venerdì 25 gennaio 2013

Cattivik - 2

(Concludiamo il testo di Elaine Morgan sull’aggressività intra-specifica dell’homo sapiens - da “L’origine della Donna”)

 (seconda parte)


<< L’intero processo della “selezione naturale” è congegnato in modo da perpetuare e rafforzare gli istinti che aiutano una popolazione a sopravvivere; e il tabù sull’assassinio è uno splendido esempio di adattamento. (…)

Soltanto nel caso dell’Homo sapiens il meccanismo improvvisamente si guastò. Deve essere accaduto qualcosa che non aveva precedenti. Nessuno sa bene di cosa si trattò. Qualcuno pensa vagamente che il fenomeno fu in relazione con la nostra trasformazione da vegetariani in carnivori; ma di ciò non esiste assolutamente nessuna prova.
In effetti, gli animali predatori non sono più aggressivi di quelli erbivori nei confronti degli appartenenti alla loro stessa specie. Il toro è erbivoro, ma nell’ambito della specie, dimostra di essere aggressivo almeno quanto il leone.

La più plausibile teoria attuale sull’aggressività nell’ambito della specie è quella di Konrad Lorenz. (…) 
Lorenz dice (…) che gli uomini non posseggono attualmente tale meccanismo inibitorio [in quanto privi di armi naturali per uccidere], e che non lo hanno mai avuto in nessun momento della loro storia evolutiva.
Orbene di questo io dubito. (…)

E’ vero che gli antenati dell’uomo non ebbero mai corna, né un granché quanto a artigli. Ma un’analisi dei denti e della mascella chiarisce che in una fase della sua evoluzione l’uomo ebbe senza dubbio grossi canini, come li hanno ancora molte scimmie antropomorfe. (…)
Anche se fosse vero che i denti dell’uomo crebbero più corti e meno taglienti man mano che i suoi coltelli divenivano più lunghi e affilati, nulla avrebbe giustificato l’indebolimento del tabù per tale motivo. Sarebbe logico aspettarsi che esso fosse stato conservato e addirittura rafforzato.

Sembrerebbe che per lo sradicamento dalla specie di una acquisizione di comportamento così benefica e profondamente radicata, debba esservi stato un periodo durante il quale, per qualche motivo, il tabù cominciò ad agire contro la sopravvivenza della specie anziché a suo favore.
Non è facile immaginare un periodo o una situazione del genere. Ma per spiegare la deficienza unica dell’uomo sotto tale aspetto, dobbiamo cercare precisamente qualcosa di simile. Siamo d’accordo? Bene, torniamo allora sulla costa dell’Africa del pliocene.

Quando lasciammo la nostra coppia di scimmie acquatiche, la femmina stava offrendo il proprio posteriore al maschio nel gesto di invito sessuale impiegato dai primati per milioni di anni. (…).
Ciò (la copula) era quanto la femmina aveva il diritto di aspettarsi. Ma scelse male il suo tipo. Quel maschio era uno dei pionieri. (…) Nel campo del sesso frontale, come in tutti gli altri casi, dovette pur esservi una prima volta senza alcun precedente. Invece di reagire nel modo opportuno e amichevole, il maschio scaraventò supina la femmina.

Non è facile per noi valutarne tutte le conseguenze. L’intero schema della struttura del quadrupede è tale che il vulnerabile addome, contenente organi vitali, ma non protetto dalla gabbia toracica, viene continuamente difeso da una barricata di arti.
Chiunque ti scaraventi a terra e tenti di penetrare attraverso la barricata si propone un solo scopo, quello di sventrarti. E la tua reazione istintiva è una sola: tiri su di scatto gli arti posteriori per proteggerti e lotti per salvare la pelle. (…)

Sicché abbiamo lasciato la femmina supina, scalciante e intenta a dibattersi, con la minuscola mente di antropoide sconvolta dalla paura, e il maschio che cominciava a irritarsi. Quando essa lo vide ringhiare e scoprire i denti, si persuase definitivamente che la voleva per la propria cena e che la sua ultima ora era giunta.
Un’ulteriore resistenza era inutile. Smise di battersi e segnalò la propria sconfitta, la propria sottomissione e la propria resa il più vistosamente possibile con uno spazio così angusto in cui manovrare.

L’episodio si concluse immediatamente. Il maschio era un animale debitamente programmato, e gli sarebbe stato impossibile continuare a percuotere un membro della propria specie il quale stava dando chiari segni del fatto che aveva smesso di difendersi.
Si scostò un poco dalla femmina con un’espressione interdetta. Aveva creduto per un momento che la sua fosse una buona idea, ma evidentemente c’era in essa un intoppo.
Tuttavia, come sappiamo, la cosa non si fermò lì. (…)

Possiamo essere quasi certi che l’esperimento del nostro pioniere sarebbe stato osservato con profondo interesse dai piccoli e dagli adulti, e, prima o poi, ritentato. Se il pioniere fosse stato per caso un maschio primeggiante, i nostri ominidi avrebbero ripetuto subito e di frequente il tentativo, soprattutto in quanto tutte le scimmie, nel frattempo, avrebbero incontrato qualche difficoltà con la penetrazione da tergo.

Inevitabilmente, il primo maschio a riuscire effettivamente nella nuova posizione, dovette essere un individuo il cui meccanismo di comportamento era assai lievemente difettoso. Un maschio sia pur minimamente meno reattivo al tabù il quale decretava che in ogni zuffa nell’ambito della specie, se l’altro combattente si arrende, lo si lascia (o la si lascia) libero.
Dovette essere l’individuo che insisteva un po’ più a lungo, nonostante gli strilli di terrore e le invocazioni alla pietà; e la sua discendenza si accrebbe.

Man mano che milioni di anni passavano e la nuova posizione diveniva la norma e le femmine continuavano ad essere poco entusiaste, i maschi che più scrupolosamente rispettavano il tabù avevano poca o nessuna progenie; i più spietati erano i più prolifici. Si trattava di quelli che meno degli altri erano portati a reagire ai segnali di pacificazione fatti da qualsiasi appartenente alla loro specie. Erano gli antropoidi delinquenti, i potenziali assassini.

Ciò offrirebbe una spiegazione possibile del modo con il quale un’inibizione così preziosa e tale da facilitare l’adattamento venne sradicata da una sola specie, una specie nella quale abbiamo tutte le ragioni di supporre che avesse un tempo agito normalmente. Non spiega la forza motivatrice che induce gli uomini ad andare in guerra – è questo un problema politico che dobbiamo esaminare a parte – ma potrebbe essere il motivo in seguito al quale il più potente tra i freni dell’aggressività della scimmia antropomorfa cessò improvvisamente di funzionare.

Potete ritenere ch’io sia stata troppo disinvolta, più sopra, con la facile supposizione: “le femmine continuavano ad essere poco entusiaste”. Fu davvero così ?
Si trattava di animali giovani, sani, ben nutriti, dominati dall’estro. Una volta che il nuovo approccio fosse passato dallo stadio di esperimento fallito a quello di prassi che effettivamente funzionava, non avrebbero, le femmine, cominciato a gradirlo a braccia aperte ? Non avrebbero cominciato a goderlo ?
Questo fu l’aspetto più ironico dell’intera faccenda. Non lo gradivano. Non potevano [per motivi fisiologici legati alla struttura del loro organo sessuale]. (…)

Nel frattempo, per la prima volta nella storia della vita, l’atto sessuale era stato compiuto con la forza, in un’atmosfera di ostilità, di timore e di violenza. I primi tenui collegamenti mentali avevano cominciato a essere tesi tra sesso e crudeltà da un lato, e sesso e sofferenza dall’altro.
Avevamo mosso il primo passo lungo la strada tortuosa che doveva condurre alla guerra tra i sessi, al sadomasochismo e, in ultimo, all’intero groviglio contemporaneo, alla prostituzione, alla ritrosia, a Casanova, a John Knox, a Marie Slopes, alle schiave bianche, alla liberazione delle donne, alla rivista Playboy, ai delitti d’onore, alla censura, ai club di spogliarelli, agli alimenti, alla pornografia, e a decine di tipi diversi di manie.

Questa fu la caduta. Non ebbe niente a che vedere con le mele. >>

ELAINE MORGAN

sabato 19 gennaio 2013

Cattivik - 1

Torno a parlare di ELAINE MORGAN e del suo bellissimo libro L’ORIGINE DELLA DONNA, perché vi si trova una interessante spiegazione sull’origine di una delle caratteristiche più imbarazzanti della nostra specie: la mancanza di controllo nell’aggressività intra-specifica,
Tutto deriverebbe, secondo la Morgan, dai cambiamenti morfologici derivanti dalla vita acquatica e dalla locomozione bipede,  che hanno portato, tra le altre cose, anche al sesso ventrale. Una pratica questa che, per motivi fisiologici, continuava ad essere molto piacevole per il maschio, ma diventava molto meno soddisfacente per la sua compagna.
Ecco alcuni brani tratti direttamente dalle pagine del libro.
LUMEN


<< Decine e decine di volumi e di articoli sono stati scritti sull’argomento [dell’aggressività umana] e l’interrogativo che ci si pone di solito è press’a poco il seguente: perché la specie Homo sapiens è stata afflitta sin dagli inizi da una tendenza all’assassinio e alla violenza che non trova confronto in tutto il regno animale ?
Anthony Storr afferma chiaramente: “la tetra realtà è che siamo la specie più crudele e più spietata che abbia mai camminato sulla Terra”. E quando il suo libro “Sull’aggressività umana” venne pubblicato in edizione economica, gli editori scelsero questa frase per farla figurare a grandi caratteri in copertina, nella persuasione (giustificata, non ne dubito) che il pubblico ami leggere proprio questo genere di cose su se stesso.

Leggendo con molta attenzione tali libri e tali articoli si rileverà che non sembrano parlare della specie come un tutto. Si riferiscono soltanto alla sottosezione Homo sapiens maschio.
Dicono che i maschi umani sono più aggressivi di ogni altra specie. Vediamo di definire un po’ più precisamente questa asserzione.

L’uomo è davvero più assetato di sangue di uno squalo? O di un piraňa?  Evidentemente no: pertanto l’accusa si riferisce probabilmente soltanto ai mammiferi. E’ forse l’uomo più feroce di una moffetta ? E’ più micidiale di un topo ? No, non lo è. Forse il raffronto sarebbe preferibile limitarlo ai primati. Per esprimersi con franchezza, allora, chi esitereste di più a infastidire, un uomo o un gorilla ? (…)

Come ha fatto, precisamente, l’uomo, a divenire più aggressivo – con una furia da maniaco – di tutte queste creature ? Ma lo è divenuto davvero ?
Provate a fare qualche osservazione pratica. Uscite di casa e cercate di osservare alcuni esemplari viventi di Homo sapiens  nel loro habitat naturale.  Non dovrebbe essere difficile perché la specie è protetta dalla legge e non corre alcun pericolo immediato di estinguersi.
Osservate attentamente il comportamento  e le interazioni dei primi venti individui che incontrate a caso. (…) Sospetterete all’istante che gli autori non pensino affatto a individui del genere e penserete di avere stupidamente osservato un’altra specie. (…)

Alcuni studiosi, osservando piccoli gruppi di primati per periodi di un migliaio di ore al massimo, hanno accuratamente annotato il numero degli “scontri agonistici implicanti un contatto fisico” avvenuto ogni ora-babbuino o ogni ora-scimpanzé. Voi siete perfettamente in grado di compilare un diario analogo concernente la scimmia nuda.
Se sono trascorsi più di sei mesi dall’ultima volta che vedeste uno di essi lanciarsi contro un suo simile e infliggergli lesioni dolorose, allora avete tutto il diritto di spargere ai quattro venti la buona notizia che, per quanto concerne l’aggressività incontrollabile, questa specie non si trova affatto nei primi dieci posti della classifica:

Potrete dire: Ma il Vietnam ?  Questa, naturalmente, è la ragione per cui le asserzioni sull’aggressività dell’uomo vengono così di frequente mandate giù intere.  Gli autori pensano alla guerra. La guerra è un caso a sé e ne parleremo in un capitolo successivo.  (…)

Arriviamo ora al nocciolo di verità nascosto dietro a questa reputazione di sete di sangue che gli uomini hanno appioppato a sé stessi. Il fatto che sembra unico e sconvolgente per quanto li concerne consiste in questo: a un certo punto lungo il loro cammino evolutivo essi hanno smarrito un pezzo molto prezioso del macchinario del comportamento.

Nella grande maggioranza delle specie, i conflitti tra due animali dello stesso tipo cessano quasi inevitabilmente prima della strage. La lotta continua finché uno dei contendenti cede e, o fugge, o emette un segnale di sottomissione. (…)
Il lupo che si arrende volta la testa e presenta la vena giugulare ai denti dell’assalitore; il topo sottomesso si volta supino ed espone al vincitore il tenero ventre; il tacchino che riconosce la sconfitta allunga il collo come Anna Bolena sul patibolo; e così via.
Possono far questo con assoluta sicurezza, perché l’effetto sul vincitore è imperativo. Esso non deve decidere tra sé e sé se accetterà la resa, non più di quanto voi decidiate se contrarrete o meno le pupille quando una luce troppo forte vi abbaglia. È una cosa che gli succede. Riceve il segnale e smette di battersi.

Orbene, nel caso dell’uomo non potete far conto su questo. (…) Il processo nell’uomo, in confronto a quello delle altre specie è lento e insicuro. Se l’uomo cerca la vendetta e non soltanto il bottino della diligenza, potete alzare le mani fino al cielo con tutto il vostro slancio, ma vi sparerà ugualmente.
Se fa parte di un plotone di esecuzione, potete essere bendato, inginocchiato, potete implorare pietà – e non riuscirete ad essere più sottomessi di così – ma non fermerete le pallottole. (…)

Il tabù culturale contro l’uccisione casuale può essere forte, ma se il suo settore della società ammette o approva un assassinio (come in guerra, nel caso di esecuzioni o vendette, di rappresaglie, di delitto d’onore, di sacrifici umani, ecc.), sembra che egli commetta l’atto con alquanta naturalezza.
Questo non è soltanto un male. E’ sconcertante. >>

ELAINE MORGAN

(continua)

sabato 12 gennaio 2013

C.S.I. (Christ Scene Investigation)

Una delle affermazioni più importanti e (giustamente) famose di San Paolo è questa: << Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede >>.
Giusto. E siccome nessun testo storico ne parla, come si fa a sapere come e quando Cristo sarebbe risorto ?  Che domande: si leggono i Vangeli che parlano proprio di questo. Semplice, vero ?
E invece no, pare proprio di no. Se uno si mette a leggere i quattro Vangeli cercando una storia coerente ed univoca di quello che sarebbe successo,  non ci riesce.
Come ci racconta, con grande ironia, il saggista americano Dan Barker in questo irresistibile articolo.
LUMEN


<< Lancio una sfida ai cristiani, una sfida semplice: ditemi cosa è realmente accaduto il giorno di Pasqua. Non voglio prove, sto semplicemente chiedendo ai cristiani di dirmi esattamente cosa è successo nel giorno in cui è nata la loro dottrina più importante.

l fedeli cristiani dovrebbero essere felici di accogliere questa sfida, perché senza risurrezione non esiste il cristianesimo. (…).

 
Le regole di questa sfida sono semplici e ragionevoli: leggete l'intera storia della Pasqua così come viene riportata nei Vangeli (…) e da Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Per leggere questi centosessantacinque versi ci vuole giusto qualche minuto.
Poi, senza omettere alcun dettaglio di questi diversi racconti, scrivete un semplice resoconto cronologico degli eventi accaduti tra la risurrezione e l'ascensione: l'ordine degli avvenimenti, chi ha detto cosa e quando, e dove sono accadute queste cose. (…)

Il vostro racconto non deve presentare un quadro perfetto di quello che è accaduto, deve semplicemente fornire un resoconto plausibile dei fatti. Delle spiegazioni aggiuntive possono essere aggiunte tra parentesi.
Tuttavia la condizione importante di questa sfida è che nessun dettaglio della Bibbia venga omesso. Una sfida giusta, no?

Devo ammettere che ho provato a vincere questa sfida io stesso, ma non ci sono riuscito (…).  Il problema sono le contraddizioni.

[Come diceva] Thomas Paine (…): «se tutte le parti di una storia sono coerenti, ciò non prova che essa sia vera, poiché può esserci coerenza anche in una storia completamente falsa; (…) ma se c'è disaccordo tra le parti di una storia, allora è provato che essa non può essere vera». (…)


Una delle prime incongruenze l'ho trovata in Matteo 28:2, dopo che due donne
arrivano al sepolcro: «Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa». 
Anche senza tener conto del fatto che nessun altro Vangelo parla di questo «grande terremoto», accettiamo pure il fatto che la pietra è stata fatta rotolare via dopo l'arrivo delle due donne.
Il problema è che il Vangelo di Marco dice che questo evento è accaduto prima dell'arrivo delle tre donne: «Esse dicevano tra loro: "Chi ci porterà via il masso dall'ingresso del sepolcro?" Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande» (Marco 16:3-4).
Luca (24:2) invece scrive: «Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro», e anche Giovanni dà questa versione dei fatti. Nessun terremoto, nessuna pietra che rotola. Tre contro uno: Matteo perde. Oppure sono gli altri tre a sbagliare. L'evento non può essere accaduto sia prima che dopo l'arrivo delle donne. (…)

Un altra palese incongruenza si riscontra nel fatto che in Matteo la prima apparizione di Gesù ai discepoli successiva alla risurrezione avviene su una montagna della Galilea, come predetto dall' angelo seduto sulla roccia: «Presto, andate a dire ai suoi discepoli: è risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete» (Matteo 28:7).
Si suppone che questo fosse un messaggio di suprema importanza, dato che era il messaggio che Dio aveva trasmesso attraverso l'angelo (o gli angeli). Lo stesso Gesù aveva predetto questa cosa durante l'Ultima Cena (Matteo 26:32).
In Matteo 28:16-17 troviamo invece scritto: «Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano». (…)

E’ chiaro che Matteo intende dire che questa è la prima apparizione di Gesù. In caso contrario, se Gesù è stato visto prima, perché alcuni dubitano di lui?
Riguardo il messaggio dell'angelo che dice che Gesù apparirà in Galilea, Marco dice le stesse cose di Matteo, ma dà una differente versione della prima apparizione, e questo è un problema.
Luca e Giovanni riportano dei messaggi differenti dell'angelo e contraddicono radicalmente Matteo. Luca dice che la prima apparizione avviene sulla strada per Emmaus e poi in una casa di Gerusalemme; Giovanni dice che la prima apparizione avviene di sera tardi in una casa di Gerusalemme, ma Tommaso non è presente.
I messaggi di questi angeli, i luoghi gli spostamenti, sono difficilmente conciliabili. (…)

I cristiani tentano di spiegare questi racconti contraddittori paragonandoli alle differenti versioni date dai testimoni oculari di un incidente automobilistico: il fatto che un testimone dica che un'auto è verde e un altro testimone dica che l'auto è blu può essere spiegato dalle differenti angolazioni da cui si è vista la scena, dalla luce, dalla percezione o dal significato dato alle parole. (…)
Ma come la mettiamo se un testimone dice che l'incidente è accaduto a Chicago, mentre l'altro dice che è accaduto a Milwaukee? Almeno uno di questi testimoni non sa distinguere il vero dal falso.
Luca dice che la prima apparizione dopo la risurrezione è avvenuta a Gerusalemme, mentre Matteo dice che è avvenuta in Galilea, a sessanta o cento miglia di distanza!  C'è davvero qualcosa che non va, qui.

E questa è solo la punta dell'iceberg. Ovviamente nessuna di queste contraddizioni prova che la risurrezione non sia avvenuta, tuttavia fa notevolmente dubitare della credibilità dei presunti testimoni. Alcuni di essi dicono il falso, magari tutti. (…)
Perché mai qualcuno che non era lì dovrebbe essere più propenso a credere alla risurrezione di quanto lo sia stato il dubbioso Tommaso che viveva proprio a quel tempo, o degli stessi apostoli di Gesù che dissero che le notizie riportate dalle donne «parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse» (Luca 24:11) ?

Thomas Paine sottolinea che ogni cosa scritta nella Bibbia è frutto del sentito dire. Per esempio, il messaggio al sepolcro, se mai è esistito davvero, come minimo prima di giungere a noi ha seguito questo percorso: Dio, angelo/angeli, Maria, discepoli, autori dei Vangeli, copisti, traduttori (i Vangeli sono tutti anonimi e non esistono versioni originali).
Ma torniamo al punto: o i cristiani mi dicono esattamente cosa è accaduto la domenica di Pasqua, oppure che il mito di Gesù venga seppellito per sempre. >>

DAN BARKER

sabato 5 gennaio 2013

Non è un paese per giovani

Ma, tutto considerato, è meglio vivere in una società di giovani o in una società di maturi ?
Se chiedete alla maggioranza “natalista”  la risposta è immediata (viva i giovani !) e si manifesta nel classico orrore per l’invecchiamento graduale della popolazione, visto come la fonte di tutti i mali e di tutte  le tragedie future della società.
Le cosa invece non stanno affatto così, ed una società invecchiata, se gestita con intelligenza, è tutto meno che un problema.
Come ci spiega, con molta chiarezza, l’amico Agobit in questo bel post tratto dal suo blog “Un Pianeta Non Basta”.
LUMEN


<< E’ consuetudine sentire da parte dei pro-natalisti  forti preoccupazioni per una società sempre più composta da anziani e con pochi giovani. Costoro, in genere di area cattolica o ideologica (di destra e di sinistra), paventano che la scarsa natalità porterà ad una società stagnante, con molti pensionati, pochi giovani, poca creatività e poca voglia di migliorare.
 
Si tratta di preoccupazioni immotivate sia dal punto di vista antropologico che socio-economico.
L’antropologa Rachel Caspari (…) ci dice invece tutto il contrario: gli anziani hanno svolto un ruolo centrale per la supremazia della nostra specie ed hanno influito in maniera essenziale e positiva  sulla cultura dell’uomo moderno.
 
In epoche arcaiche i nonni erano una rarità: “le ricerche da noi condotte indicano che gli individui in età tale da diventare nonni divennero comuni solo in un periodo relativamente recente della preistoria umana, e che questa novità si affermò più o meno nello stesso momento in cui un grande cambiamento culturale ci ha portato  verso comportamenti distintamente moderni, tra cui la dipendenza da una comunicazione basata sui simboli, indispensabile per l’arte e il linguaggio.
 
Queste scoperte suggeriscono che vivere fino ad una età avanzata ha avuto profondi effetti sulla dimensione delle popolazioni, sulle interazioni sociali e sulla genetica dei primi gruppi umani moderni, e potrebbe spiegare anche come i Sapiens abbiano vinto la competizione con gruppi umani arcaici come i Neanderthal”.  (…)

“Benché ci aspettassimo ritrovare un aumento di longevità nel tempo, non eravamo preparati a risultati spettacolari come quelli che abbiamo ottenuto. La differenza fra i primi Homo e gli umani moderni del Paleolitico superiore ha rivelato un drastico aumento di 5 volte nel rapporto Old/Young (rapporto fra adulti anziani e giovani adulti).
 
La sopravvivenza in età adulta è aumentata nettamente solo molto tardi nel corso dell’evoluzione umana. I nonni forniscono abitualmente risorse economiche e sociali ai loro discendenti e rafforzano anche complesse connessioni sociali contribuendo alla costruzione di una complessa organizzazione sociale umana.
 
Gli anziani trasmettono anche altri tipi di informazioni culturali, da quelle sull’ambiente (quali specie di piante sono velenose, dove trovare l’acqua in tempi di siccità e così via) a quelle tecnologiche (come intrecciare un cesto o costruire un coltello di ossidiana).”

Studi condotti da Pontus Strimling (…) hanno dimostrato che la ripetizione è un fattore di importanza cruciale nella trasmissione di regole e tradizioni in una cultura. Le famiglie multi-generazionali hanno più membri che si occupano di inculcare  nei giovani le nozioni più importanti.
 
In questo modo  è presumibile,  la longevità ha stimolato l’accumulo e il trasferimento intergenerazionale di informazioni, incoraggiando la formazione di quegli intricati rapporti di parentela e delle altre reti sociali che ci permettono di aiutare e di essere aiutati quando i tempi si fanno duri. 

Secondo Adam Powell (…) e molti altri ricercatori, l’ampliamento delle popolazioni dovuto alla presenza di folti gruppi di anziani, promosse lo sviluppo di grandi reti commerciali, di sistemi complessi di cooperazione e dell’espressione materiale dell’identità individuale e di gruppo.
 
In questa prospettiva, i fattori che più caratterizzano il Paleolitico superiore, per esempio l’esplosione dell’uso di simboli o l’inserimento di materiali esotici nella manifattura di strumenti, potrebbero essere stati la conseguenza dell’accrescimento dell’età media delle popolazioni. (…)

Apparsa inizialmente come sottoprodotto di qualche cambiamento culturale, la longevità è divenuta un prerequisito per il comportamento unico e complesso che contraddistingue la modernità.
 
Queste innovazioni, a loro volta, hanno  promosso la sopravvivenza e l’importanza degli adulti anziani, portando a quella tipologia di popolazione che ha prodotto effetti culturali e genetici così profondi sui nostri predecessori. Che, diventando più vecchi, divennero davvero più saggi.  (…).

Oggi possiamo vedere che le culle piene non portano i benefici che i natalisti sognano. Tutti i paesi arretrati e con economie di sussistenza hanno alti tassi di natalità.  Dove c’è benessere, la popolazione è stabile o tende alla lenta riduzione (al netto dei fenomeni immigratori).
 
L’espansione degli anziani, lungi dal determinare effetti negativi, porta ad una maggiore stabilità sociale, ad una protezione delle giovani generazioni, al mantenimento delle proprie tradizioni, allo sviluppo culturale e persino ad una maggiore creatività sia dal punto di vista sociale, scientifico ed artistico. La combinazione tra esperienza, cultura e stabilità sociale fa sviluppare l’intera società.

Inoltre le società con forte prevalenza dei giovani sono aggressive, in preda al fanatismo e poco prudenti; molte delle guerre che si sono combattute nei secoli scorsi sono avvenute in società con le culle piene.
 
Le società con molti anziani sono in genere società pacifiche e prudenti, con poca presa del fanatismo politico o religioso.
Con un buon uso della tecnologia le società con alte percentuali di anziani possono offrire una vita migliore e una gestione più oculata delle risorse.  >>

AGOBIT