La lunga storia del Ponte di Messina, un classico dell’immaginario italiano, in un articolo di Davide Maria De Luca, pubblicato qualche mese fa dal sito IL POST. Un testo interessante, documentato e ricco di notizie curiose. LUMEN
<< Il 27 settembre 2016, il presidente del Consiglio Matteo Renzi [allora in carica - NdL] è tornato a parlare del ponte sullo stretto di Messina, un’opera pubblica di cui si parla da decenni e che ciclicamente ritorna al centro del dibattito pubblico. Renzi ha parlato del ponte durante l’evento per celebrare i 110 anni dell’impresa di costruzioni Salini-Impregilo. Durante il suo discorso, Renzi si è rivolto ai manager della società e, a proposito dei lavori di costruzione del ponte, che in passato hanno coinvolto la stessa Impregilo, ha detto: «Noi siamo pronti».
Proprio quest’anno la società Stretto di Messina SPA, creata nel 1981 per iniziare i lavori di progettazione e oggi in liquidazione, ha compiuto 35 anni. Ma la storia del ponte sullo stretto è molto più antica. Aurelio Angelini, professore dell’Università di Palermo e autore di “Il mitico Ponte sullo stretto di Messina“, la fa cominciare ai tempi delle guerre puniche, 250 anni prima della nascita di Cristo. All’epoca, racconta il geografo greco Strabone, i romani costruirono un ponte di barche per portare sul continente un contingente di elefanti che avevano catturato ai loro nemici cartaginesi.
Nei secoli successivi, re e imperatori accarezzarono spesso l’idea di unire la Sicilia al continente. Secondo una storia di cui non è chiara l’origine, ci pensò anche Carlo Magno, quando durante un viaggio in Calabria si accorse di quanto erano vicine le due sponde (di recente è stato proposto di intitolare il ponte proprio al primo imperatore del Sacro Romano Impero). Fino al Diciannovesimo secolo, però, nessuno pensò seriamente che fosse possibile costruire un ponte sopra i tre chilometri e trecento metri che separano Messina dalla costa calabrese.
Poi, quindici anni dopo l’Unità d’Italia, la sinistra arrivò per la prima volta al potere portando con sé un piano di ambiziosi investimenti pubblici. Erano gli anni della rivoluzione industriale, quando poche cose sembravano impossibili per l’ingegno umano: alcuni pensarono che fosse possibile ricreare con i mezzi dell’epoca l’antico ponte di cui parla Strabone. E ricrearlo magari sotto le acque, depositando sul fondo dello stretto un lungo tubo d’acciaio in cui far passare i treni. Nel 1876 l’allora ministro dei Lavori pubblici, Giuseppe Zanardelli, dichiarò: «Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente».
Concretamente non si fece niente, perché nonostante l’ottimismo di quegli anni costruire un ponte sullo stretto di Messina è molto difficile, anche per la tecnologia del 2016. L’idea comunque sopravvisse e continuò a intersecare ciclicamente i piani di sviluppo del Mezzogiorno. Il devastante terremoto di Messina del 1908 fece mettere da parte i progetti per qualche anno, ma nel 1921 si tornò a parlare dell’ipotesi di un tunnel sottomarino. Benito Mussolini parlò un paio di volte del ponte, ipotizzando di costruirne uno dopo la guerra.
Altri progetti furono valutati negli anni Sessanta e Settanta. Poi, nel 1981, il governo Forlani creò la Stretto di Messina SPA. Nel settembre di quell’anno il presidente della società, Oscar Andò, ex sindaco di Messina e padre del sindaco dell’epoca, fece un primo sopralluogo sul sito dove si ipotizzava la costruzione e dichiarò: «Il consiglio di amministrazione, visionando le sponde dello stretto, ha voluto dare la dimostrazione che il progetto del ponte sta per entrare nella nuova fase preparatoria all’inizio dei lavori per realizzare la grandiosa opera».
Non se ne fece niente. Non ci furono né cantieri né lavori e per i vent’anni successivi la società Stretto di Messina SPA continuò ad aggiornare i suoi progetti nel disinteresse dell’opinione pubblica. Come ha raccontato Leonardo Tondelli (…), furono anni di importanti novità tecniche. L’idea di costruire un ponte a più campate venne definitivamente abbandonata. Lo stretto è così profondo, infatti, che è praticamente impossibile gettare nel mare i piloni di sostegno. Tra gli anni Ottanta e Novanta si decise che il ponte doveva essere costruito con un’unica campata, cioè senza sostegni nel mezzo.
I progetti elaborati nel corso degli ultimi 20 anni immaginano una struttura unica al mondo: sul lato siciliano, vicino al paese di Ganzirri, dovrebbe sorgere sulla terraferma un pilone alto come la Tour Eiffel, 300 metri. All’altro capo dello stretto, un pilone identico dovrebbe fornire il secondo sostegno al ponte: un unico arco lungo tre chilometri. Come nota Tondelli, non sarebbe soltanto il ponte a campata unica più lungo del mondo, ma batterebbe il record attuale, detenuto da un ponte in Giappone con una campata di poco meno di due chilometri, del 42 per cento.
Dopo un decennio di oblio, il ponte tornò improvvisamente sulle prime pagine di tutti i giornali durante la campagna elettorale del 2001, quando Silvio Berlusconi promise che avrebbe ripreso i lavori e che avrebbe terminato il ponte entro il 2012. Nel 2005 il consorzio Eurolink, composto tra gli altri dalla società Impregilo, vinse l’appalto per costruire il ponte e nel 2006 furono firmati gli ultimi accordi: il progetto era arrivato alla fase più avanzata della sua lunga storia.
In pochi però credevano che ci sarebbero stati altri passi in avanti e il ponte divenne rapidamente oggetto di innumerevoli sketch comici. La ragione di questo scetticismo sono gli immensi ostacoli che la costruzione del ponte presenta ancora oggi, come le difficoltà tecniche, la sismicità della zona, i dubbi sulla sua utilità economica e i costi, stimati in più di sei miliardi di euro. Come molti avevano previsto, questi problemi bloccarono ogni ulteriore progresso.
Il progetto fu fermato dal governo Prodi entrato in carica nel 2006, ci fu un tentativo di ripartenza nel 2008 con il nuovo governo Berlusconi, ma nel 2012 il governo Monti bloccò il progetto in una maniera che sembrò a molti definitiva. Nel 2013 la società Stretto di Messina SPA fu messa in liquidazione e da allora è gestita da un commissario.
Nessuno sa con esattezza quanto sono costati questi decenni di progettazioni, studi e false partenze. Nel 2009 la Corte dei Conti ha stimato che soltanto nel periodo 1982-2005 siano stati spesi quasi 130 milioni di euro. Altre stime portano il costo totale a circa 600 milioni di euro. È una cifra che potrebbe quasi raddoppiare se lo stato dovesse perdere la causa con Eurolink, la società che aveva vinto l’appalto per la costruzione del ponte e che oggi chiede 790 milioni di euro più interessi come risarcimento danni.
Molti pensano che il ponte di Messina sia soltanto una specie di chimera usata dai politici per raccogliere consensi in vista di importanti consultazioni elettorali. Sul Corriere della Sera Sergio Rizzo ha scritto che «non sbaglia chi interpreta l’annuncio di Renzi a favore del Ponte come una mossa per recuperare terreno in vista del referendum sulla riforma costituzionale». Per una volta, però, nell’annuncio di ripresa dei lavori potrebbe esserci anche un’altra ragione.
Quando ha detto che il governo «è pronto» a riprendere i lavori, Renzi era ospite di Salini-Impregilo, una delle più grande società di costruzioni in Italia. È anche una delle società che fanno parte del consorzio Eurolink, quello che a causa dello stop ai lavori ha chiesto 790 milioni di euro di danni allo stato. Esattamente due anni fa l’amministratore delegato della società, Pietro Salini, commentò così le voci su una possibile riapertura dei lavori: «Siamo disponibili a rinunciare alle penali se si fa il ponte? La risposta è “certo”». > >
DAVIDE M. DE LUCA
La storia del ponte è "el cuento de nunca acabar" come dicono gli spagnoli, il racconto che non finisce mai, senza fine. Io spero invece che si ponga davvero la parola fine a questa storia e che il ponte non si faccia. Definitivamente. La Sicilia resti un'isola, conservi almeno in parte la sua bellezza nonostante le devastazioni già subite, bellezza che le deriva anche dal suo essere isola. Ovviamente i fautori del ponte immaginano un futuro per la Sicilia dalle magnifiche sorti e progressive (in soldoni: affari, affari, affari, soldi, soldi, soldi). La bellezza per questi signori conta zero. Già quei due piloni alti come la torre Eiffel per rendere possibile la campata saranno uno sfregio a Scilla e Cariddi (per non parlare dei luoghi intorno alle torri che subiranno anch'essi sfregi irreparabili). Chi lo vuole davvero il ponte? Gli ambiziosi, i politici, gli industriali con le mani in pasta. Forse anche dei siciliani sprovveduti. Forse l'Unione Europea, anche il papa e la massoneria. Homo faber, questa "scimmia nuda" (copyright F. d'Arcais) ha sempre voglia di fare e di strafare. Vuole anche andare su Marte, buon viaggio.
RispondiElimina<< Io spero invece che si ponga davvero la parola fine a questa storia e che il ponte non si faccia. Definitivamente. >>
RispondiEliminaCaro Sergio, io credo che il Ponte, in realtà, non lo farà mai nessuno, non fosse altro che per i costi enormi, che le nostre povere casse statali non possono proprio permettersi.
Però vedrai che la Società (pubblica) che finge di gestire il progetto, continuerà ad esistere ancora a lungo, avendo come scopo primario quello di canalizzare altro denaro (ridotto, ma sicuro) in certe specifiche direzioni.
E la stessa cosa (mutatis mutandis), capiterà molto probabilmente con la TAV italo-francese.
D'accordo sul ponte (le ditte sono più interessate agli indennizi per le mancate realizzazioni del progetto). La TAV invece mi sembra ormai ben avviata, è notizia di questi giorni. Non voglio riaprire questo contenzioso, ma da quel che ho letto mi sembra anche questa un'opera inutile che deve farsi "per la ragion di Stato" (non si può darla vinta ai dimostranti e poi quei soldi finiranno in buone mani, c'è da scommettere).
Elimina<< La TAV invece mi sembra ormai ben avviata >>
EliminaMah, sulla Tav le notizie sembrano molto contraddittorie.
Tempo fa avevo letto che il governo francese si starebbe defilando e che, per quanto riguarda l'Italia, una parte delle somme stanziate sarebbe già stata utilizzata per impegni più urgenti.
Io ovviamente spero che salti tutto.
Ma - come sempre - gli interessi che stanno dietro sono enormi.
La Tav italiana e' stata pensata come "corridoio sud", alternativo al "corridoio nord": in altre parole per rendere facile la movimentazione delle merci da est a ovest anche nella parte meridionale dell'europa.
EliminaSe poi il progetto risponda a questa esigenza non ho idea.
Ma se avete presente come la prosperita' economica anche solo di un quartiere di una citta' sia legata al suo essere un luogo di passaggio e collegamento, capirete la motivazione sottostante al progetto (il sud italia e' arretrato per lo stesso motivo per cui lo era il friuli: perche' e' alla frontiera col nulla economico, e' un cul de sac).
Piu' che altro, e' probabile che, come il mose di venezia, sia stato pensato piu' per dare il massimo guadagno a chi lo costruisce che per dare la massima resa al minimo prezzo a vantaggio di quelli a cui dovrebbe servire. COme tutto il resto della spesa pubblica, del resto, il cui motto e': "il minimo del vantaggio al massimo del costo".
Se non sbaglio pero' stavolta il progetto e' stato rivisto per diminuire un po' i costi. Che con gli aumenti immancabili in corso d'opera, magari per una volta andremo alla pari, come costi, col preventivo iniziale.
EliminaOvviamente questo progetto fa parte della weltanschauung ecologistica generale di far andare risparmiosamente su ferro il trasporto, invece che su gomma o aria, per chi adesso cada dalle nuvole e se ne sia dimenticato.
E allo stesso identico modo che per la rottamazione delle automobili, l'apparato produttivo-regolatorio lo prende a pretesto per per moltiplicare i costi, la complessita', e la dipendenza da esso.
Lo stesso coi complicati contatori di calore che vengono ora installati obbligatoriamente per legge anche sui vecchi impianti, non so se avete visto come funzionano, consistono in un complicatissimo quanto farlocco metodo di calcolo del consumo che richiede la vigilanza continua dell'ennesimo professionista.
A proposito, l'installazione delle termovalvole non era assolutamente obbligatoria secondo la direttiva europea: anche stavolta l'hanno aggiunta i professionisti italiani che hanno stilato la legge, che nel suo complesso e' MOLTO piu' perfezionistica e costrittiva di quanto fosse richiesto.
Non impareremo mai.
<< Ovviamente questo progetto fa parte della weltanschauung ecologistica generale di far andare risparmiosamente su ferro il trasporto, invece che su gomma o aria >>
EliminaPuò darsi che, nel progetto iniziale, ci fosse anche questo zampino.
Certo è che, adesso, gli ecologisti italiani stanno tutti contro la TAV.
Ho idea che la circolazione frenetica delle merci (e delle persone) su e giù per il mondo sia destinata a calare drasticamente.
E tutta l'economia, data la sua struttura attuale, ne risentirà di conseguenza: le statistiche peggioreranno sicuramente, la qualità della vita forse no (boh ?).
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Elimina"Ho idea che la circolazione frenetica delle merci (e delle persone) su e giù per il mondo sia destinata a calare drasticamente."
RispondiEliminaSenno' che castrofista saresti... ;)
Ma non credo, e per almeno due motivi: uno, che anche l'ottimizzazione energetica-ecologica richiede un grande dispiego di risorse (anzi quello che evidenziavo sopra e' che e' attuata apposta, e' un pretesto per dispiegare piu' risorse), e due che il risparmio di energia da una parte (che ne so l'isolamento termico degli edifici) la rende disponibile da un'altra (la vacanza in jet in kenya, o il fine settimana a Londra).
Non e' teoria, e' quello che ci succede intorno di fatto. E se la teoria prevede diversamente, sbagliando previsione, e' perche' di solito, accecati dal pregiudizio, e un po' anche dalla retorica, facciamo i conti senza l'oste, vediamo solo cio' che ci fa piacere vedere per confermare i nostri pregiudizi.
Un esempio secondo me di questa ingenuita' e' Pallante, del quale a suo tempo comprai entusiasta e addirittura regalai ad amici il suo libro, ma ora che ho visto come vanno le cose in pratica, sono MOLTO piu' scettico, e cerco di evitare di fare l'"utile idiota" oltre il necessario: le istanze ecologiche di quel tipo servono solo da pretesto alla burocrazia per aumentare sempre di piu' la sua invadenza, e onestamente siamo gia' ben oltre il limite della sopportazione.
L'unica cosa che puo' semmai funzionare e' consumare piu' energia possibile in modo da esaurirla prima, altro che risparmio e ottimizzazione.
Cosi' ci togliamo dalle palle anche il martellamento mediatico del global warming da innalzamento della co2. C'e' gente che ancora si lamenta che il problema viene ignorato dai media: ma dove vivono, i media non parlano di altro, e pure l'intera industria si e' riciclata al business dell'eco, tutto adesso e' ecologico, pure il SUV, e non solo: SONO STATE FATTE LEGGI, A FUROR DI ECOLOGISTA, CHE TI COSTRINGONO A ROTTAMARE LA VECCHIA PANDA MA SE LA SOSTITUISCI COL SUV DA 2 TONNELLATE VA BENISSIMO, SEI A NORMA.
E ancora andiamo dietro a quei coglioni? Ho gia' dato. Io la panda che non puo' piu' circolare ferma da 18 anni ce l'ho ancora in garage (ci ero affezionato, a me una macchina durerebbe una vita, anche perche', una semplice come una panda a carburatore, me la so riparare da solo), ci pago pure il bollo, pardon tassa di proprieta' maggiorata perche' inquina, anzi inquinerebbe se circolasse ma non puo'.
Logico, no?
Personalmente mi astengo perche' va contro la mia natura, ma invito tutti gli altri a consumare e inquinare il piu' possibile, e' quello che merita questa gente. ;)
<< il risparmio di energia da una parte (che ne so l'isolamento termico degli edifici) la rende disponibile da un'altra (la vacanza in jet in kenya, o il fine settimana a Londra). >>
EliminaLo so.
E' il famoso paradosso di Jevons (di cui ho già parlato tempo fa), contro il quale pare sia impossibile combattere.
Però fa girare veramente le scatole.
<< Personalmente mi astengo perche' va contro la mia natura, ma invito tutti gli altri a consumare e inquinare il piu' possibile >>
EliminaSul primo punto mi complimento con te, e ti seguo.
Sul secondo, non mi riesce di dirlo con tanta disinvoltura, ma stai sicuro: là fuori c'è un mucchio di gente ben lieta di accontentarti.
Vorrei che si cogliesse il punto astraendo dal proprio, solito, ormai noioso: puo' anche darsi che facciano piu' loro, per l'ecologia, a lungo termine. Di sicuro fanno di piu' loro per NON far aumentare ulteriormente la complessita': stanotte pensavo che la mia Panda dell'88, senza tante dubbie puttanate elettroniche e con normale carburatore aspirato, non aveva quasi nulla che si potesse guastare o non fosse facilmente riparabile anche da un non esperto dotato di complicatissime apparecchiature, faceva 20 km con un litro, e con la tecnologia produttiva di adesso potrebbe costare meno di 5000 euri.
EliminaCon il pretesto dell'ecologia qualsiasi ammennicolo tecnologico direttamente correlato alla vita di tutti i giorni (auto, casa) sta diventando mostruosamente complicato (per obbligo di legge), impossibile da gestire in autonomia (casa) e continuamente abbisognoso di costosissima manutenzione. Secondo voi cio' non c'entra niente con la retorica ecologica di maniera, oggi tanto di moda? Il vero scopo qual e'?
E noi forse stiamo stupidamente continuando a portare acqua a questo andazzo. Mah. Salvo poi ponzare preoccupati sull'aumento della complessita'. E' un'autocritica, non una critica, a me non piacciono quasi mai le cose che faccio io, vedo che a posteriori succede sempre qualcosa di diverso di cio' che si era pensato e progettato, a volte controproducente, e che troppi sforzi di perfezionismo sono velleitari, anzi ormai deleteri.
<< Salvo poi ponzare preoccupati sull'aumento della complessita'. >>
EliminaCaro Diaz, credo che l'aumento della complessità sia una tendenza naturale di tutte le strutture organizzate, probabilmente ineliminabile ed irriducibile, e forse neppure gestibile.
La stessa evoluzione degli esseri viventi, anche se non va necessariamente verso la perfezione (come piace credere a noi narcisi umani), va sicuramente verso l'aumento della complessità.
La quale può finire in un modo solo: con il crollo finale (fisico o metaforico).
Mi pare che ci sia da notare che la tecnologia (memi, o spirito che dir si voglia) ha ultimamente un andamento di crescita della complessita' esponenziale, molto piu' della popolazione (materia), e che l'esito sia imprevedibile se non altro per l'unicita' della situazione :)
EliminaPero' solo secondo i catastrofisti la complessita' va ancora e sempre aumentata per editto statale: per allontanare il rischio di collasso... un genuino movimento per la riduzione della complessita', o perlomeno l'inversione di tendenza, non mi pare abbia alcuna voce a livello politico, se non in modo contraddittorio e incongruente (vedi pallante-grillo). Anche per questo trovo molto discutibili le posizioni di alcuni dei siti elencati nella spalletta a destra.
A questo punto mi piace citare il pianeta dei Krell, quello del film degli anni '50, Forbidden Planet. Spoiler: finisce con un'esplosione galattica.
<< un genuino movimento per la riduzione della complessita', o perlomeno l'inversione di tendenza, non mi pare abbia alcuna voce a livello politico, se non in modo contraddittorio e incongruente (vedi pallante-grillo). >>
EliminaPiacerebbe anche a me.
Ma forse, se solo quello passa il convento, non sarà che la riduzione della complessità ha pochissimo appeal ?
Perchè quando aumenta la complessità il vantaggio appare immediato, mentre la perdita è ritardata.
Quando si riduce la complessità, invece, avviene l'inverso: prima l'apparente svantaggio e poi, magari, il guadagno.
Una sequenza pochissimo amata dai politici (e anche dalla maggioranza della gente comune).
Il ponte sullo stretto probabilmente e' un progetto obsoleto, del genere "pannelli fotovoltaici" e "sostituzione della illuminazione coi led" quando la tecnologia e' ancora immatura, cioe' di scarsa qualita' e costosissima, controproduttiva.
RispondiEliminaObsoleto perche' una campata di quella luce ha bisogno di cavi di sostegno la cui maggior parte del peso serve a sostenere se stessi, siamo ai limiti se non oltre della tecnologia attuale, non e' per caso se ponti con campate di quella luce non ce ne sono.
Finche' non vengono fuori nuove tecnologie dei cavi, con un rapporto resistenza/peso molto piu' favorevole, a fibra di carbonio o roba del genere, e si aspetta che maturino a sufficienza in moo da costare poco e rendere tanto, sono soldi buttati nel cesso.
Ovvio che i "talebani del fare" di fronte a questa obiezione hanno gioco facile a dire che l'italia e' il paese del NO, e che bisogna fare fare fare senza pensarci su troppo, l'importante e' cambiare. Deficienti.