venerdì 27 luglio 2018

Considerazioni sulla Legittima Difesa

Io sono un tipo tranquillo e pacifico, ed anche, in linea di massima, un sincero pacifista, ma sulla legittima difesa mi trovo in sintonia con Lorenzo Celsi, di cui riporto alcune brevi considerazioni sull’argomento (dal suo blog). Lumen


<< Un signore ha sparato ad un ladro albanese con precedenti, già espulso nel 2013, introdottosi in casa sua e l'ha ucciso [il post è dell’ottobre 2015 - NdL]. Articoloni sui giornaloni, dibattiti televisivi. Io faccio due domande:

a - Se partiamo dal presupposto che l'uso delle armi è sempre illecito, perché si possono legalmente detenere? Viceversa, se si possono legalmente detenere armi, perché non si possono adoperare? Non mi rispondete con una scemenza come l'idea che le armi abbiano solo la funzione di deterrente, cioè che si debbano solo mostrare, ma non usare per lo scopo per cui sono progettate, cioè fare a pezzi la gente.

b - Tutte le discussioni del mondo non tengono conto di una constatazione elementare: lo stato mentale in cui si trova una persona che affronta un intruso in casa propria non è quello di un filosofo che specula sull'essere e sul divenire, è lo stato mentale di un animale minacciato nella sua tana, con le spalle al muro.

Il tipo di lotta che si scatena in quelle condizioni non ha regole e mezze misure, non è un incontro sportivo, è una guerra, una lotta ancestrale per vivere o morire. Quindi, che senso ha andare ad esaminare gli eventi, cosa si sarebbe potuto fare o non fare?

Eccesso di legittima difesa. Chi misura di quanto si è esagerato? E' chiaro che soppesare gli eventi con distacco, in un'altra sede, offre un quadro completamente diverso rispetto alla percezione che ha una persona che si sente minacciata. Possiamo discutere sul fatto che la percezione della minaccia sia più o meno adeguata o sul fatto che sia abnorme. Ma con che criterio lo possiamo stabilire?

Guardavo prima le fotografie di un soldato israeliano che viene aggredito da un uomo con un coltello e un suo commilitone che interviene per difenderlo. Qualcuno pensa che quel soldato si sia fermato a valutare quanto letale avrebbe dovuto essere la sua reazione? O ha semplicemente puntato il fucile e abbattuto l'aggressore in modo convulso, istintivo?

Su Internet ci sono non so quanti filmati in cui ufficiali di Polizia americani scaricano decine di proiettili sui "sospetti" e noi pretendiamo che un signore senza alcun addestramento, nella condizione di non potere fuggire di fronte ad un intruso potenzialmente pericoloso, segua la procedura dello "altolà chi va là"?

Per cui, va bene che chi di dovere indaghi su eventuali abusi ma secondo me è una di quelle situazioni totalmente irrazionali dove cercare una logica, una ragione, è solo un esercizio di stile.

Io non voglio avere un'arma perché l'unica ragione per possedere un'arma è per usarla. Ma conosco qualcuno che dopo avere ricevuto delle visite notturne in giardino, ha dormito con un piccone di fianco al letto. Anche usando un piccone si fanno dei danni mica da ridere. >>


<< Il punto che vorrei sottolineare è che il concetto di "legittima difesa" è privo di senso. In sostanza si fonda sulla idea che tu devi reagire nella esatta proporzione del danno che ti viene arrecato. Se uno ruba in casa tua tu dovresti rubare in casa sua, se uno ti picchia con un bastone tu dovresti dargli col bastone, solo se uno ti spara tu gli puoi sparare a tua volta, ovviamente solo dopo che questi ha esploso il primo colpo.

Quindi, se una persona detiene un'arma da fuoco, sa che l'unico caso in cui è legittimato ad usarla è quando qualcuno gli spara addosso con un'arma analoga. Se per ipotesi ti venisse contro un tizio con un bastone e tu gli sparassi, sarebbe sempre "eccesso di legittima difesa".

Per inciso questo modo di pensare non si applica solo alle regole della convivenza civile ma viene spesso usato anche per definire le cosiddette "regole di ingaggio" dei militari. Capita infatti che i soldati incaricati di "pacificare" un certo luogo siano autorizzati ad usare le armi solo se vengono attaccati direttamente con le armi.

La conseguenza è che se vedono qualcuno che compie un qualsiasi crimine, di fatto non sono autorizzati ad intervenire se non con manganelli e lacrimogeni, strumenti poco adatti in certi contesti per dissuadere dei massacratori. Ci sono stati casi famosi in cui premesse illogiche hanno condotto ad esiti privi di senso, per esempio la disastrosa missione in Somalia. >>


<< La "giustizia" [penale] ha due caratteristiche:
1 - è discrezionale. Cioè a seconda di chi ti giudica ed a seconda di chi conosci, chi sei, la giustizia segue un corso completamente differente.

2 - rispecchia la "morale" di un dato momento. Nel nostro specifico catto-comunista il criminale, a maggior ragione se straniero, è vittima delle circostanze che lo vedono emarginato da una società ingiusta ed egoista. La vittima invece è colpevole di essere ingiusto ed egoista perché non accoglie il criminale in un abbraccio, oltre ad essere colpevole a prescindere del crimine di possedere dei beni e in generale di razzismo imperialista.

La maggior parte dei ladri sono pluri-pregiudicati e gli stranieri spesso rimangono sul territorio nazionale anche dopo il decreto di espulsione, oppure ritornano. E' risaputo che molti di questi vengono in Italia perché sanno che possono beneficiare di una legislazione e di una prassi giudiziaria particolarmente favorevole. >>

LORENZO CELSI

venerdì 20 luglio 2018

Pensierini - XXXIX

DEBITO PUBBLICO
Il debito pubblico è un fardello che colpisce praticamente tutti gli Stati.
Molte persone di buon senso si chiedono pertanto: ma perché uno Stato deve finanziarsi con il debito ? Perché non può semplicemente spendere nei limiti di quello che incassa (per imposte od altro) ?
La domanda, di per sé, è ineccepibile, ma ha una risposta abbastanza semplice.
Il “debito” infatti, come tutti gli strumenti dell’economia, comporta sia dei vantaggi che degli svantaggi.
Il “debito pubblico”, però, ha una caratteristica particolare che lo rende diverso dal debito privato: e cioè che coloro che decidono di avvalersene, ovvero i politici, possono godere dei suoi vantaggi (sotto vari aspetti), ma non ne pagano gli svantaggi.
E se per loro, è un 'gioco' solo positivo, non si vede perché non dovrebbero approfittarne.
Poi si potrebbero analizzare i motivi storici per cui i primi Stati hanno incominciato a fare i debiti (in genere per qualche guerra), ma non avrebbe molta importanza.
LUMEN


SALVARE LA FACCIA
Spesso le crisi internazionali precipitano perché le parti, passo dopo passo, hanno finito per superare il punto di non ritorno e si trovano in una situazione di stallo, molto difficile da gestire sotto il profilo dell'immagine.
A quel punto, se non si trovano delle soluzioni win-win, che spesso semplicemente non esistono, una delle 2 parti sarà costretta a fare marcia indietro, pendendoci la faccia.
E questa, per un politico, è la cosa peggiore di tutte.
Io credo che moltissime delle tragedie più gravi della storia siano derivate proprio da questo fenomeno: nessuno dei potenti in ballo voleva tirarsi indietro, ed era pronto a sacrificare il suo popolo per non perdere la propria faccia (che poi magari perdeva lo stesso, insieme alla testa, ma questo è un altro discorso).
LUMEN


COMUNISMO
A coloro che sono stati comunisti convinti per tutta la vita non posso che rimproverare un errore fondamentale, che mi rende inaccettabile tutto il loro sistema di pensiero: i comunisti non volevano cambiare il mondo (la società), volevano cambiare l'umanità.
E siccome la cosa è assolutamente impossibile, non si trattava di un errore politico, ma semplicemente di un errore 'antropologico', una cosa inaccettabile per gente che - almeno ai vertici - non era sicuramente ignorante, ma, anzi, era colta ed informata e si basava su un sistema di analisi storica, il famoso “materialismo marxista”, che era sicuramente di alto livello.
Ma le carenze di comprensione dei meccanismi "biologico-genetici" che guidano gli uomini hanno finito per rovinare tutto, portando, per inevitabile conseguenza, alle sofferenze ed alle tragedie che ben conosciamo.
Questo ovviamente vale per quelli che erano in buona fede.
Poi, invece, c'erano quelli in malafede, che usavano l'ideologia marxista solo per raggiungere il potere e conservarlo. Ma questa è una cosa del tutto diversa.
LUMEN


SCHERZA COI FANTI
Tutti sappiamo che i vari corpi militari hanno le loro peculiari caratteristiche, in genere di origine storica, e che il loro nome ci aiuta a comprenderle.
Possiamo pertanto arguire che i Carabinieri avessero le carabine, i Lancieri le lance, i Moschettieri i moschetti, e così via.
Ma per i Bersaglieri, come la mettiamo ?
Non è che li mandassero in guerra per fare da... “bersaglio” ?
LUMEN


MISTERI TEOLOGICI
Qualcuno ha detto che l’epigramma è il componimento che può provocare il maggior numero di nemici con il minor numero di parole.
Parafrasando questo aforisma, si può dire che i misteri teologici sono le affermazioni che possono contenere il maggior numero di sciocchezze nel minor numero di parole.
Gli esempi non mancano, ma il mio preferito è il (giustamente) famoso verso di Dante che, riferendosi alla Madonna, la definisce “vergine madre, figlia del tuo figlio”.
Il verso, in sé, è bellissimo, ma l’affermazione è doppiamente assurda, perché se Maria è madre non può essere vergine, e se ha un figlio questo non può essere anche suo padre.
Ma queste sono le prodezze della teologia: e due assurdità in un verso solo non sono un’impresa da poco.
LUMEN

sabato 14 luglio 2018

I giganti della fede - Padre Pio

Come il cristianesimo mondiale annovera, tra le sue icone moderne, la famosa Madre Teresa di Calcutta, così i fedeli italiani hanno trovato un nuovo oggetto di culto nell’altrettanto noto (almeno in Italia) Padre Pio di Pietralcina.
Ed anche in questo caso – guarda la combinazione – si tratta di un personaggio molto discusso e chiacchierato, come ci racconta questo interessante articolo di Davide M. De Luca, tratto dal sito ‘Il Post’.
LUMEN


<< Padre Pio nacque col nome di Francesco Forgione nel 1887. Entrò in seminario a 16 anni e dopo essere diventato frate cappuccino – cioè di ispirazione francescana, semplificando molto – si guadagnò una notevole fama di guaritore. Finché era in vita, San Pio fu quasi sempre guardato con sospetto dalle gerarchie vaticane e per lungo tempo venne considerato una specie di impostore.

Ma al momento della sua morte, avvenuta il 23 settembre 1968 nel convento di San Giovanni Rotondo dal quale non si era quasi mai allontanato, Padre Pio era il sacerdote più popolare d’Italia e l’unico azionista del più grande ospedale del sud Italia. Nel frattempo era anche passato indenne attraverso accuse di rapporti intimi con alcune sue collaboratrici e di frode, e attraverso sospetti di aver avuto a che fare con uomini d’affari parecchio controversi.

Per i suoi molti sostenitori, Padre Pio fu sempre perseguitato ingiustamente. Il suo processo di canonizzazione è proseguito lentamente e soltanto nel 2002 papa Giovanni Paolo II, già gravemente malato, lo proclamò santo. Oggi i dubbi su San Pio sembrano in gran parte dimenticati dall’opinione pubblica cattolica. Eppure pochi anni fa un libro che divenne in breve tempo un caso letterario riaprì il dibattito su San Pio.

Nel 2007 Sergio Luzzatto, professore di storia moderna all’università di Torino, pubblicò il libro “Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento. La verità sul frate delle stimmate” in cui erano contenuti nuovi indizi che sembravano corroborare la tesi della frode. Luzzatto è stato il primo storico ad avere pieno accesso ai documenti che la Chiesa raccolse negli anni su Padre Pio.

Nella sua ricerca Luzzatto trovò un foglietto scritto da Padre Pio in cui lui chiedeva a una sua amica di procurargli in segreto “due o trecento grammi di acido fenico”, una sostanza in grado di tenere aperte le ferite come quelle che padre Pio aveva quasi sempre sui palmi delle mani: le cosiddette “stimmate” – cioè fondamentalmente dei buchi nelle mani identici a quelli che secondo i Vangeli Gesù Cristo subì sulla croce, e che fra i cattolici si associano comunemente alla santità – che insieme al suo carisma e alla sua fama di guaritore gli avevano procurato un seguito immenso.

All’epoca, come succede ancora oggi, la Chiesa Cattolica era molto prudente nel riconoscere accadimenti miracolosi, che se smentiti o smascherati come frodi rischiavano di esporla alle critiche e accuse di complicità. Il Vaticano inviò ispettori e condusse indagini diverse volte nel corso della vita di Padre Pio. E spesso i risultati furono poco favorevoli al frate di San Giovanni Rotondo.

Che Padre Pio trafficasse con acidi e sostanze chimiche, il Sant’Uffizio (l’organo della chiesa allora incaricato di indagare sui fenomeni ritenuti soprannaturali) lo sapeva fin dagli anni Venti. Due testimoni, interrogati dal vescovo di Manfredonia, uno dei più irriducibili critici di Padre Pio, riferirono che in passato Padre Pio aveva fatto richiesta di simili sostanze, spesso chiedendo esplicitamente che la loro consegna fosse nascosta ai confratelli che abitavano con lui.

Questi indizi emersero durante le prime indagini che furono ordinate dalla gerarchia vaticana non appena Padre Pio iniziò a diventare famoso come guaritore, negli ultimi anni della Prima guerra mondiale; un periodo in cui a causa della guerra e dell’epidemia di influenza spagnola la fede cattolica aveva avuto un’improvvisa rinascita.

Alcune ispezioni compiute nel 1920 furono particolarmente severe: Padre Pio venne interrogato più volte dagli inviati del Sant’Uffizio proprio a proposito dell’acido fenico. Pio spiegò che aveva ordinato le sostanze chimiche per disinfettare alcune siringhe e per fare scherzi agli altri frati. (…) Ma le spiegazioni non convinsero gli inquisitori inviati da Roma e papa Pio XI ordinò che il frate venisse sospeso dal servizio.

La sospensione fu ritirata nel 1933 e quando nel 1939 diventò papa Pio XII, il culto di Padre Pio venne per la prima volta apprezzato e incoraggiato dal Vaticano. Negli anni del fascismo la sua fama crebbe ulteriormente. Maria José di Savoia, moglie dell’erede al trono Umberto, si fece fotografare con lui nel 1938, e in quegli anni Padre Pio fu visitato da molti altri personaggi importanti come re e gerarchi fascisti.

I rapporti di Padre Pio con il fascismo sono un altro punto controverso della sua carriera. Secondo i suoi sostenitori, non fu mai un “complice” più di quanto lo fosse il resto della Chiesa, e in alcune occasioni fu critico verso il regime. Secondo altri, pur non essendo un vero fascista, strinse accordi soprattutto con i dirigenti del partito fascista locale. Di certo c’è che le prime due biografie sul frate vennero stampate dalla casa editrice ufficiale del partito fascista.

Dopo la guerra, Padre Pio iniziò la costruzione della Casa sollievo della sofferenza, quello che nel giro di pochi anni sarebbe diventato l’ospedale più grande di tutto il sud Italia: ne era l’unico azionista e per dispensa papale unico proprietario della struttura e delle migliaia di donazioni che riceveva.

L’ospedale e le fortune di Padre Pio finirono coinvolte in casi di truffa e altre operazioni poco trasparenti, ma Padre Pio in persona non fu accusato di essere corrotto, e nonostante fosse un uomo molto ricco continuò a vivere nella cella del convento di San Giovanni Rotondo, circondato dalla cerchia di fedeli che lo seguiva oramai da decenni.

Proprio alcuni di questi fedeli, un gruppo di quattro donne che erano tra i suoi più stretti collaboratori, divennero la causa di un altro scandalo fra gli anni Cinquanta e Sessanta. Padre Pio venne registrato di nascosto mentre parlava con alcune di loro e dalla registrazione sembrò che scambiasse con loro delle effusioni sessuali.

Il caso fu riferito a papa Giovanni XXIII, che aveva già sentito diverse critiche nei confronti del sacerdote e che da sempre era scettico sulla sua figura. Il papa definì Padre Pio “un idolo di stoppa” e in un appunto preso nel 1960 scrisse che i dubbi attorno alla sua figura facevano pensare a «un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente».

Il caso specifico, però, si sgonfiò presto. I difensori di Padre Pio spiegarono che quei suoni non erano altro che il rumore di un energico baciamano da parte delle fedeli. Il sacerdote, dissero, aveva oramai 75 anni e difficilmente si sarebbe potuto impegnare in “altre attività”.

Giovanni XXIII continuò a restare scettico nei confronti del frate, ma non portò avanti altre punizioni o indagini nei suoi confronti. Il suo successore, Paolo VI, gli fu invece molto più favorevole, mentre Giovanni Paolo I, diventato papa dieci anni dopo la morte del frate, fu in qualche misura più freddo nei confronti del suo culto.

In altre parole, le fortune di Padre Pio in Vaticano sembravano seguire l’inclinazione dei papi. Quelli più aperti e modernisti considerarono quasi sempre il frate come una specie di “idolo”, nel migliore dei casi, o come un truffatore, nel peggiore. I papi più legati alla religione popolare e carismatica videro in lui e nel suo culto un modo per diffondere il messaggio della Chiesa.

Padre Pio morì di morte naturale il 23 settembre 1968: aveva 81 anni. >>

DAVIDE DE LUCA

sabato 7 luglio 2018

Il genio di Darwin – 6

(Dal libro “Perché non possiamo non dirci darwinisti” di Edoardo Boncinelli” – Sesta parte. Lumen)


<< Uno degli effetti non secondari di tutte queste scoperte [nel campo della genetica e dell’embriologia - NdL] è quello di aver ispirato nei biologi la nuova consapevolezza che spesso non sono gli individui a evolvere, ma i processi di sviluppo.

Quasi nessun individuo nasce infatti adulto, ma lo diventa e, nel cammino verso questo stadio, lo sviluppo ontogenetico – tutto ciò che accade nel periodo che intercorre tra la fecondazione e lo stadio adulto – può prendere diverse strade.

Oggi possiamo sostenere senza timore di smentita che la teoria evolutiva degli organismi pluri-cellulari tratta innanzitutto dell'evoluzione dei processi di sviluppo degli esseri in questione.

Non è un caso quindi che si sia venuta a imporre di recente una nuova disciplina, molto di moda negli ultimi tempi, che prende il nome di Evo-Devo, una contrazione di Evolutionary Developmental Biology, ovvero una biologia dello sviluppo studiata sotto il profilo evoluzionistico. Si tratta di una scienza che si propone di indagare contemporaneamente lo sviluppo embrionale e l'evoluzione in un unico contesto disciplinare.

In teoria si sarebbe dovuto procedere in questa direzione da sempre, poiché l'evoluzione riguarda lo sviluppo, ma lo studio dello sviluppo embrionale presenta delle difficoltà che solo di recente si sono potute aggirare. L'uomo, poi ama coniare nuovi termini e così è nata questa nuova disciplina.

Oggi non esiste comunque uno studio embriologico che non rientri o non possa rientrare nell'ambito dell' Evo-Devo. Come tutte le mode, questa gode forse di una considerazione esagerata, ma sicuramente è molto produttivo pensare in termini di evoluzione e sviluppo o di evoluzione dello sviluppo.

A seguito delle critiche scientifiche alla teoria dell'evoluzione, poi metabolizzate, e delle continue clamorose scoperte nel campo della genetica, della biologia dello sviluppo e molecolare, ma anche della zoologia, della botanica e dell'ecologia, ha preso corpo una proposta scientifica che oggi ci sembra l'unica valida e che possiamo chiamare neodarwinismo contemporaneo.

Si tratta di una teoria che da quindici anni circa si è stabilizzata e di cui possiamo finalmente esporre i punti fondamentali, anche se non è questa la sede per addentrarsi troppo a fondo nella sua articolazione.

L'intera situazione può essere facilmente riassunta con una considerazione di carattere generale: se la teoria di Darwin e le sue prime varianti risultavano assai difficili da accettare perché conferivano al caso e a eventi casuali un'importanza secondo molti esagerata, il moderno neo-darwinismo ha finito per assegnare al caso un ruolo ancora maggiore, così che questo è divenuto protagonista assoluto della vicenda evolutiva.

Abbiamo già avuto modo di definire cosa si intende con il termine caso. Vediamo quindi più specificamente di che cosa stiamo parlando e come il caso entri di diritto in molte, moltissime vicende evolutive.

Se i capisaldi della moderna teoria dell'evoluzione rimangono infatti ancora oggi quelli della proposta originaria di Darwin, ci si rende conto con sempre maggior evidenza del fatto che la vita non si sarebbe evoluta, e non apparirebbe come è, se non ci fossero stati nei secoli e nei millenni grandissimi sconvolgimenti di natura essenzialmente casuale, che possiamo assegnare ad almeno tre grandi categorie: quelli non biologici, quelli biologici esterni e quelli genetici o biologici interni. >>

EDOARDO BONCINELLI

(continua)