martedì 25 febbraio 2014

Le 10 cose che nessuno ci racconta sull’Economia - 2

(Prosegue l’intervista virtuale con Nate Hagen sui rapporti tra l’economia teorica ed il mondo reale – LUMEN).
 
 
LUMEN – Quinto concetto: l'energia è un fattore speciale, non è sostituibile nella funzione di produzione, ed ha una curva di costo di lungo periodo crescente.
HAGENS – La fisica ci dice che l'energia è necessaria per la produzione economica e quindi per la crescita. Tuttavia, i testi di economia nemmeno menzionano l'energia tra i fattori che limitano o permettono la crescita economica. La teoria finanziaria standard postula che capitale e lavoro si combinano per creare il prodotto economico, e che l'energia è solo una merce generica, in ingresso alla funzione di produzione e del tutto sostituibile.
 
LUMEN – Invece non è così.
HAGENS – No. La verità è che ogni singola transazione che crei del valore nell'economia globale richiede anzitutto un input energetico: il capitale, il lavoro, le conversioni sono TUTTI dipendenti dall'energia. Nei testi di economia classica per spiegare gli aumenti di produttività si parla di “aumento di capitale per lavoratore”  o di  “aumento del numero di lavoratori” oppure ancora di “miglioramenti nella conoscenza e nella tecnologia”. Da nessuna parte nella letteratura economica standard viene nemmeno lontanamente suggerito che il “miglioramento” tecnico sia, storicamente, collegato alla progressiva sostituzione dei muscoli umani e animali, alimentati dal sole, con sempre maggiori quantità di energia da carbone, petrolio e gas. Ma non solo: anche altri minerali e metalli sono in esaurimento o in peggioramento qualitativo e non possono essere (facilmente) sostituiti. Perciò l'energia, nonostante la sua centralità, non è neppure l’unico fattore chiave limitante.
 
LUMEN – Tutto questo, però, viene ignorato dalla teoria ufficiale.
HAGENS - Nei modelli economici “energia e risorse” vengono trattati in modo simile a qualunque altra merce. E quindi dovrebbero seguirebbero la stessa curva di costo decrescente che possiamo aspettarci dai prodotti qualunque, come tostapane, automobili e tazzine da caffè, per i quali in effetti – sfruttando miglioramenti tecnologici, delocalizzazioni ed economie di scala – è stato possibile ottenere una diminuzione del costo nel tempo.
 
LUMEN – Invece per l’energia è diverso.
HAGENS – Molto diverso. Anche l'energia ha seguito per un po' una curva simile; però, dato che le risorse di qualità elevata sono limitate, e che richiedono esse stesse altre risorse processate di elevata qualità per essere estratte e raffinate, alla fine la curva di costo per l'energia e per altri minerali e materie prime “chiave” comincia prima o poi a puntare verso l'alto. Questa 'visione duale' dell'energia in confronto alle normali merci è una delle principali sviste dei libri di economia. All’inizio tale errore poteva essere comprensibile, essendoci stato davvero un flusso continuo di energia a basso costo, il cui valore sembrava essere solo il suo costo in dollari, ma adesso non lo è più. Eppure, per molti è ancora questa la visione del mondo imperante: i dollari sembrano più importanti dell'energia.
 
 
LUMEN – Sesto concetto: l'energia ha un costo in termini energetici, che può essere molto diverso dal segnale di prezzo monetario.
HAGENS - In natura, per avere accesso a dell'energia (le loro prede), gli animali devono consumare dell'energia (calorie muscolari). Questo meccanismo di “ritorno sull'investimento” è un processo evolutivo fondamentale che ha a che fare con metabolismo, accoppiamento, forza e sopravvivenza; gli organismi che riescono a sviluppare ritorni energetici elevati ottengono in cambio dei surplus di energia con cui resistere meglio alle minacce ed ai nemici naturali. Così è pure nel sistema umano: la quantità di energia che la società può 'spendere' liberamente è quella che rimane dopo aver 'pagato' l'energia e le risorse necessarie a raccogliere e distribuire quella quantità.
 
LUMEN – E’ il famoso EROEI (Energy Returned On Energy Invested).
HAGENS – Per le risorse esauribili, in genere viene seguita una logica di estrazione tipo “prima le migliori”: dallo sfruttamento superficiale per mezzo di setacci, alle indagini sismiche per individuare le faglie sotterranee, allo sfruttamento di giacimenti in acque profonde e sottosaline, alla fratturazione idraulica del tight oil, il ritorno energetico per unità di energia impiegata nel processo è nel tempo diminuito da più di 100 a qualcosa intorno a 10. Economisti e decisori, durante tutto questo periodo, hanno considerato solo il costo in termini monetari e la produzione lorda, giacché alla fine dei conti più denaro avrebbe 'creato' più energia. Ma l'energia netta (quella effettivamente utilizzabile) può arrivare ad un picco e iniziare poi a diminuire anche mentre l'energia lorda continua ad aumentare.
 
LUMEN – Quindi si rischia di girare a vuoto.
HAGENS – Esattamente. L’energia netta utilizzabile può addirittura arrivare a  “zero” anche in presenza di grosse quantità di risorsa lorda ancora rimanente. Tutto quel che facciamo diventerà più caro e se non riusciamo a ridurre il consumo energetico dei processi specifici più velocemente di quanto i prezzi crescano siamo costretti a fermarci. Eppure, i testi di finanza continuano a trattare l'attività economica come una funzione della creazione infinita di denaro, più che come funzione delle risorse limitate e dei flussi finiti di energia. Senza contare che i combustibili fossili si sono generati tanto tempo fa, e, nell'approfittare della loro abbondanza, noi non siamo tenuti a pagare il prezzo della loro formazione, ma solo quello della loro estrazione.
 
LUMEN – Che hanno comunque un’incidenza notevole.
HAGENS - Nonostante l'enorme quantità di energia solare che incide sulla Terra ogni giorno, dobbiamo consumare considerevoli risorse reali per raccoglierla e convertirla in forme e luoghi dove possa essere utilizzata. A prescindere da come misuriamo nominalmente il PIL (dollari, o cifre, o oro), una percentuale crescente dei costi sarà destinata al settore energetico. Possiamo continuare ad aumentare la produzione energetica lorda individuando e sfruttando giacimenti di combustibili fossili sempre più in profondità, ma alla fine arriveremo a un punto in cui la nostra intera infrastruttura alimentare, sanitaria e di intrattenimento sarà unicamente al servizio di una gigantesca operazione mineraria.
 
LUMEN – Attualmente a che punto siamo ?
HAGENS - Con la tendenza attuale, l'esaurimento energetico implica che le spese in energia passeranno dal 5% dell'economia al 10-15% o più. Oltre ai problemi ovvi che questo causerà, c'è anche il fatto che ci troveremo a usare energia di minor qualità: mentre il petrolio aumenta di prezzo, lo stiamo sempre più rimpiazzando con carbone e legna. Nei paesi in cui la capacità di spesa è crollata (vedi Grecia), già si stanno abbattendo i boschi per riscaldare le abitazioni in inverno. L'attenzione delle società dovrebbe essere puntata sull'energia netta, e invece la maggioranza delle persone non ne ha mai sentito nemmeno parlare.
 
 
LUMEN – Settimo concetto: gli strumenti monetari e finanziari sono solo degli indicatori del capitale reale.
HAGENS - Accumulare denaro in un conto corrente bancario è un po’ come per gli animali accumulare riserve di grasso, ma in realtà è un'altra cosa. Perché si tratta solo di un indicatore del grasso: un beneficio calorico accumulato per il futuro ma “virtualmente”, in quanto legato ad indicatori creditizi e monetari (il denaro non si mangia).
 
LUMEN – Una differenza non da poco.
HAGENS - A scuola di economia (e a Wall Street) ci insegnavano che la crescita di lungo periodo di un'azione, normalmente intorno al 10% ogni anno, è qualcosa di simile a una legge naturale; ma la verità è ben diversa. Azioni ed obbligazioni sono esse stesse dei “derivati” del capitale primario (energia e risorse naturali) che si combina con la tecnologia per produrre il capitale secondario (trattori, edifici, attrezzature e così via). Il denaro e gli strumenti finanziari perciò sono capitale terziario, senza alcun valore: è unicamente il sistema sociale ad attribuirgli un valore, e questo sistema è basato sul capitale naturale, costruito, sociale e umano. E nell'attuale sistema di “credenze” (cioè quel che le persone ritengono di possedere) tale valore è parecchio scollegato dal “capitale reale” sottostante.
 
(continua)

sabato 22 febbraio 2014

Le 10 cose che nessuno ci racconta sull’Economia - 1

La lunga intervista virtuale che segue ha come interlocutore l’economista-ambientalista Nate Hagens. Un uomo che dopo aver studiato e vissuto per anni nel cuore più profondo della finanza americana, ha deciso di capire come funzionava davvero l’economia del mondo reale. Ed ha scoperto molte cose nuove, che nessuno gli aveva mai raccontato prima. LUMEN


LUMEN – Professor Hagens, volete raccontarci quello che avete scoperto sull’economia reale in questi anni di vita “sul campo” e che nessuno vi aveva mai insegnato prima ?
HAGENS – Volentieri, ma preparatevi, perchè ci saranno parecchie sorprese.

LUMEN – Non vedo l’ora. Dunque, ho qui un foglietto con i 10 concetti principali che avete elaborato in questi anni. Io provvedo ad enunciarli e voi li commentate.
HAGENS - D’accordo.

LUMEN – Primo concetto: le 'leggi' dell'economia sono state create durante un periodo non ripetibile della storia umana, e basate su di esso.
HAGENS - Le 'teorie' economiche su cui si basa l'attuale società sono state sviluppate esclusivamente durante il breve periodo in cui il pianeta era ancora ecologicamente vuoto di sistemi umani, mentre quantità sempre maggiori di una energia fossile straordinariamente potente venivano impiegate per la prima volta in un sistema economico globale in espansione. Per decenni, le economie umane hanno mostrato di seguire un chiaro percorso di crescita, interrotto solo da brevi recessioni seguite da riprese. Ciò ha fatto sembrare, a tutti gli effetti, che sia la crescita dell'economia sia la crescita della ricchezza individuale aggregata fossero qualcosa di simile a una legge naturale.

LUMEN - Così insegnano le scuole di economia.
HAGENS - La verità è che l'andamento umano (passato e futuro) non è una linea retta, ma somiglia a una spezzata, con lunghi rami diritti, verso l'alto e verso il basso, qualche periodo ondulato nel mezzo, e alla fine stabilizzata su valori limitati. La nostra cultura, le nostre istituzioni, e tutte le nostre assunzioni sul futuro sono state sviluppate durante un lungo ramo ascendente di questa curva. Dal momento che tale periodo di andamento 'diritto' è durato più a lungo di una vita umana media, il nostro focus biologico, che è sul presente piuttosto che sul futuro o sul passato, ci rende difficile immaginare che la verità sia un'altra.

LUMEN – Ma anche l’economia è una scienza, no ?
HAGENS – Non proprio. La scienza basata su prove e dimostrazioni, quella dei campi tipo biologia e fisica, è stata messa ai margini durante questo lungo periodo in cui si è confusa la 'correlazione' con il 'rapporto di causa-effetto'. E' una svista che si incontra dovunque, non solo nella finanza e nell'economia, ma anche in molte altre scienze sociali che nel corso delle ultime due generazioni hanno fornito le spiegazioni 'di massima' e 'di dettaglio' su individuo e società. Le scienze sociali hanno sempre reso grandi spiegazioni sul COSA del nostro comportamento, ma le descrizioni sul PERCHE' siamo quel che siamo e sul COME siamo arrivati a questa vasta e impressionante civiltà industriale sono ancora di là da venire nel percorso della scienza convenzionale. Attualmente è l'economia (col suo sottoinsieme della finanza) la scienza sociale che guida lo sviluppo della nostra cultura e delle nostre istituzioni, anche se ormai solo per inerzia.

LUMEN – Secondo concetto: è l'economia ad essere un sottoinsieme dell'ambiente, e non viceversa.
HAGENS - Secondo i testi classici di economia e finanza, l'ambiente naturale è solamente un sottoinsieme di un'economia umana più grande. Una descrizione meno antropocentrica, e più corretta, è invece che le economie dell'uomo sono solamente un sottoinsieme dell'ambiente naturale. Nonostante l'ovvietà di ciò, attualmente tutte quelle cose che non influenzano direttamente i prezzi di mercato restano al di fuori del sistema economico; e il loro valore 'attivo' è semmai dato da un'imposizione governativa, oppure da un individuo particolare, e non dal sistema culturale nel suo complesso.

LUMEN – E’ possibile fare una stima ?
HAGENS – Secondo la rivista “Nature” il valore totale dei 'servizi degli ecosistemi' (quei processi fondamentali forniti dall'ambiente all'umanità, come aria pulita, cicli idrologici, biodiversità , eccetera), tradotto in termini monetari, è calcolabile tra il 100 e il 300% del Prodotto Interno Lordo mondiale. Eppure, il mercato considera questi servizi come garantiti e gratuiti, e non dà loro valore alcuno! La ragione sta in parte nel fatto che gli impatti negativi delle esternalità di mercato non sono immediati, e, in una logica finanziaria, i 'benefici' nel breve periodo pesano sempre più dei 'costi' astratti di chissà quale momento del futuro.

LUMEN – Oltretutto il peso biologico dell’uomo è molto elevato.
HAGENS – Direi enorme. Gli esseri umani ed i loro animali d'allevamento insieme pesano quasi 50 volte di più della fauna selvatica. Da sola la nostra specie si appropria di più del 30% della produttività primaria netta del pianeta (ci si può chiedere: come possiamo usare il 30% dell'energia dal sole, e pesare 50 volte gli altri vertebrati? La risposta è nell'uso dei combustibili fossili).

LUMEN – Possiamo fare un breve elenco degli impatti deleteri che NON vengono considerati nella formazione di prezzi e costi di mercato ?
HAGENS - Certamente: inquinamento atmosferico, inquinamento delle acque, produzione animale industriale, pesca eccessiva (il 90% del pesce oceanico è scomparso), rifiuti nucleari, perdita di biodiversità, resistenza agli antibiotici; forse il peggiore è la minaccia del cambiamento del clima e dell'acidificazione degli oceani. In generale, gli umani, bruciando enormi quantità di carbonio fossile, stanno influenzando i sistemi bio-geo-chimici globali in maniera profonda e a lungo termine.

LUMEN – Il successo però si misura per mezzo del PIL, del profitto e della 'roba'.
HAGENS – Esatto, per cui tale perdita, al momento, non viene quantificata da chi è al potere. Intendiamoci: non è che la società non abbia mai introdotto regole e limitazioni per le esternalità negative; ma lo ha fatto solo quando c'è stata una 'pistola fumante', come ad esempio nel caso dei clorofluorocarburi, del DDT, della benzina al piombo. Ma questi esempi, per quanto seri fossero, non erano temi tabù per l'intera economia umana.

LUMEN – Terzo concetto: l'energia è quasi tutto.
HAGENS – In natura, tutto funziona grazie all'energia. I raggi solari si combinano con suolo e acqua per far crescere i vegetali (produttività primaria). Gli animali si nutrono di vegetali. Animali si nutrono di altri animali. A qualunque livello di questo processo, c'è una quantità di energia in ingresso, una quantità di energia in uscita, e del calore di scarto. Ma alla base c'è sempre dell'energia in entrata. Niente può vivere senza un tale flusso.

LUMEN – Compresa la nostra civiltà.
HAGENS- Certamente. Anche l'uomo e i suoi sistemi fanno parte della natura e quindi anche alla base della nostra piramide trofica c'è energia in ingresso, per il 90% circa sotto forma di carbonio fossile. Qualunque bene, servizio, transazione venga conteggiata nel nostro PIL ha bisogno di un input di energia come prerequisito. Non ci sono eccezioni. Non importa come scegliamo di costruire una tazza, se di legno, di cocco, di vetro, d'acciaio o di plastica: il processo avrà bisogno di energia. Senza energia primaria, non esisterebbe tecnologia, né cibo, né medicine, né microonde, né condizionatori, né auto, né internet, nulla.

LUMEN – Quindi anche il famoso PIL misura, alla fin fine, l’energia.
HAGENS - L'andamento di lungo periodo del PIL è altamente correlato con il consumo di energia primaria. Per un certo tempo (nella seconda metà del ‘900) i miglioramenti di efficienza, hanno fatto da contrappeso all'aumento del fabbisogno energetico contribuendo all'aumento del PIL, ma nel tempo essi sono diminuiti fino ad avere oggi scarso effetto. A partire dal 2000, il 96% dell'aumento del PIL può essere spiegato con l'aumento di uso di energia. Se si tiene conto dei trasferimenti di energia inglobati nei beni finiti e nelle importazioni, non c'è una sola nazione al mondo in cui consumo di energia e PIL non siano correlati. Ne risulta che è l'energia, non i dollari, ciò che dobbiamo mettere in conto e spendere.

LUMEN – Quarto concetto: non è stata la tecnologia il principale elemento motore di ricchezza e produttività, bensì l'energia a basso costo.
HAGENS - La quantità di energia chimica potenziale che si rende disponibile quando bruciamo le cose (ad esempio legna) è impressionante, se la confrontiamo con l'energia che forniamo ai nostri corpi sotto forma di cibo. I combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale) bruciano ancora più intensamente del legno e sono al contempo molto più semplici da immagazzinare e trasportare. Abbiamo imparato in fretta che usando un po' di questo calore per compiere del lavoro avremmo potuto trasformare massicciamente quel che eravamo in grado di fare.

LUMEN – Qualche cifra ?
HAGENS - Un barile di petrolio, che costa attualmente 100-120 dollari, fornisce un lavoro potenziale di 1.700 kWh, pari a 11 anni di lavoro-uomo. Al salario medio orario statunitense, fanno circa 500 mila dollari di lavoro, che possono essere sostituiti dall'energia potenziale di un solo barile. La stragrande maggioranza dei nostri processi e attività industriali sono risultato di questo 'Affare' o 'scambio'. Usiamo enormi quantità di energia a bassissimo costo per compiti che l'uomo prima svolgeva manualmente; e ne abbiamo inventati innumerevoli altri. Ogni volta, si è trattato di uno scambio decisamente inefficiente in una prospettiva energetica (in quanto l'uso di energia è molto più elevato del suo rendimento); ma, nella prospettiva della società umana, si tratta pur sempre si uno scambio profittevole.

LUMEN – In effetti le comodità non ci mancano.
HAGENS - Per esempio, a seconda dei limiti, spostandosi in automobile su una strada asfaltata si impiega da 50 a 100 volte più energia che facendolo a piedi, però si arriva a destinazione 10 volte più in fretta. A questo “Affare” dobbiamo in larga parte qualche combinazione di: stipendi più alti, profitti maggiori, merci meno care, popolazione più numerosa. L'americano medio attualmente consuma combustibili fossili per un equivalente di 60 barili di petrolio all'anno, un 'sussidio' derivante da piante e processi geologici antichissimi per un ammontare pari a circa 600 anni di suo lavoro prima della conversione. Anche considerando l'intera popolazione mondiale di 7 miliardi di persone, ciascun kWh umano è sostenuto da oltre 90 kWh di energia fossile; tra le nazioni sviluppate (facenti parte dell'OCSE) questo rapporto è 4-5 volte tanto.

LUMEN – E la tecnologia ?
HAGENS - La tecnologia agisce da supporto, sia inventando nuovi metodi creativi per convertire l'energia in attività utili (o anche inutili) e beni per il consumo umano, e sia, ogni tanto, permettendo di usare o estrarre l'energia in modo più efficiente. Anche tutti quei servizi che possono sembrare indipendenti dall'energia in realtà non lo sono: ad esempio, l'uso di computer e smartphone è responsabile complessivamente del 10% del nostro consumo totale di energia, se consideriamo i server e tutto il resto.

LUMEN – Ma la tecnologia può creare prodotto interno (PIL) senza incidere sul consumo energetico ?
HAGENS – Certo, può farlo permettendo un uso più efficiente dell'energia. Ma occorre tenere presente che la gran parte dei miglioramenti di efficienza energetica teoricamente possibili sono già avvenuti. Ed inoltre che l'energia così risparmiata viene spesso riutilizzata nel sistema da qualche altra parte per aumentare la domanda e i consumi, così il risultato è un aumento del fabbisogno totale di energia primaria  (il c.d. paradosso di Jevons).

LUMEN – Quindi ?
HAGENS – Quindi, nonostante la potenza dello 'scambio', è facile che i benefici da esso derivanti vengano ribaltati. Anzitutto, aumentando a dismisura l'apporto di energia, anche se a basso costo, la crescita di salari e benefici tende a diminuire. Ma soprattutto (ed è quel che è successo negli ultimi dieci anni circa), con l'aumentare del prezzo dell'energia i benefici dell'”Affare” cominciano a calare: al raddoppiare o al triplicare del prezzo dell'energia il vantaggio di questo 'scambio' cala rapidamente. Ciò vale specialmente per i processi estremamente energivori, come ad esempio la produzione di alluminio o di cemento.
I benefici che derivano alla società umana dai mastodontici “depositi bancari” che abbiamo scoperto nel sottosuolo (i giacimenti fossili) hanno finito per far confondere la Magia (energia a basso costo) con il Mago (tecnologia).

(continua)

sabato 15 febbraio 2014

Guardare lontano

Ha fatto molto scalpore il Referendum, tenutosi domenica in Svizzera, sul controllo legale dei flussi migratori ed ancora di più il suo esito favorevole.
I commenti europei sono stati, in genere, molto critici versa questa decisione, considerata miope e oscurantista, mentre secondo me si è trattato di uno di quei (rari) casi in cui una democrazia è stata capace di guardare lontano e prendere una decisione intelligente per il suo futuro.
Ce ne parla SERGIO PASTORE (italiano di nascita, ma svizzero d’adozione), che è  socio di Ecopop, una associazione ambientalista che si batte da anni contro la sovrappopolazione e che ha lanciato a sua volta un'iniziativa ancora più radicale di quella appena svoltasi.
LUMEN

 
<< La votazione del 9 febbraio c.m. ha suscitato grandi controversie, sia in Svizzera che in seno all’UE. Innanzi tutto una precisazione: con l’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa” (denominazione non proprio felice) lanciata dall’UDC (Unione democratica di centro) non si è voluto affatto chiudere le porte agli immigrati. La Svizzera ha sempre avuto bisogno di immigrati e gli immigrati hanno enormemente contribuito al benessere e alla ricchezza del paese, cosa che nessuno contesta o ignora. 
La Svizzera continuerà dunque ad accogliere ancora immigrati, anche dopo la votazione di domenica, ma con una sostanziale differenza: essa si riappropria il diritto di regolare l’immigrazione, diritto perso con gli accordi bilaterali con l’UE. Infatti in questi accordi, firmati e accettati dalla Svizzera, è sancita la libera circolazione, una delle quattro libertà fondamentali dell’UE (libertà di circolazione delle persone, dei capitali, delle merci e dei servizi). 

Queste libertà sono sacrosante e non negoziabili per l’UE. Pur non essendo membro dell’UE la Svizzera ha fatto suoi questi principi firmando gli "accordi bilaterali I", un pacchetto dei sei accordi tra cui la libera circolazione. L’UE rinfaccia ora alla Svizzera la violazione di tali accordi con la modifica costituzionale sancita dal voto del 9 febbraio e minaccia di annullare anche gli altri cinque accordi. Una clausola degli accordi prevede infatti il decadimento di tutto il pacchetto qualora uno solo di questi accordi sia violato (la cosiddetta clausola-ghigliottina). 
Rimettendo in discussione la libera circolazione la Svizzera ha per l’UE violato un accordo e ciò non può che avere come conseguenza l’annullamento degli altri accordi del pacchetto (la Svizzera ha firmato con l’UE un secondo pacchetto di accordi, gli "accordi bilaterali II", che resterebbero comunque in vigore).

Dopo questa premessa in cui ho sommariamente ricapitolato la situazione venuta a crearsi vorrei ora spiegare come mai la Svizzera abbia cambiato parere sulla libera circolazione che pure aveva più volte approvato, estendendola anche ai nuovi membri dell’UE.

Fino ad ora vigevano ancora alcune restrizioni per la libera circolazione, restrizioni che a partire da quest’anno scompariranno o dovevano scomparire. In base al principio di libera circolazione ogni cittadino dell’UE può stabilirsi e lavorare dove vuole (vedremo che questo principio è astratto e per finire incongruo, non realizzabile). 
Non esistono dunque più frontiere all’interno dell’UE, non c’è più bisogno del passaporto o di un permesso di soggiorno e di residenza in uno degli Stati europei. Ciò significa però – e questo non sembra chiaro a tutti - che questi Stati non sono più tali, non sono Stati autonomi e sovrani: uno Stato è tale solo se ha un territorio e leggi e istituzioni proprie. In effetti le leggi le fa ormai Bruxelles e gli ex Stati sovrani non possono che adeguarsi e recepirle. 

Agli ex Stati sovrani resteranno alcune competenze per le questioni locali (per es. la raccolta differenziata dei rifiuti, i piani regolatori, la costruzione di una strada, l’organizzazione delle sagre paesane ecc.). Questa perdita di sovranità degli Stati a vantaggio dell’intera comunità europea è un bene o un male? L’adozione dell’euro è stato un bene o una disgrazia? 
Per alcuni chiaramente una disgrazia tanto che ne prevedono la fine – e il crollo del sogno europeo. Altri dicono che solo l’effettiva integrazione politica dei paesi europei – con una vera costituzione, una difesa comune, una politica economica – l’Europa potrà competere con le potenze emergenti, avere voce in capitolo nel contesto mondiale: frammentata come in passato è destinata al tramonto, i singoli Stati europei saranno dei fantasmi. Una visione apocalittica che personalmente non condivido.

Ricordiamoci anzitutto che l’UE voleva diventare la prima potenza economica mondiale, sorpassando addirittura anche gli Stati Uniti. Ciò sarebbe stato possibile grazie al maggior numero di abitanti (500 milioni) e alle sue competenze in campo scientifico, alle sue capacità produttive. 
Queste mire di egemonia economica appaiono oggi risibili, non solo per la crisi attuale in cui versa l’Unione e che è tutt’altro che risolta (non si vede proprio la luce alla fine del tunnel), ma anche perché la globalizzazione voluta e spinta ha portato all’emergere di quella che sarà verosimilmente – se non è già – la prima vera potenza economica del pianeta, la Cina (senza dimenticare altri paesi emergenti, come l’India o il Brasile e altri Stati). 

La Cina è senza concorrenti per la massa di manodopera a buon mercato e anche sottopagata (la maggior parte dei Cinesi ha naturalmente ancora uno standard di vita modestissimo rispetto agli europei). Quanto al know how ormai anche questi paesi sono o saranno presto alla nostra altezza e potranno inondarci di merce di qualità e a prezzi stracciati. Il sogno di egemonia economica europea sembra dunque già tramontato. 
Si pensi poi che l’UE voleva – non è uno scherzo! – “eliminare la disoccupazione” nell’Unione entro il 2010! È invece alle prese con una disoccupazione giovanile in varie parti del continente che sarà ben difficile, per non dire impossibile riassorbire. Si direbbe che abbia fatto male i conti – cosa di cui ovviamente non possiamo e non vogliamo gioire: è una pura constatazione.

Per divenire quella superpotenza economica l’UE doveva però diventare davvero un’Unione effettiva che significa appunto politica economica unica, moneta e difesa comune, libera circolazione. Ma poiché la compiuta integrazione politica di così tanti Stati con lingua, cultura, stato di sviluppo diversi appariva ardua si è pensato di poter accelerare l’integrazione cominciando con la moneta unica e accettando il principio della libera circolazione (di persone, capitali, merci e servizi). 
Si è cominciato cioè a costruire la casa dal tetto (con l’euro e le libertà fondamentali) sperando che ciò potesse accelerare il processo d’integrazione e unificazione politica. A quattordici anni dall’introduzione dell’euro e della libera circolazione le cose però vanno tutt’altro che bene e si sta diffondendo in Europa un forte malcontento verso l’unificazione forzata del continente. 

La libera circolazione, cioè la libertà di risiedere e lavorare dove si vuole, deve portare prima o poi allo svuotamento del concetto di sovranità nazionale. Se non esistono più frontiere e se posso vivere dove mi pare evidentemente l’appartenenza a uno stato nazionale non ha più molta importanza: essere francese o tedesco o lettone diverrà una qualità assolutamente secondaria, o come dicono i filosofi: un “accidente”, come il colore dei capelli, qualcosa cioè che non definisce l’uomo. 
Essendo filologo penso subito alla lingua. La lingua – e tutto ciò che è legato ad essa – un “accidente”, qualcosa di non essenziale? Che eresia! 
Max Frisch disse una volta: “Die Heimat ist der Mensch.” (La patria è l’uomo). Un’interessante e profonda affermazione. In quanto filologo io preferisco invece quest’altra definizione di patria: “La patria dell’uomo è la lingua.” 
La lingua è ancora più importante della geografia. Dove si parla la mia lingua, dove posso esprimermi con naturalezza, chiarezza, competenza, poesia, ironia – lì sono di casa, lì mi sento bene. Come fu felice Ingmar Bergman di risentire la sua lingua, lo svedese, dopo gli anni di esilio in Germania!

Ora in questa benedetta UE di lingue se ne parlano almeno una trentina: come potremmo davvero sentirci bene e a nostro agio senza intenderci bene? Non potrà esserci una vera UE senza una lingua comune – che sarà o sarebbe verosimilmente l’inglese. 
Dapprima lingua franca o prima lingua straniera da apprendere a scuola l’inglese diverrà o diverrebbe col tempo la prima lingua, forse persino alla fine la sola lingua. Già oggi il tedesco non ha più status di lingua scientifica e si sa che se non si può pubblicare testi scientifici nella propria lingua questa è percepita come quantité négligeable anche da chi la parla. 
Già molti anni fa in un’inchiesta il 37% degli italiani intervistati manifestava la propria indifferenza alla scomparsa dell’italiano! Sorprendente – e deprimente (per me).

La Svizzera è un piccolo paese di 43'000 chilometri quadrati (di cui solo 15 sono edificabili). La popolazione è attualmente di poco più di 8 milioni (dopo il secondo conflitto mondiale ne aveva 5). Un notevole incremento dovuto soprattutto alla forte immigrazione che la Svizzera (almeno la classe imprenditrice e politica) ha promosso. 
Il primo e più consistente gruppo di immigrati furono gli Italiani (e io fra questi!). Poi vennero i portoghesi, i turchi, gli jugoslavi. Oggi si assiste persino a una mininvasione di tedeschi acculturati (medici, ingegneri) che trovano in Svizzera migliori condizioni di vita che nel loro paese (i salari in Svizzera sono di circa un quarto o persino un terzo superiori ai salari tedeschi).

Insomma, la Svizzera è ormai un paese cosmopolita, multiculturale, multireligioso, plurilingue. Il plurilinguismo è stato sempre una delle peculiarità del paese: quattro lingue e culture diverse (francese, tedesco, italiano e romancio o ladino). Devo però dire che gli Svizzeri romandi e gli Svizzeri tedeschi si ignorano: gli uni sanno male il tedesco e gli altri male il francese (c’è però più simpatia per gli Svizzeri francesi da parte degli Svizzeri tedeschi che viceversa). 
Oggi però la Svizzera è ormai una Babele. Un socialista di Basilea osservava divertito che nella sua città si parlano 160 lingue, una dimostrazione di multiculturalismo e società aperta. Divertito? Io sarei preoccupato e depresso (vista la mia definizione di patria: vedi sopra).

L’immigrazione ha contribuito a fare della Svizzera uno dei paesi più ricchi del mondo, ma ciò ha avuto anche dei riflessi negativi. Innanzi tutto la convivenza tra autoctoni e immigrati non è stata, non è non sarà sempre facile. 
C’è la questione della lingua (scusate se batto sempre su questo tasto, sarà la deformazione professionale), ma pensiamo anche ai costumi, alle abitudini, all’impressione degli autoctoni di essere invasi, di non essere più a casa propria. Inevitabilmente ci sono state frizioni, tensioni, sgarbi, ma direi che tutto ciò è normale e naturale. Negli anni Sessanta erano gli Italiani le teste di turco per gli Svizzeri.

Oggi gli Italiani sono molto ben visti o comunque non danno più nell’occhio (ah quei poveri Italiani che arrivavano con le loro valige di cartone legate con lo spago …). Comunque oggi la Svizzera ha uno dei tassi di stranieri più elevati del continente, il 23% della popolazione (solo il Lussemburgo ne ha di più, ma è un caso molto speciale). Su otto milioni di abitanti 1,9 milioni di stranieri non sono pochi. 
Un certo malcontento degli autoctoni si può capire. La cosiddetta xenofobia e persino il razzismo sono fenomeni naturali, anche se spiacevoli (i Neri americani non vogliono essere scambiati con gli Africani di oggi, i fenomeni di violento razzismo in Africa sono noti). 

Ovviamente non si vogliono giustificare atti d’inciviltà e di aperta ostilità o persino aggressione verso gli allogeni. Tuttavia la diffidenza verso lo straniero o uno sconosciuto è iscritta nei nostri geni: può essere superata solo col tempo e l’esperienza. 
Se non fossimo naturalmente diffidenti correremmo gravissimi pericoli: la diffidenza verso uno sconosciuto è naturalissima, anche se ha diritto a esser trattato civilmente, con garbo. Oggi invece il buonismo imperante vuole farci credere che lo straniero, il diverso, l’invasore sono sempre e comunque una ricchezza. 
Ho usato questa brutta parola – invasore – perché i cosiddetti clandestini o migranti sono in effetti invasori. Non dubito che sarò ora trattato da xenofobo, razzista, fascista (magari anche da antisemita: tutto fa brodo, un insulto in più anche se stupido accresce il disgusto per certe persone). “Calunniate, calunniate: qualcosa resterà”. Oggi si calunnia dando del fascista o razzista a chi non la pensa uguale.

Torniamo alla Svizzera. Dopo aver a più riprese – per ben tre volte – benedetto la libera circolazione ecco ora un voltafaccia. Come si spiega? Semplice: con l’immigrazione ormai incontrollata e i cui numeri superano ogni immaginazione.
Per fare accettare la libera circolazione e la sua estensione ai nuovi paesi che si aggregavano all’UE il governo disse che non ci sarebbe stata un’invasione dall’est o dal resto dell’Europa: contava su un incremento netto della popolazione di circa 8'000 persone all’anno. 
La realtà è ben diversa: da alcuni anni il saldo migratorio è di ben 80.000 persone all’anno, con punte anche di 100.000 (in realtà immigrano molte più persone, ma poiché – è una costante consolidata – 60.000–70.000 persone lasciano ogni anno definitivamente la Svizzera, Svizzeri e stranieri, il saldo è di “solo” 80.000 persone).

È chiaro che a questo ritmo il paese sarà invaso da milioni di stranieri nei prossimi decenni. Nel paese vi è inoltre una frenetica attività nel settore edilizio: si costruiscono qualcosa come 40'000 alloggi all’anno, e non per gli Svizzeri che ne hanno già sicuramente uno, ma appunto per i cittadini dell’UE che vorranno stabilirsi da noi – per lavorare o anche per vivere alle nostre spalle (molti degli immigrati non lavorano e le prestazioni sociali svizzere sono eccellenti).

Il partito socialista e i cosiddetti Verdi (in realtà rossi come i primi) ci dicono che “la Svizzera è un paese d’immigrazione”. Questo nella costituzione non è scritto. 
Ma ormai sappiamo che ai socialisti e ai Verdi la Svizzera non interessa molto: l’internazionalismo è la malattia infantile dei socialisti (non l’ha detto Lenin, lo dico io). Si sono dimenticati del loro elettorato classico, la classe lavoratrice. Che non per niente comincia a votare per altri partiti. 
Socialisti è Verdi sognano il socialismo (in attesa del suo avvento si abbuffano alla mensa statale scroccando salari di cui gli “operai” possono solo sognare). I Verdi poi che erano nati e si erano distinti per salvare l’ambiente ormai si sono assimilati ai rossi, tanto che non si capisce perché i loro partiti non si fondano. 
Visto che per loro l’immigrazione è benvenuta – più siamo meglio è, più siamo più produciamo e più possiamo consumare – ci consigliano, per attenuare l’impatto di una popolazione crescente, di sfruttare meglio le aree edificabili, nelle città e altrove: meno consumo di territorio e più grattacieli o almeno qualche piano in più. 

Certo, così potremmo stipare nelle conigliere altri milioni di persone. Però c’è un fatto: queste persone hanno bisogno di tante cose, vorranno sgranchirsi le gambe, andare in giro, e preferibilmente in macchina, dovranno fare la spesa, svagarsi, insomma “consumare”.
Una volta la sinistra condannava (sì, perbacco, condannava) la cosiddetta “società dei consumi”. Oggi è in prima fila per reclamare più consumi, aumenti salariali (per consumare di più!). I più intelligenti di loro ci spiegano persino che più la gente consuma, più si può investire, quindi creare nuovi posti di lavoro, aumentare i redditi, coi quali si potrà consumare ancora di più ecc. ecc. Scusate, questi non sono Verdi, sono suonati …

Resisi conto dell’assurdità della crescita infinita gli Svizzeri – o almeno una metà di loro (più precisamente: dei votanti) - hanno cambiato opinione rispetto alla libera circolazione. 
Hanno capito che il paese sarà stravolto, distrutto o muterà radicalmente. E hanno così votato non per alzare muri intorno al paese, per isolarsi, come dice l’élite del paese, ma per salvare quel che resta di questo bel paese, per essere ancora se stessi. 
Nessuno vuole e può isolarsi: l’interdipendenza economica degli Stati è un dato di fatto. L’emigrazione e l’immigrazione sono fenomeni che si sono sempre verificati nella storia dell’uomo. Ma “est modus in rebus”: quel che è troppo è troppo.

Ringrazio comunque il popolo svizzero per il coraggio avuto nel votare contro tutti – in Svizzera (praticamente tutta la classe dirigente) e nell’UE. >>

SERGIO PASTORE

sabato 8 febbraio 2014

Breve compendio dei Sistemi Elettorali

Si fa un gran discutere in Italia, in questo periodo, di legge elettorale.
Tutti sanno che i due sistemi principali sono quello “proporzionale” e quello “uninominale”. Ci sono però molti altri sotto-sistemi particolari, magari meno noti al grande pubblico, con i quali i cittadini potrebbero non avere molta dimestichezza.
Ritengo quindi giusto fornire qui alcuni brevi cenni in materia.
LUMEN

 
SISTEMA PROPORZIONALE - Prevede che gli eletti durino in carica per un periodo proporzionale alla loro altezza. Tra i sostenitori troviamo Piero Fassino e Guido Crosetto, mentre sono fortemente contrari Silvio Berlusconi e Renato Brunetta.

SISTEMA UNINOMINALE – Prevede che non possano essere eletti i candidati che hanno due nomi oppure due cognomi. E’ osteggiato, tra gli altri,  da Pier Ferdinando Casini.

SISTEMA PLURINOMINALE – Prevede che siano esclusi solo i candidati che hanno due cognomi, mentre sono ammessi quelli che hanno due o più nomi. E’ sostenuto da Casini, ma avversato da Tommaso Padoa Schioppa.

CON SOGLIA DI SBARRAMENTO - Per poter votare gli elettori devono superare un piccolo ostacolo posto davanti all’ingresso del seggio. L'ostacolo può essere più o meno alto a seconda della soglia prevista dalla legge.

CON SBARRAMENTO ALLA TEDESCA – Funziona come il precedente, ma l'ostacolo è ricoperto di filo spinato.

A DOPPIO TURNO - Prevede che gli elettori più facoltosi, pagando una modesta sovrattassa, possano votare 2 volte.

CON MAGGIORANZA BULGARA – Prevede che il partito che ha preso più voti riceva un bonus aggiuntivo, in modo da arrivare al 90 per cento dei seggi.

CON RIPESCAGGI – Prevede che alcuni seggi vengono assegnati tramite una gara di nuoto. Tra i principali sostenitori figura Beppe Grillo.

CON BALLOTTAGGIO – Prevede che alcuni seggi vengono attribuiti tramite una gara di ballo. E’ molto gradito a S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia che, in tal caso, sarebbe intenzionato ad entrare in politica.

MISTO ALLA FRANCESE – Consente di candidare nella stessa lista sia la moglie che l'amante del capolista. E’ il sistema preferito dal presidente francese  Francois Hollande.

CON PREMIO DI MAGGIORANZA – Prevede che i candidati eletti per il partito di maggioranza ricevano un premio in denaro in aggiunta al normale stipendio. E’ visto con favore da un elevato numero di candidati.

CON CANDIDATURA PLURIMA – Consente di essere capolista in più collegi diversi, purchè a propria insaputa. Ha molti simpatizzanti, tra cui l’ex ministro Claudio Scajola.

ALL’AMERICANA CON GRANDI ELETTORI – Prevede che possono votare solo i cittadini di altezza superiore a 1,90 o che dimostrIno di aver giocato a basket in gioventù. E’ spesso abbinata al sistema proporzionale (v. sopra).

CON PARITA’ DI GENERE – Prevede che, in ogni lista, i candidati con il cognome che finisce in “A” siano in numero almeno pari a quelli che finiscono in “O”. E’ visto con sospetto dai candidati il cui cognome finisce con altre lettere.

CON OBBLIGO DI PRIMARIE - Sono ammessi al voto solo gli elettori che si sono presentati al seggio prima dell’apertura, ed hanno preso l’apposito numerino.

A COLLEGIO NAZIONALE – Possono essere inseriti come capo-lista solo i candidati che hanno fatto le scuole superiori in un “collegio” italiano.

CON CIRCOSCRIZIONE INTERNAZIONALE – Prevede dei seggi aggiuntivi per i candidati che hanno ottenuto una laurea all’estero. E’ sponsorizzato da Renzo Bossi ed Oscar Giannino.

CON DIRITTO DI TRIBUNA – Prevede che gli eletti, oltre alla normale indennità parlamentare, abbiano diritto anche all’abbonamento gratuito alla loro squadra di calcio preferita.

CON RECUPERO PROPORZIONALE – Il Presidente del Seggio, sentiti i suoi assistenti, può prorogare la chiusura delle urne di alcuni minuti, per recuperare le interruzioni verificatesi durante la giornata.
 

sabato 1 febbraio 2014

Ecce Homo !

Per secoli l’uomo si è baloccato con l’idea, abbastanza infantile, di essere non solo il centro, ma anche il fine ultimo dell’universo, che la divinità avrebbe creato apposta per lui.
Poi, per fortuna, è arrivato Darwin a riportarci “sulla terra” (è proprio il caso di dirlo), spazzando  via tutto il resto. Oggi nessuno, che non sia obnubilato dalle fantasie religiose, può ancora pensare che la nostra specie abbia un ruolo speciale nell’universo. Oppure no ?
L’astro-fisico francese Francois Roddier è riuscito, incredibilmente, ad intravedere una sorta di  “fine ultimo” dell’evoluzione ed ha scritto un libro (“Termodinamica dell’evoluzione”) per dimostrarlo. Ma le sue conclusioni – come ci spiega Matthieu Auzanneau in questo articolo (da Effetto Cassandra) - non sono per nulla consolanti.
LUMEN


<< Mettete dei cubetti di ghiaccio e dell'acqua calda in un Termos, otterrete dell'acqua che rimarrà tiepida; chiudete una mosca in un piccolo contenitore ermetico e lei morirà molto rapidamente: un sistema chiuso, privato di qualsiasi apporto esterno, tende inevitabilmente all'immobilità. Esso vede crollare le sue strutture organizzate. I fisici lo chiamano “l'equilibrio termodinamico”.

L'evoluzione di un sistema aperto, alimentato da un apporto esterno di energia, è più sorprendente, ma non per questo meno familiare.
Quando un sistema riceve un flusso continuo di energia, questo flusso permette la comparsa di “strutture dissipative di energia” (…). Il mondo è pieno di tali strutture.

Le stelle sono delle strutture dissipative d'energia, che trasformano l'energia gravitazionale attraverso delle reazioni nucleari e la dissipano sotto forma di irraggiamento.
Un ciclone è un'altra forma di struttura dissipativa, si dispiega grazie alla differenza di calore fra l'equatore e i poli.
Gli esseri viventi sono in tutta evidenza delle strutture dissipative di energia, così come le società umane, a maggior ragione.

Tutte queste forme molto diverse si strutturano grazie ad una stessa affascinante proprietà: le strutture dissipative si mantengono  producendo dell'energia interamente gratuita convertibile in lavoro meccanico. Per fare questo, esse utilizzano al massimo il flusso di energia nel quale appaiono.
”Le strutture dissipative si auto organizzano in modo tale da massimizzare il flusso di energia che le attraversa”, scrive François Roddier. Di colpo, esse ”massimizzano la velocità alla quale l'energia si dissipa” attraverso di loro.
Ed è là che cominciano i problemi.

Le strutture dissipative obbediscono tutte alle leggi fisiche che regolano il comportamento dell'energia: le leggi della termodinamica. L'energia si conserva (prima legge della termodinamica), ma finisce sempre per dissiparsi sotto forma di calore (seconda legge).
Questa dissipazione è irreversibile. L'energia – elettrica, chimica, ecc. - una volta trasformata in calore, non è più gratuita: essa è più o meno “persa”, nel senso che il calore non può essere interamente riconvertito in lavoro meccanico.
In termodinamica, la misura della dissipazione dell'energia sotto forma di calore, altrimenti detta la misura della disorganizzazione dei sistemi, del disordine irrimediabilmente crescente del mondo, si chiama entropia.

Le strutture dissipative massimizzano la velocità alla quale dissipano l'energia, si può dire che esse massimizzino il tasso di produzione dell'entropia: esiste una legge di produzione massima di entropia (…).
Questa legge, empirica, non è stata perfettamente dimostrata dai matematici.
“Essa tuttavia si conforma all'esperienza”, insiste Roddier (…) “Essa ha il merito di collegare la biologia alle leggi della fisica. Essa si applica anche alle scienze umane. Le società umane si auto organizzano per massimizzare il loro tasso di dissipazione di energia”.

Secondo Roddier, la comparsa nel corso della storia dell'universo di forme di strutture dissipative che massimizzano intorno a sé l'entropia in modo sempre più efficacie, costituisce il senso stesso dell'evoluzione, “dal Big Bang alle scienze sociali”.  (…)
François Roddier, osa presentare la produzione massima di entropia delle strutture dissipative come l'autentica ”terza legge della termodinamica”. (…)

Auto organizzandosi, una struttura dissipativa – stella, organismo vivente, ecc. - riesce a diminuire la sua entropia interna, in cambio di un aumento del flusso di entropia che la attraversa. Essa “esporta la propria entropia”, scrive Roddier.
Tutti dicono che la natura aborrisce il vuoto. Sembrerebbe anche che ogni volta che può, la natura fa comparire queste strutture che lottano contro l'aumento inesorabile dei propri livelli di entropia massimizzando l'entropia dei loro ambienti.

L'astrofisico americano Eric Chaisson ha mostrato nel 2001 che nel corso della storia dell'universo sono apparse delle strutture capaci di dissipare l'energia in modo sempre più efficace, rapportando la loro produzione di energia gratuita alla loro massa.
”E' impressionante constatare che un essere umano dissipa per unità di massa diecimila volte più energia del Sole”, nota Roddier, che afferma: “La terza legge della termodinamica implica che l'Universo si auto organizzi in modo tale da massimizzare il suo tasso di produzione di entropia. Esso crea delle strutture dissipative capaci di produrre dell'energia gratuita e di dissipare questa energia in modo sempre più efficacie”. (…)
Dai lavori di alcuni fisici americani, sembra che un aumento dell'entropia possa essere considerato come una perdita d'informazione.
L'entropia che esportano le strutture dissipative [per conseguenza] “equivale a una importazione di informazione” sul loro ambiente, riassume Roddier (...).
Più una struttura dissipativa sarà in grado d'acquisire dell'informazione sul suo ambiente, più essa massimizzerà la sua produzione di entropia.

Con la comparsa della vita, l'efficacia della dissipazione di energia ha accelerato, afferma Roddier, all'inizio grazie alla trasmissione dell'informazione genetica, poi grazie all'emergere dell'intelligenza, infine grazie all'evoluzione culturale, la quale tende  mettere in comune le intelligenze in modo incessantemente più vasto e più intenso, fino alla comparsa dell'Internet di oggi. (…)
Più una struttura dissipa efficacemente l'energia, più rapidamente essa altera il suo ambiente, più rapidamente questa deve acquisire dell'informazione su quell'ambiente e più evolve di conseguenza al fine di restarvi adattata!

L'umanità sarebbe impegnata in una corsa fra l'accrescimento dell'entropia che essa stessa genera e l'accrescimento dell'informazione che è in grado di aggregare in quanto massimizza la propria produzione di entropia.
Là si ritrova precisamente l'idea di “spirale energia-complessità” che propone l'antropologo americano Joseph Tainter (…)
Questa evoluzione tende necessariamente, secondo Roddier, all'emergere di un “cervello globale che ha cominciato a costituirsi col secolo dei Lumi e dovrebbe portare ad una “simbiosi di tutti gli esseri umani”.

In attesa di realizzare questo antico sogno (…), “il cervello globale dell'umanità attraverserà ineluttabilmente un periodo da incubo”, profetizza a sua volta Roddier: “Le società umane (…) si auto organizzano formando un “cervello globale” capace di memorizzare sempre più informazioni. Queste informazioni permettono loro di dissipare sempre più energia. E' ciò che chiamiamo progresso scientifico e tecnico”.

”Nutrita fin qui dalle energie fossili, una specie di latte materno fornito dalla Terra che l'ha generato, l'umanità si è potuta sviluppare. (…)
Divenuta adulta, essa dovrà apprendere a nutrirsi da sola. L'umanità si renderà allora conto che solo l'energia solare può assicurare la sua sopravvivenza a lungo termine. (…) Tutte le altre forme di energia  - specialmente nucleare – sono escluse, perché, aumentando irreversibilmente la loro entropia, esse portano necessariamente l'umanità alla sua condanna”.

Non sorprende che François Roddier unisca gli “obbiettori della crescita”.
Egli offre alla loro battaglia etica contro l'avidità una giustificazione fisica e biologica, vale a dire ecologica: “La selezione naturale ha favorito la cultura liberale, perché è la specie culturale più adattabile ai cambiamenti. Favorendo la competizione e le disuguaglianze, essa facilita l'adattamento della società ad un progresso tecnico sempre più rapido”.

“Non possiamo né ridurre le disuguaglianze sociali, né proteggere il nostro ambiente senza rallentare la nostra crescita economica. Ma siamo tutti in competizione per massimizzare la dissipazione d'energia”.  
“Il PIL (Prodotto Interno Lordo) di una società è una misura del suo tasso di produzione di entropia. Massimizzando il suo profitto, il produttore massimizza il suo tasso di produzione di entropia”.

“La produzione di energia gratuita è massima quando tutte le operazioni effettuate sono reversibili. E tutti i fisici dicono che una trasformazione è particolarmente più vicina alla reversibilità [se viene] effettuata lentamente.
Quindi dobbiamo rallentare la velocità dei cicli, cioè aumentare la durata di vita di tutti i prodotti che fabbrichiamo”.  >>

MATTHIEU AUZANNEAU