La chiave per comprendere i flussi energetici di una civiltà è contenuta nell’acronimo EROEI (Energy returned on energy
invested), ovvero “Energia ottenuta in rapporto all’energia investita”.
Una
civiltà entra in crisi quando il suo EROEI diminuisce, perché ciò vuol
dire che l’energia NETTA disponibile si riduce e quindi tutte le
attività economiche diventano più difficili e costose.
A cominciare, per esempio, dalla manutenzione delle
infrastrutture, la cui funzionalità, nella società
occidentale, diamo troppo spesso per ovvia e scontata, nonostante la
loro intrinseca fragilità.
E
proprio del collegamento tra EROEI ed infrastrutture ci parla Antonio
Turiel, in questo bellissimo articolo (da Effetto Cassandra).
LUMEN
<< Il problema dell'insostenibilità delle infrastrutture della società moderna è molto più grave ed ha una portata molto più profonda di quanto la maggior parte della gente immagini, (…) al punto che si può dire, senza esagerare, che il possibile collasso di queste infrastrutture costituisce una delle minacce più grandi alle quali dovremo far fronte nei prossimi anni. Farò alcuni esempi.
Uno dei problemi che dovrà affrontare una società dalle risorse magre è quello della gestione delle installazioni nucleari.
Abbiamo
già parlato diverse volte dei vari rischi associati all’energia
nucleare e in particolare dei problemi di manutenzione degli impianti
nucleari. Per esempio, in questo momento il costo
della catastrofe di Fukushima in Giappone è valutata in 100.000 milioni
di dollari. Un costo esorbitante che supera ampiamente i benefici netti
che potevano dare le 6 centrali per tutta la loro vita utile. (…)
Queste centrali producevano 33.000 Gw/h di elettricità all'anno. Considerando un prezzo medio approssimativo di 20 centesimi di dollaro per Kw/h come valore commerciale di tutta questa elettricità annua sarebbero 6.600 milioni di dollari.
Anche
con un margine commerciale del 50%, queste centrali darebbero un
beneficio annuo di 3.300 milioni di dollari, per cui rimediare a questo
disastro equivale a tutto il beneficio economico
atteso dalle centrali in 30 anni. (…)
E in queste stime non si fornisce un orizzonte temporale, per quanto tempo dureranno le contenzioni impiegate.
Ricordando l'altro grande incidente nucleare, quello di Cernobyl, recentemente si è saputo che una parte del reattore distrutto è cadente e questo mette più pressione perché si proceda alla costruzione del secondo sarcofago, visto che si sono rilevate numerose infiltrazioni nel primo (frutto dell'azione dell'inclemenza del clima e dell'erosione radioattiva), il quale ha un costo stimato di 1.500 milioni di euro e si spera che duri 100 anni.
E' facile supporre che entro 100 anni dovrà essere di nuovo sostituito e che pertanto il costo dell'installazione (ora improduttiva in termini energetici) possa essere facilmente di varie migliaia di milioni di euro da oggi per diversi decenni (è difficile credere che durerà un secolo intero quando i processi di deterioramento che agiscono su tale installazione sono in parte sconosciuti).
Senza
arrivare a questi casi estremi, vale la pena di ricordare che non è
stata ancora smantellata nessuna centrale nucleare nel mondo alla fine
della sua vita utile, processo che è molto
lento – dura circa 50 anni. (…)
Un altra infrastruttura la cui complessità è andata crescendo senza che ci sia alcun piano di sostenibilità associato è la rete elettrica nel suo insieme, tenendo in considerazione sia la distribuzione sia la produzione.
I
costi impliciti della folle espansione e dell'incapacità di conservare
sia la forza generatrice sia la capacità di trasporto in rete portano a
interruzioni ripetute e dalle gravi conseguenze.
(…)
In
Giappone il disciplinato popolo nipponico ha tollerato pazientemente le
restrizioni al consumo fino al 30%, necessarie dopo l'incidente di
Fukushima, In Francia il presidente Hollande ha
proibito di mantenere accese le luci delle vetrine e dei negozi e parte
dell’illuminazione pubblica durante la notte.
E non è solo la generazione è in discussione, anche la stessa rete presenta problemi di costi di manutenzione crescenti. Spesso si è denunciata la complessità e l’alto costo della manutenzione della rete elettrica degli Stati Uniti, al punto che la Società degli Ingegneri Elettrici ed Elettronici (IEEE) denunciava anni fa la necessità di sostituire più del 40% della rete, antica di circa 100 anni, con un costo elevatissimo, se si voleva evitarne il collasso.
In
Spagna i problemi con la rete sono ricorrenti, anche se qui il problema
viene più dal de-investimento delle compagnie elettriche che controllano
il mercato che non dall'obsolescenza delle
reti. In ogni caso, il ringiovanimento e la sostituzione della rete
elettrica si prospetta problematica se dovesse sopravvenire il picco del
rame. (…)
Sicuramente
il rame si può riciclare, ma a quale costo energetico? E come si
possono soddisfare le necessità delle potenze emergenti?
Se la rete elettrica è in pericolo, in un mondo che non può permettersi di pagare fatture energetiche sempre più care, la situazione non è migliore per il resto delle infrastrutture.
Il
cemento armato soffre di un problema di obsolescenza gravissimo che
limita la vita utile (…) ad un secolo come massimo, 50 anni nella
maggior parte dei casi e molte infrastrutture cruciali
stanno già raggiungendo quell'età.
Il
costo di rimpiazzare tutti i ponti, le strade, i canali sotterranei, le
dighe e gli edifici è stimato in 3 miliardi di dollari solo negli Stati
Uniti.
Il problema è conosciuto da molto tempo e la sua soluzione è tecnicamente semplice, ma l'alternativa costruttiva è più lenta, cara e al fine di mantenere un BAU sfrenato e crescente è sempre stata disdegnata.
Di
nuovo, il sistema che è stato imposto si basa sull'ipotesi di avere
accesso a quantità illimitate di energia e la mancanza della stessa
genera un problema che si aggrava esponenzialmente
nella misura in cui la durata di vita dell'infrastruttura si sta
esaurendo.
I
Romani hanno costruito strade ed acquedotti che sono sopravvissuti 2000
anni; la nostra civiltà lascerà poche tracce che possono sopravvivere ai
nostri nipoti.
Non è solo il capitale fisico quello che, per la sua scarsa qualità e per la sua grande dipendenza dall'energia futura, viene distrutto. Sta svanendo anche il capitale umano e la capacità di trasformarsi propria di una società industriale. (…)
La
maggioranza della popolazione è così abituata ai miracoli tecnici
quotidiani che non si rendono conto di quale impresa sia fabbricare un
pannello fotovoltaico o fare manutenzione ad un
aereo.
Con
lo sprofondamento dell'industria si perdono le fabbriche, gli strumenti
specifici e si perde anche il capitale umano che un giorno gli aveva
dato un senso. (…)
Potremmo
incontrarci in poco tempo con una incapacità reale di provvedere a
certe forniture chiave e di mantenere certe infrastrutture la cui
riparazione aveva una complessità della quale
non eravamo coscienti.
Il degrado delle infrastrutture e del capitale fisico e umano che le sostengono hanno una radice profonda, come sappiamo, nel declino energetico, e disgraziatamente lo va a ri-alimentare.
Proprio
nel momento in cui avremmo bisogno di incrementare più che mai la
nostra disponibilità energetica, questa diminuisce. Proprio quando la
bolla finanziaria è più grande che mai e che
il capitale che abbiamo preso in prestito dal futuro è il più grande
della Storia, ci troviamo in una situazione nella quale la crescita
economica è impossibile. >>
ANTONIO TURIEL
Ma se si trovasse la pietra filosofale, cioè energia illimitata (per es. grazie alla fusione nucleare), si risolverebbero con ciò tutti i problemi dell'umanità? Energia illimitata e a basso prezzo significherebbe continuare, anzi incrementare l'andazzo attuale della crescita economica che oggi come oggi significa produrre ... immondizia (o cose non veramente necessarie). Certo si può anche credere che grazie all'energia a buon mercato e ai fantastici progressi tecnologici si risolverebbe facilmente anche il problema dei rifiuti, e tanti tanti altri problemi (quelli attuali e i futuri).
RispondiEliminaIo aspetto sempre una discussione seria sulla crescita: se una crescita illimitata in un mondo finito sia possibile, quanta crescita sia ancora possibile o ipotizzabile e auspicabile ecc. Praticamente ogni volta che accendo il televisore sento parlare di crescita, se la produzione aumenta o ristagna oppure - oddìo oddìo - è in calo, se i titoli in borsa salgono ecc. Si vendono meno auto e meno Fiat: alla buon'ora, vivaddìo! E invece è un piagnisteo generale.
Sembra che gli europei, per colpa delle politiche attuate, siano in grosse difficoltà, anzi alla fame (soprattutto per colpa della Germania). Ma non sento una sola parola sui 700-800 mln che la fame la soffrono davvero e su quei 2 miliardi che campano con un paio di dollari al mese (che non sono tanti, anche se il loro potere d'acquisto è più elevato).
Insomma, ci lagniamo ma c'è chi sta molto peggio di noi. E chi sta peggio vuole ovviamente star meglio, cioè crescere per quanto benessere non sia sinonimo di crescere).
<< Ma se si trovasse la pietra filosofale, cioè energia illimitata (per es. grazie alla fusione nucleare), si risolverebbero con ciò tutti i problemi dell'umanità? >>
RispondiEliminaCaro Sergio, come dici giustamente tu, questa certamente non sarebbe una prospettiva desiderabile.
Tanta energia vuol dire anche tante persone e quindi tanti rifiuti (nel senso più ampio di materiale non riciclabile dall'ecosistema) e proprio di questo si è ammalata la nostra civiltà.
Chissà, forse i nostri pro-nipoti, un giorno, potrebbero studiare a scuola che il crollo dell'energia fossile a basso prezzo è stato l'evento che ha salvato l'umanità.