domenica 12 maggio 2024

Relativismo e Libertà

Nel 2007 il sociologo Luciano Pellicani ha pubblicato un saggio dal titolo “Le radici pagane dell'Europa”, in cui dimostra, dati storici alla mano, la notevole dicotomia che esiste tra i principi (oscurantisti) del Cristianesimo ed i valori liberali dell'Europa moderna. Da questo libro è tratto il passo che segue.
LUMEN


<< Non è passato neanche un secolo da quando Pio XI fece questa solenne dichiarazione, la cui franchezza rende superfluo ogni commento: “Se c’è un regime totalitario – totalitario di fatto e di diritto – è il regime della Chiesa, dato che l’uomo appartiene totalmente alla Chiesa”.

E che, al fondo, la Chiesa cattolica non ha rinunciato alla pretesa di avere il monopolio della direzione intellettuale e morale dell’Europa, è confermato dall’omelia Pro eligendo romano pontefice pronunciata il 18 aprile 2005 da Joseph Ratzinger, nella quale si legge:

“La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo al vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo, e così via […]. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare qua e là da ogni vento di dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo, che non riconosce nulla di definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

Parole illuminanti, quelle di colui che si apprestava a salire sulla “Cattedra di Pietro”: il relativismo ridotto alla “dittatura delle voglie del singolo”, laddove esso è la base assiologica della civiltà dei diritti e delle libertà!

La quale non ha assolutamente bisogno di un fondamento religioso; meno che mai di un fondamento teologico che si ispiri al Dio biblico, esclusivista e intollerante, che condanna come “figli di Satana” tutti coloro che non si sottomettono alla sua dispotica volontà.

Non si può non essere d’accordo con Giovanni Reale, quando afferma che “sotto la proclamazione del pari valore di tutte le culture si cela un azzeramento dei valori”, vale a dire il nichilismo assiologico; ma ciò non legittima la sua tesi, secondo la quale, “tolto il concetto del Dio cristiano, si toglie eo ipso il concetto stesso di persona, preso nel suo pieno spessore ontologico”.

Non si vede proprio perché mai il concetto di uomo come fine abbia bisogno di una base teologica su cui appoggiarsi. La dignità umana deve necessariamente essere fondata in un altro da sé?

Non è stata forse proclamata, su basi rigorosamente laiche, sin dalla pubblicazione della splendida Oratio de hominis dignitate di Giovanni Pico della Mirandola?. E non è forse vero che i bisogni e i desideri dell’homo carnalis, quei bisogni e quei desideri che la civiltà moderna considera “naturali” e, precisamente per questo, pienamente legittimi, sono stati, per secoli e secoli, sistematicamente demonizzati e repressi da quella che Michel Onfray ha chiamato la “litania delle proibizioni”?

Per rafforzare la sua tesi, Reale arriva a sottoscrivere il terroristico ammonimento di T. S. Eliot, secondo il quale “molti secoli di barbarie” ci attenderebbero se morisse il cristianesimo, poiché il cristianesimo è “tutta la nostra cultura”!.

Non di questo avviso era Bonhoeffer, il quale non si è limitato ad affermare che “non possiamo essere onesti senza riconoscere che dobbiamo vivere nel mondo – etsi Deus non daretur”; ha anche così descritto l’Europa divenuta “adulta” grazie alla rivoluzione culturale attuata dall’Illuminismo: “L’uomo ha imparato a bastare a se stesso in tutte le questioni importanti, senza l’ausilio dell’ipotesi di lavoro ‘Dio’.

Nelle questioni riguardanti la scienza, l’arte, l’etica, questo è diventato un fatto scontato, che praticamente non si osa più mettere in discussione; ma da circa 100 anni ciò vale in misura sempre maggiore per le questioni religiose; si è visto che tutto funziona anche senza Dio, e non meno bene di prima.

Esattamente come nel campo scientifico, anche nell’ambito generalmente umano Dio viene sempre più respinto fuori dalla vita e perde terreno”. I credenti hanno certamente il diritto che si riconosca il grande contributo che il cristianesimo ha dato alla costruzione della civiltà occidentale, non ultimo “la fatica disciplinata e incessante dei monaci che arrestò la marcia della barbarie nell’Europa occidentale e che rese di nuovo alla cultura terre che erano state abbandonate e spopolate al tempo delle invasioni”.

E hanno anche il diritto che si riconosca che la morale cristiana, centrata sull’imperativo che “dobbiamo fare del bene al nostro prossimo per amore di Dio”, ha un ruolo altamente positivo in una società, come quella in cui viviamo, centrata sul mercato e dunque propensa a tutto sacrificare sull’altare di Mammona. 
 
Infine, hanno il diritto di sottolineare con forza che la speranza cristiana svolge una insostituibile funzione: quella di soddisfare il “bisogno di senso”, che urge, sia pure con diversa intensità, in tutti gli uomini. 
 
Ma, se vogliono essere onesti, devono riconoscere:
1= che, senza la battaglia condotta dagli illuministi contro il fanatismo e l’odio teologico, “si sarebbe continuato a bruciare eretici e torturare persone”;
2= che negli ultimi secoli i più importanti prodotti della cultura filosofica e scientifica poco o nulla devono alla tradizione cristiana;
3= che Bayle aveva ragione quando scriveva che “una società di atei si comporterebbe in maniera civile e morale proprio come qualsiasi altra società, purché facesse punire i delitti e annettesse onore o infamia a certe azioni”;  
4= che è grazie alle istituzioni e ai valori della Città secolare che la micidiale carica di intolleranza contenuta nel Kerygma è stata disattivata; 
5= che il cristianesimo non ha il monopolio della morale, dal momento che esiste una morale laica: la morale della ragione, della tolleranza e dei diritti inalienabili dell’uomo;
6= che l’unico cristianesimo in armonia con lo spirito della Modernità è il cristianesimo liberale (...), che non fa il volto dell’arme ai valori dell’Illuminismo e vede nella laicità “una garanzia per la religione”. (...)

Per la tradizione giudaico-cristiana, la Legge – esattamente come accade nella tradizione islamica – è la manifestazione della volontà di Dio: è una Legge rivelata, di fronte alla quale all’uomo non resta che sottomettersi, senza possibilità alcuna di metterla in discussione.

Tant’è che San Giovanni Crisostomo non ha avuto esitazione alcuna a formulare il seguente teorema: “Quello che è fatto per volontà di Dio è ottimo anche se può sembrare malvagio; al contrario ciò che è fatto contro la volontà di Dio e gli dispiace, anche se viene giudicato ottimo, è invece pessimo e iniquo. Perciò, se qualcuno uccide un uomo, perché così vuole Dio, commette un omicidio che è meglio di qualsiasi atto di carità; e, ancora, se qualcuno risparmia un uomo, e lo tratta con indulgenza contro il volere di Dio, questa bontà è più criminale di un omicidio.Non è la natura dei fatti che rende le azioni buone o cattive, ma la volontà del Signore”.

Radicalmente altra è la concezione laica delle leggi e dei valori morali che le ispirano. Essi sono il prodotto di un permanente dialogo fra una pluralità di soggetti, individui e gruppi organizzati, che si svolge in uno spazio pubblico nel quale sono garantite le libertà fondamenta li, ivi compresa la libertà religiosa.

La più preziosa eredità che ci ha lasciato il secolo dei Lumi è il principio del “pubblico uso della ragione in tutti i campi”, che postula la “libertà in tutto, in religione, in filosofia, in letteratura, in industria, in politica”: un principio cui non si può rinunciare senza regredire verso la barbarie della spietata caccia agli eretici, che l’Europa ha conosciuto quando non era sottomessa alla “dittatura del relativismo”.

Un principio che “si è trasferito nei fatti, è penetrato nelle nostre istituzioni e nei nostri costumi, si è unito a tutti gli aspetti della nostra vita” a tal punto che, qualora fosse abolito, “dovremmo cambiare d’un colpo tutta la nostra organizzazione morale”. >>

LUCIANO PELLICANI

9 commenti:

  1. Articolo largamente condivisibile, si potrebbe aggiungere ad adiuvandum che "il contrario di Relativismo e' Assolutismo" (G.Giorello).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. D'altra parte, se credi davvero di possedere la verità assoluta, come puoi tollerare il relativismo ?
      E come puoi far funzionare una società complessa se tutti sono autorizzati a pensarla in modo diverso ?

      Eppure la nostra società 'relativista' funziona; e funziona bene.
      Forse, perchè anche la nostra società ha la sua quota di 'assolutismo' (cioè di verità indiscutibile e condivisa) che la fa funzionare: è quella della tecnologia.

      Elimina
  2. Benedetto Croce:

    "“Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile al suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall’alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primato perché l’impulso originario fu e permane il suo.”

    Non capisco questa esaltazione del cristianesimo da parte di un agnostico o ateo (altrove Croce dice di credere anche lui in Dio, ma a modo suo - immagino in modi che non potevano piacere al Vaticano e nemmeno a ... Giovanni Papini (vedi "La mia croce con Croce").
    Stendhal era invece dell'idea che anche senza cristianesimo i costumi si sarebbero addolciti, gli uomini sarebbero divenuti più umani, sensibili. Difficile dire cosa abbia davvero apportato il cristianesimo di radicalmente nuovo nei costumi, a parte l'enunciazione di certi principi che hanno sicuramente inciso in qualche misura (ama il prossimo tuo come te stesso). O forse senza cristianesimo saremmo ancora dei bruti come i cavernicoli armati di clava? Un docente di filosofia cattolico, Josef Seifert, afferma che il cristianesimo ha posto fine alla schiavitù (lo stesso giustificata dalla Chiesa ancora nel XIX secolo ...).
    Diceva Lorenz che l'anello mancante tra la scimma e l'uomo ... siamo noi, non ancora davvero umani! Che avesse ragione? Forse, chissà. Quante se ne dicono.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Croce aveva torto, e anche di parecchio.
      Anzitutto perchè il Cristianesimo ha portato una sola innovazione culturale, che è quella dell'uguaglianza di tutti gli uomini davanti a Dio.
      Una innovazione importante ma limitata, perchè le differenze di questo mondo restavano tranquillamente intatte (vedi la storia della schivitù, tollerata dalla Chiesa per moltissimi secoli).
      Ma soprattutto per non aver capito che le grandi, vere svolte epocali della civiltà dipendono dalle innovazioni tecniche, che cambiano la vita quotidiana delle persone e non dalle elaborazioni dei pensatori, che, in genere, arrivano solo dopo, a razionalizzare i nuovi equilibri sociali.

      Elimina
    2. "Ma soprattutto per non aver capito che le grandi, vere svolte epocali della civiltà dipendono dalle innovazioni tecniche, che cambiano la vita quotidiana delle persone."

      Com'è vero in effetti. Pensa com'era il mondo appena quindici anni prima dell'avvento dello smartphone. Oggi girano tutti con quest'odioso accidenti in mano che presto tutti dovranno possedere per non essere tagliati fuori. Ormai anche i biglietti ferroviari devi farli con l'accidente che sarà il mezzo di controllo ideale dello Stato come in Cina, non potrai farne a meno (io resisto ma non so fino a quando, per il momento non ne ho nessun bisogno).
      Ma pensa anche a tutte le altre invenzioni in tutti i campi che hanno davvero inciso nella vita dell'uomo. E il pensiero, la filosofia, l'arte? Uno scrittore russo scriveva che il guaio o la rovina della Russia sono i suoi celebrati geni letterari che non hanno inventato nulla che migliorasse la condizione del popolo. La stragrande maggioranza dell'umanità non conosce nemmeno i nomi di Kant, Dostoevskij, Leopardi eccetera eppure se la cava, inventa, produce, a volte è persino felice. Severino però osservava che senza la filosofia oggi non avremmo né lo smartphone né la bomba atomica - perché è il pensiero, la filosofia che ci ha permesso di inventare tutte le belle cose che ci facilitano l'esistenza. Non ha invero tutti i torti perché a monte dello sviluppo della tecnica ci sono secoli di riflessione. Però Severino è di parte, difende il suo mestiere (e acquistava contento i prodotti della modernità).

      Elimina
    3. Non sono molto d'accordo con Severino (che in effetti, come hai detto argutamente tu, è di parte).
      Secondo me prima viene l'innovazione tecnologica, dovuta a motivi economici e materiali, e dopo, ma solo dopo, la riflessione degli intellettuali e dei filosofi.
      Ho letto di recente un saggio sulla storia delle invenzioni e ne ho tratto proprio questa impressione.
      L'unico campo dove l'intuizione teorica può precedere una scoperta è quello scientifico, ma siamo in un ambito diverso.

      Elimina
  3. Caro Sergio, credo che la "libertà in tutto" si riferisca al pensiero ed alla sua manifestazione, non certo al comportamento, perchè ogni società, per poter sopravvivere, deve darsi comunque delle regole.
    E' vero che anche il pensiero viene spesso limitato e condizionato dal "politicamente corretto", ma il principio resta importante.
    Certo è che nella concezione religiosa non c'era proprio nulla di libero, perchè anche il semplice pensiero (non parliamo della sua manifestazione) poteva rappresentare un peccato.

    Molto interessante la tua precisazione finale sul (presunto) comportamento di Dio secondo le diverse religioni.
    Se devo essere sincero, la concezione dell'Islam mi sembra la più logica e coerente.
    Ma i teologi cristiani sono ben noti per i loro cavilli e i loro contorsionismi.

    RispondiElimina
  4. "Se devo essere sincero, la concezione dell'Islam mi sembra la più logica e coerente."

    Effettivamente, non pone nessun limite all'Onnipotente.
    Lo stesso tirare in ballo la logica e la coerenza in ambito religioso è quanto meno un azzardo.
    Eppure i teologi hanno tentato, con scarso successo direi, la quadratura del cerchio - perché la fede non bastava nemmeno a loro, sentivano che qualcosa non funzionava nei loro ragionamenti, perciò fides quaerens intellectum (ma alla fine dovevano arrendersi e preferire per forza la fede, questo salto nel buio).

    RispondiElimina
  5. Oltretutto, il Dio cristiano, almeno nella concezione dei fedeli comuni (che di fatto è la più importante) può davvero fare tutto.
    Altrimenti non si spiegherebbe la quotidiana ed incessante richiesta di miracoli (che non sono altro che violazioni delle regole) da parte dei suddetti fedeli.

    RispondiElimina