sabato 18 febbraio 2023

Il mondo di Monod – 2

Torno a dedicare un post al grande biologo francese Jacques Monod ed al suo bellissimo libro 'Il Caso e la Necessità', in quanto si tratta di uno dei saggi che hanno cambiato per sempre la mia visione del mondo.
Il testo (tratto dal web e composto da un'alternanza di commenti e citazioni) è dedicato al'ultima parte del libro, in cui Monod cerca di proporre una nuova ed accettabile sintesi tra etica umana e metodo scientifico.
LUMEN


<< La conoscenza è stata sempre il primo passo per l'agire, per l'etica. Oggi che la scienza ci offre una nuova visione del mondo, mettendoci di fronte alla cogente accettazione che le azioni umane sono determinate e che nella vita dell'uomo biologico predomina il caso è il momento di impostare nuovi valori etici per la stessa conoscenza:

«L'etica della conoscenza, ossia l'accettazione, ossia la consapevolezza della necessità del caso, di un caso prolungato sia a livello biologico che a livello comportamentistico, può riscattare l'uomo dalla falsità dei modelli animisti e materialisti».

Bisogna quindi andare oltre una concezione animistica di una realtà dove si attribuiscono proprietà spirituali a determinate realtà materiali così come superare la visione di una vita umana impostata secondo i valori rigidamente ed esclusivamente materiali rivelati dalla nuova scienza.

Le moderne società hanno approfittato del progresso scientifico: «Nell'arco di tre secoli la scienza, fondata sul postulato di oggettività, ha conquistato il suo posto nella società: nella pratica ma non nelle anime. Le società moderne sono costruite sulla scienza. Le devono la loro ricchezza, la loro potenza e la certezza che ricchezze e potenze ancora maggiori saranno in un domani accessibili all'uomo, se egli lo vorrà [...].

Le società moderne hanno accettato le ricchezze e i poteri che la scienza svelava loro, hanno appena inteso ma non accettato il messaggio più profondo della scienza: la definizione di una nuova e unica fonte di verità, l'esigenza di una revisione totale delle basi dell'etica...»

Ma le società moderne non si sono rese conto che questa nuova conoscenza implicava anche l'accettazione di nuovi valori etici, poiché quelli antichi erano stati eliminati proprio dal progresso del sapere scientifico:

«Le società moderne devono la loro potenza materiale a quest'etica fondatrice della conoscenza, e la loro debolezza morale ai sistemi di valori, distrutti dalla conoscenza stessa e ai quali esse tentano ancora di riferirsi. Questa contraddizione è fatale, e scava quella voragine che vediamo aprirsi sotto di noi»; le società attuali hanno voluto ignorare questi nuovi valori e hanno continuato a interpretare il mondo secondo la «tradizione animistica», non volendo abbandonare «l'"antica alleanza"» tra le verità rivelate dalla scienza e i tradizionali valori etici, ormai obsoleti, e accettare «la necessità di stringerne una nuova... Provviste di ogni potere, dotate di tutte le ricchezze che la scienza offre loro, le nostre società tentano ancora di vivere e di insegnare sistemi di valori, già minati alla base da questa stessa scienza.»

La scienza moderna ha mostrato l'insanabile opposizione tra le verità oggettive empiricamente dimostrate e il mondo dei valori individuali: il suo inarrestabile progresso ha rotto il patto, l' "antica alleanza" che l'uomo aveva stretto con la natura concependola animisticamente. Nel mondo 'aristotelico' l'uomo credeva di avere il suo posto al culmine della natura: in quanto essere vivente e conoscente la natura, questa era costituita a sua misura, anzi egli era alla cima della piramide naturale, i cui gradini inferiori gli offrivano le infinite potenzialità per il suo sviluppo.

Ora invece l'uomo, finalmente, sa di essere solo nell'immensità indifferente dell'Universo da cui è emerso per caso. La scienza moderna «rivela all'uomo che egli è un accidente, quasi un estraneo nell'universo e riduce l'antica alleanza tra lui e il resto della creazione a un filo tenue e fragile.» «Il caso strappa il vivente dall'ordine inanimato della natura, come se la morte gli concedesse una dilazione, collocandolo però al margine di un universo di cui non costituisce che un'arbitraria particolarità».

«L'etica della conoscenza [resta] l'unico atteggiamento, razionale e a un tempo deliberatamente idealistico, su cui si potrebbe costruire un vero socialismo». Abbandonata la concezione materialista della storia del socialismo marxista, con il suo «profetismo storicistico fondato sul materialismo dialettico» la nuova etica sarà il fondamento di una rinnovata politica per l'uomo che «liberato sempre più dai vincoli materiali e dalle schiavitù menzognere dell'animismo, [...] potrebbe finalmente vivere in modo autentico, difeso da istituzioni che, scorgendo in lui a un tempo il suddito e il creatore del Regno, dovrebbero servirlo nella sua essenza più unica e più preziosa.»

«Questa è forse un'utopia. Ma non è un sogno incoerente. È un'idea che si impone grazie alla sola forza della sua coerenza logica. È la conclusione a cui necessariamente conduce la ricerca dell'autenticità. L'antica alleanza è infranta; l'uomo finalmente sa di essere solo nell'immensità indifferente dell'Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo. A lui la scelta tra il Regno e le tenebre.» >>

JACQUES MONOD (Wiki)

8 commenti:

  1. COMMENTO di SERGIO

    Ho letto il lunghissimo post di oggi dedicato a Monod
    e … resto insoddisfatto. Qualcosa - non so bene che cosa -
    non mi piace o mi lascia perplesso.

    Comincio col dire che “Il caso e la necessità” (per quel
    che avevo capito, il testo del biologo è anche tecnico
    e per me di difficile comprensione) non mi convinse.
    Lasciamo da parte l’appendice socialista che fa un
    po’ (sor)ridere (Monod era di sinistra?). Ma veniamo
    a quel che per me è il nocciolo della questione:
    che cosa è questo “caso”? Esiste davvero il caso?
    Io sono “malato” di determinismo e il determinismo
    esclude il caso: tutto è necessitato, dato un inizio
    segue necessariamente tutto il resto (tanto è vero
    che Monod ha intitolato appunto il suo testo Il caso
    e la necessità). La necessità esclude il caso.
    Abbiamo ormai assodato che il cosiddetto libero
    arbitrio non esiste ovvero - con le parole di Schopenhauer -
    “siamo liberi di fare ciò che vogliamo (salvo impedimenti),
    ma non siamo liberi di volere ciò che vogliamo".
    Ogni nostro pensiero e azione è una sintesi necessaria
    di innumerevoli fattori di cui non siamo a conoscenza.
    Siamo solo apparentemente liberi o come diceva
    il mio insegnante di filosofia, un sacerdote: la nostra
    apparente libera decisione avviene in base a una
    “Vorentscheidung” - una decisione già presa senza
    che lo sapessimo!
    Io la tesi di Monod la capisco così: le possibilità sono
    quasi infinite, ma a partire da un evento “casuale” si
    dipana poi una serie di eventi assolutamente necessari
    in base alle pure leggi fisiche. Il numero di eventi
    possibili è, come detto, quasi infinito o incredibilmente
    elevato (diciamo per fare un esempio: 1 con un milione
    o un miliardo di zeri). Una realtà sconvolgente in
    cui si annega il pensier mio e immagino anche tuo.

    A circa 1,5 anni luce dal sole si trova la nube di Oort
    che contiene miliardi di comete. Ogni tanto per qualche
    perturbazione o evento “casuale” una di queste comete
    (un pezzo di ghiaccio o neve sporca) si stacca dalla nube
    e intraprende un lungo viaggio verso il sole. Potrebbe
    colpire anche la Terra, ciò che è già avvenuto (vedi
    l’estinzione dei dinosauri a seguito dell’impatto di
    un asteroide di alcuni chilometri di diametro).
    Difficile, impossibile, anzi ridicolo credere che ci
    sia una “volontà” ovvero un Dio o una Provvidenza
    che causi la perturbazione che fa staccare il blocco
    di ghiaccio dalla nube di Oort creando poi magari
    sconquassi da qualche parte. La perturbazione e
    quel che segue sono la conseguenza delle leggi fisiche
    (che però in qualche altro universo potrebbero essere
    diverse).

    Mi fermo qui perché la testa mi gira. Il nulla
    e l’infinito sono concetti astratti, nessuno ne ha mai
    fatto l’esperienza né può farla.
    Avrei voglia di salvarmi in corner con l’aiuto
    di Severino: tutto è, da sempre e per sempre.
    Forse, chissà. Aiuto!

    P.S. Di etica parleremo più tardi.

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    1. Caro Sergio, condivido - in linea di principio - la tua affermazione che 'La necessità esclude il caso'.
      Però, forse, il termine 'caso' deve intendersi qui in senso umano e non oggettivo: ovvero, come esistenza di possibilità quasi infinite, e quindi apparentemente imprevedibili
      In questo senso, la teoria di Monod si limita ad affermare che, ferme restando le leggi cogenti della fisica e della chimica, molti degli eventi fondamentali (dalla nascita della vita ai bivi più importanti del'evoluzione) si siano verificati per cause estremamente improbabili, tale da sfuggire ad ogni previsione.
      (escludo di proposito ogni riferimento alla imprevedibilità quantistica, per la mia manifesta ignoranza).

      Non dobbiamo dimenticare che Monod scrive nella prima metà del '900, quando la presenza del disegno divino era ancora parecchio ingombrante.
      Il merito storico di Monod, pertanto, è quello di aver concluso, dallo studio minuzioso delle basi bio-chimiche dela vita, per l'assoluta inesistenza di ogni sovrastruttura spirituale.
      Non è poco.

      P.S. - Sì, Monod era di sinistra. Anzi per un certo periodo è stato persino iscritto al Partito Comunista; salvo poi uscirne (dopo pochi anni) quando si rese conto degli orrori storici che si celavano dietro a quella utopia.

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    2. COMMENTO di SERGIO

      << "In questo senso, la teoria di Monod si limita ad affermare che, ferme restando le leggi cogenti della fisica e della chimica, molti degli eventi fondamentali (dalla nascita della vita ai bivi più importanti del'evoluzione) si siano verificati per cause estremamente improbabili, tale da sfuggire ad ogni previsione. >>

      L’impredivibilità degli eventi è scontata, questo è pacifico. Tuttavia a partire da un fenomeno possiamo risalire alle cause (prossime e remote) e predire con buona approssimazione l’evoluzione o gli effetti - ovviamente su una scala ridotta, alla nostra portata, coi nostri mezzi. Non sappiamo con esattezza come tutto è cominciato e come finirà, ci sono al riguardo solo delle teorie. Troppe cose non sappiamo, una teoria del tutto (a cui lavorava Hawkins) non esiste ancora e forse non esisterà mai (in questo caso avremmo capito tutto, saremmo dèi). E tuttavia l’universo o gli universi evolvono secondo ferree leggi che escludono il caso. Ecco, questo concetto del caso è problematico. Noi parliamo di caso e casualità quando escludiamo un nostro volontario intervento, ma le cose - tutte - accadono necessariamente. Il disegno intelligente può far ridere (un Dio che domina trilioni, quadrilioni, quintilioni, sestilioni ecc. di stelle e pianeti è inimmaginabile). Ma poi il fantomatico Dio ha - almeno così ci dicono i teologi - una sua natura, cioè è fatto in un certo modo e non può agire diversamente (ciò che però ne limita le possibilità che non sarebbero infinite). Anche Giove sottostà al destino, è quindi un dio limitato. Al di sopra di lui c’è dunque il destino o la legge eterna. Come pure al di sopra del Dio cristiano, logicamente. Forse la forza di gravità è Dio. Niente le può sfuggire. Forza di gravità batte caso 10 a 0. Il mio è forse un ragionamento ridicolo,
      ma le filosifiche teste di ca**o non m’illuminano. Nemmeno Monod.

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    3. Caro Sergio,
      il Dio dei teologi è, in buona sostanza, un super-uomo, che però (al contrario di noi) può pensare, decidere ed intervenire in piena e totale libertà, una libertà che vale anche nei confronti delle leggi fisiche.
      Altrimenti che Ente Supremo sarebbe ?
      Ed infatti quando i fedeli si rivolgono a lui per chiedere un miracolo, gli stanno chiedendo - sostanzialmente - di violare le leggi della fisica a loro beneficio.
      E sono convinti che Dio possa farlo, altrimenti non si rivolgerebbero a lui.

      Penso quindi che il famoso 'caso' indicato da Monod non sia la negazione del determinismo (che le leggi della fisica rendono impossibile), ma la semplice assenza di una volontà intelligente e superiore (quella di Dio appunto) nelle cose del mondo.
      Purtroppo, a certe domande nessuno potrà mai darci una risposta definitiva.

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  2. Anche il sottoscritto lesse tot anni fa qs saggio di M. e lo trovò affascinante e illuminante, sebbene (presumibilmente x limiti conoscitivi soggettivi) tutt'altro che di immediata comprensione nelle parti più "tecniche". Forse il nodo teorico-pratico più problematico del saggio è appunto la conciliazione tra Caso e Necessità (binomio concettuale che M. ricava dal grande Democrito): il dibattito epistemologico al riguardo risulta tuttora aperto, ma vale la pena di ricordare che Caso NON significa necessariamente assenza di cause almeno potenzialmente identificabili bensì (anche) una complessità tale da rendere estremamente difficile una chiara identificazione delle cause e soprattutto l'effettiva predicibilita' deterministica dell'evoluzione del fenomeno o della serie di fenomeni analizzata... Saluti

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    1. Caro Claude, anch'io ho avuto difficoltà con la prima parte del libro, quella più tecnica, proprio a causa delle mie scarsissime conoscenze di chimica.
      Leggendo quelle pagine, però, mi sono reso conto di una cosa apparentemente incredibile: e cioè che tutte le complessità e le sottigliezze degli esseri viventi, riposano, in ultima analisi, sulla semplice, ripetitiva attività di tante (tantissime) piccole molecole che si incastrano (o non si incastrano) tra loro.
      Senza che nessuna di esse abbia la minima consapevolezza di ciò che sta facendo.
      Spaventoso ed affascinante !

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    2. Infatti un filosofo scientificamente bene informato come D.Dennett (amico di Dawkins) ha opportunamente sottolineato la marcata contro-intuitivita' di un processo come quello dell'evoluzione biologica (neo)darwiniana che sembra proprio procedere "bottom-up" ovvero da unità minime inconsapevoli a strutture complesse non soltanto consapevoli ma anche in grado di retroagire in maniera anche massiccia sul proprio ambiente (a quel punto non più soltanto naturale ma anche sociale)...

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    3. Daniel Dennett, pur essendo un filosofo, ha una grande consapevolezza dei limiti intrinseci della speculazione filosofica, e per questo ha sempre guardato alla scienza con reverenza ed ammirazione.

      Riporto qui di seguito una bella riflessione di D.D. che ho trovato sul web:
      << Sono un filosofo, non un biologo, né un antropologo, né un sociologo, né uno storico, né un teologo.
      Noi filosofi siamo più bravi a porre le domande che trovare le risposte, e questo può dare l'impressione di una comica ammissione di futilità. (...)
      Ma chiunque si sia mai misurato con un problema veramente arduo sa che una delle cose più difficili è trovare le domande giuste e il giusto ordine in cui porle: devi capire non solo cosa non sai, ma anche cosa hai bisogno di sapere e cosa non ti serve sapere, e cosa devi sapere per capire cosa bai bisogno di sapere, e via di seguito. >>

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