Un modello di cui non avevo mai sentito parlare, ma che appare
piuttosto interessante, è quello ideato dall’ambientalista americano
John Michael Greer, e che prende il nome di “collasso catabolico”. Ce ne
parla lo stesso Greer nell’articolo che segue (tratto
dal blog Effetto Risorse).
LUMEN
<< Il processo che alimenta il collasso delle civiltà ha una base sorprendentemente semplice: la discrepanza fra costi di capitale per la manutenzione e le risorse disponibili per soddisfare quei costi.
Il capitale qui si intende nel senso più ampio del termine e
comprende tutto ciò in cui una civiltà investe la propria ricchezza:
edifici, strade, espansione imperiale, infrastrutture urbane, risorse di
informazione, personale qualificato o quello che
volete. Il capitale di ogni tipo deve essere mantenuto e mentre una
civiltà aggiunge [risorse] alla propria riserva di capitale, i costi di
manutenzione aumentano costantemente, finché il fardello che pongono
sulle risorse disponibili di una civiltà non può
essere più sostenuto.
Il solo modo per risolvere il conflitto è di permettere che una parte del capitale sia convertito in rifiuti, di modo che i suoi costi di mantenimento scendano a zero ed ogni risorsa utile racchiusa nel capitale possa essere passata ad altri usi. Essendo gli esseri umani quello che sono, la conversione di capitale in rifiuti generalmente non viene portata avanti in modo calmo e razionale; piuttosto, i regni cadono, le città vengono saccheggiate, le élite dominanti vengono fatte a pezzi da folle urlanti e cose del genere.
Se una civiltà dipende da risorse rinnovabili, ogni giro di distruzione di capitale è seguito da un ritorno ad un relativa stabilità e il ciclo ricomincia da capo. La storia della Cina imperiale è un buon esempio di come questo succede nella pratica.
Se una civiltà dipende da risorse non rinnovabili per funzioni
essenziali, comunque, distruggere parte del proprio capitale genera
soltanto un piccolo rinvio della crisi dei costi di mantenimento.
Una volta che la base di risorsa non rinnovabile supera il punto in cui comincia ad esaurirsi, ce n'è sempre meno disponibile ogni anno a seguire per soddisfare i costi di mantenimento rimasti e il risultato è lo schema a gradini di declino e caduta così familiare nella storia: ogni crisi porta ad un giro di distruzione di capitale, che porta ad una rinnovata stabilità, che apre la strada alla crisi quando la risorsa di base diminuisce ulteriormente.
Ancora, essendo gli esseri umani quello che sono, questo processo non viene portato avanti in modo calmo e razionale; la differenza qui è semplicemente che i regni continuano a cadere, le città continuano a venire saccheggiate, le élite dominanti vengono massacrate una dopo l'altra in modi sempre più inventivi e coloriti, finché la contrazione finalmente abbia proceduto sufficientemente, [in modo] che il capitale rimasto possa essere sostenuto dalla riserva disponibile di risorse rinnovabili.
Questa è una descrizione sommaria della teoria del collasso catabolico, il [mio] modello di base di declino e caduta delle civiltà. Ciò che voglio fare qui è approfondire un po' di più le implicazioni sociali della teoria.
E' comune oggigiorno sentire la gente insistere che la nostra
società è divisa in due e solo due classi, una classe di élite che
riceve tutti i benefici del sistema e tutti gli altri, che ne portano
tutti i fardelli. La realtà, nella nostra così come in
ogni altra società umana, è parecchio più sfumata.
E' vero, naturalmente, che i benefici si spostano verso il vertice della scala della ricchezza e del privilegio e i pesi vengono spinti verso il basso, ma in gran parte dei casi – il nostro incluso a pieno titolo – bisogna andare molto in giù sulla scala prima di trovare gente che non ha alcun beneficio.
Bisogna ammettere che ci sono state alcune società umane nelle
quali la maggior parte della gente ha tali benefici dal sistema, [che]
consentirà loro di continuare a funzionare finché non cadranno.
I primi tempi della di schiavitù nelle piantagioni negli Stati Uniti e nelle isole dei Caraibi, quando la vita media di uno schiavo dall'acquisto alla morte era al di sotto dei 10 anni, ricadeva in quella categoria. (…) Questi sono casi eccezionali. Emergono quando il costo del lavoro non specializzato scende vicino allo zero e sia i profitti abbondanti sia le considerazioni ideologiche rendo il destino dei lavoratori una questione di indifferenza totale ai propri padroni.
Sotto una qualsiasi serie di condizioni, tali accordi sono antieconomici. E' più redditizio, nel complesso, consentire tali benefici aggiuntivi alla classe operaia in quanto permetterà loro di sopravvivere e metter su famiglia e per motivarli a fare più del minimo sindacale che sfuggirà alla frusta del sorvegliante.
Questo è ciò che genera l'economia contadina standard, per esempio,
in cui il povero contadino paga i proprietari terrieri col lavoro e con
una parte della produzione agricola per avere accesso alla terra.
Ci sono moltissimi accordi simili, in cui le classi lavoratrici fanno il lavoro, le classi dominanti permettono loro l'accesso al capitale produttivo e i risultati vengono suddivisi fra le due classi in una proporzione che permette alle classi dominanti di diventare ricche e alle classi lavoratrici di cavarsela. (…)
In termini di distribuzione di lavoro, capitale e produzione, le
ultime offerte del mercato del lavoro odierno sono indistinguibili dagli
accordi fra il proprietario terriero Egiziano e i contadini che
piantavano e raccoglievano nei loro campi.
Più una società diventa complessa, più diventa intricato il sistema di caste che la divide e più vari sono i cambiamenti che vengono giocati su questo schema di base. Una società medievale relativamente semplice potrebbe tirare avanti con quattro caste; il modello feudale giapponese, che divideva la società in aristocratici, guerrieri, contadini e una categoria generica di commercianti, artigiani, intrattenitori e cose simili, è un esempio come un altro.
Una società stabile prossima alla fine di una lunga era di espansione, per contro, potrebbe avere centinaia o persino migliaia di caste distinte, ognuna con la propria nicchia nell'ecologia sociale ed economica di quella società.
In ogni caso, ogni casta rappresenta un equilibrio particolare fra
benefici ricevuti e pesi pretesi, e data una economia stabile
interamente dipendente da risorse rinnovabili, un tale sistema può
proseguire intatto per molto tempo.
[Se] includiamo il processo di collasso catabolico, tuttavia, un sistema altrimenti stabile diventa una fonte di instabilità a cascata. Il punto che deve essere afferrato qui è che le gerarchie sociali sono una forma di capitale, nel senso ampio menzionato sopra.
Come le altre forme di capitale incluse nel modello del collasso
catabolico, le gerarchie sociali facilitano la produzione e la
distribuzione di beni e servizi ed hanno dei costi di manutenzione che
devono essere soddisfatti,
Se i costi di manutenzione non vengono soddisfatti, come con qualsiasi altra forma di capitale, le gerarchie sociali vengono trasformate in rifiuti; smettono di adempiere alla loro funzione economica e diventano disponibili per il recupero. (…) Mentre i costi di manutenzione (…) cominciano a salire verso il punto di crisi, gli angoli vengono tagliati e la negligenza maligna diventa l'ordine del giorno. Fra le varie forme di capitale, però, alcune danno benefici alla gente sulla scala della gerarchia sociale più che alla gente su altri livelli.
Quando il bilancio di manutenzione si restringe, la gente di solito
cerca di proteggere le forme di capitale che gli danno benefici diretti
e spinge i tagli in forme di capitale che invece danno benefici ad
altri.
Siccome la capacità di ogni persona di influenzare dove vanno le risorse corrisponde in modo molto preciso alla posizione di quella persona nella gerarchia sociale, ciò significa che le forme di capitale che danno benefici alla gente in fondo alla scala vengono tagliate prima.
Ora naturalmente questo non è quello che sentite dire agli
americani oggi e non è ciò che sentite dire dalla gente di una società
che si avvicina al collasso catabolico. Quando la contrazione si
instaura (…), la gente tende a prestare più attenzione a
qualsiasi cosa sta perdendo che qualsiasi perdita più grande sofferta da
altri. (…) Questa cosa è inevitabile in una lotta per le fette di una
torta che si restringe. >>
JOHN MICHAEL GREER
(continua)
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