venerdì 1 marzo 2019

L’Occidente e il Cristianesimo

Nei primi anni di questo blog (aprile 2011), avevo pubblicato – in 2 post consecutivi - un lungo ed interessante articolo di Luciano Pellicani sui rapporti, indiscutibilmente molto complessi e controversi, fra il Cristianesimo e la civiltà occidentale.
Il problema, nonostante l’approccio storico, resta di viva attualità, in quanto non sono pochi coloro che propongono (a mio avviso erroneamente) di salvaguardare in qualche modo la nostra cultura occidentale appoggiandosi alle tradizioni Cristiane.
Ho deciso pertanto di ritornare sull’argomento per riportare alcune recenti considerazioni di Gianni Pardo, tratte dal suo blog.
LUMEN


<< [Ma] la civiltà occidentale si è realizzata quale la conosciamo a causa, o malgrado, il Cristianesimo ? (…)

Il Cristianesimo è una delle tre “Religioni del Libro”, cioè della Bibbia. E benché nei Vangeli Gesù affermi di non essere venuto a cambiare, ma a confermare la Legge, cioè la religione dei padri, si può serenamente sostenere che il Cristianesimo è una religione del tutto diversa dall’Ebraismo. La sua sostanza, la sua struttura, la sua mentalità sono greco-romane, non ebraiche. A cominciare dal suo politeismo. Dalla struttura giuridica che si è data, prettamente romana. Dal suo universalismo e da tante altre cose.

Diversa, tuttavia, non significa estranea. Ebraico è il sentimento del peccato che la permea. Ebraico – ed anzi semplicemente orientale – è l’atteggiamento di umiltà, di abiezione, quasi, nei confronti della divinità. L’obbligo fatto ai fedeli di dichiararsi peccatori a prescindere, di chiedere pietà, di adorare con le lodi più iperboliche un Dio che in qualche caso si configura come un vanitoso tiranno orientale. I greci, tanto ostili alla monarchia assoluta persiana, non avrebbero nemmeno immaginato di adorare così i loro dei. Del resto, il loro pessimismo sulla natura umana scalava l’Olimpo e mostrava divinità gelose, rancorose, crudeli, umanissime, a cominciare dal re degli adulteri, Giove. Simili dei si potevano onorare, si potevano offrire loro dei sacrifici, per ingraziarseli ma, presentarli come modelli indefettibili per tutti, sarebbe stato eccessivo.

Dal punto di vista politico, il Dio cristiano non è simile né agli dei scapestrati dei greci, né al bellicoso “Dio degli eserciti” ebraico: è dunque simile ad un tiranno orientale, quale del resto era ormai divenuto chi comandava nell’Impero Romano.

Ecco dunque una prima perplessità. Si potrebbe accusare il Cristianesimo di avere reso il fedele un suddito abbietto, inginocchiato dinanzi al tiranno da cui spera di essere risparmiato, ma è anche vero che questa era la posizione del cittadino romano, dinanzi a parecchi dei peggiori imperatori. L’Imperatore romano potrebbe essere stato il modello del Dio cristiano, invece che l’inverso. Chissà.

Ma forse proprio questo incipit potrebbe suggerirci che abbiamo imboccato il sentiero dalla parte sbagliata. Invece di partire dall’antichità, partiamo dunque dalla modernità, e ovviamente dal Settecento. La civiltà occidentale, come la conosciamo e come la stimiamo, si caratterizza per la democrazia, la libertà, la scienza, la tolleranza, la razionalità, l’amore per le comodità e i beni materiali. Che hanno a che vedere, queste cose, col Cristianesimo? In realtà esse sono tutte nate lottando contro di esso.

Per quanto riguarda la democrazia, il Cristianesimo, sin dalle sue origini, ha insegnato a rispettare l’autorità (“Dare a Cesare…”) e non ha mai spinto gli schiavi, o i servi della gleba, a ribellarsi ai loro padroni. La Chiesa stessa è stata un’organizzazione verticistica e assolutistica, basti dire che in Europa è oggi l’unica monarchia assoluta. Ha avuto il merito di trattare nella stessa maniera schiavi e liberi, uomini e donne, ma gli schiavi rimanevano proprietà dei loro padroni, e le donne, oltre a dover obbedire ai loro mariti, dovevano star zitte in chiesa (S.Paolo: “Mulieres in ecclesiis taceant”) e non dovevano accedere al sacerdozio. Insomma, l’uguaglianza di schiavi e donne era tale dinanzi a Dio, ma non certo dinanzi agli uomini e ai sacerdoti. Uguaglianza sì, ma ultraterrena.

E questo vale anche per la libertà. Per la Chiesa l’uomo ha il libero arbitrio ma soltanto per essere reso responsabile dei suoi peccati. Non gli è mai stato raccomandato, e men che meno permesso, di ribellarsi per avere la libertà. La Chiesa è stata costantemente alleata del potere costituito, col quale ha teso a condividere i vantaggi del reciproco sostegno. Fino ad associarsi con i nobili contro il Terzo Stato.
Quanto alla scienza – e in particolare all’astronomia e alla medicina – la sua storia è un seguito di battaglie contro la Chiesa. Su questo è inutile dilungarsi.

Riguardo alla tolleranza, i cristiani, che prima erano stati perseguitati, si traformarono in persecutori. Basti pensare al trattamento inflitto da sempre agli ebrei, alle conversioni forzate di Carlo Magno, al trattamento dei musulmani dopo la “Reconquista”, e all’Inquisizione. È soltanto la Chiesa sconfitta dei secoli recenti quella che è diventata tollerante. Come certi vecchi che biasimano l’immoralità sessuale perché non sono più in grado di commettere quei peccati.

La razionalità si è dovuta districare dai lacci della possibile eresia dovendo sempre temere lo scontro fra le sue conclusioni e le verità della Chiesa. Il cardinale Bellarmino non era uno sciocco. Quando – secondo quanto narrato nel famoso episodio – si rifiuta di constatare, appoggiando l’occhio all’oculare, la validità delle affermazioni di Galileo, proclama con ciò stesso di preferire la dottrina della fede all’evidenza dei sensi. Non il migliore viatico per la razionalità.

In conclusione si può affermare che tutto ciò che di meglio costituisce la mentalità occidentale non è nato dal Cristianesimo, ma più o meno contro il Cristianesimo. Non “propter hoc, sed contra hoc”.

Nondimeno qualcuno potrebbe pensare che il Cristianesimo abbia almeno avuto il grande merito di avere insegnato la mitezza, la magnanimità, il perdono. Grandi virtù, certamente, ma che si ritrovano anche in altre religioni (basta citare il Buddismo) e che esistevano largamente a Roma. Ché se anzi questa città poté dilatarsi fino a dominare l’intero mondo conosciuto allora, fu perché a lungo trattò con clemenza i vinti (“parcere victis, debellare superbos”), permettendo loro di conservare i loro costumi, ed invitandoli soltanto, col proprio prestigio, a romanizzarsi.

Il suo impero, con la decadenza e la corruzione del suo vertice, divenne difficile da sopportare, e tuttavia per secoli e secoli esso fu rimpianto da tutti. Gli inglesi, quasi a dimostrazione dei loro quarti di nobiltà, mostrano con orgoglio i resti di strade romane e le terme di Bath. “Anche noi siamo stati romanizzati”. E non si può tacere l’orgoglio con cui i renani, e soprattutto i romeni, sottolineano la loro parte di storia romana. Quando Roma fu grande, fu anche molto civile. E quando fu meno civile, finì col soccombere.

Il grande merito del Cristianesimo non è tanto quello di avere ispirato le migliori qualità civili dell’Occidente. Forse queste avrebbero prosperato meglio se l’Impero Romano si fosse mantenuto qual era ai tempi di Augusto. Il suo merito è quello di avere preservato, nei suoi monasteri, la memoria del passato. Della lingua latina, dei grandi testi latini, della cultura classica, in un momento di eclissi totale dell’intellettualità. Senza i monasteri, avremmo perso il ricordo del passato, e in questo senso San Benedetto ha ben meritato di essere nominato patrono d’Europa.

Il massimo grazie la Chiesa lo merita non tanto per ciò che essa ha creato, quanto per ciò che essa non ha distrutto e per quanto ci ha conservato. La cosa per cui bisogna ringraziare di più la Chiesa d’Occidente è il mal di schiena dei copisti e degli amanuensi.

E così, passo passo, senza averlo pianificato, si arriva alla conclusione. I valori occidentali non sono un regalo del Cristianesimo, e per la maggior parte si sono affermati contro il Cristianesimo. Nondimeno questa religione è così strettamente intrecciata col nostro passato, che negarne l’influenza sulla nostra storia e sulla nostra forma mentis sarebbe, più che un atto di ingratitudine e un atto di arroganza, un atto di stupidità. >>

GIANNI PARDO

9 commenti:

  1. Devo aver letto questo testo nel blog di Pardo, ma l'ho riletto con piacere perché non si può non essere d'accordo con lui in tutto e per tutto, comprese le virgole - a parte però l'ultima frase: "Nondimeno questa religione è così strettamente intrecciata col nostro passato, che negarne l’influenza sulla nostra storia e sulla nostra forma mentis sarebbe, più che un atto di ingratitudine e un atto di arroganza, un atto di stupidità." Intanto nessuno negherà questa influenza, ma che il negarla sia un atto di "ingratudine e stupidità" mi disturba ed è un po' in contrasto con lo spirito del testo in cui - mi sembra - l'autore dice peste e corna di questa religione. L'unico vero merito sarebbe stato di aver salvato la memoria storica con l'infinita compiatura e ricopiatura dei testi antichi da parte dei poveri amanuensi negli scriptoria bui e freddi ("ah se avessi un bicchiere di vino" dice un povero monaco, si legge in margine al testo). Chissà come si rovinavano pure gli occhi. Ma come si spiega questa immensa fatica che non serviva alla diffusione della religione cristiana? Ho letto che fosse un esercizio per la miglior comprensione dei testi sacri, ma non mi convince anche se è possibile. Penso piuttosto che sia stata un'invenzione geniale per "occupare" i monaci con un lavoro che appariva sensato e che richiedeva tempo, diligenza, disciplina, obbedienza. Per questo diciamo loro pure grazie, ma che il cristianesimo ci abbia resi migliori è una superballa come testimoniano due millenni di storia e di crudeltà. Sciascia disse una volta che l'inveramento del cristianesimo (col suo famoso amore del prossimo) avrebbe costituito anche il suo superamento (non sarebbe più servito, si sarebbe realizzato) o almeno il superamento della Chiesa con annessi e connessi. Il che non è palesemente stato, il cattolicesimo è ancora una monarchia assoluta anche se "malato terminale" (Bergoglio è l'ultimo papa, ha dato l'ultima picconata all'edificio cadente - probabilmente ci sarà un successore, ma non sarà la stessa cosa di una volta, il monarca assoluto, il successore di Pietro, il vicario di Cristo in terra ecc. ecc.).
    C'è chi dice che solo in occidente e grazie al cristianesimo si è sono sviluppate democrazia, libertà, razionalità, scienza, tolleranza, amore della comodità ecc. Un'affermazione temeraria visto - come scrive Pardo - che tutto ciò è sorto contro la Chiesa. Che il fenomeno religioso che chiamiamo cattolicesimo abbia influito almeno sui rapporti umani ammansendo gli animi, civilizzando i costumi, sarà in parte anche vero, ma non decisivo. È la civiltà che ci induce a più miti pensieri, alla tolleranza, magari anche alla fratellanza (ma con riserva), come pensava Stendhal.

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    1. << Penso piuttosto che (la copiatura dei manoscritti) sia stata un'invenzione geniale per "occupare" i monaci con un lavoro che appariva sensato e che richiedeva tempo, diligenza, disciplina, obbedienza. >>

      E' una teoria molto interessante, caro Sergio, che non conoscevo, ma che mi convince parecchio.
      In effetti, passare una vita intera solo in preghiera e contemplazione è dura, per un essere umano, il cui cervello ha bisogno di essere sempre occupato in qualcosa.

      Ma la produzione di così tanti libri manoscritti, oltre ovviamente alle esigenze di culto e di occupazione, poteva essere considerata anche una fonte di reddito per il monastero.
      Al tempo, infatti, non esistendo la stampa, i libri erano carissimi e chi li voleva doveva comprarli a caro prezzo.
      Ecco quindi che una parte del lavoro degli amanuensi poteva portare un ricavo economico al monastero.
      Anche perchè, se è vero che i singoli monaci erano poveri (anche per il famoso voto), i monasteri come istituzione non se la passavano male e spesso possedevano terre e fonti di reddito di tutto rispetto.

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    2. "E' una teoria molto interessante che non conoscevo, ma che mi convince parecchio."

      Non è una "teoria" ma semplicemente una mia pensata, magari peregrina. Ma quella di tenere "occupata" la gente è stata in tutti i tempi una necessità - nell'interesse dei regnanti, ma un po' anche nell'interesse dei dominati che così avevano meno grilli per la testa (di fare per es. una rivoluzione e di prendere il posto dei regnanti). L' "occupazione" della massa consisteva nella lotta quotidiana, continua, per sopravvivere, per procurarsi almeno un pezzo di pane. E la cosa ha funzionato benissimo fino alla rivoluzione industriale e anche dopo, anzi persino nel settimo o ottavo paese più industrializzato del mondo, l'Italia, quella lotta è ancora attuale (c'è un esercito di disoccupati, specie giovani). Tenere oggi a freno la massa è difficile, visto che la Chiesa non ha più autorità, si sta anzi autodistruggendo. Nessuno può restare con le mani in mano senza impazzire: siamo macchine che devono funzionare in continuazione, se no si inceppano, arrugginiscono e sono poi da buttare (al manicomio).
      Quanto ai monaci di allora e forse anche oggi la "formula vincente" era non la preghiera soltanto, ma ianche il lavoro manuale, appunto l' "ora et labora". Anche nei cosiddetti ordini contemplativi si è sempre lavorato. Non si può sempre e solo pensare, contemplare, bisogna anche mettere mano, e il che non nuoce, anzi. Quanti filosofici tromboni e intellettuali che non sanno nemmeno farsi il nodo della cravatta o un uovo al tegame. Una volta si diceva ora et labora, oggi potremmo dire pensare e fare (si consiglia però di pensare prima di fare). Comunque si può anche fare senza pensare, senza pensarci troppo, ma si devono mettere in conto errori e rovesci. Ma si avanza anche grazie agli errori (l'esperienza!), almeno si spera.

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    3. "Ecco quindi che una parte del lavoro degli amanuensi poteva portare un ricavo economico al monastero."

      Interessante, ma non so se la copiatura dei manoscritti per terzi fosse tanto redditizia, visto che pochi, pochissimi potevano permettersi questa spesa. I monasteri, alcuni dei quali era davvero ricchissimi (penso ad Einsiedeln), si "mantenevano" piuttosto con la decima, le offerte, i lasciti, le eredità dei fedeli che speravano così di guadagnarsi il cielo. Mica scemi i monaci!

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    4. << Nessuno può restare con le mani in mano senza impazzire: siamo macchine che devono funzionare in continuazione, se no si inceppano, arrugginiscono e sono poi da buttare (al manicomio). >>

      Giusto.
      In effetti, oggi il tempo libero abbonda, ma abbiamo pur sempre mamma televisione, con i suoi mille canali, e l'onnipresente smartphone a tenerci occupati.
      Per chi si accontenta.

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    5. << I monasteri, alcuni dei quali erano davvero ricchissimi (...) >>

      A volte penso che la storia del voto di povertà fosse una mezza furbata.
      Nel senso che se tu, personalmente, sei povero, ma vivi in una istituzione ricca, la tua vita quotidiana può assomigliare più a quella di un ricco che di un povero.
      L'unica cosa che non puoi fare è accumulare ricchezze per la vecchiaia (ma non ti serve, perchè i fratelli del monastero penseranno a te) o per i figli (che però non puoi avere, almeno quelli legittimi).
      Ma forse sono io che sono troppo abituato a pensare male.

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  3. Premesso che parlare di Cristianesimo come un monolito appare piuttosto azzardato (basti pensare alla classica tripartizione tra Cattolicesimo, Protestantesimo e Ortodossia), resta il fatto che negarne l'influenza sulla ns. storia e sulla ns. forma mentis è assurdo ... ma tanto quanto negare l'influenza esercitata dal mondo greco-latino così come quella esercitata dalla Filosofia dei Lumi & dalla Rivoluzione scientifica: insomma, l'Occidente è una pianta dalle molteplici radici storico-culturali nessuna delle quali può/deve essere trascurata in ogni analisi che aspiri ad un minimo di scientificità... Saluti

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    1. Questo è sicuro.
      L'intreccio è evidente e, forse, inestricabile.

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