla combustione di biomassa fossile; per una parte consistente deriva da disboscamento e incendi, degrado dei suoli ecc.

Su quali siano le rispettive percentuali non c’è accordo fra i ricercatori, ma che siano entrambe determinanti è assodato. Quello su cui non si riflette abbastanza è che tutto ciò ha già scatenato una serie di retroazioni auto-rinforzanti di ulteriore riscaldamento e che solo ed esclusivamente il ripristino dei servizi eco-sistemici potrebbe, forse, fermare prima che la maggior parte del pianeta diventi un deserto. Quindi, abbiamo bisogno soprattutto di foreste e paludi.

Cibo
In effetti, oggi la base alimentare dell’umanità è costituita da petrolio e gas naturale, ma per rendere digeribile questa roba abbiamo bisogno di trasformarla in tessuti vegetali o animali sfruttando dei servizi eco-sistemici. E troppo petrolio e gas stanno demolendo pezzo per pezzo gli ecosistemi che ci forniscono questo servizio. Per non parlare dell’effetto definitivo rappresentato da quella coltre di cemento ed asfalto che siamo soliti chiamare “città”.

Clima
Già molto tempo fa, gli storici si sono accorti che le società complesse, capaci di produrre quelle che chiamiamo “grandi civiltà”, sono sempre state vincolate ad aree caratterizzate da clima mite. Il motivo è semplice e non c’entra con l’intelligenza umana, semmai con la stupidità. Un clima temperato è infatti un presupposto per suoli non solo fertili, ma anche dotati di una forte resilienza allo sfruttamento agricolo, a sua volta presupposto per il sostentamento di elevate concentrazioni di persone e, quindi, per lo sviluppo di società complesse, in grado di produrre i capolavori di arte e di scienza che tanto ci affascinano.

Non a caso, man mano che i suoli sono stati erosi ed il clima è diventato più ostile, le “società avanzate” sono fiorite altrove, tendenzialmente più verso nord, laddove il clima era ancora compatibile con elevate densità di popolazione.

Proprio ora, per la prima volta nella storia, climi e suoli stanno diventando inadatti a sostentare una società numerosa e tecnologicamente avanzata in praticamente tutto il mondo contemporaneamente. Si, perché la tecnologia, tanto più è avanzata, quanto più ha bisogno di una base sociale numerosa, il che significa dare da mangiare e da bere alle tante formichine che concorrono a far funzionare una grande città. Mangiare e bere che sono servizi eco-sistemici che la città sistematicamente distrugge.

Sostituire i servizi eco-sistemici

Si possono costruire depuratori per riciclare l’acqua, si possono sintetizzare fertilizzanti per produrre cibo su terreni esausti; plastiche e metalli possono sostituire il legno, anzi fare di meglio assai. Si sono costruite macchine che possono produrre elettricità senza emissioni climalteranti e perfino macchine che pompano CO2 dall’atmosfera nelle viscere della Terra. Certo, ma tutto ciò ha dei costi.

Costi in primo luogo energetici, perché mentre la fotosintesi trasforma CO2 in biomassa usando la luce del sole, le nostre macchine sono alimentate comunque da combustibili fossili ed è quanto meno improbabile che si possa fare altrimenti. Oggi, le fonti rinnovabili coprono infatti meno del 10% del consumo globale (5% idroelettrico, 3% eolico, 2% solare) ed esistono solo grazie ad un’industria potentissima che usa grandi quantità di materiali.

Incrementarne l’uso per sopperire ai consumi attuali comporterebbe l’estrazione ed il consumo di milioni di tonnellate di cemento, acciaio, rame eccetera, compresi parecchi minerali rari provenienti da immense miniere poste ai quattro angoli del mondo. L’unico modo di ridurre sensibilmente le emissioni climalteranti sarebbe tagliare drasticamente i consumi finali, cioè liquidare buona parte dell’industria e tutte le grandi città, per poi fare i conti con la mostruosa sovrappopolazione che ottenebra il Pianeta e che continuiamo ad ignorare.

Costi finanziari. Se a qualcuno sembra di dover correre sempre di più per ottenere sempre di meno non è pazzo. Anzi è uno dei pochi che si è accorto di un fenomeno ben reale: in gergo si chiama “Sindrome della Regina Rossa”. Ci sono diversi fattori concomitanti e sinergici alla base di questo fenomeno, ma i principali sono due:

Il primo è il degrado qualitativo delle risorse energetiche e minerarie che ci costringe a scavare, pompare, trasportare sempre di più per ottenere ciò che ci serve. Detto in altri termini, lo sforzo di produzione cresce più rapidamente del prodotto.

Il secondo è il venire meno dei servizi eco-sistemici, che ci costringe a ricorrere a succedanei tecnologici. Macchine ed impianti però costano ed i soldi vengono prodotti dalle banche mediante l’accensione di debiti e che devono poi essere restituiti con l’interesse, altrimenti il sistema grippa ed il denaro scompare. Per pagare gli interessi è necessario che l’economia cresca, solo che il degrado delle risorse ed il venir meno dei servizi eco-sistemici si mangiano parte crescente della produttività, lasciando sempre meno per la crescita.

I servizi eco-sistemici, invece, sono gratis. Ma lo sono davvero? Come disse giustamente Milton Friedman: “In Natura non esistono pasti gratis”. E quale è allora il prezzo da pagare? Il prezzo è accettare di rimanere degli elementi marginali della Biosfera.

Oggi però noi, i nostri simbionti e le nostre escrescenze di acciaio, vetro, catrame e cemento, copriamo circa il 50% circa delle terre emerse; il 100% se consideriamo che oramai qualunque angolo della Terra è sfruttato per qualcosa e/o inquinato da qualcosa: dalla troposfera agli abissi oceanici. Teoricamente sarebbe possibile un “rientro”, ma oramai non “dolce”. Bisognerebbe infatti che i ricchi accettassero di diventare poveri ed i poveri di restare tali, bisognerebbe anche che tutti accettassimo di fare al massimo due figli e di morire alla prima malattia seria che ci prende. >>

JACOPO SIMONETTA

venerdì 20 dicembre 2019

L'equilibrio degli eco-sistemi -1

Che cosa sono i “Servizi Eco-Sistemici” ? Secondo la icastica definizione dell'autore di questo post sono “tutto ciò che ci mantiene in vita”: e quindi, per esempio, l’energia, l’acqua, l’aria, il cibo, il clima, e molte altre cose, che interagiscono continuamente tra loro e con gli esseri viventi.
Si tratta di equilibri molto importanti, ma anche molto delicati, dei quali abbiamo una conoscenza ed una consapevolezza non sempre adeguate.
A questo argomento sono dedicate le riflessioni di Jacopo Simonetta, in questo lungo post, diviso in 2 parti per comodità di lettura.
LUMEN


<< Al netto di qualche ricercatore e di pochi professionisti, nessuno in fondo sa cosa siano i servizi eco-sistemici e nemmeno gli interessa saperlo. (…) Perché? Una risposta parte, credo, dalla struttura del nostro sistema nervoso.

Mi risulta che il nostro cervello riesca a processare circa 500 bit al secondo, mentre gli organi di senso ne inviano parecchie migliaia, che già sono una minima parte dell’informazione presente intorno a noi. Per evitare un blocco per “overflow”, ci sono dunque dei filtri che selezionano le informazioni più urgenti prima che sia raggiunto il livello cosciente. Una funzione questa presente in tutti gli animali e che evolve coi tempi della biologia, dunque centinaia di migliaia di anni.

Da sempre le informazioni più urgenti sono quelle che riguardano oggetti in movimento. Per i nostri avi qualcosa che si muove era qualcosa che potevi mangiare, o qualcosa che ti poteva mangiare. Per noi è magari un’auto che ci viene addosso, ma resta il fatto che prestare attenzione a ciò che si muove è generalmente interessante, spesso salubre. Di qui la nostra attenzione agli animali assai più che alle piante ed alle piante più che alle pietre. Di qui il successo degli you-tuber, assai più che degli scrittori. Il successo dei videogiochi, ecc.

Siamo perfettamente adattati a individuare opportunità a minacce impellenti, quando si muovono, mentre siamo quasi del tutto disarmati quando le opportunità e le minacce vengono da qualcosa di scarsamente visibile, poco rumoroso e/o molto lento.

Il problema sorge dal fatto che non sempre l’urgenza coincide con l’importanza e qui arriviamo ai servizi eco-sistemici. Non ci facciamo mai caso, addirittura ci viene difficile osservarli anche quando vogliamo, perché sono qualcosa che il nostro cervello automaticamente elimina dal flusso di bit come “rumore di fondo”. Con ragione, perché sono lì da sempre e, su scala globale, finora pressoché immutati. Il guaio è però che non saranno lì per sempre e che non sono immutabili. Non a caso, cominciamo ad accorgerci di essi adesso che hanno cominciato a venire meno.

Per fare un’analogia, le persone che vivono vicino ad una cascata o ad un’autostrada non odono il rumore dell’acqua o del traffico, ma si allertano immediatamente se per qualche ragione quel suono così abituale cambia o vien meno.

I servizi eco-sistemici sono così: ti accorgi di loro solo quando non ci sono più. Ci succede un poco come a quelli che si accorgono della moglie solo quando se lei ne è andata; solo ma senza moglie si può vivere, senza servizi eco-sistemici no. E difatti, se andiamo a studiare le civiltà scomparse, troviamo che sempre, sottostante la crisi che le ha travolte, c’è stato un consistente venir meno dei servizi eco-sistemici.

Dunque cosa sono? Tutto ciò che ci mantiene in vita.

Per esempio energia, acqua, aria, cibo, clima non sono prodotti del nostro ingegno e del nostro lavoro, bensì del funzionamento degli ecosistemi di cui siamo parte. Ingegno e lavoro contano, ovviamente, ma nella misura in cui riescono ad estrarre qualcosa di utile dal funzionamento della biosfera. Vale a dire che i servizi eco-sistemici sono il risultato complessivo di una miriade di costanti interazioni fra organismi viventi, rocce, acqua, aria ed astri celesti che conosciamo solo in modo molto parziale.

Vediamone meglio alcuni:

Energia
Quasi 8 miliardi di noi vivono su questo pianeta dissipando l’energia messaci a disposizione dagli ecosistemi. Per le fonti fossili (petrolio, gas e carbone) si tratta del prodotto della fotosintesi in ere geologiche passate; biomassa e cibo sono invece prodotti della fotosintesi attuale. La luce del Sole viene filtrata da un’atmosfera che è il risultato di miliardi di anni di fotosintesi e, senza questi filtri, ben poco di vivente ci sarebbe sulle terre emerse.

Annualmente consumiamo l’energia fossile accumulatasi in molte centinaia di migliaia di anni di foto-sintesi del passato oltre a circa il 50% della biomassa prodotta dalla fotosintesi attuale. A far data dall’ “Overshoot day” consumiamo anche quota parte del capitale di biosfera che ci fornisce quell'energia, riducendone quindi la produzione. Un po’ come qualcuno che ogni anno spenda più di quel che guadagna, attingendo ad un capitale ereditato degli avi.

Acqua
A scuola ci insegnano che l’acqua è una risorsa rinnovabile perché ricircola costantemente fra il mare e la terraferma. Vero, ma allora come mai in quasi tutto il mondo la portata di fiumi e sorgenti diminuisce; le falde acquifere sono più o meno depresse ovunque? Semplice: perché ne pompiamo in mare più di quanta non riesca a tornare indietro e, contemporaneamente, smantelliamo pezzo per pazzo il sistema che porta la pioggia nell'entroterra. Il ciclo dell’acqua infatti funziona a condizione che vi siano degli ecosistemi funzionanti, in particolare foreste, laghi e paludi, altrimenti le precipitazioni diventano scarse ed irregolari.

Il meccanismo è complesso e ancora non del tutto compreso, ma in sintesi, l’acqua che evapora dal mare ripiove in mare, salvo una percentuale che piove sulle zone costiere. Se qui viene intercettata e trattenuta dalla vegetazione e dalle paludi, rievapora e piove più verso l’interno e così via. Altrimenti se ne torna presto in mare e amen.

I fiumi rappresentano il “troppo pieno” di questo sistema, le falde acquifere sono invece le riserve che possono tamponare le fluttuazioni temporanee, a condizione di non venire prosciugate e/o inquinate. La tecnologia e l’energia fossile ci permettono di andare a pompare riserve sempre più profonde, dimenticate dal tempo, ma meglio ci riesce di fare questo, più alteriamo irreparabilmente il ciclo, spostando acqua dalla terraferma al mare, senza che possa poi tornare.

Certo, questo è solo uno schema e si applica in modo molto di verso a seconda delle regioni e delle stagioni, ma resta sempre valido il fatto che quando la portata dei fiumi diminuisce, significa che abbiamo già superato la soglia di pericolo. L’unica cosa intelligente da fare sarebbe ridurre i consumi ed aumentare foreste e paludi. La cosa più stupida è pompare di più e più in profondità, anche se può essere molto redditizio. >>

JACOPO SIMONETTA

(segue)

venerdì 13 dicembre 2019

Punti di vista – 14

NUOVA DEMOCRAZIA
L'esternalizzazione dei poteri dalle democrazie parlamentari ai mercati (e in generale alle dinamiche economiche) ha reso deboli i partiti e i parlamenti, quindi le persone non credono più che i partiti e i parlamenti possano davvero modificare il reale facendo i loro interessi.
Quindi ci si affida sempre di più a un capo assoluto sperando che lui - proprio in quanto assoluto, sciolto da vincoli, discussioni, parlamenti etc - abbia i muscoli per fare quello che le democrazie non riescono più a fare.
Le ideologie hanno fallito, hanno tradito, le loro declinazioni parlamentari si sono annacquate e scolorite fino al nulla, le loro possibilità di migliorare le nostre vite si sono ridotte infinitamente, quindi ci resta solo il Capo bravo e buono a cui affidarci, in cui sperare.
Di qui il passaggio graduale, ma visibile, dalle democrazie alle "democrature".
ALESSANDRO GILIOLI


EURO SOMMERSO
La Francia rinunciò ai suoi poteri nella maggior parte delle colonie africane negli anni ’60, (…) [ma li compensò] con la formulazione del Patto Coloniale Francese (CFA), uno strumento votato a perpetuare la natura parassitaria dell’era coloniale.
Quel che spicca in questo patto è la richiesta a questi paesi di usare una moneta comune (il Franco CFA), controllata direttamente dalla Banca Centrale Francese a Parigi.
Questa moneta era agganciata al Franco Francese, e nel 2002 con l’introduzione dell’euro, venne agganciata all’euro stesso.
Ciò significa che quattordici paesi africani non hanno una politica monetaria indipendente. Non hanno il diritto di determinare i dettagli di quanta moneta viene distribuita nella loro economia o di rivalutare la loro moneta a piacimento.
Tutte le decisioni di politica monetaria vengono controllate da Parigi.
N. R. MAKENA


L’ALTRA GUANCIA
Sicuramente non bisogna insegnare a porgere l’altra guancia perché, se questa fosse la regola, nella savana non si salverebbe nessuno.
Bisogna insegnare non tanto a porgere l’altra guancia, quanto a non dare il primo schiaffo. “Noi siamo animali sociali, e se tratterai male il prossimo, il prossimo tratterà male te: la cosa non ti conviene”.
Ecco una lezione etologica che è, nello stesso tempo, morale e fondata.
GIANNI PARDO


ADDESTRAMENTO MILITARE
E' risaputo che fare violenza agli altri, magari uccidere, è una azione che per il 90% delle persone e oltre va contro tutti i "principi" con i quali si viene educati e si è abituati nella sopracitata "civile convivenza".
Il risultato è che durante le guerre del passato la maggior parte dei soldati sparava di proposito per non colpire nessuno. Dopo che la cosa fu studiata in lungo e in largo, si addivenne a due principi base.
Primo, esiste una minoranza di persone per cui uccidere non è difficile e una ulteriore minoranza per cui è addirittura divertente. Questi vengono adibiti, da che mondo è mondo e in tutti gli eserciti e schieramenti (...) ad incarichi speciali, dove è richiesto di uccidere, chiunque, comunque, senza battere ciglio. Come se fosse una cosa "normale".
Poi c'è l'addestramento che funziona meglio tanto più è "estremo" nel senso della de-strutturazione della personalità per poi ri-strutturarla con degli automatismi ripetitivi per cui poi si uccide come reazione meccanica ad un certo stimolo, senza che ci sia tempo e modo per la censura razionale di intervenire.
Le persone condizionate in questo modo sono adibite a quelle operazioni dove non è richiesta autonomia di pensiero indipendente ma semplice forza d'urto, tipo fanteria di prima linea.
E' la ragione per cui i soldati oggigiorno faticano a riadattarsi alla "vita civile", non è tanto l'esperienza della guerra ma il condizionamento a reagire istintivamente col massimo della violenza senza pensare.
L.C.


FACEBOOK
Quello che mi dà fastidio di Facebook è che asseconda uno dei lati peggiori dell’essere umano, e cioè l’esibizionismo.
Pensatori più adatti di me hanno già commentato sull’effetto di queste vetrine virtuali, sul bisogno di apparire e quasi vendersi come merce in un negozio.
Perché devo sentire il bisogno di raccontare ogni minuzia della mia vita quotidiana su Facebook o Twitter?
A cinquecento persone interessa veramente che ho fatto una torta, litigato con un collega, o bevuto troppo la sera prima?
Peggio ancora: perché dare in pasto i dettagli più privati della propria vita a chicchessia?
GAIA BARACETTI

venerdì 6 dicembre 2019

La corruzione e il suo habitat

Tutti siamo stati protagonisti, almeno una volta nella vita, di una qualche forma di corruzione, in genere subita.
Ma se un singolo episodio, anche se estremamente sgradevole, può essere visto solo come una piccola ingiustizia, l'insieme di tanti episodi, continui e ripetuti, rappresenta un problema sociale di grande rilevanza, e finisce per modificare l'ambiente stesso della nostra vita collettiva.
Ce ne parla Marco Pierfranceschi in questo interessante articolo, tratto dal blog “Crisis?”. Buona lettura.  LUMEN
 

<< Quando leggiamo le statistiche della corruzione, (...) la maggior parte di noi pensa semplicemente al politico truffaldino che intasca la fatidica mazzetta, personaggio iconico che la fantasia popolare percepisce ormai circonfuso da un’aura di simpatica ribalderia. In realtà le ricadute negative della corruzione sono ben più numerose, estese e gravi di quanto ci si renda normalmente conto. (…)

In un sistema a corruzione endemica lo scambio di mazzette è solo la punta dell’iceberg. Una classe politica diffusamente delinquenziale deve attivamente alimentare un contesto sociale disfunzionale se vuole che il fenomeno corruttivo operi in maniera efficace.

Il terreno fertile per la corruzione è caratterizzato da istituzioni inefficienti, norme procedurali farraginose ed incoerenti che offrano ampio margine alla discrezionalità, corpi di pubblica sicurezza sotto organico e con risorse limitate, clientelismo diffuso, percorsi processuali lunghi ed incerti (con tempi di prescrizione irragionevolmente brevi) e, quel che è peggio, da un’opinione pubblica ignorante, distratta e politicamente poco reattiva.

Cominciamo dall’inefficienza della macchina pubblica. Drenare risorse da un sistema funzionale non è semplice, dal momento che in un simile contesto le imprese lavorano e vengono pagate, le opere realizzate e la popolazione è soddisfatta. Innescare un meccanismo di favoreggiamento all’interno di un tale processo richiede di farsi parte attiva nell’estorsione e rischiare di incontrare, dall’altra parte, cittadini ligi alle regole e pronti a denunciare.

Al contrario, con una macchina pubblica elefantiaca ed immobile si creano le condizioni ottimali perché qualsiasi intervento ‘facilitatore’ diventi indispensabile, e conseguentemente ‘retribuito’. Il punto, se ancora non è chiaro, non è tanto la singola mazzetta o la quantità di denaro sottratto, quanto la distruzione dell’efficienza della macchina pubblica indispensabile per dar vita ad un efficace sistema tangentizio.

Distruzione che ha, essa stessa, molte facce. Sul piano legislativo le leggi devono essere confuse e di difficoltosa applicazione, in modo da lasciare il massimo spazio da un lato all’inefficienza, dall’altro alla discrezionalità.

In seconda battuta va coltivata una classe di burocrati e tecnici conniventi, che non pretenda, e men che meno ottenga, di rimettere in discussione i protocolli attuativi disfunzionali rendendoli efficaci. Una classe politica corrotta non promuoverà i funzionari in base al merito o alla competenza, bensì in base alla disponibilità ad assecondarne le scelte.

Una volta messo a regime il sistema estorsivo occorre, parallelamente, depotenziare l’azione delle forze dell’ordine per ostacolare l’individuazione e la persecuzione dei comportamenti illegali. Ciò si realizza da un lato agevolando le carriere di funzionari conniventi col detto sistema, dall’altro riducendo progressivamente le capacità operative ed investigative. (…)

Il clientelismo, o voto di scambio, è solo un’ennesima testa dell’idra. Politici corrotti presidiano la macchina pubblica assumendo amici e parenti che, riconoscenti, garantiscono ossequio alle direttive ed un serbatoio di voti certi alle successive elezioni. Questo sistema consente di saccheggiare direttamente le imprese pubbliche con false fatturazioni senza nemmeno passare per la rischiosa richiesta di tangenti. (…)

Un simile sistema basato su irregolarità, inefficienze ed arbitrio finisce col trasformare l’organizzazione della macchina pubblica nell’equivalente di una guerra tra bande criminali, dove ogni funzionario, dipartimento o gruppo di potere, risponde alle pressioni di realtà analoghe, ivi inclusi i poteri economici esterni all’amministrazione.

I dipartimenti, invece di collaborare, si ostacolano l’un l’altro, ognuno cercando di sfruttare al massimo le proprie leve di potere. Essendo infiltrata a qualsiasi livello, al pari della Mafia in Sicilia, la corruzione diventa immenzionabile. O, per meglio dire, la corruzione non esiste.

Questo non richiede che tutti i politici, o tutti i funzionari, siano indiscriminatamente criminali. La politica è l’arte della manipolazione, e i manipolatori più abili occupano generalmente le posizioni apicali. Nei livelli intermedi troviamo spesso persone oneste e capaci, che provano a migliorare le cose, intrappolati come tutti gli altri nella tela del ragno.

Queste persone garantiscono al sistema criminale un’immagine di presentabilità nei confronti dell’elettorato, ma al contempo ogni iniziativa che propongono viene sabotata da parte della macchina amministrativa, o direttamente dai vertici del partito, vanificandone gli sforzi.

Analogamente l’attivismo dei cittadini viene sistematicamente ostacolato, in particolar modo quando cerca di promuovere valori positivi, salvo occasionalmente strumentalizzarne l’operato nel momento in cui si è in cerca di consenso elettorale. All’interno della macchina istituzionale, i pochi risultati positivi prodotti da un comparto eventualmente meno corrotto vengono sistematicamente boicottati e demoliti dagli altri, spesso per pura necessità di affermazione di potere.

In questo quadro complessivo emerge una evidente risonanza tra poteri economici speculativi e corruzione politica, entità diverse che operano scientemente ai danni sia dei cittadini che di una macchina pubblica efficiente, perennemente sospesi sul sottile crinale rappresentato dal dover realizzare l’opposto di quanto promesso senza che l’opinione pubblica se ne accorga, e camuffando le volontà speculative nella narrazione di problemi, ritardi ed inefficienze burocratiche.

Ma l’ultimo e probabilmente più disastroso effetto consiste nella lenta e progressiva distruzione dell’intelligenza e della capacità di attenzione dell’opinione pubblica, all’interno di un meccanismo che si autoalimenta. Meno la ‘governance’ funziona, più il cittadino si trova a dimenarsi all’interno di un sistema caotico ed incapace di fornire risposte efficaci alle sue necessità, e più attenzione dovrà dirottare sulle proprie esigenze minime di sopravvivenza.

Guidare in un traffico sregolato che divora energie ed ore di vita, rimbalzare da un ufficio all’altro, da una complicazione alla successiva, nell’incertezza di tutto, produce un consumo di risorse intellettive tale da rendere lontana, confusa e sfumata la percezione della devastazione sistemica complessiva.

Completa tale disastroso scenario l'asservimento dei mass-media. Giornali e televisioni diffondono un’informazione grossolana e manipolata, priva di memoria storica e lontana anni luce dalla pratica anglosassone del ‘fact-checking’, sovente ridotta al puro ruolo di grancassa delle esternazioni del politico di turno, diffusa in maniera totalmente acritica.

Trasferiti al livello nazionale questi meccanismi perversi generano un progressivo smantellamento del sistema scolastico, con peggioramento della qualità dell’istruzione, blocco del cosiddetto 'ascensore sociale' e fuga dei cervelli all’estero.

Ben lungi dal rappresentare una serie occasionale di singoli casi in cui il politico di turno ottiene la tradizionale ‘mazzetta’, il fenomeno corruttivo affligge l’intera organizzazione pubblica e statale, in forme diverse, e si riflette in una varietà e vastità di ambiti tra loro apparentemente non correlati. >>

MARCO PIERFRANCESCHI

venerdì 29 novembre 2019

Dal libro di Giobbe

Un vecchio proverbio ammonisce di scherzare coi fanti, ma lasciare stare i santi, ovvero le cose di religione; noi atei, però, non abbiamo di queste preoccupazioni.
Ecco pertanto due brevi stralci dal libro umoristico “Dicette Giobbe” di Giobbe Covatta, per sorridere un po' con alcuni episodi della Bibbia.
LUMEN


LA GENESI

<< Si era nella notte dei tempi, e Dio era ancora immensamente piccolo.
Quella sera i suoi genitori, il Signore e la Signora Padreterno, erano stati invitati a una festa in maschera da Manitù. Per animare un poco la serata si erano vestiti da cow boy, perché a quelle feste ci si annoiava molto: ogni due valzer c'era una danza della pioggia!

Il piccolo Dio doveva restare solo a casa.
« Ho paura » aveva detto.
« Alla tua età?! » aveva risposto il papà. « Hai quasi un miliardo di anni... Sei un uomo ormai! ».
« Cos'è un uomo? » aveva chiesto Dio.
« Boh? » avevano risposto i genitori, ed erano usciti.

Ora il piccolo Dio era nel suo lettino con gli occhi sbarrati. Nel buio, perché la luce non c'era, e col triangolo sul comodino, non perché aveva forato ma perché a dormire col triangolo in testa si bucava tutto il cuscino.
Dopo tre millenni che tentava di dormire, si alzò per andare in cucina. Ma la cucina non c'era. Il frigo non c'era, la televisione non c'era, il Lego non c'era... Non c'era nulla, ma proprio nulla di nulla: e infatti era il nulla assoluto.

Allora il piccolo Dio prese le formine e andò in giardino a creare. Tutti in famiglia erano molto creativi: papà Padreterno lavorava in pubblicità e aveva creato le gomme che non si attaccano ai denti.

Ed ecco che il piccolo Dio creò la luce. La fece dodici ore sì e dodici ore no, perché il papà gli aveva detto: « Poi la bolletta la pago io! ».
E dopo la luce creò acqua, gas e telefono.
Poi creò delle palle e le appese immobili nel cielo.
Poi le fece girare, e subito fu un gran giramento di palle.

Poi passò agli animali.
Col pongo fece il maiale, e non gli avanzò nulla: non dovette buttare neanche un pezzettino di pongo.
E allora disse:
« Col maiale non si butta nulla ».
Poi Dio creò il cane e la sua famiglia: iene, coyoti, lupi. E subito il più fetente di questi, lo sciacallo, andò dal maiale e disse: « Sei un porco ».
« Eh già, » rispose il maiale « ha parlato l'ermellino! ».
E Dio li guardò soddisfatto e disse:
« Ora ho creato cani e porci ».

Ma era solo agli inizi.
Allora Dio creò un animale che stava sempre zitto, e disse:
« Questo è muto come un pesce » e lo chiamò pesce.
Poi scivolò e ci cadde sopra, e fece la sogliola.
Poi Dio creò il Panda, ma solo per la città: per i viaggi lunghi creò la Thema diesel.
Poi creò lo spaturno, ma vide che era inutile, e lo disintegrò. Però ci rimase male ad aver creato un animale inutile, e di pessimo umore se ne andò in un angolino.
E tutti gli dissero: « E dài, non fare l'orso... ».
E lui per ripicca fece proprio l'orso.

Poi creò la cicala e la formica. La formica lavorava come un asino, e la cicala cantava come un grillo. E la formica si incazzò come una pecora (a quel tempo le
pecore erano molto incazzose) e disse: « Ma come, quella canta sempre e io lavoro sempre... Io faccio un macello! ».

Poi creò il coccodrillo, e subito dopo la maglietta. Così mise il coccodrillo sulla maglietta, e fu un grande successo.
Poi Dio mise un coccodrillo da una parte e una iena dall'altra: e uno piangeva, piangeva, piangeva, e piangeva lacrime di coccodrillo; e l'altra rideva, rideva, rideva e rideva come una iena.
Allora Dio ci mise di mezzo il gufo, che stava serio serio.

Poi Dio fece la piovra, che subito gli chiese l'appalto per il dromedario, perché con quelli con la gobba la piovra ci andava d'accordo fin da allora.
Poi Dio fece il toro, ma si sbagliò e gli fece le corna, e disse: « Porca vacca », e marchiò così la povera vacca per sempre.
Poi Dio fece il cervo, ma si sbagliò ancora e gli fece le corna, e disse: « Porca vacca », e alla vacca gli cominciarono a girare i rognoni, e disse: « Va be', ma perché sempre io? ».

Dopo sei giorni passati a fare animali, Dio si stancò e andò altrove, a creare un universo di trenini elettrici. Creò vagoni, rotaie, locomotive, e anche i ferrovieri, che divennero padroni di quell'universo e adoravano come profeta il direttore generale delle ferrovie dello Stato.

E Dio creò la settimana corta, perché questa volta ci aveva messo solo quattro giorni per fare tutto, e disse:
« Sto migliorando... ».

Quando tornarono i genitori, dopo un milione di anni, papà Padreterno disse:
« Guarda che finimondo! Ma benedetto Dio! »
E Dio rispose: « Oui, c'est moi! ».
« Tu guardi troppa pubblicità » disse suo papà. E la mamma disse: « Andiamo a dormire, domani ci penso io a rimettere tutto a posto ».
E noi siamo ancora qua ad aspettare che suoni la sveglia. >>


ADAMO ED EVA

<< Riassunto della puntata precedente: In sei giorni il Signore aveva creato tutte le cose: il sole, la luna, quello scemo di Maradona, i puffi, la forfora, e tutti gli animali del creato, tranne Andreotti, che era già suo segretario da tempo immemorabile.

E allora il Signore disse:
« Orsù, prendiamo del fango. Orsù, impastiamolo. Poi ci sputò sopra, e nacque Adamo.
E Adamo, asciugandosi il viso, disse: « Cominciamo bene! ».

Ma i suoi guai non erano finiti lì, perché il Signore, non ancora soddisfatto, gli fece l'anestesia totale e creò la donna.
E Adamo disse:
« Signore, manca un pezzettino... ».
Ma il Signore rispose:
« No, questa è la donna ».
E Adamo ancora disse:
« Signore, mancano almeno tre etti... Si vede a occhio nudo! ».
Ma il Signore non volle sentire ragioni, e li mise entrambi in un posto così bello che si chiamava come un cinema a luci rosse: Eden.

E allora il Signore disse:
« Qui potete mangiare di tutto: carne, pesce, pane e Nutella, fritto misto, pizza margherita, ma non le mele, le mele no, LE MELE NO! ».
E Adamo rispose: « Non ti incazzare... Ci stanno gli aranci che mi piacciono pure di più... Mangeremo gli aranci! ».

Ed ecco che Adamo si diede a dare i nomi agli animali.
E diceva: « Tu ti chiamerai levriero, tu ti chiamerai porco... »
E il maiale diceva: « Ma come?! Quello levriero e io porco? E dove sta la giustizia divina? »
« E che cosa dovrei dire io, allora? » si lamentava lo scarrafone.
In quella Eva si trovava vicino a un albero; a un tratto si girò e vide un serpente.
E disse: « Che schifo! »
« Sei bella tu! » rispose il serpente, che era permaloso.

Ed ecco che prese a parlare ad Eva con voce suadente: « Le mele fanno bene, contengono le vitamine, una mela al giorno leva il medico di torno, meglio farsi le mele che farsi le pere... Se mangerete di questo frutto diventerete intelligenti ».
Ed Eva disse: « Ma noi siamo già intelligenti! ».
E il serpente guardò Adamo e disse: « Chillo è n'ora che va parlanno co' nu porco... Ti pare intelligente? »
« E vero » rispose Eva, e sputò in faccia ad Adamo.
« Che brutta giornata » disse Adamo. « Sono stato appena creato e già mi hanno sputato in faccia due volte ».

Ed Eva gli offrì una mela, ma Adamo rispose: « La mela no, costa un'ira di Dio! ».
Ma Eva minacciò di portarlo in un ristorante cinese, e Adamo accettò la mela. E mangiarono il frutto proibito.
Ed ecco arrivò il Signore e disse: « Vi caccio, quant'è vero Dio! ».
Ed Eva suggerì piano ad Adamo: « Diciamogli che siamo atei! ».
Ma Adamo scosse la testa: « Non posso, lo conosco personalmente », e si coprì il viso per evitare che qualcuno gli sputasse in faccia.

E il Signore disse:
« Donna, tu partorirai con gran dolore. Uomo, tu lavorerai con gran sudore, ammesso che troverai lavoro. E la Terra produrrà spine e sofferenze ».
E Adamo disse: « Ma santo Dio, tutto questo per una mela? Domani te ne porto un chilo... »
« Non è per la mela, » disse il Signore « è una questione di principio: oggi la mela, domani la collezione di francobolli, che figura ci faccio di fronte alla gente? »
« Ma se non c'è nessuno! » disse Adamo, ma il Signore fece finta di non sentire e sventolando il cartellino rosso se ne andò dicendo:
« A me! », che in antica lingua divina vuol dire « Addio », ma nessuno lo capì.

E Adamo ed Eva abbandonarono il Paradiso terrestre, e affittarono una caverna: due stanze, servizi e cucina abitabile, contratto uso foresteria. >>

GIOBBE COVATTA

venerdì 22 novembre 2019

Morte bella parea

Il dialogo virtuale di oggi ha come vittima il professor Paolo Flores d’Arcais, noto filosofo e direttore della rivista culturale “MicroMega”, ed ha come oggetto il tema, sempre importante e delicato, del “fine vita”, a cui il professore ha dedicato un breve ma intenso pamphlet dal titolo “Questione di vita e di morte”.
L'intervista è tratta – con minime variazioni - dal sito Bonculture e le domande sono di Felice Sblendorio (con cui mi scuso per il piccolo furto innocente).
LUMEN


LUMEN – Professore, buongiorno.
FLORES – Buongiorno a voi.

LUMEN - Come è giusto trattare il nostro fine vita? Può ognuno di noi decidere il proprio corso, oppure la nostra libertà di decisione deve essere condizionata da un estraneo, da una asettica maggioranza o da un altro potere con un preciso orientamento spirituale e ideologico?
FLORES – Sono domande molto importanti, direi fondamentali. E proprio a queste domande ho cercato di rispondere nel mio ultimo libro, "Questione di vita e di morte".

LUMEN - Il Cardinale Bassetti nello scorso settembre ha affermato che “Va negato un diritto a darsi la morte: vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente”. Tutto il contrario di quello che voi affermate in questo libro: è così?
FLORES - A tutti coloro che sostengono la posizione del Cardinal Bassetti sottopongo una domanda molto secca: sul vostro fine vita preferireste decidere voi oppure delegare una scelta così personale a qualcun altro? Io ho posto questa domanda in occasione di dibattiti e mai nessuno dice: “Preferisco che decida lei, che decida un estraneo che non so chi sia, che ha valori completamente diversi dai miei”. Tutti pretendono che sul loro fine vita decidano loro stessi.

LUMEN – Mi pare giusto.
FLORES - Ora, per quale motivo, visto che tutti pretendono una propria autonomia di scelta, ci sono alcuni che oltre a decidere sul proprio pretendono di decidere pure sul mio, sul suo, sul fine vita degli altri? È una pretesa assurda che non sta né in cielo, né in terra. Il diritto all’eutanasia è un diritto della sfera privata di ognuno di noi, che non dovrebbe neanche essere posto ai voti di una maggioranza, perché anche una minoranza risicatissima, che nell’ideale simbolico è il singolo cittadino, avrebbe diritto a decidere quello che vuole. Questo diritto è uno di quelli che non possono essere messi in discussione.

LUMEN - Credo che le due prospettive siano inconciliabili: Bassetti parla di dovere, voi parlate di diritto alla vita. Se non siamo in grado di rifiutare questo dono, scegliendo autonomamente il suo corso, cosa diventa la vita?
FLORES – Appunto. Che senso ha dire che la vita è un dovere, visto che poi il Cardinale parla di dono? Posto che l’espressione “vita come dono” è sempre utilizzata in forma retorica, perché ovviamente si intende dono di Dio e questo limita il concetto ai soli credenti: un dono è tale se io lo posso rifiutare, se io non lo posso rifiutare non è un dono ma una condanna. Si parla di dono da condividere con gli altri: questo, però, non è un dono. Io un dono posso rifiutarlo, tenerlo tutto per me, regalarlo. Un dono è questo, altrimenti si parla di dono ma s’intende altro: il dovere secondo la morale di Santa Romana Chiesa. Cambia tutto.

LUMEN – Voi pertanto destrutturate questa linea di pensiero, della vita come bene indisponibile. Perché non possiamo legittimare questa prospettiva come principio di natura ?
FLORES - Perché l’esistenza dell’uomo è quanto di più innaturale ci sia: dal primo momento in cui l’essere umano ha cominciato a utilizzare delle erbe facendo infusi per curare delle ferite, la sua vita non è stata più una vita determinata dalla natura, ma dall’intervento dell’uomo sulla natura. Dire che la morte deve avvenire in modo naturale non significa assolutamente nulla, perché noi interveniamo sempre contro la natura, contro il suo andamento spontaneo fin dall’inizio della nascita: se non intervenissimo in molti parti morirebbe sia la mamma che il bambino.

LUMEN – Verissimo.
FLORES - Chi parla di lasciar fare alla natura dovrebbe riflettere sulla radice della parola antibiotico: anti-bios, contro la vita, quella dei batteri, agenti che ci fanno del male e che noi distruggiamo. Quella della natura è una tesi assurda. Ne parlavano già gli stoici, Montaigne, Hume e proprio uno di loro diceva: spostiamo il corso dei fiumi per irrigare e questo non è contro la volontà della natura? Tutta la vita umana è contro natura.

LUMEN - La Chiesa parla di una cultura della morte, teorizzata anche da Benedetto XVI, mentre voi parlate dell’opposizione a questo diritto, che è la condanna alla vita. La vostra, però, non è un’apologia al suicidio: quando secondo voi è moralmente giusto lasciarsi andare?
FLORES - Il mio libro è un’apologia della libertà e della bellezza della vita, solo che la bellezza della vita implica il fatto che chi la vive la senta come qualcosa di bello: nel momento in cui si dovesse sentire questa vita come una tortura, con che diritto condanniamo una persona alla tortura?

LUMEN – E la tortura, giustamente, è proibita.
FLORES – Appunto. Io non mi metterei mai a decidere quando sia giusto prendere una decisione del genere, perché è una scelta particolare, circostanziata. La legge oggi stabilisce che si possano rifiutare delle cure mediche anche se queste cure portano alla morte, e lo fa perché riconosce un diritto di libertà: nessuno può obbligare queste cure e nessuno può decidere quando è giusto o sbagliato lasciarsi andare.

LUMEN - Su questo tema la politica ha latitato e continua a latitare. I diritti civili non sono politicamente urgenti?
FLORES - Non saprei, ma spero che non sia così. Su questi temi, secondo me, la decisione dovrebbe essere unanime perché viviamo in una società democratica dove la vita di ognuno è uguale quanto quella dell’altro in ordine di libertà e dignità personale. Il fatto che una parte clericale del Paese pretenda di imporre la sua idea sul fine vita anche per gli altri è una prevaricazione inaccettabile che dura da più di ottant’anni, da quando il fascismo decise di inserire quei principi nei codici.

LUMEN - È una decisione che può prendere una maggioranza politica?
FLORES - Questo è un dilemma. Io credo che un tema del genere debba unire tutti. Quando si dice che in parlamento molti sono contrari al diritto all’eutanasia dovremmo riprendere sempre quel vecchio interrogativo: e se decidesse per te il tuo nemico, ad esempio ? Se si decide a maggioranza, oggi chi soffre bestialmente potrebbe non porre fine alla sua tortura, ma domani un’altra maggioranza potrebbe dire che in caso di quelle sofferenze è obbligatorio porre fine. La maggioranza ha questa particolarità: può oscillare in un senso oppure nell’altro. È ovvio che sarebbe mostruoso imporre il fine vita a chi vuole continuare la sofferenza, come sarebbe ugualmente mostruoso decidere per chi non vuole soffrire più. Ecco perché è importante concorrere per la libertà.

LUMEN - I cardinali e la chiesa, comunque, restano sempre sullo sfondo. Anche nel vostro libro c'è una dura la critica contro le gerarchie ecclesiastiche italiane. Però non crede che, lasciando un momento da parte le varie ingerenze, si riveli più colpevole di queste mancanze la struttura democratica? La Chiesa tutela un patrimonio di valori non negoziabili, quelli che sostengono e nutrono un percorso di fede.
FLORES - Nel mio libro analizzo tutte le obiezioni al diritto di eutanasia svolte dalle tre figure più importanti della bioetica: il Cardinale Sgreccia, il Cardinale Tettamanzi e Monsignor Paglia. Sarei ben felice di sentire le teorie contrarie in un confronto pubblico da parte degli esponenti della Chiesa. Trovo curioso che la Chiesa non abbia il coraggio di dire quello che è abbastanza ovvio: noi chiediamo ai cattolici di rifiutare l’eutanasia perché per noi la vita è un dono di Dio e solo lui può decidere sul nostro corso. Quindi si stabilisce con forza il motivo di fede. È strano che rinuncino all’argomento di fede, che dovrebbe essere l’elemento fondamentale per un cattolico.

LUMEN – E perchè lo fanno ?
FLORES - Forse ci rinunciano perché sanno che se utilizzassero l’argomento di fede, che è l’unico valido per l’eutanasia, dovrebbero poi accettare che in uno Stato laico e pluralista questo valga solo per loro, ma non possa essere esteso come obbligo a tutti tramite il braccio secolare della legge. È così che la Chiesa ha smesso di confrontarsi, perché se la fede è il solo argomento convincente utile a negare il diritto di ciascuno a porre fine alle proprie sofferenze, non si può di certo pretendere che un motivo religioso diventi argomento per fare una legge. Questa sarebbe una pretesa analoga a quella della sharia.

LUMEN – Una prospettiva da brividi. Grazie professore e auguri per il vostro libro.
FLORES – Grazie e voi.

venerdì 15 novembre 2019

Punti di vista – 13

RESISTENZA
Un Paese come l’Italia è disposto a credere le cose più assurde, purché sufficientemente ripetute.
Ad esempio la leggenda dell’efficacia bellica della nostra “Resistenza”, cosa di cui non si trova traccia in nessun libro straniero di buon livello.
E del resto gli Alleati, imponendoci la resa “senza condizioni”, non ne hanno tenuto nessun conto, in sede di Trattato di Pace. Proprio perché non avevamo nulla con cui negoziare.
E come avrebbe potuto essere diversamente? La guerra moderna si combatte coi mezzi corazzati e i partigiani non avevano un solo carro armato.
Malgrado ciò, milioni di ingenui sono disposti a credere che la Resistenza abbia “liberato l’Italia dal nazifascismo”.
Aggiungendo che la Resistenza ci ha dato “i valori democratici”, come se l’Italia non li avesse avuti prima del fascismo e come se li avessero inventati i comunisti e non gli inglesi.
GIANNI PARDO


NUOVA GLOBALIZZAZIONE
La globalizzazione è in crisi, ma l'allarme climatico potrebbe essere il trucco per rilanciarla.
Cosa c’è di meglio, infatti, di una narrazione che vede l’umanità sotto la Spada di Damocle del disastro climatico, per imporre ancor più una globalizzazione basata sulla necessità di un comando politico planetario?
Le multinazionali, le grande banche d'affari, i principali centri del potere finanziario, remano tutti in questa direzione.
Così pure le attuali èlite politiche, che eviterebbero in questo modo la gran seccatura delle elezioni nazionali.
PROGRAMMA 101


SINTESI
Una delle cose che manca all’Italia è la sintesi.
La sintesi significa non brevità fine a se stessa, ma capacità di dire quello che si deve dire con il numero minore possibile di parole, così da non far perdere tempo all’interlocutore.
La sintesi è una virtù anglosassone e faremmo bene a importare quella, anziché infiniti anglicismi di cui non ci facciamo niente.
Articoli, documenti ufficiali, esternazioni politiche peccano sempre in questo: usare tante parole per dire poco. Ripetizioni, liste, abuso di aggettivi e avverbi, termini vuoti.
GAIA BARACETTI


DESTINO COLLETTIVO
Secondo Tolstoj l’umanità è incapace, collettivamente, di decidere del proprio destino.
Può solo proiettarsi in avanti, preda dei propri istinti primordiali ed inconsci, resi eccezionalmente distruttivi dalla conoscenza scientifica accumulata nei secoli.
Dove questo ci porterà, se all’ostinato prevalere dell’egoismo individuale e collettivo o ad un ripensamento etico, non è dato sapere, ma preoccuparsi è lecito.
MARCO PIERFRANCESCHI


WEB E CONFERME
Se la rete ha dato alle persone accesso a una quantità di informazioni che non è mai stata così ampia, allo stesso tempo ha creato il problema di come selezionare ciò che è rilevante per ognuno. (…)
Gli individui tendono naturalmente, proprio a causa della razionalità limitata da “pastori erranti”, a considerare le informazioni che confermano le proprie credenze e convinzioni precedenti, sminuendo ciò che è dissonante.
Si tratta, in buona sostanza, di una naturale omofilia: un meccanismo cognitivamente comodo (e molto praticato, più di quanto siamo disponibili ad accettare coscientemente), poco dispendioso in termini di energia mentale, ma fallace.
Infatti “chi cerca conferme le troverà sempre”, e conferme di questa fattura potranno essere consolanti ma non aiuteranno a scovare le verità nascoste nelle pieghe della complessità: le regole dei filosofi della scienza come Karl Popper consiglierebbero, piuttosto, di verificare un’ipotesi provando a confutarla. (…)
Come pronta riposta gli algoritmi delle piattaforme funzionano in modo che gli utenti siano esposti tendenzialmente alle notizie che gradiscono (le capacità tecnologiche e di calcolo permettono profilazioni degli utenti e dei loro componenti sempre più precise e accurate).
GABRIELE GIACOMINI