mercoledì 19 luglio 2023

I Prolifici e gli Asceti – 1

Le risposte culturali elaborate dall'uomo di fronte alla sessualità ed alla procreazione hanno mostrato, nei secoli, uno spettro molto ampio, che va dall'esaltazione della prolificità, alla scelta ascetica dell'astinenza,
Si tratta di due posizioni estreme, oggettivamente contrapposte, ma che – secondo lo psicologo ed antropologo Luigi De Marchi – potrebbero avere la stessa matrice piscologica.
Il testo che segue (diviso in 2 parti) è tratto da uno dei saggi più appassionati scritti da Luigi De Marchi, intitolato “Scimmietta ti amo”.
LUMEN


<< Nei miei scritti di psico-politica culturalista (1958-78), ho cercato di chiarire i nessi intercorrenti tra l'odio per il controllo delle nascite che ha accomunato per secoli i fautori di tutti i fanatismi religiosi e politici, da un lato, e, dall'altro, la moralità sessuofobica necessaria per gregarizzare e aggressivizzare le masse dominate da quei sistemi.

Penso oggi che quelle analisi possano essere utilmente integrate da un'analisi esistenziale. Mi sembra che si possa affermare che l'uomo ha reagito allo shock esistenziale [la consapevolezza della morte - NdL], in campo procreativo, con due fondamentali modalità di reazione: quella monastico-ascetica e quella socio-prolifica, che sono tuttavia entrambe riconducibili alla visione millenaristica.

La prima modalità prepara il Millennio (che essa considera in genere ormai imminente) con una sospensione di ogni attività che non sia quella della preghiera, della penitenza, del proselitismo, e giudica la procreazione solo un'inutile e nociva concessione agli appetiti terreni. Questo atteggiamento prevale in tutta la letteratura cristiana più ascetica, dalla patristica fino al rigorismo del XVII e XVIII secolo.

Essa trova la sua espressione più tipica in testi come l' “Elogio della verginità” (De sancta virginitate) di sant'Agostino, ove è scritto che “i vergini risplenderanno in cielo come stelle lucenti, mentre i loro genitori saranno stelle senza luce”, o come gli Atti di Giuda Tommaso, ove si narra la storia di due sposini che, la prima notte di matrimonio, hanno un'apparizione di Gesù e ricevono da Lui un solenne monito:

“Sappiate - dice il Salvatore - che se non vi abbandonerete a questo atto sporco diverrete templi di purezza e scamperete alle afflizioni e all'onere dei figli, la cui sorte è sempre fonte di amarezza. Per essi, infatti, voi vi farete ladri e oppressori e sarete crudelmente afflitti dalle loro malefatte I figli sono invero la causa di molti dolori perché possono incorrere nella maledizione del re o del demonio o della paralisi. Se si portano bene fino alla maturità, cadono poi nel male per adulterio o furto o fornicazione o vanità”.

L'altra modalità di reazione allo shock esistenziale - quella prolifica - risale al biblico “Crescete e moltiplicatevi” ed ha appunto lo scopo di moltiplicare il Popolo Eletto, i seguaci della Vera Fede destinati a preparare il Millennio anche attraverso la lotta contro gli infedeli. Così il “bonum prolis” diverrà la principale giustificazione del matrimonio per tutte le chiese cristiane.

San Giovanni Crisostomo affermerà che le anime dei figli non concepiti accuseranno i loro potenziali genitori dinnanzi a Dio nel Giudizio Finale. E innumerevoli pontefici ribadiranno, fino ai nostri giorni, la loro radicale opposizione al controllo delle nascite, con rovinosi effetti sullo sviluppo economico e sulla lotta contro la fame.

Non a caso questo accanito pro-natalismo del cristianesimo e delle altre religioni millenaristiche è stato puntualmente travasato nelle versioni politiche e secolarizzate del Millennio: i totalitarismi di stampo fascista e comunista del nostro secolo.

Ciò non è comprensibile in chiave né ideologica né economica, in quanto si tratta spesso di regimi fortemente anticlericali e caratterizzati da strutture economiche molto diverse (a volta a volta capitaliste, corporative o anticapitaliste). Ma in un'ottica psicologica esistenziale, la convergenza pro-natalista di sistemi tanto disparati e pure accomunati dal dogmatismo salvazionista appare perfettamente spiegabile.

Anzitutto, il problema della sovrappopolazione, cioè dello squilibrio tra popolazione e risorse, non può esistere in una prospettiva di pensiero magico-religioso. Nel Millennio, sia esso religioso o politico, non può più esserci penuria. Così la parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci trova puntuale rispondenza nella tesi marxista che “una società comunista potrà assicurare a qualsiasi popolazione, per quanto grande, il pieno soddisfacimento dei bisogni di tutti”.

Inoltre, la soluzione millenaristica si accompagna sempre a una declinazione paranoicale dell'angoscia di morte e comporta sempre, pertanto, una lotta accanita contro le forze diaboliche e contro i loro agenti terreni, che tentano di opporsi all'avvento del Millennio.

Guerra Santa contro i nemici di Dio e Guerra Rivoluzionaria contro i nemici del Popolo Eletto o della Vera Rivoluzione sono quindi parte integrante del programma millenaristico. Ma per la guerra occorrono tanti, tanti combattenti pronti a morire eroicamente e sono quindi necessarie popolazioni pletoriche pronte alle guerre di invasione per attenuare l’eccessiva pressione demografica.

Al di là, o al di qua, di questi lucidi programmi espansionistici, la prolificità può assumere in molti individui e in molte culture un significato esorcistico verso la morte. E ciò non solo per l'ovvio motivo che i figli sono percepiti come una propria continuazione oltre la morte, ma anche perché l'atto procreativo, secondo una ipotesi di Ignazio Majore, costituisce per l'organismo metazoico un tentativo di assicurare ad alcune cellule la sopravvivenza dopo la morte dell'organismo stesso.

Molte culture, del resto, hanno istituzionalizzato questo rapporto tra figlio e immortalità, come si è visto, attraverso il culto degli antenati. Nella religione confuciana, solo attraverso la pietà dei discendenti che gli assicurino i dovuti rituali, l'uomo può avere la certezza di una felice esistenza ultraterrena.

Infine, l'angoscia di morte ebbe sull'andamento demografico un enorme impatto indiretto perché, essendo proibito dal fanatismo religioso o politico ogni accorgimento contraccettivo, l'unica attività sessuale lecita e approvata divenne quella finalizzata alla riproduzione. >>

LUIGI DE MARCHI

(segue)

15 commenti:

  1. COMMENTO di SERGIO

    Molto interessante questo testo che ho letto con piacere.
    Non ho niente da dire, mi leggerò anche la seconda parte.
    Un’osservazione lo stesso la oso: questa storia
    dello shock esistenziale [la consapevolezza della morte. Ndr]
    non mi convince. Quando e in che circostanze l’umanità
    subì questo shock? Ricordo però che un tale shock
    lo visse davvero Leone Tolstoi che tentò di superarlo,
    ma invano, con la ripresa della devozione religiosa.
    Tolstoi ebbe tredici figli, per la disperazione di Sofja
    Tolstaja che dopo il quarto figlio non ne voleva altri.
    Tolstoj minacciò il divorzio e la povera Sofja, una
    donna intelligente e dotata, si sottomise. Tolstoj
    era davvero un mostro come marito. Fondò lo
    stesso una specie di religione raccogliendo intorno
    a sé i tolstojani di cui si faceva beffe la moglie.
    Ma per tornare allo shock: quello di Tolstoj fu
    uno shock individuale di cui conosciamo anche
    le cause e la data, ma che l’umanità come specie
    l’abbia subito mi lascia perplesso o incredulo.

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    1. << Quando e in che circostanze l’umanità
      subì questo shock? >>

      Questo, ovviamente, non possiamo saperlo con precisione.
      Ma sono convinto che, nel lungo periodo in cui ci siamo separati dai primati superiori e siamo diventati una specie a se stante, insieme alle mille altre modifiche (fisiche e mentali) che si sono verificate c'è sicuramente anche questa.
      La quale, tra le altre cose, potrebbe spiegare in modo convincente le mille fobie di cui soffriamo (e che, a quanto pare, gli animali non hanno).

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    2. COMMENTO di SERGIO

      @ Lumen
      Shock esistenziale è un’espressione altisonante che incute rispetto. Ma vediamo un po’ di ragionare. Tutti gli esseri viventi (almeno gli animali, compreso homo) reagiscono istintivamente in presenza di un rischio o pericolo (in genere con la fuga o la lotta). Che solo h. sapiens “sappia” (sia consapevole) dell’inevitabile destino che l’aspetta è un’affermazione cara agli spiritualisti per sottolineare l’unicità di questa creatura, affermazione sostenuta però anche da non credenti o scienziati materialisti - fino in tempi recenti. Ma oggi sappiamo che un animale ha coscienza della sua individualità. Naturalmente la sua reazione al pericolo è istintiva, ma si può dire lo stesso di quello speciale animale che è l’uomo, specie se il rischio è grosso. In fondo la paura è sempre paura della morte. Dubito perciò che un bel giorno l’uomo o l'umanità si accorse di dover morire e ne ebbe uno shock. I nostri antenati, dagli ominidi a h. sapiens sapiens avevano un’unica preoccupazione, come tutti gli altri animali: sopravvivere, tempo per pensare, riflettere non ce n’era, dovevano procurarsi il cibo, difendersi dai pericoli, cercare un tetto e naturalmente procreare, non per scelta ma per istinto. Certo il sapiens sapiens si evolse e con l’evoluzione del suo cervello inventò tante cose per facilitarsi l’esistenza. Fra le altre cose potè almeno ogni tanto riposarsi e riempì il vuoto col pensiero, la riflessione. Sappiamo ciò che ne è conseguito, semplicemente pazzesco. Che bravo questo sapiens, indaga il creato ma fa anche pazzie. Tanto di cappello, certo. Ma il pensiero della morte l’ha ahimè sempre accompagnato e ha cercato vie di fuga: con la religione, la scienza, la filosofia e soprattutto con le opere, lavorando si dimentica un attimo a cosa siamo condannati. Platone dice che la filosofia è una preparazione alla morte. Il pensiero della fine è onnipresente appena ci fermiamo. Gli animali non umani non pensano così profondamente come noi, non hanno una lingua come la nostra grazie alla quale hanno potuto comunicare, scoprire e inventare tante cose. Certamente siamo diversi dagli altri animali, avremmo persino un’anima immortale, dicono alcuni. Ma che l’uomo abbia davvero subito uno shock esistenziale che l’abbia spinto a certi comportamenti (ascesi, prolificità) non mi persuade. Uno shock è un evento istantaneo. Quei comportamenti sono stati dettati dai ragionamenti che ha fatto nel tempo. Ma è pur sempre l’istinto che agisce, come negli altri animali (l’uomo ha però questa peculiarità: a forza di ragionare può perdere la testa e l’istinto si perverte, per esempio nei martiri che si fanno ammazzare per niente).
      A qualcuno questi miei pensierini parranno sciocchi, indegni di una risposta. Ma da te una risposta o una replica o anche una battuta simpatica me l’aspetto. Grazie.

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    3. << Uno shock è un evento istantaneo. Quei comportamenti sono stati dettati dai ragionamenti che ha fatto nel tempo. >>

      Questa è una considerazione molto acuta, che condivido.
      Forse De Marchi ha usato quel termine specifico per dare maggiore enfasi alle sue teorie.
      Può darsi in effetti che la cosa sia affiorata poco a poco, come per tutte le modifiche evoutive.
      Però si è trattato di un trauma davvero grande per la psiche umana, e questo mi sembra difficile da negare.
      Perchè certi comportamenti umani sono facilmente spiegabili con le spinte genetiche (vedi la prolificità), ma altri (ascesi, mortificazione, martirio, ecc.) non si saprebbe proprio come giustificarle.

      P.S. - chissà se la leggenda del peccato originale, con il suo richiamo all'albero della conoscenza, non sia - inconsciamente - un racconto simbolico di questo shock ?

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  2. Grande indimenticabile e sempre attuale prof. De Marchi! Diciamo che (dovendo operare una scelta) dal punto di vista ambientale e (tutto sommato) anche da quello storico-sociale molto meglio sarebbe stato che gli Asceti avessero avuto maggiore potere politico-religioso rispetto ai Prolifici...

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    1. Ben detto.
      Il guaio è che gli asceti, passata l'ebbrezza della superiorità morale, si divertono molto meno dei prolifici... ;-)

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  3. Tolstoy era un depravato. Oltre a rovinare con innumerevoli gravidanze la vita della moglie, era uso importunare fino alle estreme conseguenze serve, fantesche, fanciulle del popolo. Pagando evitava guai maggiori. E poi ci faceva la morale con quegli osceni pipponi indigesti.... Vade retro.

    Gli asceti avevano ricadute, ne sono prova i cunicoli sotterranei che spesso collegavano i conventi maschili con quelli femminili... Roba taciuta ma.... I sodomiti, per contro, trovavano di che saziarsi fra le mura conventuali.

    Credere di buggerare la morte attraverso i figli mi sembra sciocco o perlomeno, io che ho procreato, non riesco a concepire come si possa.

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    1. COMMENTO di SERGIO

      @ Mauro

      "Tolstoy era un depravato. Oltre a rovinare con innumerevoli gravidanze la vita della moglie, era uso importunare fino alle estreme conseguenze serve, fantesche, fanciulle del popolo"

      Prima del matrimonio, ma non dopo (si sposò a circa 33 anni - già vecchio per la giovane Sofja, ma comunque un buon partito). Dopo fu sicuramente fedele. Apparentemente tu Tolstoj non lo puoi vedere, vabbè, i gusti sono gusti. Certo lo ammetto, solo un pazzo poteva scrivere La sonata a Kreutzer, ma il peggio di questo racconto è la postfazione, qualche tedesco parlò in proposito di una tollstojata (toll in tedesco significa appunto pazzo). Comunque io lo preferisco di gran lunga a Dostevskij, un esaltato della madonna, un reazionario pazzesco. I due non s’incontrarono mai, Dostoevskij ammirava Tolstoj ma non ricambiato.

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    2. @ Mauro

      << Credere di buggerare la morte attraverso i figli mi sembra sciocco. >>

      Per il singolo Fenotipo (Mauro, Sergio, Lumen, ecc..) , sicuramente hai ragione tu.
      Ma per il nostro Pool Genico (DNA) è un successo strepitoso: la realizzazione della sua stessa ragione d'essere.

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    3. La consapevolezza del singolo fenotipo (di cui nel titolo di qs blog) almeno teoricamente potrebbe/dovrebbe pero' limitare la tendenza auto-replicativa del pool genico: attendiamo fiduciosi sebbene senza farci particolari illusioni... Saluti

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    4. In effetti, questa mi sembra l'unica speranza.
      Ma ti chiedo, in tutta sincerità: quanti sono i 'fenotipi' che riescono ad essere davvero 'consapevoli' ?
      A me sembrano abbastanza pochi....

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    5. Sfortunatamente la "consapevolezza" di solito è frutto di un processo lungo e faticoso...

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    6. Esatto.
      Oltretutto si tratta di un percorso il cui esito non è scontato e che molti non ritengono neppure necessario intraprendere.
      I testi ci sono, ma bisogna avere il desiderio di leggerli e di comprenderli a fondo.

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  4. @ Lumen e Sergio

    Circulus et calamus fecerunt me doctorem, ovvero, nel mio caso, ragionare con persone più colte di me e scribacchiare pure qualcosa servono a raffinarmi, farmi evolvere, pur se curva minore del viver m'avanza oramai... Non ultimo impiegare in cose elevate, egregie, il tempo, approcciandosi in qualche modo al divino, etsi deus non daretur, che Dio esista o meno....

    I pippautori per contro, avviluppano in un coacervo di fregnacce, luoghi comuni, virtuosismi lessicali, uno striminzito concetto, un assioma, un motto di saggezza popolare.. Tempo e parole a volte sprecate. Un libercolo di aforismi di Oscar Wilde, Mark twain, vale più di Guerra e Pace, o dei Fratelli Karamazov. Parere personale.

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    1. Credo che nei grandi classici ci sia un po' di tutto: ci sono i luoghi comuni, ci sono i virtuosismi inutili e ci sono i pistolotti etici, certo.
      Ma se l'autore è bravo (per esempio il Manzoni) ci sono anche, disseminate qua e là, tante piccole perle di saggezza psicologica, che se fossero contenute in un semplice libro di aforismi si noterebbero di più.

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