Vilfredo Pareto fu il primo a introdurre il concetto di élite, che trascende quello di classe politica e comprende l'analisi dei vari tipi di élite. La sua 'teoria delle élites' trae origine da un'analisi dell'eterogeneità sociale e dalla constatazione delle disuguaglianze, in termini di ricchezza e di potere, presenti nella società.
Nel corso del suo sviluppo, ogni società ha dovuto di volta in volta misurarsi con il problema dello sfruttamento e delle distribuzione di risorse scarse. L'ottimizzazione di queste risorse è quella che viene assicurata, in ogni ramo di attività, dagli individui dotati di capacità o di ruolo superiori, i quali constituiscono appunto le élites.
Pareto si è interessato anche al meccanismo di circolazione delle élites, affermando che: "la storia è un cimitero di élite". A un certo punto, infatti, il gruppo di comando non è più in grado di produrre elementi validi per la società e decade. In particolare, nelle élites si verificano due tipi di movimenti: uno orizzontale (movimenti all'interno del gruppo) e uno verticale (ascesa dal basso o declassamento dall'alto).
Allo stato attuale delle élites occidentali (e mondiali) è dedicato l'articolo che segue, scritto da Gennaro Malgeri per il sito “Il dubbio”.
LUMEN
<< La polemica (...) contro le élites da parte dei movimenti cosiddetti 'populisti', invece di innescare una discussione seria sul tema, sembra che stia deragliando verso una sorta di conflitto tra classi dirigenti sconfitte e classi dirigenti emergenti, che come tali oggettivamente tendono a diventare élites a loro volta e, dunque, a rivolgere contro se stesse le imputazioni che ne hanno agevolato le fortune politiche, a dimostrazione che le società prive di élites non sono immaginabili.
Che poi siano attrezzate o meno culturalmente, è un altro discorso. Sulle nuove élites italiane non avrei dubbi: sono tecnicamente abusive, ancorché legittimate dalla posizione che occupano. Il problema è che non immaginano minimamente di essere “provvisorie” e, come tali destinate alla consunzione.
Il tema è di grande impatto (…) e si ha un bel dire che la qualità delle élites non conta: conta eccome. (...) Purtroppo le comunità deperiscono quando esprimono élites inadeguate al ruolo. E dunque la loro mutevole consistenza e qualità è un problema che non si può scansare.
Risalendo alle fonti dell’indagine sulle élites ci si può rendere conto, mettendo da parte per un attimo la discussione corrente, di come il gioco avviato intorno all negazione delle élites per costituirne altre sia piuttosto gravido di incongruenze che non possono che alimentare un conflitto artificioso e pernicioso.
“La storia è un cimitero di aristocrazie”, scriveva Vilfredo Pareto. Ed il tempo s’è incaricato di dimostrare la ragionevolezza dell’assunto del fondatore della moderna sociologia italiana, che nel suo monumentale Trattato di sociologia generale ha delineato la formazione delle élites come fattore ineluttabile della vita associata e la loro “circolazione” quale evento insopprimibile del divenire storico delle comunità organizzate.
Le leggi non scritte hanno più senso di quelle vergate e tramandate: il senso della visione paretiana è nella logica della dimensione organizzativa che gli uomini, da quanto hanno scoperto la vocazione alla convivenza ed alla formazione di gruppi omogenei, hanno spontaneamente accettato. Ma le élites, o gruppi di comando, o leadership (come si dice oggi) non sempre rispondono alle esigenze del popolo. Anzi, il più delle volte, soprattutto in democrazia, questo è soggiogato dai centri di potere che guerreggiano tra di loro al fine di stabilire la supremazia.
E’ questa “costante” che si può iscrivere sotto la dizione di “ferrea legge delle oligarchie” la cui formulazione teorica è del pensatore tedesco-italiano Roberto Michels che, per quanto contestato da Antonio Gramsci, lo stesso fondatore del Partito comunista gli dava sostanzialmente ragione individuando nelle classi dirigenti politiche (compreso il suo, si presume) un “naturale” allontanamento dalle masse.
Il che vuol dire che la forza della minoranza è sempre e comunque “irresistibile”, come lucidamente sosteneva Gaetano Mosca, “di fronte ad ogni individuo della maggioranza, il quale si trova solo davanti alla totalità della minoranza organizzata; e nello stesso tempo si può dire che essa è organizzata appunto perché é minoranza”.
Se questo è il quadro – e mi pare nitidamente incontrovertibile – è assolutamente vero che dalle élites non si può prescindere, al di là delle opzioni politiche che si nutrono e che alla luce anche delle riflessioni indotte dall’evoluzione delle scienze umane appaiono sempre più desuete. Elitisti, insomma, beninteso ognuno a suo modo, tutti gli “ideologi” citati? Non c’è alcun dubbio. (…)
Il popolo, insomma, almeno da due secoli a questa parte, è l’alibi che le classi dirigenti, non più aristocratiche nel senso proprio del termine, utilizzano per compiacere se stesse e servire potentati, soprattutto oggi, economico- finanziari e mediatici che con il “sentimento popolare” hanno ben poco da spartire.
Tuttavia (...), le élites di ogni [società] devono saper interpretare lo spirito del tempo, connettersi con il popolo che le esprime comunque e che resta il loro interlocutore. Insomma, se il consenso manca, in democrazia non c’è classe dirigente; ma il consenso non lo creano forse le classi dirigenti capaci di indirizzare, nel senso migliore, il popolo?
E’ su questo interrogativo che soprattutto Pareto – molto più di Mosca che nutriva illusioni liberali, pur essendo un conservatore – ha molto riflettuto raccogliendo i frutti di un’indagine che praticamente è durata tutta la vita, oltre che nel Trattato, nel saggio I sistemi socialisti, dove si legge: “Le élite si manifestano in parecchi modi, secondo le condizioni della vita economica e sociale”.
Anche nei partiti politici, avrebbe aggiunto anni dopo Michels difendendone la legittimità come fattori storici inestirpabili, tuttavia deprecando l’eccessivo culto dei leader ma si sarebbe ricreduto diventando in seguito un fervente fascista, uno degli intellettuali di punta del movimento e del regime.
Ciò che ci lasciano gli “élitisti”, come approssimativamente sono stati chiamati, è appunto la “codificazione” di un dato non eliminabile che genera conflitti e rimette sempre, anche quando non lo si crede più, la storia. Insieme a tutto ciò, è la valutazione finale che ci intriga – o dovrebbe intrigarci.
Concerne la dimensione “morale” che, come insegna Carl Schmitt, non fa parte della politica e neppure della sociologia. E allora, se questo punto di vista è ritenuto valido, non ci si può che fermare alla constatazione e alla “difesa” del principio stesso, cioè a dire che nessun sistema democratico è immune dalla lotta tra le élites. La storia dirà sempre, con ragionevole ritardo, quali delle “nuove aristocrazie” hanno avuto la meglio ed hanno agito al di là del loro interesse.
Ma la cronaca, nella quale siamo immersi, ci consegna un’altra incontestabile verità: l’assoluta mancanza di visione da parte delle delle élites dominanti ai nostri giorni che non sono “costruzioni” legittimate dal consenso democratico, per quanto fittizio possa essere, ma da invisibili lobbies che si costituiscono in forma di centri di manovra allo scopo di far passare le loro “verità” come “bene comune”, utilizzando (e disprezzando) la democrazia che perciò oggi, in ogni parte del mondo, è “il problema”. (...)
Ed i problemi dovrebbero essere risolti, come si sa. In qual modo oggi è difficile immaginarlo. L’egemonizzazione dello spazio culturale, sociale e politico a cui si riferiva Gramsci, non sembra alla portata. L’alta finanza, il capitalismo globalista, perfino il comunismo tecnocratico (Xi Jinping è un vero genio!), il neo- colonialismo umanitario di fronte alle decadenti democrazie occidentali hanno partita facile.
La rigenerazione di altre élites presuppone complessi di riferimento dai quali possano prodursi e ristabilire una corretta “circolazione”, come Pareto la intendeva. Utopia? E sia. Probabilmente i nuovi conflitti planetari offriranno “spazi” che ancora non si vedono o che forse appena si intuiscono. >>
GENNARO MALGERI
Vorrei precisare che io, pur essendo un elitista, non sono anche un complottista, perchè seguo la teoria delle c.d. 'élites opportuniste'.
RispondiEliminaIo parto infatti dal presupposto che le élites, essendo già al vertice della società, preferiscono lasciare le cose come stanno e quindi non hanno bisogno di intervenire direttamente creando delle novità a livello sociale.
Le novità, però, avvengono lo stesso, per svariati motivi.
A quel punto le elites si dividono in 2 categorie: quelle stupide che si oppongono semplicemente al cambiamento (o per paura o per incapacità) e quindi ne soffrono, venendo spesso travolti, e quelle intelligenti che cavalcano le novità per portare sotto il loro controllo anche le cose nuove.
L'abilità delle migliori elites, infatti, è quella di capire per tempo quando mollare un business e spostarsi rapidamente in un altro più redditizio.
Caro Lumen, ne abbiamo già parlato in privato. Io non mi sono mai interessato alla questione delle élite e non ho letto i classici al riguardo, come te e Lorenzo. Tuttavia la mia esperienza mi ha rivelato la presenza di gerarchie in natura, sia fra gli animali che nelle società umane. Persino nella nostra vita privata abbiamo una gerarchia dei valori, ci sono persone e cose che sono per noi della massima importanza, altre meno. Per un cattolico di appena cinquant'anni fa la frequenza della messa e dei sacramenti erano fondamentali, oggi invece. È un bisogno fondamentale dell'uomo sapere di venire al primo posto per alcune persone.
EliminaSe ci sono gerarchie, per legge di natura, ci saranno dunque anche persone e gruppi che per intelligenza e anche fortuna stanno in cima alla piramide. Anche il mio Ortega y Gasset era del parere che le elite sono imprescindibili, il volgo non essendo in grado di autogovernarsi. Ma forse su questo punto si sbagliava (c'è chi considera Ortega un vecchio conservatore).
Ma tu dici che le elite esistono eccome, credo che lo pensi anche Lorenzo, apolidi o non apolidi. Per voi due le elite sono potentissime e ci hanno in pugno, inutile o ingenuo credere di potersi opporre a loro. Comunque anche le elite o gruppi di potere possono collassare per vari motivi. Le stesse elite sono in concorrenza fra loro e alcune soccombono, spariscono dalla scena. Ma vengono semplicemente sostituite da altre elite o gruppi di potere. La costante è che le elite esistono e dobbiamo toglierci dalla testa di poterle eliminare per instaurare una vera democrazia. Secondo te, se ti ho capito bene, il massimo che possiamo sperare è di essere sotto il tallone di una elite benevola che ci concede qualche libertà e divertimento. Certo meglio una tale elite che una alla Polpot o Mao. Lo stesso mi disturba l'idea che in fondo non contiamo molto, i giochi del potere si svolgono ad altro livello e noi possiamo solo sperare di cavarcela alla meno peggio.
Ma secondo te c'è anche una "cupola" delle elite? Per alcuni per esempio sono gli ebrei a governare il mondo.
<< Ma secondo te c'è anche una "cupola" delle elite? Per alcuni per esempio sono gli ebrei a governare il mondo. >>
EliminaBella domanda !
Sicuramente tra le elites si trovano molte persone di origine ebraica perchè le vicissitudini (spesso tragiche) di quella popolazione hanno costretto i milgiori a diventare sempre più abili.
Con la conseguenza di arrivare al vertice delle società in cui si trovano, con tutte le capacità necessarie per rimanerci.
Aggiungo che una volta, quando il mondo era tecnologicamente più semplice, ogni nazione aveva le proprie elites, le quali si combattevano spesso tra di loro, anche ferocemente (come ci insegna la storia) perchè avevano interessi confliggenti.
Ora che elites sono sovranazionali (apolidi come dice qualcuno) è probabile che le sue componenti abbiano raggiunto uno 'status quo' consensuale, che consente loro di mentenere il potere senza troppi contrasti (il mondo è grande e, per il momento c'è potere per tutti).
Come conseguenza, le guerre 'importanti' sono sparite: non perchè gli uomini siano diventati più buoni, ma perchè le elites non ne hanno più la convenienza.
"Come conseguenza, le guerre 'importanti' sono sparite: non perchè gli uomini siano diventati più buoni, ma perchè le elites non ne hanno più la convenienza."
EliminaMah, io non ne sono così convinto. Anche L. C. sosteneva che non ci sarà una guerra atomica o un altro grande conflitto paragonabile alle due ultime guerre mondiali. Perché appunto conflitti di queste dimensioni risulterebbero - specie con le armi di cui disponiamo oggi, infinitamente più potenti delle bombette di Hiroshima e Nagasaki - troppo devastanti, distruttive, e quindi non convenienti alle elite.
È comunque di ieri la notizia dell'incremento pazzesco delle spese militari nel mondo. Ma secondo te e L. C. non si arriverà al botto. Le folli spese militari sono poi anche un bell'affare per le elite e danno lavoro a tanta gente.
Eppure basterebbe qualche errore per scatenare l'inferno. Che so, Pakistan e India che arrivano - per sbaglio - allo scontro. O la resa dei conti finale tra Israele e Iran. In occasione del conflitto in Ucraina Putin ha affermato che avrebbe potuto anche utilizzare l'arma assoluta, l'atomica.
Un'affermazione "strana", come se avesse voluto ricordare al mondo che le atomiche esistono e possono anche essere usate.
La domanda che adesso mi e ti pongo è: ma i grandi leaders mondiali con il dito sul grilletto atomico sono anche loro al servizio delle elite ovvero dei pupazzi manovrati da queste benedette elite? Stento a crederlo, anche se ritengo improbabile lo scontro finale (per l'umanità).
Insomma, le elite esistono, esisteranno pure, e sono potentissime - secondo te e L. C. Ma non sono onnipotenti e prenderanno anche loro ogni tanto un abbaglio. E poi Putin e Biden teleguidati dagli Attali proprio non li vedo e concepisco. Ma posso sbagliarmi naturalmente. Perché - direbbe quel tale - mi hanno fatto un bel lavaggio del cervello.
<< ma i grandi leaders mondiali con il dito sul grilletto atomico sono anche loro al servizio delle elite >>
EliminaPenso di sì.
Nella mia ricostruzione, sopra ci sono le elites assolute, costituite dai super-ricchi (quelli che possono "comprarsi" le persone che gli servono), poi sotto i grandi leader politici, poi sotto ancora i vertici della società civile (alti funzionari, intellettuali organici, artisti allineati, ecc..)
E poi, infine, ci siamo noi comuni mortali.
Quanto alle enormi spese militari (forse il settore economico più ricco nel mondo), servono per incamerare e distribuire ricchezza anche senza che le armi vengano usate.
Quindi alle elites interessano, eccome.
E dove piazzi il papa, tra i grandi leader o tra i vertici della società (civile)?
EliminaPerò le armi che si producono sono troppe, qualcosa andrà storto prima o poi. È vero che anche il filosofo E. Severino scrisse vent'anni fa che i vertici non sono così pazzi da autodistruggersi, tant'è vero che Russi e Americani la guerra non se la sono fatta ed avevano firmato il documento per evitare il MAD (mutual assured destruction). Però ci sono andati vicino (io ricordo tre momenti critici: 1962 Cuba, 1973 Guerra del Kippur con Golda Meir decisa a farla pagari ai Russi che avevano sostenuto Sadat ma dissuasa dagli Americani, e poi una quasi guerra sotto Andropov, con quell'ufficiale russo che non innescò l'apocalisse ritardando il lancio dei missili - credevano a un attacco americano, si trattava invece di un fenomeno ... atmosferico, una specie di aurora boreale che aveva tratto in inganno i Russi. Su Wikipedia trovi altri particolari sulla vicenda, non so se la conosci).
Ma forse i "giovani" esigeranno un giorno la distruzione degli armamenti atomici, ci saranno dimostrazioni in tutto il mondo come per il clima. Ma quando si decideranno a esigere una regolata demografica? Ma chissà, Covid e prossima crisi economica aiutando forse si accenderà la lampadina.
Sì, è vero, la presenza di tante armi, potenti e disponibili, è sempre un pericolo, perchè qualcuno può decidere di usarle.
EliminaE questo fa paura, non tanto per le armi convenzionali (che possono essere usate solo da qualche satrapo regionale) ma soprattutto per quelle atomiche.
Ed è verissimo che il mondo è già stato più volte ad un passo dall'apocalisse.
Ma, alla fine, il buon senso (o forse la paura) di chi doveva premere il bottone ha prevalso.
Potrebbe non essere un caso.
Quanto al Papa, credo che la Chiesa cattolica, nei secoli passati, sia stata nel novero delle elites di primo livello.
EliminaOra però non lo è più, per cui il Papa potrebbe essere assimilato ai politici di vertice.
Tuttavia ... Le élite per quanto potenti devono lo stesso tener conto degli umori delle masse. La plebe romana era povera e misera, l'élite (Cesare, Antonio, Ottaviano ecc.) ricchissima grazie ai bottini di guerra (i Romani sono stati sempre in guerra, ogni anno), ma doveva tenere buono il popolino con viveri e divertimenti. Nemmeno il Principe di Machiavelli può ignorare o vessare a piacimento il popolo (all'uopo gli servirà anche la religione ...).
RispondiEliminaOggi i mezzi di controllo sono infinitamente più potenti e estesi. Mi meraviglia la facilità con cui hanno imposto la museruola all'intera umanità per una "piccola pandemia" e la disponibilità a farsi vaccinare di gran o buona parte di essa.
L'ebreo massone Jacques Attali fa sicuramente parte delle élite. È stato persino consigliere del socialista François Mitterand - che potrei definire un'illustre vittima di Attali. Ho già avuto l'occasione di citare una frase sibillina di Attali nel 2009. Trovo ora in rete il ragionamento di Attali: interessante.
RispondiEliminaIl cardinale Vigano:
"Il 19 novembre 2020 il fondatore del World Economic Forum, Klaus Schwab, ha dichiarato che «Il Covid è l’occasione per un reset mondiale». In realtà Schwab ripete pedissequamente ciò che il 3 maggio 2009, sul settimanale francese L’Express, disse Jacques Attali: «La storia ci insegna che l’umanità evolve significativamente soltanto quando ha realmente paura: allora essa inizialmente sviluppa meccanismi di difesa; a volte intollerabili (dei capri espiatori e dei totalitarismi); a volte inutili (della distrazione); a volte efficaci (delle terapeutiche, che allontanano se necessario tutti i principi morali precedenti). Poi, una volta passata la crisi, la paura trasforma questi meccanismi per renderli compatibili con la libertà individuale ed iscriverli in una politica di salute democratica».
Allora si trattava della febbre suina, che secondo i media avrebbe dovuto causare milioni di vittime e per la quale gli Stati acquistarono da BigPharma milioni di dosi di vaccini mai utilizzati perché rivelatisi inutili. Inutili per tutti, fuorché per coloro che li hanno venduti con enormi profitti."
Ecco l'intero testo di Vigano che trovo in parte interessante e condivisibile. Personalmente non credo alla frode nelle elezioni americane: Trump ha perso, seppur di misura (quanto ai voti, nettamente però per il numero dei cosiddetti grandi elettori).
RispondiEliminahttps://www.aldomariavalli.it/2020/12/04/monsignor-vigano-ore-decisive-preghiamo-recitiamo-il-santo-rosario-nutriamoci-della-santissima-eucaristia-facciamo-penitenza/
<< L'ebreo massone Jacques Attali fa sicuramente parte delle élite. È stato persino consigliere del socialista François Mitterand. >>
RispondiEliminaSecondo me, l'elites primaria, quella vera che decide, è costituita dai super-ricchi, cioè da quelli che hanno i soldi necessari per intervenire ovunque decidano di farlo.
I grandi politici, e quindi anche Attalì che di un politico era consigliere, sono solo delle sotto-elites di supporto, che eseguono le direttive dei 'big' di cui sopra.
Sono persone che possono essere (anzi in genere 'devono' essere) molto intelligenti e preparate, ma stanno un gradino sotto.