sabato 30 marzo 2019

Elogio del muro

Il post di oggi è dedicato ad un sorprendente elogio del “muro”, della sua ragione d’essere e della sua funzione sociale, con interessanti digressioni sui diversi muri offertici dalla storia. La penna è quella, sempre sapida e corrosiva, di Marcello Veneziani (dal giornale La Verità). 
LUMEN


<< La parola d’ordine del Cretino Planetario per farsi riconoscere e ammirare è: vogliamo ponti, non muri. (…) Non c’è predica, non c’è discorso istituzionale, non c’è articolo, pistolotto o messaggio pubblico, non c’è concerto musicale, film o spettacolo teatrale che non sia preceduto, seguito o farcito da questa frase obbligata. L’imbecille globale si sente con la coscienza a posto, e con un senso di superiorità morale solo pronunciando quella frase. (…)

Il pappagallo globale marcia contro i muri, più spesso ci marcia, ma la parola chiave serve per murare il Nemico, per separare dall’umanità evoluta ed accogliente i movimenti e le persone che s’ispirano all’amor patrio, alla sovranità nazionale, alla civiltà, alla tradizione. L’appello ad abbattere i muri e a stendere ponti è ormai ossessivo e riguarda non solo i popoli e i confini territoriali ma anche i sessi e i confini naturali, le culture e i comportamenti, le religioni e le appartenenze, e perfino il regno umano dal regno animale. (…)

Ora, io vorrei prima di tutto osservare che i muri più infami che la storia dell’umanità conosca, non sono i muri che impediscono di entrare, ma i muri che impediscono di uscire. Come sono, necessariamente, i muri delle carceri e come fu, l’ultimo grande, infame Muro che la storia conobbe, a Berlino. E che non edificò nessun regime nazionalista o sovranista, nessun dittatore e nessun Trump ma il comunismo.

Chi tentava di superare quel muro e quel filo spinato per scappare dalla sua terra, era abbattuto dai vopos. Nessun regime autoritario o nazionalista ha mai avuto la necessità di innalzare un muro per impedire che la popolazione scappasse. Né si conoscono esodi di popolo paragonabili a quelli dove ha dominato il comunismo.

Se vogliamo restare in Italia, e a Roma in particolare, c’è solo un muro nel cuore della Capitale che non si può varcare, e sono proprio le Mura Vaticane dove il Regnante predica al mondo, ma non a casa sua, di abbattere i muri e accogliere tutti. E comunque i muri più famosi, i muri del pianto e della vergogna, non appartengono alla cristianità. Detto questo, a coloro che amano la civiltà e la tradizione, l’amor patrio e la sovranità nazionale, si addice piuttosto il senso del confine. Perché confine significa senso del limite, senso della misura, soglia necessaria per rispettare le differenze, i ruoli, le identità e le comunità.

Tutti i confini sono soglie, sono porte, che si possono aprire e chiudere, che servono per confrontarsi sia nel colloquio che nel conflitto, comunque per delimitare o arginare quando è necessario. La società sradicata del nostro tempo ha perso il senso del confine, e infatti sconfinano i popoli, i sessi, le persone, si è perso il confine tra il lecito e l’illecito. Sconfinare è sinonimo di trasgredire, delirare, sfondare.

La peggiore maledizione per i greci era l’hybris, lo sconfinamento, la smisuratezza, il perdersi nell’infinito. Il confine è protezione, sicurezza, è umiltà, è tutela dei più deboli, non è ostilità o razzismo. Vi consiglio di leggere “L’elogio delle frontiere” di Régis Debray. Ai più modesti, consiglio l’elogio dei muri di Alberto Angela che non mi risulta un ufficiale delle SS.

Senza muri non c’è casa, non c’è tempio, non c’è sicurezza. Senza muri non c’è pudore, intimità, protezione dal freddo, dal buio e dall’incognito. Senza muri non c’è senso della misura, riconoscimento del limite e dei propri limiti. Senza muri non c’è bellezza, non c’è fortezza, non c’è fondazione delle città, non c’è erezione di civiltà. Non a caso le città eterne nascono da Romolo che tracciò i confini, non da Remo che li violò. I muri sono i bastioni della civiltà, gli ospedali della carità, le biblioteche della cultura, le pareti dell’arte, il raccoglimento della preghiera.

Se il cretino planetario non lo capisce, in compenso lo capiscono bene gli anarchici di Tarnac che colsero nel muro abbattuto la vittoria del caos e dell’anarchia: “La distruzione delle capacità di autonomia dei dominati passa per l’abolizione delle frontiere del loro essere: individuale e collettivo. Finché esistono frontiere, è possibile opporre un sistema di valori a un altro, un tipo di diritto all’altro, distinguere uomo da donna, madre da padre, cittadino da straniero, insomma vero da falso, giusto dall’ingiusto, normale da anormale” (Gouverner par le Chaos – Ingénierie Sociale et Mondialisation, 2008).

Le città senza confini perdono la loro identità, come le persone che perdono i loro lineamenti. Non capovolgete l’amore per la famiglia in omofobia, l’amore per la propria patria in xenofobia, l’amore per la propria civiltà in razzismo, l’amore per la propria tradizione in islamofobia. E l’amore per i confini in muri dell’odio. >>

MARCELLO VENEZIANI

7 commenti:

  1. A me Veneziani, il Veneziani di questo articolo, piace da matti. A Lorenzo invece no, mi ha consigliato di non frequentare Veneziani, anche lui uno della casta (per Lorenzo). Certo Veneziani, che si dichiara o definisce filosofo nel suo blog, non è sempre chiarissimo, a volte mi lascia perplesso o non lo capisco.

    Ma visto che si parla e straparla di muri vorrei richiamare l'attenzione su una muratura speciale, la nostra pelle. I nostri organi ci sono murati dentro - per fortuna. La pelle - il muro delle nostre interiora - è il maggior organo del corpo umano coi suoi cira 16 kg. Tuttavia questo muro non è assolutamente impermeabile - come non lo erano le antiche mura delle città che avevano delle belle porte - per entrare e per uscire. La pelle respira, assorbe e rilascia sostanze, cioè comunica con l'esterno, col mondo, come facciamo noi individui e società. Individuo significa indivisibile, la natura ci ha fatto così. Ma in grado di comunicare, scambiare, assumere dall'esterno ciò di cui ha assoluto bisogno. Voler abbattere tutti i muri è semplicemente assurdo e del resto impossibile - a meno di volersi suicidare. Diceva Fester, studioso dei sistemi complessi: invece di individui la natura poteva creare un solo individuo, come certi funghi che si espandono per decine di chilometri quadrati. Invece eccoci qua, siamo tanti, tantissimi, con tante cose in comune, ma anche diversi, e che possono scambiarsi con profitto idee, oggetti, mercanzie. Si parla tanto della diversità che arricchisce, ma poi c'è questa tendenza all'omologazione. Individuo e società sono in concorrenza, ma è una concorrenza non solo necessaria ma benefica. L'UE esalta l'unità nella diversità - ma a me sembra che miri soprattutto all'unità, all'omologazione. Via i muri, appunto. Senza pelle vivremo meglio.

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    1. << Si parla tanto della diversità che arricchisce, ma poi c'è questa tendenza all'omologazione. >>

      Caro Sergio, direi che hai colto un eccellente paradosso del pensiero unico.
      Prima ci dicono che siamo tutti uguali, poi che dobbiamo accettare e valorizzare il diverso per quello di nuovo che ci porta.
      Beh, decidetevi: o siamo tutti diversi, o siamo tutti uguali.

      A me pare che gli uomini possano ambire ad essere uguali solo in una particolare situazione: ovvero di fronte alla legge.
      Per il resto, non può che essere il trionfo della differenza (ma con tutto quel che ne consegue).

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  2. Bellissimo articolo. Grazie Lumen. Come non ricordare anche le mura delle città dell'antica Grecia di cui ci parla Erodoto che già aveva individuato in quelle mura , insieme allo spirito guerriero e alla grande tradizione culturale degli Elleni, la causa della salvezza e della trasmissione di quella tradizione alla cultura del mondo occidentale contro gli attacchi che venivano da oriente e dalle popolazioni barbariche.

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    1. Caro Agobit, ha perfettamente ragione.
      E se proprio vogliamo parlare di muri e di ponti, come fanno i buonisti di oggi, ricordiamoci sempre che durante gli assedi del passato i muri erano la protezione dei difensori, mentre i ponti erano uno degli strumenti di attacco dei conquistatori.
      Per chi ama davvero la pace, non è difficile scegliere tra muri e ponti.

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  3. Abbiamo bisogno SIA di muri SIA di ponti: il problema (non da poco!) è riuscire a DISTINGUERE laicamente e razionalmente le circostanze in cui è opportuno alzare i primi da quelle in cui è preferibile abbassare i secondi... Saluti

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    1. Hai ragione, servono entrambi.
      Ma scegliendo tra loro cum grano salis, come dici tu, e, aggiungo io, utilizzandoli in misura molto diversa (diciamo: 80 % muro, 20 % ponte, o poco più).

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  4. http://sovrappopolazione.blogspot.com/2019/01/il-confine.html?m=1

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