Si sente dire spesso, dalle persone più sensibili ai problemi ambientali, che l’uomo dovrebbe avere più cura, attenzione e rispetto per la Natura e per il pianeta Terra nel suo insieme, visto come una sorta di entità a sé stante (la cosiddetta ipotesi Gaia).
Può darsi che sia vero.
Ma può anche darsi che la Terra e la Biosfera abbiano una resilienza tale che i nostri disastri li lascino quasi del tutto indifferenti e che l’unica vera vittima del nostro comportamento dissennato saremo noi stessi (oltre alle specie viventi più sfortunate, che stiamo portando all’estinzione con noi).
Ecco, sull’argomento, il parere della scienziata ambientalista Gail Tverberg, che ci fornisce anche qualche utile consiglio su come (tentare di) invertire la tendenza (da Effetto Cassandra).
LUMEN
<< La Terra ha sempre avuto a che fare col problema del cambiamento delle condizioni per oltre 4 miliardi di anni.
La Terra è un sistema finito. La natura fa in modo che i sistemi finiti, come la Terra, passino ciclicamente a nuovi equilibri di stato nel tempo, man mano che cambiano le condizioni. Mentre a noi piacerebbe sconfiggere questa tendenza della Terra a questo proposito, non è del tutto chiaro se possiamo farlo. Il cambiamento nel clima è probabile che sia parte di questo passaggio ciclico a nuovi stati.
Un cambiamento di stato è motivo di preoccupazione per gli esseri umani, ma non necessariamente per la Terra in sé. La Terra è passata da stato a stato molte volte durante la sua esistenza e continuerà a farlo in futuro. I cambiamenti riporteranno la Terra ad un nuovo equilibrio. Per esempio, se i livelli di CO2 sono alti, è probabile che diventino dominanti le che specie possono fare uso di livelli di CO2 più alti (come le piante), piuttosto che gli esseri umani.
Come possano avvenire esattamente questi cambiamenti di stato è oggetto di diversi punti di vista. Uno è che il cambiamento dei livelli di CO2 sia un fattore primario. L'articolo di Nature cui ho fatto riferimento prima suggerisce l'aumentato disturbo degli ecosistemi naturali (come un più ampio uso di biomasse) possa forzare un cambiamento di stato.
Personalmente credo che un collasso finanziario collegato ad alti prezzi del petrolio potrebbe essere parte dell'approccio della Natura nel muoversi verso un nuovo stato. Potrebbe portare ad una riduzione del commercio mondiale, un ridimensionamento delle emissioni di CO2 ed una contrazione generale dei sistemi umani.
Tuttavia il cambiamento che ha luogo potrebbe essere improvviso. Non piacerà a molte persone, visto che molti non saranno preparati ad esso. (…)
Sarebbe utile se potessimo rallentare le emissioni di CO2 lavorando per produrre energia con meno CO2. Questa opzione non sembra funzionare bene comunque, quindi direi che abbiamo bisogno di lavorare in un'altra direzione: riducendo il bisogno umano di energia esterna.
Per fare questo, suggerirei due grandi passi:
(1) Riduzione della popolazione mondiale, attraverso politiche di un figlio a coppia ed accesso universale a servizi di pianificazione famigliare. Questo passo è necessario perché l'aumento di popolazione si va ad aggiungere alla domanda. Se dobbiamo ridurre la domanda, diminuire la popolazione deve giocare un ruolo.
(2) Spostare la nostra enfasi nel produrre localmente beni essenziali, piuttosto che esternalizzarli in parti del mondo che usano probabilmente carbone per produrli (senza contare i trasporti – n.d.t.). Consiglierei di partire da cibo, acqua, vestiario e dalla filiera necessaria per produrre questi articoli.
Spostare la nostra enfasi nel produrre localmente beni essenziali avrà benefici multipli:
(a) aggiungerà posti di lavoro locali,
(b) porterà ad una minore crescita nel mondo nell'uso di carbone,
(c) risparmierà nei combustibili per il trasporto,
(d) aggiungerà protezione all'impatto negativo del declino dell'offerta mondiale di petrolio, se questo dovesse avvenire in un futuro non troppo lontano.
Questo aiuterebbe anche a ridurre le emissioni di CO2. I costi dei beni sarebbero probabilmente maggiori usando questo approccio, portando così meno “cose” per persona, ma anche questo è parte del raggiungimento della riduzione di emissioni di CO2.
E' difficile vedere come i passi sottolineati sopra sarebbero accettabili ai leader mondiali o alla maggioranza della popolazione mondiale. Così, ho paura che finiremo per ricadere nel piano della Natura discusso sopra. >>
GAIL TVERBERG
Un bel testo per tante riflessioni. Per esempio l'assoluta irrilevanza della nostra specie nell'evoluzione della terra e del cosmo. La terra continuerà a girare intorno al sole anche quando il sapiens al quadrato si sarà estinto, per la propria stupidità o per eventi maggiori imprevisti (cataclismi naturali, carestie, impatti di grossi asteroidi, un lampo gamma). Non conosciamo l'inizio della "storia" (attualmente la teoria del big bang tiene) e non sappiamo a cosa tende l'evoluzione dell'universo.
RispondiEliminaSia come sia vogliamo però vivere il più a lungo possibile e nelle migliori condizioni possibili. E le condizioni c'erano per vivere più che decentemente, anzi meglio che in ogni periodo storico precedente. Intanto la vita si è allungata (almeno in una parte privilegiata del pianeta), non soffriamo più la fame (sempre in quella parte detta), possiamo combattere meglio il dolore e le malattie ecc. Insomma, potevamo finalmente godercela dopo aver attraversato la "valle di lacrime". Invece. E uno dei motivi della crisi o delle crisi attuali è dovuto al mostruoso aumento della popolazione in poco più di un secolo. Ma di questo si continua a non parlare: è un argomento tabù anche per quelle teste di cavolo dei Verdi nostrani che considerano l'incremento demografico come ineluttabile (e magari anche benefico - per pagare le pensioni di anzianità magari ...). Strano perché in genere i Verdi non hanno famiglie numerose: il loro tasso di natalità non è sicuramente superiore al tasso italiano, il più basso nel mondo (nonostante la presenza della Chiesa cattolica).
All'incremento demografico si aggiunge l'incremento dei consumi, considerati da tutti gli imbecilli che ci governano come la panacea della crisi attuale che è ormai una crisi globale.
Si dovrebbe dunque pensare che occorre ridurre sia l'incremento demografico che quello dei consumi - e a livello globale. Ma come fare?
Ci vorrebbe un governo mondiale giusto e imparziale che assegni le risorse in modo equo. Al momento attuale ciò è un'utopia.
Il mondo attuale si basa sulla competizione per l'accaparramento delle risorse. Produttività e competitività sono nell'agenda di tutti i governi, anche di quelli socialdemocratici. Lo spirito di competizione sembra innato nell'uomo, è difficile immaginarsi un mondo senza concorrenza.
Ma arrivati a questo punto - crisi globale, scarsità delle risorse (petrolio, acqua, cibo) - il sapiens al quadrato potrebbe ipotizzare una vera rivoluzione antropologica: passare dalla competizione alla cooperazione. Per sopravvivere e preservare le bellezze della terra, la biodiversità.
Riusciranno i nostri eroi a fermarsi prima di sfracellarsi contro un muro?
Vergine madre, figlia del tuo figlio - invece di chiacchierare con quelle sceme di Medjiugorie perché non intercedi davvero per noi figli d'Eva?
<< Ci vorrebbe un governo mondiale giusto e imparziale che assegni le risorse in modo equo. Al momento attuale ciò è un'utopia. >>
RispondiEliminaCaro Sergio,
se il sapiens al quadrato (bellissima definizione !) fosse capace di qualcosa di simile, non ci saremmo ridotti in queste condizioni.
Inoltre, un governo mondiale avrebbe come prima, inevitabile, conseguenza un aumento spaventoso della complessità, e Joseph Tainter ci ha ben spiegato in quale triste vicolo cieco porta questa strada, apparentemente comoda ed ampia.
Poi c'è il problema della giustizia e della imparzialità, la cui soluzione si scontra con i nostri piccoli geni egoisti.
Secondo me il futuro ci porterà ad un nuovo equilibrio, che però non sarà mondiale ma locale.
Nel senso che, una volta ridotta la popolazione complessiva con mezzi poco dolci (la natura è spietatamente efficiente in queste cose), e dovendo venire a patti con le energie rinnovabili (che sono di tipo diffuso, e quindi poco centralizzabili), si tornerà ad avere tante piccole civiltà ed economie locali, in contatto solo sporadico tra di loro, come ai tempi andati.
Ci saranno ovviamente dei pro e dei contro, ma il nuovo equilibrio dovrebbe essere più sostenibile di quello attuale.
Caro Lumen, molto interessante il discorso di Gail Tverberg, ed ovviamente mi sembra giustissimo e fondamentale il primo punto sulla riduzione della popolazione mondiale (cosa difficilissima da raggiungere, purtroppo). Il secondo punto mi sembra da condividere ma attenzione alla decrescita economica pura. Secondo me è un problema di selezione degli investimenti, quindi non una decrescita ma una diversa crescita. La Terra non si salva bloccando la tecnologia o peggio tornando indietro. Si tratta di evitare i consumi superflui ma puntare sulla ricerca tecnologica. Migliorando la tecnologia (energia più pulita) e una popolazione di consumatori più bassa è il mix giusto per cercare di curare il pianeta malato. Comprendo che la "selezione degli investimenti" porta con se problemi giganteschi: se si comprimono i consumi dove trovare le risorse? Inoltre: Chi seleziona dove investire? Rischiamo di ridare troppo potere allo Stato (leggi: burocrazia di Stato). Le buone intenzioni durano poco, se poi sono buone intenzioni di Stato durano pochissimo, e si generano subito le caste. Come vedi rischiamo di incartarci....
RispondiElimina" … quindi non una decrescita ma una diversa crescita. La Terra non si salva bloccando la tecnologia o peggio tornando indietro."
EliminaNessuno si sogna di bloccare la tecnologia o di tornare indietro. L'uomo cercherà sempre di migliorare le proprie condizioni e vorrà sempre provare nuove cose, anche per il semplice gusto di provarci, per curiosità.
Ma questo si chiama sviluppo, non crescita. I concetti di decrescita e di "decrescita felice" non sono molto accattivanti, anche perché - siamo sinceri - quasi tutti desiderano almeno una leggera crescita, meglio anzi una crescita robusta (quanti sogni si vorrebbero ancora realizzare!). E come si fa a predicare una decrescita felice al popolo italiano? Le paghe medie sono piuttosto modeste, e questo nell'ottavo paese più industrializzato del mondo!
Ma attenzione! Anche la cosiddetta "crescita qualitativa" è pur sempre crescita, e crescita è necessariamente accumulo (lo dice la parola stessa).
Sviluppo è invece un'altra cosa. Sviluppo significa miglioramento, benessere - e non si può escludere che la tanto vituperata decrescita possa accrescere il benessere e la salute. Basti pensare alle montagne di spazzatura di difficile, per non dire impossibile smaltimento. La spazzatura di Napoli spedita in Germania!
Anche nella nuova edizione del Rapporto del Club di Roma non si è corretto l'errore di traduzione (growth è crescita, non sviluppo). I limiti dello sviluppo è un titolo fuorviante. Sviluppo sì, con piacere, crescita no, grazie.
L'economia capitalista si basa sulla crescita (quantitativa o qualitativa è poi per finire lo stesso, sempre crescita è). Il capitalismo è innovazione e crescita. Senza crescita finisce il capitalismo, invece d'incremento del profitto abbiamo mantenimento e amministrazione dello statu quo. Il capitalismo moderno si rende però conto che la distruzione dell'ambiente significa anche fine del capitalismo, perciò deve investire anche nell'ecologia. Ma più è costretto a investire nell'ecologia per sopravvivere, meno profitti può ricavare (i profitti infatti devono essere in parte reinvestiti nella salvaguardia dell'ambiente). La tesi del filosofo Severino è infatti che il capitalismo non può durare (il titolo del suo ultimo libro è appunto "Capitalismo senza futuro"). È una tesi che può piacere alla sinistra, anche se Severino non è di sinistra.
Ma cosa vogliamo in fondo tutti? Vivere bene e a lungo, e ciò non significa accumulo, crescita di beni (ormai ingombranti, nauseanti). Il PIL (Prodotto Interno LORDO) deve essere sostituito da un altro parametro che misuri o indichi il reale benessere delle persone.
Poscritto
EliminaPIL = LIP (Lordura interna prodotta)
Condivido le preoccupazioni di Agobit (nessuno vuole ritornare al medio-evo), ma mi sembra che la distinzione di Sergio tra CRESCITA e SVILUPPO ci possa aiutare a trovare una buona soluzione alle sfide che ci aspettano.
RispondiEliminaQuindi, sicuramente, si dovrà far decrescere la popolazione, e così anche la produzione di quelle che Maurizio Pallante chiama le MERCI-CHE-NON-SONO-BENI, ovvero le merci ed i servizi che fanno solo aumentare il PIL, ma sono in realtà inutili o addirittura dannose per il benessere della popolazione.
Per contro, la ricerca scientifica e tecnologica (portatrice di sviluppo) NON si dovrà arrestare.
Dove trovare il (difficile) punto di equilibrio ?
Io penso che il raggiungimento dell’equilibrio ecologico su base locale (ovvero il massimo benessere compatibile con l'impronta ecologica) potrebbe essere un’ottima stella polare per la tecnologia del futuro.