sabato 4 gennaio 2025

Il problema delle Migrazioni

Il post di oggi ritorna sul problema dell'immigrazione di massa, vista come una tendenza ormai irreversibile a livello mondiale, e cerca di analizzare le conseguenze di questo fenomeno sia dal punto di vita demografico che da quello sociale.
LUMEN


ASPIRAZIONI SOCIALI
Prendiamo un immigrato. Diciamo che proviene da un paese poverissimo. Se proviene da un paese veramente povero, sara’ disposto a fare lavori umili e sottopagati.
La prima domanda che dobbiamo porci e’: per quanto tempo e’ disposto a farlo?
Voglio dire, se prendiamo un ventenne e lo mettiamo sui campi a sgobbare probabilmente per i primi anni riuscira’ a sopportare l’iniquita’. Magari vivendo in condizioni disumane riuscira’ pure a mandare a casa qualcosa: quando si e’ molto giovani, si fanno cosencredibili.
Ma poi si cresce, e ad un certo punto il nostro giovane desidera, che so io, avere una casa. Una vita. Persino una famiglia.
Morale della storia: l’immigrato non e’ una costante, un oggetto che si usa finche’ non si rompe; come ogni essere umano e’ soggetto ad una storia che lo porta, alla fine, a desiderare una vita.
Sulle prime, la differenza tra un massacro genocida e una catapecchia con un lavoro da pochi euro fa sembrare sopportabile la vita misera in Italia. Ma, mano a mano che il ricordo del massacro passa, iniziano a farsi avanti le aspirazioni, i desideri, la voglia di vivere.
Tutte le situazioni di estrema indigenza prodotte dall’immigrazione clandestina, in definitiva, sono destinate ad esplodere in questo modo.
URIEL FANELLI


ITALIA E MIGRAZIONI
Non c’è alcuni dubbio che gli “italiani”, in senso di persone le cui famiglie vivono in Italia da generazioni e che condividono tra loro alcune caratteristiche anche genetiche, stanno diminuendo di numero, e che il loro posto viene preso da persone provenienti da altri paesi, anche molto lontani.
Questa non è una teoria del complotto, è un dato di fatto.
Le domande semmai da porsi sono: è un fenomeno voluto da qualcuno, e se sì, da chi? È evitabile o inevitabile? È positivo o negativo? Le persone sono fondamentalmente equivalenti, oppure diverse? Una popolazione vale o non vale l’altra?
E se c’è qualcosa che ci distingue, cos’è? È l’aspetto, la lingua dei genitori, la cultura, o qualcos’altro ancora? (…) Le persone sono prestatrici di manodopera, o portatrici di identità e storie? Cos’è la cittadinanza, e su quale basi va data?
Ancora: è “sostituzione etnica” quando avviene internamente, da una regione all’altra del paese? È più autoctono un siciliano che viene a vivere a Udine, o uno sloveno che si trasferisce in Friuli o a Trieste a pochi chilometri da dov’è nato?
Gli italiani (...) hanno di loro una grandissima varietà genetica, pari quasi a quella dell’Europa nel suo insieme. [Ma] si tratta di una varietà sedimentata nei millenni e divisa per regioni, come è evidente anche solo guardandoci. 
Questo è diverso dall’immigrazione in tempi molto rapidi da persone da qualsiasi angolo del mondo.
GAIA BARACETTI


ITALIA E POPOLAZIONE
La popolazione italiana mostra, mese dopo mese, un calo naturale, compensato, alle volte insufficientemente e alle volte sovrabbondantemente, dall’immigrazione dall’estero.
Questo a me fa stare molto male, ma non per questioni di sangue o di essere meglio degli altri, semmai perché vorrei vedere il nostro paese spopolarsi nella maniera più rapida e indolore possibile, e invece continua ad arrivare gente e non se ne può più.
E prima che inorridiate all’idea dell’Italia che si spopola, sottolineo che l’Italia ha oltre venti volte la densità di popolazione della Norvegia, e dieci volte quella della Finlandia, il “paese più felice del mondo”, e della Nuova Zelanda, un paese paragonabile per area e clima; non mi sembra siano posti in cui si vive male.
Siamo noi semmai che non ce la facciamo più, e il sovraffollamento non aiuta.
GAIA BARACETTI


MIGRAZIONE E LAVORO
La lezione sugli immigrati ci viene da Platone (Le Leggi) in cui scrive che gli immigrati, dopo un certo numero di anni, dovevano prendere la loro roba e andarsene.
Platone aveva presente il pericolo che gli immigrati ponessero radici e pretendessero poi di diventare cittadini portando ad una sostituzione etnica degli ateniesi. L'immigrazione doveva avvenire a rotazione. (...)
Altra lezione ci viene da Marx quando scriveva che i capitalisti avevano interesse a sfrutttare la mano d'opera con bassi salari. Si trattava del famoso "esercito di riserva" dei disoccupati.
Oggi questo esercito di riserva è composto da immigrati che la scellerata politica della falsa sinistra, traditrice di Marx, ha fatto entrare favorendo lo sfruttamento di mano d'opera degli immigrati, anche clandestini, e impedendo in questo modo che gli stessi lavori potessero essere fatti dagli italiani senza essere sfruttati.
PIETRO MELIS