giovedì 15 maggio 2025

Pensierini - LXXXVI

ECCEDENZE E DISUGUAGLIANZE
Se ho interpretato correttamente il pensiero dell'antropologo David Graeber (così come reperito sul web) la storia economico/sociale della civiltà umana potrebbe essere condensata in questi pochi passaggi:
= ciò che distingue l’animale umano dagli altri animali è l’eccedenza produttiva
= il potere si riduce, in ultima analisi, alla capacità di gestire (ed appropriarsi) delle suddette eccedenze, tramite la forza, i tributi e le manipolazioni ideologiche.
= il tentativo più radicale di porre rimedio alle disuguaglianze è stato quello marxista, che prevedeva che le eccedenze potessero essere amministrate collettivamente, ma è fallito senza speranza.
= un altro modo di raggiungere una forma sostanziale di uguaglianza sarebbe quello di eliminare, alla radice, la possibilità di accumulare eccedenze, ma è una soluzione impraticabile per delle società iper-complesse come le nostre.
La mia personale opinione è che 'tertium non datur', per cui – preso atto del fallimento marxista e dell'impossibilità di rinunciare alle eccedenze - siamo condannati a proseguire sul cammino della disuguaglianza.
E tutti coloro che non la sopportano dovranno farsene una ragione.
LUMEN


IL LAVORO RENDE LIBERI
Mi scuso per il titolo, che richiama i tristi anni del nazismo e dei lager (dove campeggiava la famigerata scritta 'Arbeit macht frei'), ma il concetto mi interessa molto, perchè lo trovo più centrato che provocatorio.
Aristotele infatti diceva: “Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero”; ed il godimento del tempo libero può essere considerato il vero scopo della vita.
Mi sembra quindi un concetto fondamentale, al quale io aggiungo: i soldi in più (cioè quelli che avanzano dopo aver provveduto alle cose necessarie) non devono servire per comprare oggetti inutili, ma solo per far fare a qualcun altro (pagando) le cose che noi non sappiamo o vogliamo fare.
La vera libertà, in fondo, è questa; e (per chi non è ricco di famiglia) può venire solo dal guadagno del proprio lavoro.
LUMEN


LOGICA IMPERIALE
Secondo Uriel Fanelli “Un impero non sta in piedi per quanto e' potente, ma per quanto e' redditizio per coloro su cui impera”.
Così, per esempio (secondo Fanelli) i paesi europei hanno accettato di buon grado l'invadenza USA perche', in cambio di una certa sottomissione, avevano accesso alla “american way of life” , cioe' a pace e prosperita',
Allo stesso modo, gli imperatori romani avevano numerosissimi patti di affiliazione con re locali e tribu' varie, che davano a loro (o meglio alle loro elites) alcuni vantaggi materiali.
Ovviamente, conclude Fanelli “nel momento in cui il patto si rompe l'impero inizia a disgregarsi”. Anche se poi, aggiungo io, i vertici dell'impero se ne rendono conto quando è troppo tardi.
LUMEN


ALFABETO UNICO
Nel mondo esistono tantissime lingue diverse, con tanti alfabeti e ideogrammi diversi, ed è utopistico pensare di poter mai arrivare ad una lingua unica, anche per rispetto delle rispettive culture che hanno una storia secolare (se non millenaria).
Però dovrebbe essere possibile avere, quanto meno, un alfabeto unico, per capirsi meglio, come succede, con ottimi risultati, nella matematica, dove i numeri ed i simboli sono uguali per tutti e, se non sbaglio, anche in molte branche della scienza (soprattutto chimica e fisica).
Ed avere magari un unico verso di scrittura (da sinistra a destra, oppure da destra a sinistra) che sia uguale per tutti.
Ma temo che anche questo resterà un sogno irrealizzabile.
LUMEN


DECISIONISMO POLITICO
Secondo alcuni commentatori, il secondo mandato di Trump alla Casa Bianca (quello attuale) avrebbe dato una svolta alla struttura di potere delle elites americane, ed occidentali in senso lato.
Il suo travolgente decisionismo politico, infatti, starebbe ad indicare che, dopo tanti decenni, le elites della politica istituzionale stanno riprendendo il sopravvento sulle elites economico-industriali.
L'ipotesi è senza dubbio intrigante; io però continuo a non crederci, perchè, salvo i casi delle dittature ereditarie o fortemente ideologiche, io metto le elites economiche SEMPRE al di sopra della politica.
I motivi sono diversi, ma il principale è che i politici vanno e vengono (in democrazia anche in tempi brevi), mentre i grandi capitalisti, data la loro struttura famigliare, restano.
E, nell'esercizio del potere, i tempi lunghi sono una garanzia di forza e di conservazione come poche altre.
LUMEN

venerdì 9 maggio 2025

Hic sunt Leones

Le prime impressioni sul nuovo Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost , da parte di un cattolico tradizionalista come Massimo Viglione.
Il testo è tratto dal blog 'Duc in Altum' (LINK).
LUMEN



<< La presentazione [del nuovo Papa] dalla loggia petrina è avvenuta in maniera accettabile e abbastanza nella tradizione, in pieno contrasto con quella sciatta e aggressiva di Bergoglio.
A differenza sua, ha: indossato la mozzetta; recitato l’Ave Maria e ha fatto riferimento alla Madonna di Pompei (ieri era infatti l’8 maggio), rompendo chiaramente con gli intollerabili e ripetuti oltraggi che Bergoglio ha rivolto alla Madre di Dio (“la ragazza della porta accanto”, “Maria una di noi”, ecc.); concluso con una benedizione solenne Urbi et Orbi foriera dell’Indulgenza plenaria alle solite condizioni. Tutti aspetti della tradizione sana.
Inoltre, non ha parlato a braccio, ma leggendo un testo scritto, suggerendo così una scelta accurata delle parole.

La scelta del nome: tradizione e filo-immigrazionismo

Uno degli aspetti iniziali degni di nota è la scelta del nome, sicuramente tradizionale. Potrebbe richiamare Leone XIII o san Leone Magno. Tuttavia, il riferimento più probabile, vista la enorme distanza cronologica con il grande pontefice del V secolo, è quello di Leone XIII, noto come il papa della Rerum novarum, l’enciclica che ha fatto entrare, in maniera specifica, la questione sociale nella dottrina ufficiale della Chiesa. Ciò lascia supporre un’attenzione prioritaria, come si dice oggi, agli “ultimi”, che però, tradotto nella pratica oggi, starebbe a concretizzarsi, inevitabilmente, con l’appoggio all’immigrazionismo, come del resto Prevost ha sempre fatto nel suo passato di vescovo e cardinale.
​Occorre dire che Leone XIII condannò durissimamente il Risorgimento italiano e la massoneria: ma questi non possono certo essere i riferimenti che il nuovo pontefice intenda avere.
Quindi, una scelta che appare ambivalente: tradizionale in sé, globalista nella pratica quotidiana.

La questione della pace e dei ponti

Importante notare che la prima parola è stata “pace” (“La pace sia con voi”), che poi ha ripetuto almeno dieci volte.
Occorre anticipare, a riguardo, il fatto che ha immediatamente specificato che “La pace sia con voi” è il saluto di Gesù agli Apostoli dopo la Resurrezione, facendo capire, in tal maniera, che la pace non è quella del mondo, ma quella di Dio. E questo è buono.
Inoltre, il fatto di aver citato tante volte la parola lascia quasi intendere che non era indirizzata solo a livello internazionale e politico, ma anche interno alla Chiesa. Ovvero, una certa volontà di pacificazione interna, necessarissima, dopo l’odiosa e tirannica conduzione bergogliana, fatta di terrore interno, di scomuniche, di divisioni, di malumori repressi per dodici anni. Vedremo se così sarà.
Poi ha nominato varie volte i “ponti”. Questa è innegabilmente un’espressione bergogliana, che smentisce quanto appena detto perché si concretizza al contrario con la “pace del mondo”, ovvero con l’ecumenismo religioso, con il relativismo dottrinale, il pacifismo acritico, l’accettazione del mondo attuale e quindi dell’ideologismo globalista, e, ancora una volta, l’immigrazionismo.
E tutto questo certo non è buono affatto. È Rivoluzione in atto.
Con il concetto di “ponti” si potrebbe anche intendere la volontà che la Chiesa faccia da ponte tra le grandi potenze del mondo, per arrivare a una pace “disarmata e disarmante”, come ha detto.
Questo in sé non sarebbe male, ma occorre vedere in quale maniera intende perseguire questo fine.

Bergoglismo allo stato puro

Ha apertamente elogiato Bergoglio, ben due volte nel suo discorso.
Del resto, deve a lui tutta la sua carriera, compresa l’elezione, visto che è stato messo a capo della Congregazione dei vescovi, il che lo ha reso uno dei pochi conosciuti fra i cardinali (che Bergoglio non ha mai permessero che si incontrassero in precedenza).
E, infatti, in base alle notizie che abbiamo potuto ricavare finora, specie provenienti dal continente americano, Prevost è assolutamente per: la sinodalità (lo ha anche detto nel discorso), ovvero per il processo di autodemolizione strutturale dell’unità della Chiesa, l’ecologismo, il vaccinismo. 
In un intervento pubblico (trovabile su internet), invita apertamente tutti i cattolici a bucarsi, compiendo “l’atto d’amore” bergogliano. E questa è una responsabilità gravissima che pesa sulla sua coscienza.
Inoltre, è stato più volte accusato di aver coperto gli abusi sessuali di ecclesiastici, in pieno stile Bergoglio.
È inutile girarci intorno: su questi elementi, ci troviamo dinanzi a un Bergoglio 2, nonostante le differenze sopra indicate.

Agostiniano statunitense

È un agostiniano, il che non depone sfavorevolmente, specie in rapporto al suo predecessore, perché presuppone una profondità teologica e spirituale, oltre che una certa “sapienza” pastorale e umana. 
Gli agostiniani, per quanto integrati nella Chiesa conciliare, hanno sempre avuto un atteggiamento riservato e prudente. Questo di principio: poi, nei fatti, staremo a vedere se sarà così.
È statunitense. Qui si apre, a nostra opinione, una duplice possibilità di prospettiva. Essendo senz’altro ostile a Trump, potrebbe essere stato scelto proprio come contraltare al trumpismo arrogante e incontenibile. 
D’altro canto, essendo pur sempre un suo connazionale, rimane comunque un “ponte” (per l’appunto) aperto con l’uomo che, non ostante tutto quanto sta accadendo negli Usa, resta pur sempre il più decisivo nel mondo attuale. 
Le parole pronunciate dal presidente statunitense subito dopo l’elezione sembrano andare in questa direzione. (...)

Prime timide ma purtroppo realistiche conclusioni

La considerazione più ovvia è che Leone XIV è un figlio del Concilio Vaticano II, avendo per di più alle spalle immediatamente Bergoglio. Pertanto, è inutile sognare un papa tradizionale; si ha a che fare con un modernista.
È un passo indietro rispetto a Bergoglio. Ma questo è l’usuale procedimento Rivoluzione: due passi avanti e uno indietro, marciando però sempre innanzi verso la dissoluzione. 
Questo passo indietro non cambia la direzione. La direzione è quella già chiara: sinodalità, ecologismo, immigrazionismo, vaccinismo, dialogo.
Fermo restando che poteva andare molto ma molto peggio (...), ci sembra di poter dire che sarà probabilmente un riformista pacificatore, una sorta di democristiano dei nostri tempi: cercherà la pace, porrà fine all’odiosa gestione bergogliana, ma proseguirà la strada tutta in discesa dell’attuazione estrema del Concilio Vaticano II (o III, nel senso di come lo ha sviluppato Bergoglio: il “concilio quotidiano”).
Forse, sarà una trappola mortale per il mondo dei tradizionalisti e dei conservatori, sempre pronti, in grandissima parte, a cadere nella idolatria papolatrica in cambio di un piatto di lenticchie. >>

MASSIMO VIGLIONE

sabato 3 maggio 2025

I Diari del Secolo

La storia è piena di documenti falsi, anche importanti, che spesso hanno cambiato il corso degli eventi, perchè la loro falsità è stata riconosciuta solo in seguito.
Tra i falsi storici di impatto maggiore possiamo citare 'La donazione di Costantino', che ha avvantaggiato indebitamente la Chiesa di Roma, oppure 'I protocolli dei Savi di Sion', che ha rafforzato l'odio popolare contro gli Ebrei, ma ve ne sono altri.
Tra i falsi minori, che (per fortuna) non hanno avuto nessun impatto socio-politico, ci sono anche i falsi Diari di Hitler, alla cui vicenda è dedicato questo post.
Il testo, scritto da Stefano Dalla Casa, è tratto dal sito Wired (LINK).
LUMEN


<< L'autore dei [falsi] Diari si chiamava Konrad Kujau, ma non aveva mai cercato di propinare i suoi falsi a un giornale prima dell'arrivo di Gerd Heidemann, reporter della rivista tedesca Stern. Come spiegato da 'Museum oh Hoaxes', Heidemann era collezionista di memorabilia del III Reich, al punto che negli anni '70 si era comprato anche Carin II, barca di Hermann Göring. (...)

Negli anni '80 i debiti costrinsero Heidemann a disfarsi dell'imbarcazione, e per farlo si rivolse alle sue conoscenze. In questo modo venne a sapere da un ex SS, Jakob Tiefenthaeler, che esisteva un facoltoso collezionista in possesso di un oggetto straordinario: un diario del 1935 appartenuto ad Adolf Hitler.

Il nome del collezionista era Fritz Stiefel e gli raccontò che era stato recuperato da i resti di un aereo precipitato nel 1945 vicino a Dresda. L'aereo faceva parte dell'Operazione Serraglio, che doveva evacuare dal bunker di Hitler personale e documenti che non dovevano cadere nelle mani del nemico. Il giornalista fiutò lo scoop, e cercò subito di mettersi in contatto con chi gli aveva venduto il diario, che secondo Steifel possedeva altri 26 diari.

A Stern, la rivista di Heidemann, gli editor inizialmente non erano interessati alla storia che lo aveva tanto entusiasmato, gli dissero esplicitamente di lasciar perdere le sue "pazze storie di nazisti". Ma il giornalista riuscì a guadagnarsi l'appoggio di Thomas Walde, responsabile della sezione storia.

Assieme a lui scavalcò i giornalisti e incontrò direttamente Manfred Fischer della Bertelsmann, proprietaria di 'Gruner+Jahr', editore di Stern. Il manager fu subito convinto del progetto e nel 1981 consegnò 200 mila marchi in contanti per trattare con lo sconosciuto proprietario dei diari, che fino a quel momento aveva rifiutato di entrare in contatto con Heidemann.

Per farlo uscire allo scoperto, a questo punto Heidemann e Walde presero l'iniziativa e tramite l'ex SS fecero sapere al proprietario che erano disposti a comprare per 2 milioni di marchi. Finalmente arrivò il numero di telefono di un misterioso signor Fischer di Stoccarda e cominciarono le trattative.

Il falsario Konrad Kujau a quel punto doveva prendere tempo: aveva creato solo un diario, a metà degli anni '70, e serviva un po' di tempo per produrre quanto reclamato dal giornale. Raccontò che i diari dovevano essere trafugati un po' per volta da suo fratello generale nella Germania dell'Est, che ovviamente rischiava la morte. In questo modo il furbo Kujau ebbe anche modo di alzare la posta. I diari ritrovati non erano più 27, ma più di 60. E il loro costo saliva. Nel 1983 l'impresa era compiuta.

Una volta acquisiti i diari, anche gli scettici editor di Stern ne subirono il fascino. A quel punto erano già stati spesi più di 9 milioni di marchi (equivalenti a circa 7 milioni di euro attuali), i diari dovevano essere autentici. Erano anche stati eseguiti alcuni test basati sulla calligrafia che lo confermavano.

Il problema è che gli esperti avevano confrontato la scrittura dei falsi diari con altri documenti dello stesso falsario, considerati a priori autentici. Inoltre Stern non aveva fatto analizzare diari nella sua interezza, ma solo dei campioni.

La rivista si sentiva comunque pronta a lanciare la bomba, ma non prima di essersi assicurata degli accordi per la loro pubblicazione da parte di altre testate. Si fecero avanti più importanti riviste internazionali, tra cui Newsweek e Sunday Times, rivista della famiglia Times che 15 anni prima per poco non aveva scialacquato una fortuna in diari falsi di Mussolini.

Le riviste vollero sentire il giudizio dei loro esperti. Sia Hugh Trevor-Roper del Sunday Times, storico esperto di nazismo noto anche col titolo Lord Dacre, che lo storico Gerhard Weinberg furono inizialmente persuasi dell'autenticità. Stern, però, aveva mentito loro su un particolare fondamentale per la loro formazione, cioè aveva assicurato di conoscere l'identità della fonte del materiale, e aveva inoltre garantito che erano stati eseguiti approfonditi test forensi.

Sunday Times, all'epoca di proprietà di Rupert Murdoch, alla fine raggiunse un accordo mentre Newsweek decise di coprire la storia basandosi sulle altre pubblicazioni. Il 22 aprile 1983 Stern anticipò l'uscita di un numero speciale, mentre sul Times usciva un pezzo dove il famoso Lord Dacre si dichiarava convinto dell'autenticità del ritrovamento.

Mentre la stampa internazionale si scatenava sulla notizia e Stern e Sunday Times continuavano a preparare il terreno per la pubblicazione dei diari, Trevor-Roper aveva interrogato Heidemann e capì che Stern aveva mentito sull'identificazione certa della fonte.

Veniva a mancare uno dei pilastri su cui si era basato per convincersi dell'autenticità dei diari. Lo storico non nascose i suoi dubbi, e alla conferenza stampa del 25 aprile 1983, in coincidenza con l'inizio della pubblicazione sulle riviste, li condivise col mondo intero.

Come mai allora il Sunday Times, faro del giornalismo investigativo che Lord Dacre dirigeva insieme al Times, solo il giorno prima aveva di nuovo parlato dei diari senza questi dubbi? Perché quando l'editore Rupert Murdoch fu informato della nuova convinzione dello storico dall'editor, che gli chiedeva cosa doveva fare, Murdoch rispose: "Fanculo Dacre. Pubblica"

Dopo la conferenza non era però più possibile scappare dalla realtà. Bisognava far analizzare i diari, questa volta seriamente. Tre diari furono prelevati dalla cassaforte in Svizzera, dove erano custoditi, e distribuiti agli esperti degli Archivi federali tedeschi. Fu subito chiaro che si trattava di falsi, sia perché i materiali erano troppo moderni, sia per via di altri particolari, come evidenti plagi da fonti già pubblicate.

All'inizio Stern, sotto il fuoco incrociato delle testate di tutto il mondo, tentò disperatamente di negare l'evidenza. (...) Ma alla fine la realtà venne accettata per quella che era: tutti i diari erano falsi, plateali. >>

STEFANO DALLA CASA

domenica 27 aprile 2025

Appunti di Ecologia – (3)

AUTO ELETTRICA
Le auto elettriche hanno emissioni di carbonio significativamente inferiori rispetto alle auto di dimensioni paragonabili a combustione interna, anche quando si tiene conto della produzione di tutti i componenti, comprese le terribili batterie, e dell’attuale provenienza dell'elettricità utilizzata per la ricarica. (...)
Questo grazie al fatto che i veicoli elettrici sono molto più efficienti nel convertire il carburante in chilometri percorsi, in quanto utilizzano circa il 70% dell’energia della batteria per spingere il veicolo (arrivando a superare il 90% se si conta il recupero della frenata rigenerativa che consente di convertire l'energia altrimenti dispersa sotto forma di calore durante la fase di decelerazione, in energia elettrica per ricaricare la batteria).
Mentre i motori a combustione interna convertono al massimo un 25% dell'energia della benzina in spinta, sprecando quasi tutto il resto in calore, che non può essere riconvertito in energia cinetica
[...]
A differenza delle batterie di avviamento utilizzate nei veicoli a combustione interna, quelle dei veicoli elettrici sono progettate per durare tutta la vita del veicolo e dati recenti mostrano che nel lungo termine mantengono più dell'80% della capacità originale, rimanendo affidabili ben oltre i periodi di garanzia standard e comunque, una volta rimosse dal veicolo, le batterie sono ancora utilizzabili in altri modi e le materie prime possono essere riciclate.
Un altro nuovo studio basato sui dati del Ministero dei trasporti britannico, mostra che i veicoli elettrici possono durare quanto, se non di più, le auto a combustione interna: mediamente 18,4 anni e circa 200.000 km dell’elettrico, contro 18,7 anni e 188.000 km del benzina; il diesel fa più strada ma dura meno: 16,4 anni e 410.000 km.
SCIENZIATI, FILOSOFI E ALTRI ANIMALI (Pagina Facebook)


RISCALDAMENTO GLOBALE
L’aumento delle temperature comporterà dei massicci cambiamenti nella distribuzione delle precipitazioni (come vediamo già adesso): in particolare riferendosi alle nostre zone diminuiscono i giorni di pioggia ed aumenta l’intensità dei singoli eventi.
Lo vediamo nel cambio nel regime delle alluvioni: da grandi eventi a scala di bacini principali (Arno, Po, Tevere) dovuti a diversi giorni consecutivi di precipitazioni continue, oggi le alluvioni avvengono soprattutto in piccoli bacini a causa di piogge fortissime che durano poche ore.
Inoltre i cambiamenti stanno pregiudicando la disponibilità di cibo e di acqua potabile in aree molto popolate, per cui si innescheranno massicce e incontrollabili ondate migratorie, sul modello del Mediterraneo alla fine delle civiltà dell’età del bronzo, che si interruppe bruscamente quando a causa di un riscaldamento iniziò una fase di minori precipitazioni in un’area in cui buona parte della popolazione viveva già ai limiti della disponibilità di acqua.
La deglaciazione avrà gravi conseguenze sul livello marino, con la perdita di parecchie aree costiere (porti compresi). Simpatico notare che la Florida, una delle patrie politiche dei climascettici, sarà quasi del tutto sommersa.
Inoltre c’è il serio rischio che in Europa, la deglaciazione provochi (...) un intenso flusso di acqua fredda, proveniente dalla deglaciazione dell’Artico, [che] blocca la corrente del Golfo, perché impedisce alle sue acque provenienti dai Caraibi di affondare e proseguire il cammino in profondità ridiscendendo lungo il continente americano.
Il che porterebbe in Europa un periodo freddo e secco, paradossalmente dovuto proprio al riscaldamento.
ALDO PIOMBINO (Scienze e dintorni)


TRAMONTO VERDE
Mi chiedo spesso il motivo del fallimento del movimento dei verdi, fallimento a livello mondiale e non solo in italia, pur in presenza di un inquinamento inarrestabile del pianeta con i suoi effetti sulla salute e sul clima. Potrebbe essere il loro momento, invece stanno quasi scomparendo dall'agone politico.
Uno dei motivi di fondo è l'incomprensione, da parte degli ecologisti dell'ultima ora, del problema demografico. La trasformazione dei popoli e delle nazioni in una informe ed uniforme massa umana basata sul numero.
Al posto dei vari popoli della terra, radicati ciascuno in un suo luogo e in una storia, vi e' un uomo globale, sradicato, senza luogo e senza storia, senza patria e senza confini, il cui unico valore è il consumo fine a se stesso e la continua crescita numerica senza ideali e senza scopo.
Come tutto questo sia coerente e finalizzato al mantenimento di un potere finanziario e tecnocratico e' motivo di discussione e approfondimento da parte della filosofia contemporanea.
Il discorso è invece completamente assente e l'argomento completamente ignorato in campo politico. In primo luogo proprio dai movimenti ecologisti, concentrati sulle conseguenze del fenomeno (il riscaldamento globale, l'inquinamento) senza averne mai compreso le origini. (...)
Anni fa esisteva un movimento definito 'no logo', per coloro che si opponevano alla globalizzazione del mercato. Poi si sono convertiti al politicamente corretto della fine di ogni differenza, del falso multiculturalismo egualizzante.
Sono passati dal no logo al non luogo. Scambiavano l'effetto con la causa: combattevano le multinazionali del marchio, mentre la popolazione cresceva, nel giro di pochi anni, di due miliardi.
Il mostro della sovrappopolazione con le sue due braccia, il denaro e la tecnica, sta fagocitando la varietà del mondo sostituendo tutto con un codice numerico.
AGOBIT (Un Pianeta non basta)

martedì 22 aprile 2025

Cogito, ergo Ateo - (4)

PAROLA DI PAPA
Ormai da molti anni, la figura mediatica del Papa (sino a ieri Papa Francesco) è notevolmente cambiata.
Una volta (fino al secolo scorso) le esternazioni dei Papi erano molto rare, distanziate tra loro ed avevano, per conseguenza, un grande valore ed un grande impatto nella comunità dei credenti; nei tempi attuali, invece, salvo i (rari) momenti di sede vacante, sono diventate quasi quotidiane.
Certo, questo eccesso è una conseguenza dei tempi (e dei media) attuali e non è colpa del Papa in carica; però non fa assolutamente bene al suo carisma ed al suo prestigio, perchè quando si parla troppo si finisce per non dire altro che banalità.
Ma le parole del Papa, negli ultimi tempi, sono state svilite anche sotto un altro aspetto: quello della loro importanza oggettiva.
Si può infatti facilmente notare che, nel terzo millennio, qualunque cosa affermi il Papa, qualunque siano i suoi auspici ed i suoi desideri, poi, nel mondo, non succede nulla.
Nessuno degli attori impegnati negli eventi di cui il Papa si occupa farà mai quello che lui gli chiede. E questo è un altro duro colpo per il suo prestigio e per la sua figura.
E vero che vi sono molte dichiarazioni della Chiesa in linea con le tendenze attuali, come nel caso delle migrazioni (sempre più incontrollabili) o dei costumi sessuali (sempre più liberi), ma sembrano le parole della mosca cocchiera, che si limita a seguire gli eventi fingendo di guidarli.
Per ora, la Chiesa riesce ancora ad ingannare tanti fedeli in buona fede (o magari anche se stessa), ma sicuramente la parola del Papa non è più quella di una volta.
LUMEN


PAGINE E PAGINE
Ci sono i Libri Sacri; poi ci sono i commenti ai libri sacri; e poi ci sono le esegesi, le apologie, le esortazioni, le confutazioni, i florilegi, le testimonianze, gli inni, le preghiere, ecc. ecc.
Insomma: pagine e pagine, migliaia, milioni, forse miliardi di pagine che parlano di Dio.
Eppure, tutta questa sterminata letteratura può essere condensata in sole tre parole: Sono Tutte Frottole.
LUMEN


L'IMMAGINE DI DIO
Ho letto che quando viene chiesto ai cristiani di descrivere Dio, molti non sanno rispondere o danno risposte molto vaghe.
Certamente il Dio della religione, se esiste, 'qualcosa' deve essere e quindi come è possibile che un credente (che ha ricevuto una educazione religiosa e quindi dovrebbe conoscere a fondo le cose) non sappia rispondere ?
Oltretutto, non si tratta di una domanda oziosa, ma di un problema importante, anzi fondamentale.
Come fa una persona a credere fermamente nell'esistenza di 'qualcosa' che non sa descrivere ?
Come fa ad interagire con Dio, se non sa che cosa è ?
E soprattutto: il giorno in cui si ritroverà di fronte a Lui (perchè almeno a questo ci deve credere) come farà a riconoscerlo ?
Ma ben pochi credenti si pongono davvero queste domande. Beati loro.
LUMEN


IL CORPO DI CRISTO
Non credo che siano in molti, tra i cristiani, ad essere consapevoli che il loro sacramento più importante, ovvero l'Eucarestia, è un rito di cannibalismo.
Gli antropologi lo conoscono bene perchè fa parte della storia dell'uomo, sia nella versione più semplice, in cui si mangia il nemico ucciso in battaglia, sia nella versione sacra, in cui si è convinti di mangiare una divinità (teofagia).
Lo scopo del cannibalismo rituale, però, non è quello di nutrirsi, ma quello di acquisire dei particolari talenti.
Nel primo caso, quello che viene acquisito è, molto semplicemente, il coraggio e la forza dell'uomo ucciso.
Nel caso della Teofagia, invece, il percorso è un po' più complicato ed è legato alla paura della morte: l'uomo, sconvolto dal pensiero di dover morire, vorrebbe ottenere l'immortalità; l'immortalità però è un attributo che spetta soltanto a Dio; ergo, se l'uomo riesce a mangiare Dio può acquisire la sua l'immortalità.
Trattandosi di un meccanismo ancestrale, quindi, la teofagia non è stata inventata dal Cristianesimo. I teologi della Chiesa, però, hanno avuto il merito di renderla più simbolica, più astratta, meno primitiva.
La motivazione psicologica profonda, però, anche se ormai quasi più nessuno ne è consapevole, è sempre quella.
LUMEN

martedì 15 aprile 2025

Ecce Homo

Il post di oggi riporta le considerazioni di due famosi etologi, Desmond Morris e Eibl-Eibesfeldt, su alcune delle caratteristiche più tipiche dell'homo sapiens.
So bene che il titolo ha un'origine religiosa e non scientifica (è una citazione dal Vangelo di Giovanni), ma mi sembrava perfetto per l'argomento trattato.
I testi provengono dalla pagina Facebook di 'Scienziati, filosofi e altri animali' (LINK della pagina).
LUMEN


<< Desmond Morris è stato il primo ad avanzare l'ipotesi che Homo sapiens sia pelato perché neotenico, cioè che non abbia perso il pelo strada (evolutiva) facendo, ma che non gli cresca come ai 'parenti' perché raggiunge la maturità sessuale senza sviluppare i caratteri dell'adulto (...).

Oggi nessuno dubita più di questo, che è considerato un fatto. Eibesfeldt, da etologo, ha aggiunto che oltre ad essere neotenico, Homo sapiens ha in assoluto il più lungo periodo di infanzia e dipendenza dai genitori di tutto il regno animale, in proporzione alla durata della vita.

Ed ha avanzato l'idea che la neotenia e la lunga infanzia siano direttamente correlate tra loro ed allo sviluppo della neocorteccia: essere neotenici prolunga l'infanzia, avere una lunga infanzia è utile ad apprendere, cioè a sfruttare il proprio adattamento. Se sia nato prima l'uovo o la gallina in questo caso è tuttora argomento di discussione.

Anche il fatto che le femmine di Homo sapiens (e parenti strettissimi) siano sessualmente ricettive tutto l'anno e siano sessualmente più attive delle femmine di altri animali secondo lui è legato a questo: tenere i maschi, la loro attenzione, legata a loro, durante il lungo periodo di gravidanza ed infanzia.

L'affermazione forse più discussa di Eibesfeldt è stata quella per cui la xenofobia, e quindi il razzismo, in Homo sapiens sono innati.

Ha fatto le solite ricerche, osservazioni su tutti i popoli e culture possibili, test su bambini (inclusi dei nati sordo-ciechi, che reagiscono all'odore degli estranei), ed ha concluso che siamo biologicamente xenofobi, dalla nascita, anche se il carattere si manifesta dopo la prima infanzia.

Questa è una cosa piuttosto sensata, presente peraltro in moltissime altre specie animali: estraneo/diverso = potenziale pericolo; ha perfettamente senso che si sia evoluta. Oltre al fatto che è un ottimo strumento per evitare ibridazioni, cioè dispersione di tempo ed energie a vuoto; questo negli adulti, ma lui ha sostenuto che lo siamo fin dalla nascita.

Quando se ne è uscito con questo discorso è successo un putiferio, per i soliti motivi: Homo sapiens è diverso, non soggetto ad istinti così brutti, e naturale = bello, buono e giusto. Un po' quello che è successo quando il suo mentore Lorenz se ne è uscito con la cosa per cui l'aggressività è del tutto naturale, ben presente anche nell'uomo ed ha la sua utilità.

Naturalmente entrambi avevano ragione, e nessuno dei due si sognava di affermare che il razzismo e l'aggressività siano cose belle e/o da assecondare/giustificare; fanno semplicemente parte delle dotazioni di serie che abbiamo ereditato dagli antenati, antenati non in grado di fare ragionamenti in merito e quindi per i quali ha provveduto mamma evoluzione. Non si capisce perché si devono negare le cose che non ci fanno onore.

Naturalmente il nostro adattamento, cioè la ragione e secondariamente la cultura, dovrebbero metterci perfettamente in grado di aggirare il problema e capire che estraneo/diverso non significa automaticamente pericoloso, e fortunatamente spesso lo fanno benissimo. Questo, per Eibesfeldt come per Lorenz, era implicito, ma non hanno fatto i conti con l'invidia, la strumentalizzazione politica e le interpretazioni di comodo.

Eibesfeldt sosteneva anche che siamo filogeneticamente incapaci di vivere in assembramenti umani come quelli moderni, cioè grandi società anonime, essendo il nostro cervello ancora predisposto per piccoli gruppi di individui tutti conosciuti tra loro. E anche in questo caso aveva ragione: le metropoli sono palesemente al di sopra delle nostre capacità innate, tanto che di solito finisce che siano aggregati di piccoli gruppi distinti, a volte pure in competizione tra loro.

Del resto una delle cose con le quali siete stati martellati è che gli animali sociali si conoscono sempre tutti tra loro, individuo per individuo. >>


<< Il termine aggressività, in psicologia/psichiatria, ha un significato ben diverso da quello di cui si parla (…) in etologia. Dal punto di vista etologico, essere aggressivi non è niente di patologico ed è del tutto naturale; l’aggressività si è evoluta a vari livelli praticamente in tutte le specie animali - very important – a scopo di difesa.

E’ un’arma biologica quanto lo sono zanne ed artigli, veleno, corna ed altri orpelli usati dagli animali per difendersi. Difendere sé stessi, il proprio spazio vitale, il proprio cibo, il proprio investimento genetico (consorte e prole), il proprio branco nel caso degli animali sociali. Dai nemici, dai predatori, dai concorrenti; comunque sempre di difesa si parla.

Guarda caso, le specie più “armate” fisicamente (velenose, velenifere, dotate di zanne ed artigli, o semplicemente molto grandi e quindi con pochi nemici) sono di solito molto meno aggressive di quelle più inermi. Ad esempio i pesci pagliaccio sono molto più aggressivi degli squali, i criceti dei lupi, eccetera. E guarda caso, Homo sapiens si contende, tra i vertebrati, il podio dell’aggressività con il ratto.

Anche se alcuni etologi parlano di “aggressività predatoria” o “aggressività alimentare”, non è la stessa cosa: uno squalo nei confronti di un tonno, o un leone nei confronti di un bufalo, provano la stessa aggressività che provate voi nei confronti di un piatto di lasagne quando avete fame.

Con la differenza che le lasagne non scappano, non dovete inseguirle ed ucciderle, non vi prendono a cornate o a calci eccetera. Se non ci fossero i supermercati moderni e dovessimo procacciarci il cibo, oltre a mangiare molte meno bistecche, per procurarcele metteremmo sicuramente in atto dei comportamenti molto violenti, che possono essere considerati aggressivi, ma in modo ben diverso.

In pratica, maggiore è l’aggressività, minore è l’entità (o la durata) degli stimoli necessari a far scattare la reazione, e maggiore è la reazione stessa, tutto qui. Ma in condizioni normali l’aggressività si scatena solo quando, e perché, è utile alla situazione e viene quindi utilizzata. >>

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