domenica 17 novembre 2024

Il Sapiens di Neanderthal

Tra l'antico Homo Sapiens, progenitore dell'odierna umanità, e l'uomo di Neanderthal ci furono sicuramente molti contatti e rapporti, ma sulla loro natura gli antropologi non sono del tutto concordi.
Il post di oggi tratta appunto di questo argomento, con due brani di Pietro Melis tratti dal suo blog.
Lo stile è quello polemico e provocatorio tipico del personaggio, ma l'argomento è senza dubbio interessante.
LUMEN


<< In una trasmissione di Alberto Angela (Ulisse) è stato (,,,) opposto l'uomo di Neanderthal al succesivo Sapiens, come se il Neanderthal non fosse stato anch'esso un Homo sapiens. La contrapposizione di fatto non esiste, perché quello che Angela ha sempre definito Sapiens è in realtà il 'Sapiens Sapiens' e non il Sapiens.

Il Sapiens di Neanderthal aveva un volume del cervello di circa 1400 cm cubici, mentre il Sapiens sapiens, da cui derivò tutta l'umanità successiva, aveva un volume di circa 1200 cm cubici. Angela avrebbe dovuto spiegare che non è tanto il volume del cervello che fa l'intelligenza del cervello (altrimenti l'elefante avrebbe un'intelligenza superiore a quella umana) ma il numero dei neuroni e delle sinapsi (collegamenti tra i neuroni).

Angela ha riproposto la vecchia domanda: perché è avvenuta l'estinzione del Neanderthal? Su questo punto la sua esposizione è stata del tutto contraddittoria.

Egli ha affacciato la tesi secondo cui il sapiens sapiens, comparso circa 100 mila anni fa, e poi diffusosi prima nel Medioriente e poi in Asia, sino ad arrivare nelle Americhe quando lo stretto di Bering era unito alle Americhe, avrebbe costretto il Neanderthal in spazi molto ristretti in un 'Europa glaciale, venendo in contrasto con il Neanderthal per motivi di sopravvivenza, sino a forme di cannibalismo da parte del sapiens sapiens ai danni del Neanderthal.

La tesi più scientificamente accreditata è invece quella che induce a pensare che il Neanderthal si sia estinto circa 40.000 anni fa a causa della glaciazione che avvenne in Europa nell'arco di 10.000 anni e che nel frattempo si sia incrociato con il sapiens sapiens, e che dunque l'estinzione del Neanderthal sia stata solo apparente o parziale.

D'altra parte lo stesso Angela, alla fine dell'esposizione (...), ha detto che ancor oggi il 3% dei geni della popolazione attuale è costituita da geni del Neanderthal.

Inoltre come poteva esserci stata una guerra tra sapiens sapiens e sapiens Neanderthal se la popolazione terrestre di allora (non citata da Angela) è stata calcolata non superiore al milione? In rapporto a questa popolazione è difficile affermare che vi potesse essere stata una rivalità tra le due specie di sapiens. Le guerre sono sempre esistite come guerre di conquista di territori. Ma con una popolazione di appena un milione di abitanti umani come potevano esistere guerre tra le due specie di sapiens?

Tanto più che resti fossili del sapiens di Neanderthal sono stati trovati non soltanto a Neanderthal (una regione occidentale dell'attuale Germania) ma anche nel Medioriente, da cui il Neanderthal si sarebbe spostato in Europa. Anche per questo è da escludere che il sapiens sapiens sia stato la causa dell'apparente estinzione del Neanderthal.

L'unica cosa di nuovo che ho imparato (ammesso che la cosa sia scientificamente provata) è che il sapiens sapiens abbia sviluppato una maggiore intelligenza sulla base di una dieta, non basata sulla carne, come spesso è stato detto, ma su una dieta basata su molluschi di mare da quando il sapiens sapiens, prima di emigrare dall'Africa, si affacciò alle coste del Sudafrica. (…)

Per sostenere la tesi che il sapiens sapiens sia stato la causa dell'estinzione del Neanderthal Angela è giunto a dire che dai resti degli scheletri dei Neanderthal apparivano chiari segni di armi da taglio, che comproverebbero la morte violenta dei Neanderthal, ma poi, aggiungendo confusione, ha detto che non era da escludere che gli stessi Neanderthal si combattesero tra loro. E allora che c'entra il sapiens sapiens come causa dell'estinzione del Neanderthal? >>


<< Nonostante abbia dedicato molti anni allo studio dell'evoluzione biologica non ho potuto trarre da tali studi la spiegazione della causa della differenziazione delle razze.

Se è vero che la specie Homo deriva dall'Austrolophitecus e passò successivamente attraverso le fasi dell'Homo abilis, dell'Homo erectus, dell'Homo sapiens, dell'homo sapiens sapiens quando avvennero le diversità delle etnie che popolarono l'Europa e l'Asia? Non ho mai trovato la spiegazione del fatto che la specie Homo lasciando l'Africa cessò di appartenere al tipo negroide. Quando avvenne l'acquisizione degli occhi a mandorla in Cina e in altre parti dell'Asia?

Non mi soddisfa la spiegazione che fa riferimento all'ambiente. Dall'Africa l'Homo arrivò in Europa con il sapiens di Neanderthal e con il sapiens sapiens. Il sapiens di Neanderthal aveva un cranio di 1400 centimetri cubici mentre il cranio del sapiens sapiens dell'Europa, contemporaneo del sapiens di Neanderthal, aveva già allora un cranio di 1200 centimetri cubici.

Come mai è sparito il sapiens di Neanderthal? Non ho mai accettato la spiegazione che fa riferimento ad una lotta tra i due tipi di sapiens. Essendo le terre quasi disabitate gli spazi a disposizione dei due tipi di sapiens erano così grandi da consentire un insediamento pacifico.

Più verosimile è che il sapiens di Neanderthal si sia incrociato con il sapiens sapiens. E' stato infatti scoperto che nel DNA del sapiens sapiens è presente circa il 5% del DNA del sapiens di Neanderthal. Ma stupefacente è il fatto che questa piccola percentuale del DNA del sapiens di Neanderthal non sia presente nel DNA della popolazione negra dell'Africa. >>

PIETRO MELIS

lunedì 11 novembre 2024

Pensierini – LXXIX

ATEI RESIDUALI
A proposito della distinzione sociologica, considerata giustamente importante, tra 'atei' e 'credenti', qualcuno ha fatto notare che, a ben vedere, tutti i credenti religiosi sono atei: sono atei, infatti, con riferimento a tutti gli altri Dei, escluso il proprio.
La battuta peraltro è più divertente che centrata.
Perchè un conto è escludere alcuni Dei solo per credere in altri, ed un altro conto è escluderli tutti.
Passare da 99 'Divinità' a 1 sola è molto più facile che passare da 1 a 0.
Perchè nel primo caso si rimane comunque nell'ambito del pensiero magico, nel secondo, invece, se ne esce.
LUMEN


GIORNALISTI
Quali sono le caratteristiche fondamentali che fanno di un giornalista un 'grande giornalista' ?
Anzitutto deve essere capace di scrivere in modo non solo corretto, ma anche piacevole ed interessante. E' un talento alla portata di molti giornalisti, ma non di tutti.
Poi deve essere capace di cercare le informazioni che gli servono, ovunque si trovino, in modo da non commettere errori involontari. Oggi, con il web, è tutto più facile, ma occorre comunque una certa abilità.
Ma la dote più importante, quella decisiva che fa la differenza, è la capacità di sostenere in modo convincente qualsiasi tesi gli venga richiesta. Perchè nel giornalismo non è il lettore che ha sempre ragione, ma il committente, quello che mette i soldi.
Tutto il resto (compresa la famosa indipendenza di giudizio) è una cosa marginale.
LUMEN


GIUSTIZIA DISEGUALE
Molti ironizzano sulla frase che campeggia nei Tribunali, “La legge è uguale per tutti”, facendo notare i tanti errori, anche voluti, del nostro sistema giudiziario.
E' vero, i difetti della nostra giustizia sono parecchi, ma restiamo uno stato di diritto ed i meccanismi di base, bene o male, funzionano.
Nel mondo occidentale, gli unici privilegiati (quelli che riescono sempre a farla franca) sono soltanto gli appartenenti alle elites, ma questo è inevitabile ed accade in qualsiasi società.
Nei paesi a corruzione diffusa, invece, chiunque, a qualsiasi livello sociale, può essere portatore di qualche privilegio e quindi nessuno può essere sicuro di nulla.
Per fare un esempio: io so benissimo che se faccio causa ad un grande imprenditore o a un big della politica, perderò sempre; ma se faccio causa ad una persona comune come me, ed ho ragione, la vinco.
Nei paesi fortemente corrotti, invece, non posso mai essere sicuro di niente.
Questa mi sembra una differenza notevolissima.
LUMEN


EGOISMI
E' opinione comune che le persone di destra siano più egoiste, mentre quelle di sinistra sarebbero più altruiste.
In realtà l'egoismo è equamente distribuito da entrambe le parti, perchè tutti gli uomini sono egoisti (per legge di natura).
La differenza è solo di natura psicologica: le persone di destra sanno di essere egoiste e non gliene importa nulla; quelle di sinistra invece, se ne vergognano e quindi si inventano le motivazioni più fantasiose (purchè teoriche) per convincersi di essere buoni ed altruisti.
Ma quando si passa dalla teoria alla realtà, le differenze spariscono e tutti si comportano quasi allo stesso modo.
LUMEN


ORDINE PUBBLICO
Alcuni sociologi dicono che dobbiamo aspettarci un incremento della violenza sociale in Europa, per motivi collegati, direttamente o indirettamente, con l'aumento crescente degli immigrati.
Il problema mi sembra particolarmente grave in Italia, non solo perchè non ci siamo più abituati (siamo da decenni un paese pacifico), ma anche perchè non siamo preparati a contrastarlo, avendo deciso - per motivi ideologici - che il mantenimento dell'ordine pubblico è una manifestazione di pseudo-fascismo.
Quindi sono piuttosto pessimista al riguardo.
Certo, mantenere l'ordine pubblico presuppone inevitabilmente delle ingiustizie, perchè tutti gli agenti sono esseri umani con i loro difetti.
Ma questa è l'attività di gran lunga più importante che uno Stato deve garantire ai suoi cittadini.
A volte ce ne dimentichiamo, perchè vorremmo un mondo perfetto. Ma i mondi perfetti non esistono.
LUMEN

martedì 5 novembre 2024

Il paradosso della Verità

Da tempo sono giunto alla conclusione che la verità non è sempre un valore assoluto, in quanto ci sono verità utili e verità dannose.
Così, per esempio, poiché le strutture sociali sono fondate sull'inganno, non solo sarebbe dannoso far scoprire alla gente che il Re è nudo, ma sarebbe anche inutile, perchè verrebbe subito sostituito da un altro Re, con un altro vestito (anche se apparente).
In fondo la tragedia umana è proprio questa: si sente il bisogno di ricercare la verità, ma, quando la si è trovata, in molti casi ci si trova costretti a tenerla per sè.
A questo sconsolante paradosso è dedicato il post di oggi, scritto da Marco Pierfranceschi per il suo blog (Mammifero Bipede).
LUMEN


<< [Io] ho iniziato molto presto ad interrogarmi sulla verosimiglianza delle cose che mi venivano insegnate. Nella mia ansia di trovare un sistema possibilmente infallibile di discriminare il vero dal falso mi sono imbattuto nel Metodo Scientifico, e ne sono divenuto un convinto assertore.

La sua formulazione, in estrema sintesi, è che tutti sperimentiamo una realtà oggettiva, i cui dettagli possono essere definiti per mezzo di esperienze (esperimenti) replicabili da chiunque. La realtà non è quindi un’esperienza individuale, solipsistica, bensì una dimensione comune, condivisa, che evolve per mezzo di relazioni causa/effetto.

Ne discende la prospettiva di un Universo totalmente indifferente alle passioni umane, dominato dal caso e dalla necessità, all’interno del quale le esistenze individuali sono solo un evento incidentale ed estemporaneo.

Non esattamente quello che a persone variamente sofferenti piace sentirsi raccontare. Il tutto può essere sintetizzato in una battuta (non mia) a cui ricorro spesso per evitare di dare risposte sgradite a domande spiacevoli: “preferisci una pietosa bugia o la cruda verità?”

Sta di fatto che la ‘cruda verità’ finisce con l’essere un’esigenza puramente intellettuale. Un lusso ben distante dalla domanda di ‘utilità’ che contraddistingue la condizione umana. Le nostre necessità individuali rappresentano la priorità: nutrirci, star bene, sopravvivere, riprodurci. Se una verità è in linea con queste esigenze, se ci è utile, allora rappresenta un valore, in caso contrario diventa un peso dal quale è preferibile disfarsi.

Lo sviluppo cognitivo all’interno dei meccanismi evolutivi ha portato con sé l’emergere di una condizione indesiderata, la sofferenza psichica. È una dinamica emotiva che condividiamo con le altre specie sociali: il nostro benessere dipende dalla presenza e vicinanza dei nostri simili, con i quali stabiliamo legami affettivi.

È il ‘rovescio della medaglia’ del vantaggio significativo consistente nel far parte di un organismo sociale. Il gruppo è più forte ed efficace rispetto ai singoli individui, offrendo maggiori possibilità di sopravvivenza.

Per contro, la perdita di un membro del gruppo genera nell’individuo una sofferenza psichica, che necessita di un sollievo. In questo contesto la semplice ‘verità’ può fare ben poco.

Nella nostra specie è poi presente una ulteriore aggravante: la consapevolezza dei processi biologici. Sappiamo che la nostra parabola vitale consiste di giovinezza, età matura, vecchiaia e morte, e questa prospettiva non ci è gradita (il fatto che non ci piaccia l’idea di morire, o di veder morire gli altri, discende da tutta una serie di processi mentali irrazionali che raccogliamo nella definizione di ‘istinto di sopravvivenza’).

In diversi momenti della nostra esistenza, sia la sofferenza per la perdita di persone care che la prospettiva di non poter guarire da una malattia, o in assoluto l’idea di smettere di esistere, possono indurre livelli soverchianti di sofferenza psichica, tali da sfociare in una condizione patologica detta ‘depressione’.

A differenza di altre patologie mentali, generate da una errata percezione della realtà, la depressione è legata alla perdita di quelle ‘stampelle psichiche’ irrazionali che utilizziamo per renderci sopportabile una realtà per molti versi spiacevole. Chiaramente, l’aggiunta di ulteriori ‘verità’, in questo tipo di situazioni, serve a poco se non a nulla. (...)

La conclusione cui sono pervenuto dopo lunghe analisi è che le società umane sono fondate su ‘Processi di Inganno’, sistemi di menzogne globalmente condivise che svolgono la funzione di facilitare i rapporti sociali, consolidare l’efficacia dell’azione collettiva e disinnescare le conflittualità tra individui e tra gruppi.

Accade poi che nella competizione su larga scala risultino premiate le collettività più aggressive, che potremmo definire come quelle capaci di realizzare il massimo sfruttamento degli individui. Siccome lo sfruttamento induce stress, affaticamento psichico, insoddisfazione e spinte disgreganti, queste pulsioni vengono equilibrate attraverso la diffusione, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, di visioni strumentali e spesso edulcorate della realtà.

Spingere fino ai limiti una collettività organizzata impiegando visioni ideologizzate, scollate dalla realtà, rappresenta una scommessa rischiosa. Nondimeno è quello che vediamo accadere nelle società più aggressive. Più aumenta lo sfruttamento, più risultano radicate ed invasive le sovrastrutture ideologiche, siano esse di natura teologica (evidenti nelle diverse teocrazie del Medio Oriente), edonistica (tipiche dei sistemi capitalistico/consumisti) o politica (specifiche dei paesi strutturati su modelli comunisti). (...)

Scegliere collettivamente un ‘basso profilo’, privilegiare il benessere reale delle persone rispetto a quello ‘percepito’, ridurre i livelli di stress della popolazione, comporta una perdita di aggressività, che può rendere la collettività stessa facile preda di vicini più disagiati, ideologizzati e bellicosi.

Cosa avviene quando un individuo viene messo di fronte ad una menzogna sulla quale ha basato molte delle proprie scelte di vita e di realizzazione personale? Ovviamente, niente di buono.

La reazione più diffusa consiste in un meccanismo psicologico di rifiuto. Nel difendere il proprio benessere psichico si finisce quindi col difendere, e giustificare, l’intero sistema di inganno attraverso il quale si viene sfruttati, in un perfetto esempio di ‘Sindrome di Stoccolma’. (...)

[Inoltre] le realtà fondate su sistemi organizzati di menzogne investono quantità enormi di risorse per propagare, capillarmente, le proprie visioni distorte della realtà, affinché vengano metabolizzate ed introiettate dalla popolazione. Le singole voci in controtendenza sono condannate all’irrilevanza. >>

MARCO PIERFRANCESCHI

venerdì 1 novembre 2024

Appunti di Geo-Politica – 5

FILIERE INTERNAZIONALI
Il settore dell’energia, così come l’informatica, la microelettronica e tanti altri, prospera grazie a collaborazioni e joint venture internazionali le quali rischiano di rimanere vittime delle crescenti tensioni politiche tra stati che stanno creando una frattura profonda tra l’Occidente e i paesi afferenti ai BRICS.
Ad esempio, la Cina ha consolidato la leadership nel settore dei pannelli fotovoltaici monocristallini, mentre la UE ha da poco confermato l’intenzione di non sanzionare l’azienda russa ROSATOM a causa della forte dipendenza del comparto atomico europeo nei suoi confronti.
Se davvero Putin sta 'uccidendo' il sistema economico integrato a livello globale, potrebbe risultare molto complesso, se non impossibile, rilocalizzare efficacemente filiere produttive articolate in tutto il mondo, con pesanti ripercussioni per il mantenimento di tecnologie ritenute oramai ampiamente acquisite.
E mentre all’umanità urge approntare risorse utili prima di schiantarsi definitivamente contro gli scogli dei limiti dello sviluppo, è davvero triste che la priorità venga accordata ad armamenti e altri strumenti utili solo per aggravare il disastro.
IGOR GIUSSANI


RUSSIA E ARMAMENTI
[La Russia] – per ragioni inerenti anche al suo suolo e al suo clima – è povero e moderatamente industrializzato. I russi sono poco oltre 140 milioni, ma il PIL del Paese è inferiore a quello dell’Italia (60 milioni). (...)
E tuttavia questo Paese ha una monocultura di (relativo) successo: l’industria delle armi.
Per questo fatto le spiegazioni potrebbero essere molteplici, ma la più semplice è che si tratti di una scelta strategica, inerente ai principi fondamentali legati alla sopravvivenza della Federazione.
Da sempre la Russia teme di essere invasa e dominata (le è del resto avvenuto ripetutamente, data la sua mancanza di confini naturali); dunque avere molte armi e, se possibile di ultimo modello, è una garanzia di sopravvivenza. 
Riuscendo poi a venderle anche all’estero, si possono prendere due piccioni con una fava. (...)
[Inoltre] i russi credono solo alla forza e questa è una sfida alla storia. In particolare al detto francese secondo cui on peut tout faire avec des baïonnettes, sauf s’asseoir dessus: si può fare di tutto con le baionette, salvo sedercisi sopra.
Il senso è che vanno bene per una battaglia, ma non per la normalità. Se Roma è durata tredici secoli è perché, malgrado i suoi enormi difetti, godeva del consenso dei governati.
Se invece la Russia è stata odiata dovunque abbia posato gli stivali (nell’Est europeo per 40 anni e più) è chiaro che era sprovvista della saggezza di Roma. O di Londra, nell’Ottocento.
GIANNI PARDO


SALVARE L'EUROPA
Dopo aver “salvato l’Europa” con il suo famoso 'Whatver it takes' (era il 2012), ecco Mario Draghi che ri-salva l’Europa con il suo piano presentato all’Unione Europea, secondo cui per riprendere in mano le sorti di un continente in declino bisognerebbe spendere (a debito) 800 miliardi all’anno, migliorando investimenti, produttività, concorrenza, armamenti, transizione ecologica. (...)
Ma il convitato di pietra che siede dietro il discorso di Draghi è un colosso gigantesco, minaccioso e vampiresco, che succhia il sangue dell’Europa da decenni, e si chiama Stati Uniti.
Per elencare soltanto qualche elemento innegabile eccone tre.
Il dominio sulle tecnologie, ottenuto grazie alla creazione di immensi e invincibili monopoli, capaci di cancellare le imprese tecnologiche europee e persino di bloccare la ricerca pubblica degli Stati europei, uno.
La gestione globale dei prezzi dell’energia, il cui ultimo ostacolo era il gas russo a basso costo, problema ora risolto, infatti lo compriamo dagli Usa a tre/quattro volte il prezzo di prima (la Germania ne sa qualcosa), due.
E, tre, la metto per ultima ma è fondamentale, la finanziarizzazione dell’economia globale, per cui grandissima parte del risparmio europeo va a finire in fondi Usa o controllati dagli Usa, che quindi drenano il risparmio europeo, e con quello finanziano la loro crescita. (...)
Nella migliore delle interpretazioni possibili, si tratterebbe di dire: i nostri interessi, nostri dell’Europa, non sono comuni a quelli americani, anzi, sono proprio divergenti, quello che va bene a loro non va bene a noi, e viceversa.
ALESSANDRO ROBECCHI


DECLINO AMERICANO
Osserva Emmanuel Todd che l’ipotesi di una ripresa militare-industriale degli Stati Uniti è da escludersi in forza della scarsità di ingegneri a loro disposizione, rispetto ai russi (e ai cinesi) e per la loro predilezione per la produzione di denaro anziché di macchinari.
Il collasso morale e sociale deriva a suo dire dal collasso del protestantesimo, che rende irreversibile il declino americano e apre gli Usa e l’intero occidente al destino del nichilismo.
Da allievo di Max Weber osserva che se il protestantesimo è stato la matrice del decollo dell’occidente e del capitalismo, ora è la sua morte a causarne la dissoluzione. 
Intanto lo stato-nazione si dissolve e trionfa la globalizzazione; gli individui sono ormai privi di qualsiasi credenza collettiva. Il collasso della religione ha spazzato via il sentimento nazionale, l’etica del lavoro, il concetto di una morale sociale vincolante, la capacità di sacrificarsi per la comunità. 
MARCELLO VENEZIANI
 

domenica 27 ottobre 2024

Di tutti i Colori

Non c'è dubbio che le arti figurative (e la pittura in particolare) si sono evolute seguendo il corso del pensiero umano, di cui hanno affiancato, ed a volte precorso, le tappe.
Ma notevole importanza hanno avuto anche le innovazioni tecniche connesse, a cominciare da quelle relative ai materiali usati per i 'colori', che, con il progresso della scienza, sono diventati sempre più accessibili e facili da usare.
All'importanza dei materiali nella pittura è dedicato questo post, scritto dall'esperto d'arte Alfredo Verdi Demma (il cui sito mi è stato segnalato dall'amico Agostino Roncallo). A seguire, un breve intervento di Philip Ball sui colori primari.
LUMEN



<< Il 15 Aprile 1875, a Parigi, Claude Monet, Camille Pissarro, Edgar Degas, Auguste Renoir e altri giovani artisti espongono per la prima volta dipinti che modificheranno radicalmente il corso della storia dell’arte: immagini e paesaggi quotidiani fatti di brevi tocchi di colori ad olio densi e nello stesso tempo aerei, in grado di trasferire sulla tela le sensazioni reali di aria, movimento e luminosità.

Il ruolo rivoluzionario dei quadri impressionisti, realizzati in base ad una precisa teoria della luce, è noto e riconosciuto da tutti; non sempre però si considera che questo radicale cambiamento nel linguaggio artistico è stato possibile anche grazie ad una banale innovazione tecnica: innovazione dei colori pronti in tubetto.

Grazie ad essi l’attrezzatura del pittore diventa agile, leggera e quindi facile da trasportare, ideale per dipingere in plein air; i colori in tubo sono più facili da utilizzare e permettono all’artista una maggiore libertà espressiva. Questo è solo un esempio di come, certi aspetti tecnici, a volte molto semplici, sono fondamentali per la comprensione dell’operare artistico.

Chi visita una galleria d’ arte o una chiesa si trova a contatto diretto con opere cariche di storia e di significati simbolici, ma anche con la loro parte materiale: la foglia d’oro racchiusa nelle tessere vitree dei mosaici bizantini, la lucida e compatta policromia di un’ancona lignea fiamminga, ma anche lo stupefacente blu di lapislazzuli che Lorenzo Lotto preparava in un procedimento particolare.

Questi elementi, sempre molto affascinanti, non sono semplicemente momenti accessori della costruzione di un’opera, ma indissolubilmente legati al contesto storico e alla personalità dell’artista, diventano portatori materiali del linguaggio simbolico delle immagini.

La tecnologia dei procedimenti e della materia diventa ancora più evidente nelle cosiddette arti applicate a volte impropriamente dette “minori”, che in ogni epoca- si pensi al panorama artistico quattro-cinquecentesco, ma anche al settecento- hanno assunto un ruolo di grandissima importanza, se non addirittura di vera e propria “guida”, per pittura, scultura e architettura.

Ricordiamo, per citare alcuni esempi, che l’oreficeria è stata il punto di partenza per Pollaiolo e Verrocchio e che molti pittori manieristi e barocchi amavano progettare e spesso realizzare bronzi decorativi, vetri e cristalli figurati.

Nell Settecento, poi la scoperta della formula della porcellana, rivelata da Bottger, è stata così determinante e rivoluzionaria che la delicata materia inventata in Cina diventa la vera protagonista del secolo influenzando il gusto in pittura e scultura, entrando di prepotenza anche nell’arredamento e nell’architettura: un esempio in questo senso sono gli studiosi in porcellana a Capodimonte e al Palazzo Reale di Madrid.

Dietro ogni opera, piccola o grande, si cela un infinito lavoro di ricerca, innumerevoli prove, vere e proprie sperimentazioni alchemiche, Inoltre casualità e fortunati “errori”, determinano talvolta la scoperta di procedimenti e ricette che il tempo e l’esperienza di artisti e “maestri sperimentatori” perfezionarono e tramandarono attraverso i secoli. >>

ALFREDO VERDI DEMMA


 
IL PROBLEMA DEI COLORI PRIMARI

<< Dopo aver impiegato secoli per capire cosa sono i colori primari, siamo in procinto di abbandonarli. La nozione di primari, infatti, può scatenare furiose discussioni tra gli specialisti del colore.
Alcuni fanno notare che la terna che molti di noi hanno imparato a scuola – rosso, giallo e blu – si applica solo alla miscelazione dei pigmenti; mescolando la luce, come nei pixel degli schermi televisivi, servono diversi primari (approssimativamente il rosso, blu, verde). Ma se si stampa con degli inchiostri, si usa un sistema di “primari” ancora diverso: giallo, ciano e magenta. 
Nello spettro dell’arcobaleno della luce visibile non c’è alcuna gerarchia: non abbiamo alcuna ragione per preferire la luce gialla all’arancione, che ha una lunghezza d’onda leggermente superiore.
Inoltre, anche se i pittori imparano a mescolare i colori – ad esempio il blu e il giallo per ottenere un verde – sanno bene che i risultati possono essere deludenti se paragonati a un pigmento “puro” del colore desiderato: è difficile ottenere un bel viola dal rosso e dal blu.
Di conseguenza, gli artisti pensano al colore non tanto come una proprietà astratta, ma in termini della sostanza che lo produce: rosso robbia, blu oltremare, giallo cadmio.
Per capire davvero cosa significa il colore per un artista, dobbiamo pensare ai suoi componenti. O, per dirla diversamente, ciò che la tavolozza dell’artista è in grado di produrre dipende dai materiali a sua disposizione e dall’ingegnosità con cui se li è procurati. >>

PHILIP BALL

lunedì 21 ottobre 2024

Pensierini – LXXVIII

DIO E LA SCIENZA
Molti scienziati, pur essendo personalmente atei, affermano che il problema dell'esistenza (o non esistenza) di Dio si trova al di fuori dal campo di applicazione della Scienza e che pertanto è inutile cercare delle risposte scientifiche a questo problema.
Io, però, non ne sono convinto, in quanto la Scienza, nei secoli, ha elaborato moltissime leggi, e quindi è possibile verificare se la figura di Dio, quale ci viene descritta dalle Religioni, sia compatibile o meno con esse.
Le leggi scientifiche della natura sono moltissime, ed io ne conosco solo alcune, ma posso elencare almeno 4 casi di palese incompatibilità:
1 = Dio viola la legge dell'Entropia, perchè, essendo sempre uguale a se stesso, non si degrada secondo la freccia del tempo.
2 = Dio viola il limite posto dalla velocità della luce, perchè può intervenire istantaneamente ovunque voglia.
3 = Dio viola la legge dell'Evoluzione, perchè, pur essendo il massimo della complessità, non deriva da esseri più semplici.
4 = Dio viola il principio di causalità, perchè, essendo onniscente, conosce già il futuro, ma può ugualmente modificarlo.
E si potrebbe continuare.
Quindi la Scienza può pronunciarsi sull'esistenza di Dio e negarla, semplicemente richiamandosi al (mancato) rispetto delle proprie leggi.
Non mi pare una cosa da poco.
LUMEN


HANDICAP SOCIALI
La gestione dei 'diversi' è un problema sociale importante, ma anche molto delicato. E può essere risolto solo con la giusta misura.
Certo, le persone che hanno un handicap (sia fisico che mentale) non devono essere derise ed emarginate, come succedeva un tempo, e su questo siamo tutti d'accordo.
Ma non possono nemmeno essere trattate come tutti gli altri. Perchè non lo sono (ed io so di cosa parlo).
LUMEN


TRADIMENTI
Il tradimento del partner rappresenta una delle sofferenze psicologiche maggiori che possa subire l'essere umano.
Le motivazioni biologiche della gelosia sono abbastanza ovvie e sono legate all'investimento riproduttivo. L'uomo teme di dover allevare un figlio non suo, mentre la donna teme di non avere dal partner tutto il supporto necessario.
Oggi però, nella specie umana il rapporto tra sesso e riproduzione è diventato molto più tenue, per cui, a livello strettamente evolutivo, la gelosia sessuale dovrebbe essere molto meno importante.
Eppure le cronache non sembrano mostrare molte differenze. Perchè ?
Perchè il tradimento del nostro partner, che ha preferito un'altra persona a noi, ci fa sentire inferiori al nostro rivale.
E questo - secondo il meccanismo psicologico che lega la felicità al senso di superiorità - ci rende automaticamente arrabbiati ed infelici.
LUMEN


PROBLEMI E SOLUZIONI
Ad Aristotele viene attribuita questa massima, considerata molto profonda: "Se c'è soluzione perché ti preoccupi? Se non c'è soluzione perché ti preoccupi?”
A me, la frase appare non solo troppo semplicistica, ma anche di pessimo insegnamento.
Anzitutto perchè l'assenza di una soluzione può essere solo temporanea, o derivare da una analisi incompleta del problema. Il che rende senz'altro opportuno (per non dire necessario) riletterci ancora.
In secondo luogo, perchè, anche se è già stata trovata una soluzione, non è detto che questa sia l'unica, e che non ve ne siano delle altre migliori. Quindi, anche in questo caso, conviene riflettere ulteriormente sulla situazione.
In conclusione, continuare a preoccuparsi di fronte ad un problema non è solo umano, ma può essere anche utile.
Con buona pace del grande filosofo di Stagira.
LUMEN


VITE UMANE
Questo pensierino non è mio, ma è talmente profondo che non posso fare a meno di riportarlo qui, per la meditazione di tutti.
« Tutte le decisioni che impegnano delle vite umane sono prese da coloro che non rischiano niente. » (Simone Weil).
E' una riflessione molto amara, ma rappresenta, forse, la pricipale lezione della storia.
LUMEN