Dopo aver parlato del Fascismo sotto il profilo socio-economico e mistico-religioso, dedico questo post ai problemi energetici dell'Italia dell'epoca, visto che, al di là degli ovvi aspetti ideologici, anche Mussolini, come qualsiasi altro capo di Stato, doveva preoccuparsi di far marciare la Nazione.
Ce li racconta Ugo Bardi in questo pezzo di argomento 'storico' tratto dal suo blog personale.
LUMEN
Ce li racconta Ugo Bardi in questo pezzo di argomento 'storico' tratto dal suo blog personale.
LUMEN
<< Il Fascismo può essere visto come un tentativo di adattare l’economia italiana a una situazione di carenza di risorse energetiche che cominciò a manifestarsi negli anni 1920, con l’arrivo del “picco del carbone” in Inghilterra – il principale fornitore di carbone per l’Italia.
Mussolini, come pure gli intellettuali italiani del tempo, non riuscirono mai veramente a rendersi conto dei limiti produttivi del carbone e del suo valore strategico. Il risultato fu una storica sconfitta per l’Italia, dalla quale lo stato italiano non si è mai veramente ripreso. (…)
Con la fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1918, nessuno si accorse di un evento epocale che avrebbe cambiato tutta la storia dell’Europa, incluso i rapporti fra Italia e Gran Bretagna: il picco del carbone.
Il carbone è un combustibile fossile: esiste in quantità limitata. Ed è soggetto a una legge economica ben nota: quella dei “ritorni decrescenti”, generata dall’esaurimento graduale. Se ne era già accorto Jevons nel 1866, ma nessuno gli aveva dato retta. Ma la combinazione di geologia e economia genera dei cicli economici inevitabili di crescita e declino.
Nel 1913, la Gran Bretagna aveva raggiunto il suo massimo produttivo (il “picco del carbone”) e, da allora, cominciava un declino che si sarebbe concluso solo verso la fine del ventesimo secolo, con l’azzeramento della produzione. Nessuno allora come oggi, riusciva a capire il ruolo dell’esaurimento e il calo produttivo in Inghilterra veniva invece attribuito agli scioperi. In Italia, invece, si tendeva ad attribuirlo alla cattiveria dei perfidi albionici in Italia. (...)
Quando Mussolini prese prese il potere nel 1922 si trovò davanti una situazione relativamente favorevole. Nonostante il declino della produzione, il carbone inglese arrivava ancora in Italia ed era possibile soddisfare la domanda, anche con l’apporto addizionale di carbone tedesco. Questo portò ad alcuni anni di condizioni economiche relativamente buone con una crescita del PIL per persona in Italia moderata, ma significativa.
Il problema cominciò a presentarsi con la grande depressione del 1929, accompagnata, e forse causata, dal declino della produzione di carbone inglese. Mussolini era un tipico politico: non ragionava in termini quantitativi. Né lui, ne gli intellettuali italiani dell’epoca riuscirono a capire che gli alti costi del carbone inglese non erano un tentativo da parte della Gran Bretagna (la “perfida Albione”) di danneggiare l’economia italiana.
A partire dal 1934, circa, questa situazione portò a una virata radicale dell’orientamento geopolitico Italiano, ovvero ad allontanarsi dall’alleanza con l’Inghilterra per stabilire rapporti sempre più stretti con la Germania, vista come un fornitore di carbone più affidabile. Questo portò ad allinearsi con la Germania in materie come l’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei, come pure ad avventure spericolate e disastrose, come l’invasione del’’Etiopia nel 1935.
Basta qualche numero per rendersi conto di come il governo Italiano avesse pesantemente sbagliato i calcoli.
Al massimo produttivo, nel 1913, le miniere inglesi arrivarono a produrre quasi 300 milioni di tonnellate di carbone in un anno. Ancora verso la metà degli anni 1930, ne producevano oltre 200 milioni. Di questi, circa 20 milioni erano esportate in tutto il mondo e, almeno un terzo delle esportazioni si dirigevano verso l’Italia. Con l’aggiunta del carbone tedesco, l’economia Italiana consumava circa 10 milioni di tonnellate di carbone all’anno.
Se ragioniamo che l’economia industriale era proporzionale ai consumi energetici (allora come lo è oggi) ne consegue che la produzione industriale Britannica era venti volte quella Italiana in termini di quei prodotti che servono a combattere una guerra – cannoni, carri armati, navi da guerra, eccetera.
La sproporzione era così evidente che non si riesce a capire come sia stato possibile anche solo prendere in considerazione l’idea di combattere la Gran Bretagna su un piano di parità. Ma fu il risultato dell’incapacità dei politici, e dell’intera società che rappresentavano, di ragionare in termini quantitativi.
Mussolini era un politico “puro” non era grado di ragionare sulla base dei dati. Per lui, le miniere del Sulcis in Sardegna erano una risposta sufficiente alle miniere del Sussex in Inghilterra. Non si rendeva conto che erano delle miniere giocattolo in confronto. Certo, Mussolini contava sulla Germania per fornire il carbone che la Gran Bretagna non poteva più fornire. Ma era semplicemente cambiare fornitore e la sproporzione delle forze in campo rimaneva spaventosa.
Tolstoj diceva che i re e gli imperatori sono gli “schiavi della storia”. Mussolini lo fu certamente. Dagli anni 1930 in poi, lo vediamo dibattersi fra una situazione impossibile e un’altra, ogni volta prendendo la decisione sbagliata, creando più problemi di quelli che risolveva. (...)
Poteva la storia essere diversa? Ci potremmo domandare cosa sarebbe successo se Mussolini avesse preso delle decisioni diverse. Ancora nel 1934, Margherita Sarfatti, ex-amante del Duce, proponeva al presidente USA Roosevelt un’alleanza con l’Italia che, pare, Roosevelt vedeva favorevolmente. Sarebbe stato possibile?
Forse si, ed è da notare che già negli anni 1920, gli USA producevano tre volte più carbone dell’Inghilterra e avrebbero probabilmente potuto rifornire l’Italia, se necessario. Sembra che Mussolini prese la decisione di allearsi con la Germania più che altro sotto l’effetto della personalità dominante di Adolf Hitler. Un caso dove la decisione sbagliata di una singola persona cambiò i destini del mondo intero.
Ma la situazione italiana era di debolezza oggettiva per ragioni geografiche. Comunque fosse andata, l’Italia sarebbe diventata un paese subalterno di paesi più forti, economicamente e militarmente. >>
UGO BARDI
Mussolini, come pure gli intellettuali italiani del tempo, non riuscirono mai veramente a rendersi conto dei limiti produttivi del carbone e del suo valore strategico. Il risultato fu una storica sconfitta per l’Italia, dalla quale lo stato italiano non si è mai veramente ripreso. (…)
Con la fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1918, nessuno si accorse di un evento epocale che avrebbe cambiato tutta la storia dell’Europa, incluso i rapporti fra Italia e Gran Bretagna: il picco del carbone.
Il carbone è un combustibile fossile: esiste in quantità limitata. Ed è soggetto a una legge economica ben nota: quella dei “ritorni decrescenti”, generata dall’esaurimento graduale. Se ne era già accorto Jevons nel 1866, ma nessuno gli aveva dato retta. Ma la combinazione di geologia e economia genera dei cicli economici inevitabili di crescita e declino.
Nel 1913, la Gran Bretagna aveva raggiunto il suo massimo produttivo (il “picco del carbone”) e, da allora, cominciava un declino che si sarebbe concluso solo verso la fine del ventesimo secolo, con l’azzeramento della produzione. Nessuno allora come oggi, riusciva a capire il ruolo dell’esaurimento e il calo produttivo in Inghilterra veniva invece attribuito agli scioperi. In Italia, invece, si tendeva ad attribuirlo alla cattiveria dei perfidi albionici in Italia. (...)
Quando Mussolini prese prese il potere nel 1922 si trovò davanti una situazione relativamente favorevole. Nonostante il declino della produzione, il carbone inglese arrivava ancora in Italia ed era possibile soddisfare la domanda, anche con l’apporto addizionale di carbone tedesco. Questo portò ad alcuni anni di condizioni economiche relativamente buone con una crescita del PIL per persona in Italia moderata, ma significativa.
Il problema cominciò a presentarsi con la grande depressione del 1929, accompagnata, e forse causata, dal declino della produzione di carbone inglese. Mussolini era un tipico politico: non ragionava in termini quantitativi. Né lui, ne gli intellettuali italiani dell’epoca riuscirono a capire che gli alti costi del carbone inglese non erano un tentativo da parte della Gran Bretagna (la “perfida Albione”) di danneggiare l’economia italiana.
A partire dal 1934, circa, questa situazione portò a una virata radicale dell’orientamento geopolitico Italiano, ovvero ad allontanarsi dall’alleanza con l’Inghilterra per stabilire rapporti sempre più stretti con la Germania, vista come un fornitore di carbone più affidabile. Questo portò ad allinearsi con la Germania in materie come l’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei, come pure ad avventure spericolate e disastrose, come l’invasione del’’Etiopia nel 1935.
Basta qualche numero per rendersi conto di come il governo Italiano avesse pesantemente sbagliato i calcoli.
Al massimo produttivo, nel 1913, le miniere inglesi arrivarono a produrre quasi 300 milioni di tonnellate di carbone in un anno. Ancora verso la metà degli anni 1930, ne producevano oltre 200 milioni. Di questi, circa 20 milioni erano esportate in tutto il mondo e, almeno un terzo delle esportazioni si dirigevano verso l’Italia. Con l’aggiunta del carbone tedesco, l’economia Italiana consumava circa 10 milioni di tonnellate di carbone all’anno.
Se ragioniamo che l’economia industriale era proporzionale ai consumi energetici (allora come lo è oggi) ne consegue che la produzione industriale Britannica era venti volte quella Italiana in termini di quei prodotti che servono a combattere una guerra – cannoni, carri armati, navi da guerra, eccetera.
La sproporzione era così evidente che non si riesce a capire come sia stato possibile anche solo prendere in considerazione l’idea di combattere la Gran Bretagna su un piano di parità. Ma fu il risultato dell’incapacità dei politici, e dell’intera società che rappresentavano, di ragionare in termini quantitativi.
Mussolini era un politico “puro” non era grado di ragionare sulla base dei dati. Per lui, le miniere del Sulcis in Sardegna erano una risposta sufficiente alle miniere del Sussex in Inghilterra. Non si rendeva conto che erano delle miniere giocattolo in confronto. Certo, Mussolini contava sulla Germania per fornire il carbone che la Gran Bretagna non poteva più fornire. Ma era semplicemente cambiare fornitore e la sproporzione delle forze in campo rimaneva spaventosa.
Tolstoj diceva che i re e gli imperatori sono gli “schiavi della storia”. Mussolini lo fu certamente. Dagli anni 1930 in poi, lo vediamo dibattersi fra una situazione impossibile e un’altra, ogni volta prendendo la decisione sbagliata, creando più problemi di quelli che risolveva. (...)
Poteva la storia essere diversa? Ci potremmo domandare cosa sarebbe successo se Mussolini avesse preso delle decisioni diverse. Ancora nel 1934, Margherita Sarfatti, ex-amante del Duce, proponeva al presidente USA Roosevelt un’alleanza con l’Italia che, pare, Roosevelt vedeva favorevolmente. Sarebbe stato possibile?
Forse si, ed è da notare che già negli anni 1920, gli USA producevano tre volte più carbone dell’Inghilterra e avrebbero probabilmente potuto rifornire l’Italia, se necessario. Sembra che Mussolini prese la decisione di allearsi con la Germania più che altro sotto l’effetto della personalità dominante di Adolf Hitler. Un caso dove la decisione sbagliata di una singola persona cambiò i destini del mondo intero.
Ma la situazione italiana era di debolezza oggettiva per ragioni geografiche. Comunque fosse andata, l’Italia sarebbe diventata un paese subalterno di paesi più forti, economicamente e militarmente. >>
UGO BARDI
Nell'introduzione al pezzo di cui sopra, Ugo Bardi aggiunge un breve collegamento con la situazione energetica attuale, che riporto qui per completezza:
RispondiElimina<< La situazione attuale, con il conflitto in corso in Ucraina, rispecchia sotto molti aspetti la situazione degli anni 1930, con il gas e il petrolio russo che giocano il ruolo del carbone inglese. Nuove prospettive energetiche si aprono oggi con il rapido sviluppo dell’energia rinnovabile. >>
COMMENTO di GP VALLA
RispondiEliminaLa ricostruzione storica proposta da Bardi mi pare discutibile.
In particolare mi sembra insostenibile attribuire al declino (limitato) della produzione di carbone inglese il deterioramento dei rapporti italo-inglesi e le vicende conseguenti.
Nonostante il superamento del "picco del carbone", ancora nel 1930 l'Inghilterra era il principale fornitore dell' Italia; inoltre negli anni Trenta non c'era carenza di carbone (anche a seguito della Grande Depressione conseguente alla crisi del 1929), anzi si verificarono casi di dumping da parte dei produttori per contendersi i mercati di sbocco (notizie dall'Enciclopedia Italiana).
Non sono un ammiratore di Mussolini, ma è assurdo credere che ritenesse che le miniere del Sulcis fossero sufficienti ad assicurare la indipendenza energetica dell'Italia: basti pensare che nella famigerata "lista molibdeno" venivano richieste alla Germania 6.000.000 di tonnellate di carbone...
È singolare che Bardi non ricordi la vera causa della crisi fra Italia e Gran Bretagna: la guerra di Abissinia e le conseguenti "inique sanzioni", la rivalità coloniale nel Corno d'Africa. In quel contesto la scelta di un'alleanza con la Germania - all'epoca la massima potenza militare e industriale d'Europa - poteva anche apparire razionale, anche in considerazione della politica ancora isolazionista degli Stati Uniti. Col senno di poi, naturalmente...
Magari mi sbaglio, ma ho l'impressione che tutta la ricostruzione di Bardi sia finalizzata alla conclusione riportata nel commento: l'ennesima perorazione a favore delle mitiche "energie rinnovabili", che - purtroppo - rappresentano solo una frazione trascurabile della produzione, né sembrano poter sostituire efficacemente i combustibili fossili.
Caro Beppe, sono d'accordo con te che quello del carbone sia stato solo uno degli elementi del mosaico geo-politico dell'epoca, e che, col senno di prima, l'alleanza con la Germania potesse essere per l'Italia una scelta razionale, indipendentemente dalle ovvie affinità ideologiche.
EliminaChissà cosa sarebbe successo in Europa se Hitler non fosse stato il folle sociopatico che era...
Quanto alle potenzialità delle energie rinnovabili, Bardi è sicuramente più ottimista di me, e spero proprio che lui (che in fondo è un uomo di scienza) abbia ragione.
Ma il fatto che, con l'attuale popolazione mondiale, le energie fossili siano ancora indispensabili non è solo un dato di fatto, ma una vera e propria tragedia.
Che pagheremo carissima.
Concordo in linea di massima con il sig.Valla, altra notevole penna di questo blog...
RispondiEliminaPeraltro, quando si parla della nostra italietta, il minuscolo mi pare doveroso, non si deve dimenticare che.... Che nel 1934, alla insaputa dei due beoti Mussolini e Vittorio Emanuele terzo, il principe Umberto cedette formalmente la nostra già risicata autonomia, vendendoci agli USA, ovvero diventando noi una corporation sotto il controllo americano. Ergo già si sapeva come la guerra sarebbe andata a finire eccetera eccetera, mentre il bell' Umberto sarebbe diventato il re d' Italia, più di forma che di sostanza.
Sappiamo come andò a finire. Fu decisa la vittoria della repubblica al referendum, grazie a pesanti brogli, mentre allo spilungone sabaudo fu consigliato di squagliarsela senza far rumore, altrimenti avrebbero rivelato la sua bisessualita eccetera eccetera. I traditori Savoia traditi dai loro padroni...stupendo.
Può avere una storia una colonia, nata e creata cone colonia, protettorato? Può avere il carbone influito sui patrii destini? Oppure i servi sono soggetti all'umore, i capricci del loro padrone di turno?