venerdì 28 settembre 2018

Da Profeta a Dio

Torno ad ospitare il grande biblista americano Bart Ehrman perché, in materia di religione, ha sempre cose molto interessanti da raccontare.
Il post di oggi è dedicato ad uno dei suoi ultimi libri - “E Gesù diventò Dio” - in cui traccia il lungo percorso teologico subito dal personaggio di Gesù Cristo, che da semplice profeta, e quindi uomo, ha finito per diventare una delle tre persone della SS Trinità, e quindi un dio.
La recensione, scritta da Michele Martelli, è tratta da Micromega. 
LUMEN


<< Ancora oggi, la pietra angolare delle tre «religioni del libro» restano i testi sacri: se essa cede, viene giù tutto l’edificio. Perciò clero e teologi hanno da sempre difeso a denti stretti la «verità storica» dei loro testi. Ma è tale verità difendibile alla luce delle più recenti e agguerrite ricerche storiografiche? Una risposta chiara e semplice a questa domanda, (…) riguardo al cristianesimo, è offerta da un recente libro dello storico neo-testamentario statunitense Bart D. Ehrman, “E Gesù diventò Dio” (…): una ricerca impostata in modo scientifico e laico, estraneo all’apriorismo apologetico di tante storie sacrali e provvidenzialistiche del cristianesimo.

Subito una premessa. Ehrman non appartiene alla schiera degli studiosi «mitisti», per i quali Gesù non è mai esistito, e la sua figura sarebbe un’invenzione, un «mito», una leggenda. La tesi di Ehrman (…) è che Gesù sia davvero esistito, ma che la sua biografia sia storicamente riducibile a quella di un predicatore ebreo apocalittico della Galileia, che annunziava l’imminente fine del mondo e l’inizio del Regno di Dio sulla terra, di cui egli stesso sarebbe stato il Re. Perciò, processato per crimine di ribellione contro lo Stato romano, fu condannato e crocifisso.

Tale peraltro egli appare nei tre vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca), scritti circa 40 anni dopo la sua morte, dove non afferma mai di essere Dio. A conferma che questa era ancora l’opinione diffusa tra i suoi primi seguaci e le prime comunità cristiane. Ma allora come e quando Gesù diventò Dio? Si è trattato di un lungo e tortuoso processo storico, durato circa tre secoli, e conclusosi col Concilio di Nicea, nel 325 e.v., che Erhrman nella sua ricerca scandisce in tre tappe o fasi, spesso tra loro intersecate.

A)-«L’esaltazione di Cristo in cielo», il suo elevamento al rango divino, accanto a Dio Padre.
Qui va detto che la credenza in «uomini divini», – ossia di dèi che diventano uomini, o di uomini che diventano dèi, o di semidèi nati da un dio e da un mortale,– è diffusissima sia nella mitologia e cultura greco-romana antica (vedi le continue incarnazioni di Zeus e altri dèi, le figure semidivine di Achille, Enea, Ercole, ecc., o la divinizzazione di grandi re e condottieri, come Romolo, Alessandro Magno, – a suo tempo venerato come «Figlio di Zeus», – o degli imperatori romani da Cesare e Augusto Ottaviano in poi venerati come «Figli di Dio» o «Dio» stesso), sia nella stessa Bibbia ebraica e negli apocrifi (vedi le frequenti apparizioni terrene di Dio e dei suoi angeli, la vicenda dei «figli di Dio» che s’accoppiano con donne mortali per generare Giganti semidivini, nonché le figure divine o semidivine di Enoch, Mosè, Davide, Elia, ecc.).

Ecco perché, nel clima culturale giudaico e greco-romano, dove non c’era, come oggi, discontinuità tra mondo umano e mondo divino, «Gesù risorto» poté essere dai suoi seguaci facilmente esaltato e venerato come «Figlio di Dio», o «Figlio dell’Uomo» (forse non tutti sanno che nella Bibbia questa figura designa il Messia, l’inviato divino che assume sembianze umane per annunziare e instaurare il Regno di Dio in terra), o infine come «l’Angelo del Signore» (è la cristologia che, secondo Ehrman, prevale nelle Lettere paoline). Resta fermo che nei Vangeli sinottici Gesù non dice mai di essere Dio, ma solo appunto, genericamente, Messia, cioè inviato di Dio. L’equiparazione Dio/Cristo appare solo nel quarto Vangelo, attribuito a Giovanni, e scritto presumibilmente alla fine del primo secolo, quindi molto dopo la morte di Gesù.

B)-«La fede nella Resurrezione di Gesù».
Se la sua tomba è vuota, – si ipotizza, – Gesù è fisicamente risorto, e se è risorto, non essendo più tra noi (a differenza di Lazzaro, che, pur resuscitato dalla morte, rimase mortale), allora è asceso al cielo, riassumendo la sua originaria natura divina. A parte le contraddizioni e l’inverificabilità delle narrazioni evangeliche, presumibilmente ingigantite e distorte, – osserva l’autore, – col passaparola, per via della tradizione orale, l’ipotesi più verosimile, a suo parere, è che il corpo di Gesù, come era consuetudine dei dominatori romani, sia stato gettato in una fossa comune. Peraltro, decomposto e divenuto irriconoscibile, non avrebbe potuto nemmeno essere trafugato dai suoi discepoli, già scappati nella lontana Galilea per sfuggire all’arresto. Ne consegue che tutti i racconti devoti sull’ascensione di Cristo (= Unto, inviato del Signore, sinonimo greco dell’ebraico «Messia») e le sue riapparizioni ai discepoli appartengono all’ambito del fideismo, del magico e miracoloso che esula dalla ricerca storica e scientifica. Qui l’agnosticismo dell’autore domina sovrano.

C)-«La fede nell’Incarnazione», a completamento della Resurrezione.
Se Gesù è risorto dalla morte, e ora siede accanto a Dio, era dunque Dio fatto uomo, Dio incarnato. Ma Gesù aveva una natura solo umana, o solo divina, o umana e divina insieme? Dio è uno o trino? Come può Dio essere Padre e Figlio di se stesso? Cristo è Dio subordinato e posteriore al Dio Padre o è a lui coeterno e consustanziale, e in che senso? Domande insolubili dalla ragione umana se non irrazionali, e perciò spesso coperte col velo pietoso del «mistero», ma su cui si invischia il dibattito teologico nel secondo e terzo secolo, tra ortodossi ed eretici, in un processo a zig zag, in cui l’ortodosso di oggi diventa l’eretico di domani e viceversa. E che si conclude, seppur provvisoriamente, col Concilio di Nicea, convocato e presieduto, dopo la sua improvvisa conversione, dall’imperatore Costantino. Il quale, individuando nel cristianesimo oramai la sola efficace forza unificante dell’impero già in disgregazione, aveva in precedenza emanato a Milano il famoso Editto pro-cristiani del 313.

Con Costantino, il suo Editto e il Concilio di Nicea, il conflitto durato tre secoli tra cristianesimo e paganesimo si risolve a favore del primo, ma non era solo di natura religiosa, (in fondo, ambedue le religioni prevedevano un mondo divino a forma di piramide, con una miriade di essere divini, semidivini e angelici al servizio di un solo Dio, variamente interpretato, ma comunque posto al vertice della piramide) bensì soprattutto un conflitto politico, essendo il cristianesimo l’unica religione a rifiutare il rango divino e l’obbedienza assoluta all’imperatore romano. Da ciò le persecuzioni. Senza la conversione di Costantino, il suo Editto pro-cristiani, e il Concilio niceno, vicende che segnano l’iniziale elevazione del cristianesimo a unica religione di Stato, i cristiani sarebbero probabilmente rimasti una piccola e ininfluente setta religiosa minoritaria dell’impero.

Con Costantino, lo scontro secolare, come scrive Ehrman, tra «le due uniche figure» del mondo imperiale romano chiamate col nome di «Figlio di Dio», o, in diverso modo, Dio stesso, cioè «Gesù e l’imperatore», si volse a favore del primo: «da divinità rivale di Gesù l’imperatore si trasformò in suo servitore», e la minoranza cristiana, «perseguitata perché si rifiutava di onorare l’imperatore divino» divenne «maggioranza persecutrice, con l’imperatore nel ruolo di servo del vero Dio».

Insomma, a me sembra che, dal punto di vista di una storia scientifica, laica e desacralizzata, più che il «come» (le questioni di fede e le controversie teologiche) a noi interessi il «quando» Gesù, un umile e oscuro predicatore apocalittico giudeo, diventò veramente Dio, o «Figlio di Dio» e «Dio incarnato». E la storia dimostra che, paradossalmente, lo diventò davvero (nella coscienza e nell’opinione pubblica collettiva, si intende) quando lo decise l’imperatore. Per volontà di Costantino. Che per ragioni politiche, per rinsaldare l’unità dell’impero e il suo stesso potere assoluto, si convertì, emanò l’Editto di Milano e volle il Concilio di Nicea e l’unità dei cristiani intorno al Credo niceno, iniziando di fatto a imporre il cristianesimo come religione di Stato. Fu la sua statalizzazione imperiale la vera svolta del cristianesimo, che ne segnò in modo indelebile tutta la storia successiva. >>

MICHELE MARTELLI

9 commenti:

  1. Commento di SERGIO
    (sempre postato da me per motivi tecnici)

    << Un discorso che fila. Da oscuro profeta a nientepopodimeno che Dio in meno di un secolo.
    Resta il fatto che questa credenza ha tenuto per ben due millenni (e sopravvive ancora, ma ormai moribonda). Ma come mai ci hanno creduto anche dei geni, da Dante a Galileo, Newton ecc.?
    Il fatto è che la fede cristiana impregnava l’intera
    esistenza, era l’aria che si respirava. E perciò nemmeno
    un genio poteva opporsi allo Zeitgeist (cosa del resto
    anche pericolosa, com’è logico).
    Eppure la Chiesa ammetteva il dubbio di fede, riconoscendo con ciò i diritti della ragione, anche se insinuava che era opera del demonio. Solo il permanere nel dubbio era peccato.
    Ma come si arrangiavano le persone più intelligenti? Con la teologia e la filosofia, quest’ultima dichiarata ancella dell’altra. Ma a che cosa è dovuto il crollo della fede a cui assistiamo, forse un po’ sorpresi e … increduli? Non ho dubbi: al boom economico del secondo dopoguerra, all’esplosione delle conoscenze e anche all’incremento demografico.
    L’Italia era ancora cristiana negli Anni Cinquanta
    (anch’io ero credente). Poi è crollato rapidamente
    un po’ tutto (anni Settanta, la “svolta” voluta
    dalle eélite apolidi mondialiste, dice qualcuno).
    Il Vaticano ha cancellato il limbo, dove finivano
    i non battezzati, e adesso Bergoglio ha abolito
    persino l’inferno in un’intervista a Scalfari: cose
    dell’altro mondo. La Chiesa cerca di sopravvivere,
    rincorre la modernità.
    Bergoglio non parla più di Gesù figlio di Dio e lui stesso Dio. Parla di cambiamenti climatici ed ecologia. Forse non ha altra scelta. Mi aspetto che prima o poi dica pure che - suvvia - la resurrezione è una metafora, non bisogna prenderla alla lettera.
    Povero Gesù, com’è finito male. Da Dio (verus Deus de Deo vero) a metafora. >>

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    1. << Povero Gesù, com’è finito male. Da Dio (verus Deus de Deo vero) a metafora. >>

      Caro Sergio,
      mi è piaciuto molto il tuo commento e soprattutto la frase di chiusura.
      Una sintesi scomoda ed anche un po' crudele, ma forse inevitabile.

      Sì, oggi i dogmi della religione cattolica sono diventati metafore, che ognuno può applicare nella misura che preferisce, evitando così precetti più scomodi (che bello) e le tortuosità più complicate della teologia.
      Il fatto è che, secondo me, ormai in occidente nessuno pensa più alla (presunta) volontà di Dio ed ai precetti della Chiesa, prima di prendere una qualunque decisione per la proprio vita.
      E quando accade questo, una religione può dirsi davvero finita.

      Ed il povero Bergoglio, che non mi sento di condannare più di tanto (che altro potrebbe fare ?), sta cercando di salvare il salvabile con una specie di ibernazione teologica, sperando forse in tempi migliori.
      Che forse, con la terribile crisi ecologica e demografica che ci aspetta potrebbe anche arrivare.
      Tempi duri per la gente, tempi buoni per loro. Chissà ?

      P.S. - Mi scuso per il pessimo allinemaneto del testo di Sergio. Misteri del copia e incolla.

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  2. Chiunque abbia qualche rudimento di Storia delle religioni (disciplina non a caso tuttora drasticamente ostracizzata in quella parte del mondo della scuola di ispirazione vaticana) ben comprende l'elevatissima plausibilità della tesi fondamentale di Ehrman: il medesimo "cursus honorum" è infatti toccato ad altri profeti poi elevati al rango divino per vari motivi teologico-politici (ad es. Buddha).
    Occorre peraltro aggiungere che il clerico/sovranismo oggi trionfante in mezzo mondo (dall'Italia all'Ungheria e oltre) minaccia seriamente ogni espressione di pensiero & azione di matrice laica o cmq. non direttamente ascrivibile alla confessione religiosa cui (almeno nominalmente) afferisce la maggioranza della popolazione localmente residente...

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    1. Certamente, i nazionalismi si sono quasi sempre appoggiati ad una specifica religione di stato, ma lo facevano per convenienza, per tenere tranquillo e coeso il popolo, il quale, a sua volta, da questa doppia identità traeva notevoli motivi di conforto.

      Si veniva quindi a creare una sorta di ‘pactum sceleris’ tra le elites politiche ed i vertici religiosi, che dalla gestione rafforzata di un unico culto avevano una notevole convenienza reciproca.

      Però è anche vero che il principio del “cuius regio, eius religio” funzionava piuttosto bene, e – se escludiamo la triste sorte di alcune minoranze - riusciva a mantenere una pace sociale ragionevole all’interno della nazione.

      Mentre, al contrario, i tentativi di edificare una nazione totalmente ateo-laica o fortemente multi-religiosa sono stati quasi tutti bocciati dalla storia (con qualche modesta eccezione per questi ultimi).

      Insomma, anche un ateo inveterato come me è costretto ad ammettere che, a livello socio-politico, la religione unica funziona, eccome.

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  3. Mah, da vecchio simpatizzante del filone politico-culturale laico-liberale confesso di (continuare a) ritenere complessivamente NEGATIVA ogni forma di Pensiero Unico, soprattutto se coatta: come in economia, in politica e in tanti altri ambiti, così anche nelle questioni religioso-confessionali il modello pluralista e la "libera circolazione" delle idee e delle fedi (sul modello ad es. nord-americano) e/o la neutralità etico-religosa dello Stato (sul modello francese) garantiscono, ovviamente accompagnate a ben precisi 'paletti', spazi di libertà e di ragionevolezza altrimenti impensabili... Saluti

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    1. Ovviamente sono anche io un vecchio simpatizzante del filone laico-liberale-pluralista, ci mancherebbe !
      E l’ipotesi di vivere in uno stato che si ispira ad un ‘pensiero unico/religione unica’ mi fa venire letteralmente i brividi.
      Però la storia ci insegna che spesso hanno successo le idee peggiori e non quelle migliori.

      Tu citi gli USA come esempio moderno di successo, e ti do ragione, ma già il sistema francese mi sembra – oggi come oggi – ben più zoppicante.
      Forse dipende anche dal tipo di culti che occorre rendere compatibili, perché con alcuni funziona meglio, mentre con altri (es. l’islam) funziona peggio.
      E possiamo citare anche il vecchio Impero Romano, che praticava un pluralismo religioso di notevole successo, ma che si è poi schiantato anche lui contro il rifiuto all’integrazione del nascente culto cristiano.

      Insomma, il pluralismo-laico-liberale è sicuramente il sistema migliore in cui vivere, ma può darsi che sia molto più fragile di quanto pensiamo.

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  4. Egregio, anche al sottoscritto il sistema pluralista laico-liberale (e democratico) sembra effettivamente più fragile degli altri ma contemporaneamente anche quello più flessibile, quello più equilibrato e anche quello più costruttivo (ovviamente se non viene "strozzato nella culla" come OGNI integralismo ideologico-politico-religioso tende a fare in nome di presunte verità etico-metafisiche superiori o di mera 'volontà di potenza', di cui ad es. l'esasperato natalismo caratteristico dei sistemi autoritari costituisce una delle più evidenti manifestazioni)

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  5. COMMENTO DI SERGIO

    A che punto è la ... notte? Ovvero a che cosa è ridotta ormai la fede cristiana. Ed è l'opinione di un cattolico, Aldo Maria Valli:

    Cattolici su Marte, 1a puntata:

    https://www.aldomariavalli.it/2018/09/30/cattolici-su-marte-seconda-puntata/

    Cattolici su Marte, 2a puntata:

    : https://www.aldomariavalli.it/2018/09/30/cattolici-su-marte-seconda-puntata/

    Leggo oggi con mia sorpresa (ma nemmeno tanta) che il teologo Hans Küng sostiene che Dio non è una persona, ma una forza onnipresente e operante in ogni angolo dell'universo. Ma pensa, interessante.
    Invece l'ex ateo o ateo devoto Giuliano Ferrara sostiene oggi di credere in un Dio personale.
    Un mondo di matti. Ma come passa il tempo il Dio personale di Giulianone? Gioca a scacchi con se stesso, fa le parole crociate e getta ogni tanto uno sguardo annoiato sulla Terra operando eventualmente qualche miracoluzzo (tipo liquefazione del sangue di S. Gennaro) per far sentire che lui esiste davvero e se s'incavola poveri noi? Eruzioni, terremoti, tsunami, aids, tumori, carestie, pestilenze ecc.

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    1. << Invece l'ex ateo o ateo devoto Giuliano Ferrara sostiene oggi di credere in un Dio personale. >>

      Mah, non vorrei fare il processo alle intenzioni, ma che Giuliano Ferrara sia diventato un vero credente... non ci credo.
      Penso invece che la storia del 'dio personale' sia soltanto una comoda scorciatoia per poter discutere della religione e dei suoi precetti senza sentirsi dire: taci tu che sei ateo/agonstico.
      E così può continuare a fare il maitre-a-penser a tutto tondo (eh, eh, eh...), senza limiti di campo, cosa che gli è sempre piaciuta molto.
      Ma forse sono io ad essere troppo cinico.

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