venerdì 24 febbraio 2023

Sovranità limitata

Nonostante le parole bellicose e virili del nostro inno nazionale, la storia politica dell'Italia ha evidenziato molto spesso (anzi, quasi sempre, dal dopoguerra in poi) delle profonde sudditanze nei confronti di altre Nazioni o di Poteri esterni.
Una sorta di 'sovranità limitata' che – inevitabilmente - ha causato notevoli difficoltà alla nostra autonomia decisionale.
A queste sudditanze 'storiche' è dedicato il post di oggi, che riporta due brevi riflessioni di Marcello Veneziani, tratte dal suo sito.
LUMEN


<< E’ [stato] bello sentire Mario Draghi dire: i governi passano l’Italia resta. Come è stato bello sentire Sergio Mattarella replicare ad un ministro francese (…) che l’Italia sa badare a se stessa, non ha bisogno di badanti. (…) Ma è poi vero che l’Italia sa badare a se stessa?

A giudicare dal presente ma anche dai secoli passati, i dubbi poi ti vengono. E sono dubbi che provengono non da un denigratore dell’Italia ma da un innamorato antico e ferito della propria patria. Sono stati molti più i secoli di asservimento dell’Italia che gli anni d’autonomia sovrana. Parentesi di indipendenza in un mare di invasioni, colonizzazioni, svendite allo straniero, sottomissioni, teocrazie papali. (…)

Nella storia recente della repubblica, le cose non cambiano, semmai peggiorano. Dal dopoguerra in poi l’Italia è stata una colonia, un satellite, una terra invasa e inginocchiata: ricordate in un corso accelerato la servitù verso gli Stati Uniti e la Nato, unita alla servitù ideologica e reale della maggiore opposizione interna alla Russia comunista. La nostra storia pesantemente condizionata da quelle presenze, quelle basi militari, quei servizi di spionaggio e controspionaggio, quei traffici, quelle ambasciate che fungevano da badanti.

Ricorderete la battaglia persa sul piano economico con la progressiva colonizzazione dell’economia, la svendita del nostro patrimonio pubblico dal ’92 in poi. E prima, l’abdicazione del nostro ruolo di potenza tra computer, autonomia petrolifera ed energetica, scoperte e installazioni (do you remember Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Felice Ippolito, e tanti altri pionieri dell’ingegno italiano?), via via cedute, boicottate, plagiate, fino a perdere la nostra primazia.

E la nostra politica estera, poi, con la cessione della Zona B a Tito l’infoibatore degli italiani, onorato come nostro amico; il silenzio davanti alla cacciata e all’esproprio degli italiani in Libia, e quanti altri silenzi, inerzie, vocine spezzate… E in giro quanti anti-italiani nostrani, quante fecce tricolori…

E oggi? Un’Italia a rimorchio che ha ceduto pezzi di sovranità toccando l’intoccabile Costituzione, la più bella del mondo ma anche la più cedevole; che accetta direttive e ordini superiori, al più ricorrendo ai sotterfugi, alle piccole furberie di sopravvivenza. I nostri governanti più dignitosi, a partire da Bettino Craxi, massacrati e costretti all’esilio; la politica almeno ambigua di Moro e Andreotti ripudiata da quando siamo diventati falchi.

In questi anni abbiamo cercato protettori e badanti, abbiamo barattato mille volte la nostra dignità e la nostra sovranità per quattro soldi o per il comodo personale di chi ci vendeva. E’ giusto ora svegliarsi e sbattere sul muso di un ministro francese questa ritrovata fierezza: ma perché non la sfoderiamo mai con l’Unione europea, le sue direttive e i suoi poteri, con la Nato e l’Alleato atlantico, con i grandi poteri economici e finanziari? E’ solo a causa del debito, o c’è altro? >>


<< [In Italia] più passano gli anni e più si restringe l’arco dei cambiamenti possibili attraverso nuove maggioranze e nuovi governi. Perché ogni governo nasce già imbottigliato dentro un ferreo sistema che non consente margini di manovra. Come figurare questo sistema? Come una matrioska. Avete presente la bambolina russa che dentro di sé ne ha un altra più piccola, e poi ancora un’altra e un’altra, di dimensioni sempre più ridotte? Beh, il potere oggi è una matrioska.

Quando hai vinto le elezioni, superando tutti i fuochi di sbarramento, le campagne e le manovre e le demonizzazioni, gli agguati e le sorprese giudiziarie, non devi illuderti di avere le chiavi del potere. Anche se eri outsider, oppositore radicale, alternativo, magari populista e sovranista, alla fine devi entrare nella matrioska, di cui sei – da neonata al governo – la bambola più piccola.

Dunque, la bambola del governo è dentro la bambola degli assetti istituzionali, la presidenza della repubblica, la magistratura, la burocrazia, i poteri contabili e collaterali. Quel potere, a sua volta, è dentro l’unione europea, i suoi vincoli di bilancio, la sua corte suprema e le sue direttive, il reticolo delle sue norme e dei suoi divieti. 
 
E ancora, la bambola europea è dentro la bambola atlantica, vale a dire il potere militare della Nato, l’influenza del Pentagono e della Casa Bianca, i vincoli internazionali. E la bambola atlantica è dentro un sistema economico-finanziario transnazionale, una rete globale di mercato e di controllo, di comunicazione e di indirizzo.

Senza dire che la matrioska deve tener conto di una serie di bambole extra-istituzionali, agenzie di rating, colossi social e mediatici, cupole sovranazionali, centri di pressione, sistemi di sorveglianza e di monitorizzazione. Insomma il potere è come una matrioska, e la bambola non può andare per conto suo, non ha autonomia e indipendenza, è dentro, compressa, in quella serie di involucri istituzionali e funzionali, di oligarchie e di obblighi, in un sistema che non si può scardinare. >>

MARCELLO VENEZIANI

sabato 18 febbraio 2023

Il mondo di Monod – 2

Torno a dedicare un post al grande biologo francese Jacques Monod ed al suo bellissimo libro 'Il Caso e la Necessità', in quanto si tratta di uno dei saggi che hanno cambiato per sempre la mia visione del mondo.
Il testo (tratto dal web e composto da un'alternanza di commenti e citazioni) è dedicato al'ultima parte del libro, in cui Monod cerca di proporre una nuova ed accettabile sintesi tra etica umana e metodo scientifico.
LUMEN


<< La conoscenza è stata sempre il primo passo per l'agire, per l'etica. Oggi che la scienza ci offre una nuova visione del mondo, mettendoci di fronte alla cogente accettazione che le azioni umane sono determinate e che nella vita dell'uomo biologico predomina il caso è il momento di impostare nuovi valori etici per la stessa conoscenza:

«L'etica della conoscenza, ossia l'accettazione, ossia la consapevolezza della necessità del caso, di un caso prolungato sia a livello biologico che a livello comportamentistico, può riscattare l'uomo dalla falsità dei modelli animisti e materialisti».

Bisogna quindi andare oltre una concezione animistica di una realtà dove si attribuiscono proprietà spirituali a determinate realtà materiali così come superare la visione di una vita umana impostata secondo i valori rigidamente ed esclusivamente materiali rivelati dalla nuova scienza.

Le moderne società hanno approfittato del progresso scientifico: «Nell'arco di tre secoli la scienza, fondata sul postulato di oggettività, ha conquistato il suo posto nella società: nella pratica ma non nelle anime. Le società moderne sono costruite sulla scienza. Le devono la loro ricchezza, la loro potenza e la certezza che ricchezze e potenze ancora maggiori saranno in un domani accessibili all'uomo, se egli lo vorrà [...].

Le società moderne hanno accettato le ricchezze e i poteri che la scienza svelava loro, hanno appena inteso ma non accettato il messaggio più profondo della scienza: la definizione di una nuova e unica fonte di verità, l'esigenza di una revisione totale delle basi dell'etica...»

Ma le società moderne non si sono rese conto che questa nuova conoscenza implicava anche l'accettazione di nuovi valori etici, poiché quelli antichi erano stati eliminati proprio dal progresso del sapere scientifico:

«Le società moderne devono la loro potenza materiale a quest'etica fondatrice della conoscenza, e la loro debolezza morale ai sistemi di valori, distrutti dalla conoscenza stessa e ai quali esse tentano ancora di riferirsi. Questa contraddizione è fatale, e scava quella voragine che vediamo aprirsi sotto di noi»; le società attuali hanno voluto ignorare questi nuovi valori e hanno continuato a interpretare il mondo secondo la «tradizione animistica», non volendo abbandonare «l'"antica alleanza"» tra le verità rivelate dalla scienza e i tradizionali valori etici, ormai obsoleti, e accettare «la necessità di stringerne una nuova... Provviste di ogni potere, dotate di tutte le ricchezze che la scienza offre loro, le nostre società tentano ancora di vivere e di insegnare sistemi di valori, già minati alla base da questa stessa scienza.»

La scienza moderna ha mostrato l'insanabile opposizione tra le verità oggettive empiricamente dimostrate e il mondo dei valori individuali: il suo inarrestabile progresso ha rotto il patto, l' "antica alleanza" che l'uomo aveva stretto con la natura concependola animisticamente. Nel mondo 'aristotelico' l'uomo credeva di avere il suo posto al culmine della natura: in quanto essere vivente e conoscente la natura, questa era costituita a sua misura, anzi egli era alla cima della piramide naturale, i cui gradini inferiori gli offrivano le infinite potenzialità per il suo sviluppo.

Ora invece l'uomo, finalmente, sa di essere solo nell'immensità indifferente dell'Universo da cui è emerso per caso. La scienza moderna «rivela all'uomo che egli è un accidente, quasi un estraneo nell'universo e riduce l'antica alleanza tra lui e il resto della creazione a un filo tenue e fragile.» «Il caso strappa il vivente dall'ordine inanimato della natura, come se la morte gli concedesse una dilazione, collocandolo però al margine di un universo di cui non costituisce che un'arbitraria particolarità».

«L'etica della conoscenza [resta] l'unico atteggiamento, razionale e a un tempo deliberatamente idealistico, su cui si potrebbe costruire un vero socialismo». Abbandonata la concezione materialista della storia del socialismo marxista, con il suo «profetismo storicistico fondato sul materialismo dialettico» la nuova etica sarà il fondamento di una rinnovata politica per l'uomo che «liberato sempre più dai vincoli materiali e dalle schiavitù menzognere dell'animismo, [...] potrebbe finalmente vivere in modo autentico, difeso da istituzioni che, scorgendo in lui a un tempo il suddito e il creatore del Regno, dovrebbero servirlo nella sua essenza più unica e più preziosa.»

«Questa è forse un'utopia. Ma non è un sogno incoerente. È un'idea che si impone grazie alla sola forza della sua coerenza logica. È la conclusione a cui necessariamente conduce la ricerca dell'autenticità. L'antica alleanza è infranta; l'uomo finalmente sa di essere solo nell'immensità indifferente dell'Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo. A lui la scelta tra il Regno e le tenebre.» >>

JACQUES MONOD (Wiki)

domenica 12 febbraio 2023

Pensierini – LIV

MICRO E MACRO
E' abbastanza noto, almeno alle persone più smaliziate, che quando i governanti utilizzano parole nobili e si richiamano a sentimenti elevati, lo fanno solo per calcolo, per nascondere altri ed inconfessabili motivi.
Eppure la gente, in genere, ci crede ugualmente.
Questo avviene perchè si tratta di concetti che, quando vengono usati a livello micro, cioè di famiglia o di piccolo gruppo umano coeso, sono veri, sinceri ed affidabili.
Quindi il problema dei cittadini è questo: sapere quando passare dalla modalità micro (fiducia), alla modalità macro (diffidenza).
Ma, forse, è una fortuna che la diffidenza sia poco diffusa, perchè altrimenti le nazioni sarebbero ingovernabili.
LUMEN


CAPIRSI
Il noto attore Massimo Troisi disse una volta: “Io sono responsabile di quelo che dico, non di quello che capisci tu”.
Si tratta indubbiamente di una bella frase, che, a livello teorico, può anche apparire profonda, ma che, nella pratica, risulta sbagliata.
Perchè quando io parlo con qualcuno, lo faccio principalmente per comunicare con lui, e quindi quello che lui capisce (o non capisce) non è solo importante, ma è l'unica cosa che conta.
E se, conoscendo il mio interlocutore, ho il timore che lui possa capire male, sta a me, e solo a me, sforzarmi di essere più chiaro.
LUMEN


ABITI
Le nostre case sono spesso ricolme di cose inutili, che abbin realtàiamo usato poche volte o addirittura mai, ma nulla può battere la ridondanza degli abiti.
Eppure, nostante gli armadi pieni, ad ogni cambio di stagione andiamo a comprarne degli altri.
Colpa della moda e della sua pubblicità ? Sì, certo, si tratta anche di quello.
Ma il problema è che gli abiti ci servono per migliorare (o credere di migliorare) il nostro aspetto esteriore.
E quando si tratta del proprio look, il fenotipo (inconsapevole) non ha più freni ed è disposto a tutto.
LUMEN


OSSESSIONI DI PARTE
Premesso che i politici, di qualunque partito, possono dire indifferentemente cose di destra o di sinistra, secondo la convenienza del momento, esiste ancora una vera differenze tra gli elettori delle due parti ?
Io penso di sì, ma si tratta di una differenza più antropologica che politica.
La mia cinica opinione, infatti, è la seguente: a parte i (pochi) idealisti in buona fede, gli elettori di sinistra sono guidati principalmente dall'invidia, mentre quelli di destra sono guidati principalmente dalla avidità.
Pertanto, i primi sono ossessionati dall'uguaglianza, necessaria per rendere i ricchi meno ricchi; mentre i secondi sono ossessionati dall'ordine, necessario per gestire meglio i propri affari.
Entrambe le posizioni sono giustificate, ma eccessive, e finiscono per determinare i contrasti sociali che ben conosciamo.
Perchè, come dicevano i latini, solo “in medio stat virtus”.
LUMEN


PROVERBI INESISTENTI
= Il Diavolo fa le pentole, ma gli angeli fanno i coperchi.
= Rosso di sera, buon vino si spera.
= Meglio un infermiere vivo, che un dottore morto.
= Dio li fa, e poi li accoppa.
LUMEN


ITALIANI
Secondo una (documentatissima) ricerca della prestigiosa Università di Vattelappesca, gli italiani si dividono in 3 grandi raggruppamenti:
Un terzo non svoge nessun lavoro.
Un altro terzo ha un lavoro, ma svolge attività inutili, per cui non produce ricchezza.
L'ultimo terzo ha un lavoro e svolge attività utili, per cui produce la ricchezza necessaria per tutta la popolazione.
Resta da chiarire se questo vuol dire che siamo un paese ricco o un paese povero..
LUMEN

martedì 7 febbraio 2023

Breve storia degli Stati Moderni

La comparsa degli Stati Moderni viene fatta risalire alla metà del Seicento, quando le principali potenze europee stipularono la Pace di Westphalia.
Da allora, molti e diversi equilibri hanno sancito i rapporti tra le varie Nazioni – non solo europee - che si disputavano la scena internazionale.
A questo processo, descritto con amirevole sintesi, è dedicato il post di oggi scritto da Pietro Pinter per il suo blog “Inimicizie”.
LUMEN



<< La nascita degli stati moderni in Europa fu un processo lungo e travagliato – durato 2/3 secoli – che termina molto simbolicamente con la “pace di Westphalia” del 1648, con cui si sancisce la fine della guerra dei trent’anni.

A Westphalia gli stati riconoscono reciprocamente la sovranità e i confini degli altri; si da’ una spinta decisiva a quel processo che vede nascere le prime ambasciate permanenti, e la stesura dei primi trattati di “diritto internazionale” da parte di giuristi come Ugo Grozio e Francisco de Vitoria (che infatti scrive 200 anni prima di Westphalia).

Carl Schmitt definisce il periodo che va da Westphalia alla fine della prima guerra mondiale (con la parentesi napoleonica considerata un’anomalia) come “ius publicum europeum”; un periodo in cui gli stati europei si riconoscevano a vicenda come “legittimi”, e un sistema di norme condivise – accompagnato dallo spostamento delle maggiori tensioni fuori dal continente – permetteva agli stati di limitare la guerra, o quantomeno di provarci.

Nella contemporaneità, questo “reciproco riconoscimento” si sarebbe definitivamente rotto, passando (o meglio, tornando) tramite l'”abolizione della guerra” e la “criminalizzazione del nemico” dallo ius in bello (diritto nella guerra, teso a limitare una guerra ne giusta ne sbagliata) al bellum iustum (la guerra giusta, quindi il diritto alla guerra) una sorta di “guerra santa” dove tutto è permesso; e quindi alla guerra civile globale.

Andando più nello specifico, si può anche tracciare una storia del sistema internazionale (Schmitt lo chiama più elegantemente “Nomos della terra”) che prenda in esame il susseguirsi degli “arbitri” – o delle principali potenze – dello scenario internazionale.

Nella fattispecie, nell’Europa post-westphaliana quest’arbitro è la Gran Bretagna, la potenza che controlla gli oceani, e la cui dottrina geopolitica nei confronti del continente è evitare la formazione di un centro di potere che possa avere ambizioni globali; così da poter di fatto regolare i rapporti delle potenze continentali con il resto del mondo.

Dopo la rivoluzione francese, l’esperienza napoleonica termina con lo strangolamento tramite blocco navale britannico e tramite la soverchiante potenza terrestre zarista, (...) che combattono dalla stessa parte, come nella seconda guerra mondiale.

L’esperienza traumatica della “nazione in armi” francese che marcia dalla penisola iberica alla steppa russa, crea il necessario impulso per la nascita di un nomos più rigido, più codificato, nel 1815.

E’ il “Sistema di Vienna” – architettato dal ministro degli esteri austriaco Metternich – che per la prima volta si arroga anche il diritto di regolare le questioni interne agli stati, tramite il principio di legittimità. Non è un sistema unipolare, riconosce infatti 5 grandi potenze: Gran Bretagna, Francia, Austria, Russia, Prussia; ciascuna con i suoi legittimi interessi. Si può però dire che sia imperniato sull’influenza austriaca nel centro del continente (comprese Italia settentrionale e Germania meridionale) e su quella britannica sugli oceani.

E’ un sistema che ha il merito di garantire una pace duratura in Europa, con l’eccezione della guerra di Crimea (comunque piuttosto periferica) fino alla nascita del “problema tedesco“ (e di quello 'italiano') negli anni ’60 del diciannovesimo secolo.

Dopo la guerra franco-prussiana del 1870 – ovvero il completamento dell’unità tedesca e italiana – si può parlare invece di “sistema bismarckiano” in Europa. Ora l’architetto non è più Metternich, ma il cancelliere tedesco. La sostanza però rimane molto simile rispetto al sistema di Vienna: La Germania come “arbitro” continentale – che media la spartizione del continente africano avanzando poche pretese per se stessa, come l’Austria dopo Vienna – e la Gran Bretagna dominus degli oceani.

Notiamo che anche questo sistema, come il precedente, si basa su un’autolimitazione della principale potenza continentale, che scientemente evita sia di perseguire una totale egemonia continentale, sia di sfidare la Corona britannica sul piano navale, e quindi globale.

E’ proprio su questo punto che crolla il sistema bismarckiano e si arriva alla prima guerra mondiale: La weltpolitik della Germania guglielmina; che non accetta di essere relegata alla mitteleuropa, con inglesi e francesi lasciati a spartirsi il resto del mondo indisturbati. Londra non è disposta a condividere il potere sugli oceani, e il fallimento delle trattative navali equivale ad una dichiarazione di guerra.

La fine della prima guerra mondiale vedrà la dirompente entrata degli Stati Uniti negli affari europei, e dunque mondiali. Washington tramite il suo enorme (e incontrastabile) potenziale demografico, economico e navale gradualmente riceve lo scettro di egemone degli oceani dal Regno Unito; con l’incoronazione pienamente compiuta dopo la seconda guerra mondiale e la sconfitta del secondo tentativo egemonico tedesco, o terzo tentativo egemonico continentale se si include anche quello napoleonico.

Il nomos che si delinea dopo la seconda guerra mondiale è quello bipolare noto ai più [USA / URSS] – anche se con germogli di multipolarismo che iniziano a farsi strada – che si conclude nuovamente con il lungo strangolamento della potenza di terra europea (o eurasiatica) (...) e il collasso interno – con resa senza condizioni – dell’Unione Sovietica.

Seguirà un breve “momento unipolare” (anglo)americano, presto però destinato a concludersi. Il mondo in cui viviamo oggi – nel 2022 – è già a tutti gli effetti un mondo multipolare, e un mondo che sta diventando sempre più multipolare. >>

PIETRO PINTER