LUMEN – Abbiamo oggi con noi Bruno Leoni, uno dei più importanti politologi italiani del ‘900, che ringraziamo vivamente per la cortesia.
LEONI – Grazie a voi per avermi invitato.
LUMEN - Professor Leoni, una delle tutele più importanti dei cittadini contro l’arbitrio del potere è indubbiamente la certezza della norma scritta.
LEONI – In effetti, la concezione greca della certezza del diritto era quella di un diritto scritto. Essa si fondava sulla necessità principale di evitare prepotenze e tirannidi. Ma il ‘diritto scritto decretato’ non assicura certezza, perché può essere legalmente cambiato in ogni momento, il che impedisce di fare previsioni sulle proprie azioni future, non conoscendo in principio quale normativa allora sarà in vigore.
LUMEN – Questo è vero.
LEONI - Proprio per questo i greci avevano sviluppato complessi sistemi per evitare modificazioni precipitose delle norme. In questa prospettiva, tutti gli ordinamenti fondati sulla legislazione ‘decretata’ dovrebbero essere considerati ordinamenti a breve termine, perché nulla esclude che domani la legge venga cambiata.
LUMEN – Quindi il problema è più complesso di quello che sembra.
LEONI – E non da oggi. In altre epoche storiche, la sensibilità per la certezza del diritto sul lungo periodo era ben maggiore. I Romani accettavano e applicavano un concetto di certezza del diritto molto stretto, nel senso che il diritto non doveva mai essere soggetto a cambiamenti improvvisi e imprevedibili. In più, il diritto non doveva mai essere subordinato alla volontà o al potere arbitrario di qualsiasi assemblea legislativa e di qualsiasi persona, compresi i senatori e gli altri magistrati importanti dello stato.
LUMEN – Qualcosa di simile, se non sbaglio, valeva anche in Inghilterra.
LEONI - Secondo il principio inglese della ‘rule of law’, che è strettamente intrecciato con tutta la storia della ‘common law’, le norme non erano propriamente il risultato dell’esercizio della volontà arbitraria di uomini particolari. Esse sono oggetto di una indagine spassionata da parte delle corti di giustizia, proprio come le norme romane erano oggetto di una ricerca spassionata da parte dei giuristi romani cui le parti sottomettevano le loro cause.
LUMEN – Alla libertà giuridica finisce poi per associarsi, inevitabilmente, anche la libertà economica.
LEONI – Se ammettiamo che la libertà individuale negli affari, cioè il libero mercato, è uno dei caratteri essenziali della libertà politica concepita come assenza di costrizione esercitata da altri, autorità comprese, dobbiamo anche concludere che la legislazione in questioni di vita privata è fondamentalmente incompatibile con la libertà individuale. E la certezza del diritto consiste sempre nel continuo fluire della produzione giurisprudenziale e non nella decretazione di un legislatore, per quanto ottimamente motivato.
LUMEN – Quindi un flusso dal basso e non dall’alto.
LEONI – Esattamente. Purtroppo la libertà individuale in tutti i paesi occidentali è stata gradualmente ridotta negli ultimi cent’anni, e questo non soltanto - o non principalmente - a causa di abusi e usurpazioni da parte di funzionari che agiscono contro la legge, ma anche perché la legge - cioè la legge scritta - autorizza i funzionari a comportarsi in modi tali, che la legge precedente avrebbe giudicato come una usurpazione di potere e un abuso nei confronti della libertà dei cittadini.
LUMEN – Quindi, anche il principio della legge scritta non è sufficiente a garantire la libertà.
LEONI – In effetti il vero attentato alla libertà risiede nel processo di legislazione, fondato sul mito della rappresentanza e della maggioranza. Se si considera che in una società democratica nessun processo legislativo ha luogo senza dipendere dal potere del numero, si deve concludere che probabilmente questo processo è in molti casi incompatibile con la libertà individuale. Il voto implica una forma di coercizione, e la decisione politica si raggiunge con una procedura che implica coercizione. Il votante che perde, fa inizialmente una scelta, ma alla fine deve accettarne una da lui precedentemente rifiutata: il suo processo decisionale è stato rovesciato.
LUMEN – Ma come si può fare a meno del principio di maggioranza ?
LEONI - All’inizio, il principio di rappresentanza non implicava necessariamente che la decisione del gruppo dei rappresentanti potesse essere adottata a maggioranza: una cosa è la rappresentanza, una cosa è la decisione a maggioranza. L’idea di un nesso fra rappresentanza e regola di maggioranza si fece strada nella sfera politica tramite i concili ecclesiastici che la trassero dal diritto delle persone giuridiche; ma anche nella Chiesa i canonisti ritenevano che le minoranze avevano certi diritti innegabili e che le questioni di fede non potessero essere decise con semplici maggioranze.
LUMEN – Certo, pensare che i dogmi di fede possano essere decisi a maggioranza fa veramente sorridere. Ma proseguite, vi prego.
LEONI – In effetti, molti autori hanno messo in luce la forzatura insita nel consentire la decisione a maggioranza nelle assemblee di rappresentanti. John Stuart Mill, per esempio, affermava che «L’elezione popolare, così praticata, invece di essere una garanzia contro il malgoverno, è solo una ruota addizionale del suo ingranaggio».
LUMEN – Addirittura. E dunque ?
LEONI - Dunque, nessun sistema rappresentativo basato su elezioni può funzionare bene, ove le elezioni siano tenute allo scopo di raggiungere decisioni collettive tramite la regola di maggioranza o qualunque altra regola il cui effetto è di coercire la parte perdente dell’elettorato. Perciò i sistemi ‘rappresentativi’ come di solito concepiti, in cui elezione e rappresentanza sono connesse, risultano incompatibili con la libertà individuale, nel senso di libertà di scegliere, autorizzare e istruire un rappresentante.
LUMEN – Sembra un paradosso.
LEONI - In buona sostanza, il sistema della rappresentanza e della decisione a maggioranza dissimula un sistema di selezione delle elites, in competizione per la leadership in un dato momento storico. Ovviamente, poi, la legislazione dettata dalla elite al governo costituisce il diritto di tutti (per il tempo che dura). Ma se non si evidenzia tale passaggio, si corre il rischio di considerare corretta ogni normativa, purché adottata in ossequio alla procedura di formazione della legge.
LUMEN – E questo dove potrebbe portare ?
LEONI – Potrebbe condurre alla distruzione globale della libertà individuale di scelta, nella politica, come nel mercato e nella vita privata, perché il punto di vista giuridico contemporaneo comporta una sempre maggiore sostituzione delle decisioni collettive alle scelte individuali, e l’eliminazione progressiva degli aggiustamenti spontanei, non solo fra domanda e offerta, ma anche fra ogni tipo di comportamento, attraverso procedure rigide e coercitive come quella della regola di maggioranza.
LUMEN – Una prospettiva a cui non viene facile pensare.
LEONI – Intendiamoci. Non è che dovrebbe essere abolita tout court la democrazia rappresentativa; ma, una volta preso atto che nel nostro tempo l’estensione dell’area in cui sono ritenute necessarie decisioni collettive è stata fortemente sovradimensionata, si dovrebbe ridurre il più possibile le decisioni collettive all’alveo strettamente essenziale.
LUMEN – Ma, in concreto, cosa si dovrebbe fare ?
LEONI - Questa grande rivoluzione passerebbe necessariamente per una costituzione che privilegi l’area della legge non scritta rispetto a quella della legge scritta; che concepisca la certezza del diritto come certezza a lungo termine; che cauteli il potere giudiziario separandolo il più possibile dal potere esecutivo. e che quindi riconosca la giurisprudenza come fonte principale di diritto.
LUMEN – Quindi una volontà comune da intendersi in senso lato.
LEONI – In effetti, il termine ‘volontà comune’ ha un significato molto più ampio e convincente di quello adottato dai sostenitori delle decisioni collettive. E’ la volontà che emerge dalla collaborazione di tutte le persone interessate senza ricorso alle decisioni di gruppo e ai gruppi di decisione. Le decisioni collettive possono corrispondere ad una volontà comune - e quindi possono essere legittimamente adottate – solo quando possiamo presumere che l’oggetto di quelle decisioni sarebbe approvato, in circostanze simili, da tutti i membri del gruppo, compresi i membri di minoranza che al momento ne sono vittime.
LUMEN – E se questo non è possibile ?
LEONI - In tutti gli altri casi, la volontà comune deve emergere, come abbiamo detto, dalla formazione del diritto in sede giudiziaria, secondo i canoni per secoli adottati nel diritto romano classico e nella ‘common law’ inglese.
LUMEN – Sembra più facile a dirsi che a farsi.
LEONI – Non è detto. Storicamente, i periodi più fecondi della civiltà occidentale sono stati quelli in cui il diritto è sorto “dal basso”, attraverso l’anonima e secolare stratificazione di decisioni giurisprudenziali e che le opere di codificazione (Giustiniano, Napoleone) si sono limitate a cristallizzare quello che era il diritto pretorio al momento della codificazione.
LUMEN – Questo è vero.
LEONI - Il problema nacque nel XIX secolo, quando il fatto che nei codici e nelle costituzioni originari il potere legislativo si limitasse a compendiare un diritto che non aveva decretato, fu gradualmente dimenticato o considerato di poco conto a paragone del fatto che sia i codici sia le costituzioni erano state emanate da corpi legislativi, i cui membri erano i ‘rappresentanti’ del popolo.
LUMEN - E si trattò, in effetti, di un cambiamento epocale.
LEONI - Ci si deve dunque liberare dall’idea platonica per cui la libertà coincide con l’ambito di operatività della legge scritta: tale conclusione è valida solo se l’unica alternativa alla legge scritta è l’arbitrio di un tiranno. Ma questa alternativa non è l’unica né, forse, la più importante.
LUMEN – Una conclusione ineccepibile. Grazie professore, siete stato davvero illuminante.
LEONI – Illuminante per chi vuol vedere. Purtroppo le cose sembrano andare per una strada diversa. E la libertà dei cittadini appare sempre più limitata.
LUMEN - Come avete ragione !