sabato 30 giugno 2018

Il pianeta malato

La vittima di questa intervista virtuale è il sociologo ed ambientalista Bruno Sebastiani, che ci parlerà del suo ultimo libro “Il cancro del Pianeta”, edito da Armando Editore.
Le affermazioni di Sebastiani, così come le domande, sono tratte (con modestissime variazioni) dal blog Veritas Vincit. 
LUMEN


LUMEN – Dottor Sebastiani, qual è l’idea fondamentale del vostro libro ?
SEBASTIANI – La teoria centrale su cui si fonda il mio saggio è che la Terra è ammalata di cancro e che noi uomini siamo le cellule impazzite di questo tumore. L’origine della malattia risiede nelle nostre accresciute capacità cerebrali che nel corso dei secoli ci hanno spinti a depredare il pianeta in modo sempre più violento.

LUMEN - Non vi sembra un po’ esagerato definire la specie umana “cancro del Pianeta” ?
SEBASTIANI - Indubbiamente l’affermazione è un po’ forte. In un passo del libro, a pag. 25, scrivo: “Il paragone è assolutamente forzato per tutta una serie di elementi che non mi metto neppure ad elencare, tanto sono di per sé evidenti. Ma ciononostante, come vedremo, anche le analogie sono veramente tante, al punto da meritare una seria riflessione su ciò che stiamo facendo e su dove stiamo andando.” Ecco, la definizione che dà il titolo al libro va presa proprio in questi termini: forse noi, io, lei e tutta l’umanità, non siamo cellule tumorali stricto sensu, ma l’analogia, fondata su tutta una serie di similitudini analiticamente descritte nel testo, giustifica la denominazione, la quale, oltretutto, ha il pregio di avere un forte impatto mediatico e di attirare l’attenzione del lettore.

LUMEN – Senza dubbio.
SEBASTIANI - Questo è proprio l’obiettivo che mi ero prefisso nello scrivere il saggio: attirare l’attenzione dell’uomo comune sugli squilibri che la nostra specie ha provocato in un tempo brevissimo ai danni di un ecosistema planetario stabile da centinaia di milioni di anni. E, rispetto al pensiero di tanti altri che hanno denunciato l’opera nefasta dell’uomo, io ho tentato anche di individuare l’origine della “malattia”, la cosiddetta “carcinogenesi”: per me essa risiede nell’abnorme evoluzione subìta dal nostro cervello nella notte dei tempi. Poco alla volta, senza che nessuno lo volesse, il nostro “organo di comando” ha preso a crescere, sia dimensionalmente sia quanto a “potenza elaborativa”, sino a quando è stato in grado di contravvenire alle leggi di natura, di farci assumere comportamenti “artificiali”. Abbiamo addomesticato il fuoco, abbiamo cominciato a mangiare cibi cotti, a lavorare le pietre e così via, sino a partorire le invenzioni che hanno reso possibili la rivoluzione industriale e la nascita dell’informatica, dei computer, di internet e così via. Il tutto ai danni degli altri esseri viventi, piante e animali, che abbiamo sottomesso brutalmente proprio come fanno le cellule tumorali nei confronti delle cellule sane nel corpo dell’ammalato. E non è un’attività tumorale questa?

LUMEN - Se il genere umano è simile a una cellula tumorale, come la si può curare ? E non è solo la stessa umanità che può curare sé stessa ?
SEBASTIANI - Non ogni strada imboccata dall’evoluzione è favorevole al mantenimento della vita. E quando la natura innesca – per motivi a noi ignoti, forse unicamente dipendenti dal caso – un processo “destabilizzante”, prima o poi tende a neutralizzarlo. In pratica attiva meccanismi simili a quelli degli anticorpi che entrano in azione negli organismi viventi per bloccare le aggressioni di virus e agenti patogeni esterni. Ma in questo caso la lotta insorge tra organismi contrapposti. Ciò che è accaduto alla nostra specie è diverso. Ci siamo lentamente evoluti in modo tale da assumere comportamenti in contrasto con quelli suggeriti dalla natura e, ciò che è peggio, della nostra superiorità intellettuale abbiamo fatto un vanto, il maggior vanto della nostra specie. Abbiamo persino scomodato presunti esseri superiori per accreditare la legittimità del nostro predominio sull’intero orbe terracqueo.

LUMEN – Già, ci siamo inventati anche gli dei e la religione.
SEBASTIANI – Ora mi chiedete: posto che noi si sia cellule tumorali, chi può curarci se non noi stessi? Potrei risponderle affermativamente, ma è la premessa il punto debole della domanda. Io sono convinto che l’uomo sia il cancro del pianeta, parecchi altri lo sono, ma la gran parte dell’umanità non lo è. Come si può immaginare che l’uomo modifichi i propri atteggiamenti distruttivi nei confronti dell’ambiente se in gran maggioranza approva tali comportamenti e gode dei vantaggi che gli procurano? Ecco dunque che il primo passo da compiere è quello di rendere l’essere umano consapevole della sua opera nefasta nei confronti della Natura. A tal fine ho già scritto un secondo saggio, ancora inedito, dal titolo provvisorio de “Il Cancro del Pianeta Consapevole”.

LUMEN – Certo, la consapevolezza è importante e rappresenta, senza dubbio, il primo passo da compiere.
SEBASTIANI – Ma, mi chiedo, se per un improbabile evento miracoloso l’intera umanità si rendesse conto che il tanto decantato progresso l’ha sospinta in un vicolo cieco, allora sarebbe possibile porre in atto opportuni rimedi ? Qui il discorso si fa complesso. L’uomo dovrebbe ammettere che la sua superiorità intellettuale gli ha consentito di scardinare i delicati equilibri della natura, ma non è tale da consentirgli di ricrearli. Nel frattempo egli ha fatto tabula rasa del vecchio stato di cose ed ha costruito un Impero basato sul dominio della tecnica, che presto diverrà insostenibile per le risorse del pianeta. Anche di fronte ad una consapevolezza globale della gravità della situazione (del tutto ipotetica) sarebbe assai difficile trovare la cura efficace. A tale argomento mi sto dedicando in questi mesi nel terzo saggio che ho iniziato a scrivere (titolo provvisorio: “L’Impero del Cancro del Pianeta”).

LUMEN - Il suo libro vuole essere uno choc, un pugno nello stomaco per la grande maggioranza inerte e consumista della popolazione, ma l’uomo può essere solo un cancro o può riuscire a salvare da se stesso il nostro pianeta?
SEBASTIANI - Credo di aver già risposto in parte a questa domanda. La situazione è estremamente aggrovigliata. Noi, uomini occidentali del ventunesimo secolo, viviamo oggi all’apice della storia. Godiamo di immensi privilegi. Ma cominciano le avvisaglie che la festa sta per finire. Sulle nostre coste sbarca un esercito di diseredati che reclama anche per sé quel benessere che ostentiamo spudoratamente dai teleschermi. Per secoli abbiamo soggiogato non solo la natura, ma, con lo schiavismo e il colonialismo, anche i nostri consimili, che ora vorrebbero por termine a questo stato di cose. Dall’altra parte del mondo una nazione immensa e sovrappopolata, la Cina, si è incamminata anch’essa a passi rapidi sulla via dello sfruttamento intensivo delle risorse naturali e del consumismo. Come si può pensare che il nostro pianeta possa sopportare ancora a lungo un depauperamento così intensivo della natura, livelli di inquinamento sempre crescenti, cambiamenti climatici e surriscaldamento indotti in modo forsennato dalle attività antropiche?

LUMEN – Ma è possibile modificare questo stato di cose ?
SEBASTIANI - L’intelligenza umana, che ci ha condotto all’apice della storia ma anche sull’orlo del baratro, potrà salvare la vita sul pianeta ? I fautori del progresso a tutti costi, che negano l’emergenzialità della situazione (i cosiddetti “negazionisti”), vogliono far credere che nuove scoperte, nuove invenzioni, ci consentiranno di mantenere e di migliorare il nostro tenore di vita (e poco importa se ciò avverrà ai danni della natura e degli altri esseri viventi del pianeta, in gran parte già estinti a causa nostra). La mia visione è opposta. L’uomo gode delle distruzioni effettuate esattamente come le cellule cancerogene di un tumore maligno possono godere del male arrecato alle parti sane dell’organismo in cui vivono, sino a che l’organismo defunge e con esso anche le cellule malate. Ecco, alla fine di tutto il pianeta resterà senza forme di vita superiori, poi lentamente si riprenderà.

LUMEN – Questo lo penso anch’io.
SEBASTIANI - Se le condizioni ambientali poco alla volta, milione di anni dopo milione di anni, torneranno ad essere favorevoli allo sviluppo della vita, questa lentamente rinascerà, non sappiamo quando e in che forma. Non sarà il nostro mondo, che avremo rovinato per sempre. Ma non dobbiamo ritenerci tanto importanti e potenti da essere in grado di impedire alla natura di riprendere il suo corso, e chissà che la prossima volta si guardi bene da innescare quel processo maligno che ha fatto del nostro cervello l’origine di tutti i mali.

LUMEN – Grazie per la chiacchierata.
SEBASTIANI – Grazie e voi.

17 commenti:

  1. A proposito del sempre maggiore impatto dell'uomo sul territorio, non dobbiamo dimenticare che anche l'attuale migrazione massiccia ed incontrollata verso l'occidente va direttamente in questa direzione.

    Dice Lorenzo Celsi:
    << L'immigrazione non ha altra motivazione che quella economica o più precisamente del "tenore di vita" generale che l'Europa promette. (...)
    (Ciò) significa che il cosiddetto "fenomeno" (...) si configura come una INVASIONE.
    Infatti cos'è una INVASIONE se non l'arrivo di una massa di persone intenzionate a sottrarre ricchezze e più in generale la TERRA, il suolo, ai precedenti proprietari? >>

    Ma questo porta alla conseguenza, inevitabile, che su un certo territorio ci saranno sempre più persone che lo consumano, e quindi il suo degrado sarà sempre maggiore.
    Ergo, non solo la Terra è un pianeta gravemente malato, ma le attuali migrazioni non fanno che peggiorare la situazione, perchè agevolano l'aumento della popolazione, anzichè ostacolarlo.

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  2. Sarebbe possibile mettere insieme una discreta bibliografia attorno allo sviluppo di quest'idea, l'umanità come cancro del pianeta. Fra diversi possibili titoli, io sono rimasto impressionato dai lavori di Hern, veramente molto ben argomentati. Dopo averli letti, la cancerosità dell'uomo sembra proprio innegabile. Un altro nome per me è quello di Gregg, che era di formazione medico, come Hern, e che dopo aver recitato il ruolo del filantropo alla Wilde - quello che perde ogni senso di umanità, mandando cibo per "salvare vite" in paesi in preda all'esplosione demografica - in età avanzata aprì gli occhi sul disastro creato e formulò la legge che da lui ha preso nome (le crescite cancerose richiedono nutrimento; però non sono mai state curate dandoglielo). Poi è stato del tutto dimenticato.
    Ho letto il libro di Sebastiani, e per me è il solito chiaroscuro: diagnosi ok, terapia dove sei? L'ho trovato avvilente quando dice che ormai siamo tutti a bordo e dobbiamo aspettare di andare a fondo, tutti quanti. Mi ha fatto pensare a un genialone che scriveva sul tuo blog (magari lo fa ancora), Lumen.
    Mi incuriosisce la citazione di Celsi, puoi dirmi da dove l'hai tratta?
    Ciao, grazie

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    1. La storia di questa teoria troverà adeguato sviluppo nel secondo libro "Il Cancro del Pianeta Consapevole", che uscirà a novembre 2018, e soprattutto nel terzo libro "L'Impero del Cancro del Pianeta", che sto terminando di scrivere. Spero che in questi miei ulteriori contributi tu possa trovare risposte adeguate alle tue domande. Un caro saluto

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    3. Ringrazio Bruno Sebastiani di aver visitato il mio modestissimo blog ed addirittura postato un commento.
      Ne sono sinceramente onorato ed al tempo stesso tranquillizzato, visto che si tratta della "vittima" stessa del mio dialogo immaginario, e non pare intenzionata a... farmi causa ! :-)

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  3. Caro Francesco, se sei il Francesco che dico io, bentornato ! (altrimenti, benvenuto).

    La citazione di Lorenzo Celsi è tratta dal suo blog (Eldalie) ed il link specifico del post è questo:
    http://eldalie.blogspot.com/2018/06/quando-sei-solo-un-esecutore-pieno-di.html.

    Quanto al fatto che Sebastiani elabori un'ottima diagnosi ma resti deludente nella terapia, non mi stupisce per nulla: davvero pensi che esista una via d'uscita praticabile da questa catastrofe ?

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  4. Si, sono io, grazie. Vado e vengo secondo il periodo.

    No, non credo ci sia una vita d'uscita praticabile. Ce n è una tecnicamente plausibile (credo) ma culturalmente impraticabile. Una parte dell'umanità ha smesso da una cinquantina d'anni di moltiplicarsi, e anche se nel frattempo si era moltiplicata fin troppo, danneggiando il proprio ambiente e la propria qualità di vita, comunque è riuscita a darsi un limite in tempo. Poi c è il resto in proliferazione, il cancro. Cellule sane e cellule tumorali. Se dovessimo combattere contro un tumore, nella malaugurata ipotesi di averne uno, non faremmo che augurarci di distruggerlo, uccidere tutte quelle maledette cellule. Ma, attenzione, se siamo noi le cellule, allora il mito dell'uguaglianza non ci lascia scampo: siamo tutte cellule uguali, sane e tumorali. E guai a chi dice tumorali, perché siamo tutti sani. Pure Sebastiani: "forse noi, io, lei e tutta l’umanità, non siamo cellule tumorali stricto sensu", come sarebbe tu, lui e il resto dell'umanità? Alcuni fanno pochi o nessun figlio, altri si riproducono senza ritegno; alcuni non si sognerebbero mai di radere al suolo una foresta, altri lo fanno senza rimorsi perché, come ho sentito dire ad un africano in tv: "devo pur vivere in qualche modo", esattamente il modo in cui vivono i tumori, danneggiando i sistemi di supporto alla vita che servono a tutto l'organismo-umanità; alcuni stanno al loro posto, altri invadono lo spazio altrui perché hanno convenienza a farlo.
    Ecco perché il nostro sociologo non ha soluzioni, perché non vede proprio quella sottile differenza che Sartori vedeva: essere tutti in colpa per il fatto di essere troppi non significa che siamo tutti ugualmente colpevoli. In sostanza Sebastiani fa di tutta l'umanità un fascio; e poi allarga il campo del discorso a temi inerenti lo sviluppo tecnologico della civiltà umana - quelli che riportavi, saper usare il fuoco, lavorazione della pietra e via dicendo - che non sono necessariamente eco-incompatibili. Sulla sovrappopolazione invece non c è scampo, in quanto necessariamente distruttiva, incompatibile con l'ecosistema. E queste premesse criticabili lo portano alla deludente conclusione. Non ti stupisce, in realtà nemmeno me. Praticabile o meno, dovrebbe però fornire una risposta alla domanda: che fare?

    Ora la grande questione è la migrazione che subiamo, ed è senz'altro vero che degrada il territorio e aumenta il danno ambientale. Come la fermiamo? Si tratta non solo di combattere contro gli arrivi di troppi esseri umani sul pianeta, ma anche nel nostro e in altri paesi. Non è che non possiamo provarci - anche se ovviamente non c è nessuna garanzia di successo - è che non vogliamo nemmeno fare un tentativo. Se un barcone che affonda è una tragedia, allora è finita. O esultiamo quando arrivano (come i sinistri cerebrolesi) o quando annegano (come me). So cosa mi dirai, per te non c è niente da esultare in nessun caso. Vorrei ci fosse la terza via, "impedire che partano", ma è una boutade. Se continuiamo ad avere quelle condizioni di dignità per la vita che i più poveri non possono avere in quanto frutto di nascite irresponsabili (e noi vogliamo continuare ad averle), e se continuiamo a dare un qualche valore alla loro vita, prepariamoci allora ad altre milionate di carrettate in partenza, alla fine della vita degna e alla diffusione disperata della povertà, prepariamoci alla distruzione dei nostri territori. Vale la pena combattere per evitare questo suicidio in piena regola.

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    1. << Vorrei ci fosse la terza via, "impedire che partano", ma è una boutade. >>

      Può darsi che sia solo una boutade.
      Però, secondo me, resta davvero l'unica soluzione sensata, accettabile e perseguibile.
      Volendo, ovviamente.

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    2. Anch'io vorrei, ma non vedo come si possa perseguire.
      O fai tuo il piano Marshall berlusconiano per l'Africa/"aiutiamoli a casa loro" e dai il colpo di grazia alla biosfera; oppure cerchi di compensare dicendo agli occidentali che ora tocca ai "poveri" e all'elezioni non prenderai nemmeno un voto; oppure li tieni incatenati dove hanno avuto la sfortuna di nascere, facendo i famosi accordi per bloccare le partenze che costano un'ira di Dio, esponendoti al ricatto dei paesi della controparte e dovendo accettare che questi usino le maniere forte per fermare quelli che fortissimamente vogliono venire qui e portarti via quanto più possono del benessere per il quale hai lavorato. Perciò metti mano al portafogli, fai pagare anche me (che non sono d'accordo), prega che non ci chiedano sempre più soldi visto che ti sei fatto prendere le misure (quanto valgono le vite di questi africani per te? Puoi pagare di più e poi di più e poi di più…) e poi preparati a vedere i servizi del tg3, raiN24, le Iene e fighettini vari che ti dicono: guarda come li tengono in Libia! E quando poi trovano un nuovo percorso, tieniteli in casa, con tutte le conseguenze. Tu non ammazzi nessuno, no? Tieniti Butungu e aspetta lo stupro della prima disgraziata. I tuoi principi morali, quelli correnti. Non si ammazza nessuno. Se stuprano, vanno in carcere.


      Ne abbiamo parlato varie volte, e forse per questo ti sei limitato a una breve risposta senza argomentare. La tua soluzione non è sensata e non è perseguibile. Accettabile ok, capisco sia l'unica che vuoi accettare. Ma poi devi essere pronto ad accettare le conseguenze. Se non usi le forze armate, continueranno a venire, senza fine, fino a quando non saremo anche noi Africa.

      Sei in linea con Sebastiani, ormai siamo tutti a bordo, e non si può buttare fuori nessuno. Ma "ormai", diritto acquisito, fatto compiuto, è proprio l'opposto di una soluzione.

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    3. Caro Francesco, io, pur essendo un tipo pacifico, non ho nulla in contario all'uso dell'esercito da parte di uno Stato, purchè ovviamente per scopi difensivi.
      Inoltre non sono contrario neppure alla pena di morte, che considero uno strumento indispensabile del diritto penale.

      Purtroppo, nella situazione attuale, più che di diritti acquisiti, parlerei proprio di fatto compiuto.
      Difficile invertire la tendenza, tenuto conto da un lato dei forti limiti imposti dal diritto internazionale e dall'altro dalla presenza dei "nemici" interni, pronti a qualunque sabotaggio.

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    4. Il diritto internazionale, a mio modo di vedere, non è un problema. Non è come un omicidio commesso da un privato cittadino che cerca di farsi assolvere sostenendo che il fatto non costituisce reato. Fra gli Stati, i forti fanno quello che vogliono, i deboli quelli che possono, più o meno è stato e sempre sarà cosi. Milosevic ha fatto la fine che ha fatto perché non era abbastanza forte (o fortemente coperto), non per una questione di diritto internazionale. Tanti antisemiti sbraitano contro il diritto ad esistere dello stato israeliano, però intanto Israele esiste. Noi Italiani siamo deboli, perciò si tratta di usare la diplomazia. Con un Putin a sostenerci (o magari qualcuno in futuro ancora più duro di lui), meglio se con delle testate nucleari messe in Italia, ci sarebbe tutta la libertà d'azione necessaria. Certo bisognerebbe uscire dalla UE, tanto per iniziare.

      L'altra obiezione mi sembra più forte, ci sarebbero legioni di imbecilli che in nome dei sacri diritti umani a fare a pezzi il pianeta sarebbero pronti a tutto, è vero. Si tratta di combattere anche sul fronte interno. Poi ti rendi conto della ragione per cui la giunta militare argentina faceva volare dagli aerei gli avversari politici, come cambi un paese altrimenti se ti ritrovi contro quelli pronti a qualunque sabotaggio, come dici tu? E perciò fine della democrazia - che finirà comunque, sotto il peso della sovrappopolazione, come Asimov aveva predetto. E', come dicevi, una questione di volontà. Verrà il giorno in cui i pozzi verranno protetti con le armi, e agli assetati che si avvicineranno troppo saranno distribuite raffiche di mitra. Questo non è in discussione; la tendenza del BAU ci porta a questo scenario. Se non si inverte questa tendenza, è perché il tipico elettore del PD al supermercato trova, per ora, acqua e cibo in abbondanza. Gli scrupoli morali distruggono gli stock di risorse che permettono di riempire gli scaffali. Poi saranno tutti uguali nel darsi le gomitate in bocca, probabilmente gli elettori del PD più uguali degli altri.

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    5. << Gli scrupoli morali distruggono gli stock di risorse che permettono di riempire gli scaffali. Poi saranno tutti uguali nel darsi le gomitate in bocca, probabilmente gli elettori del PD più uguali degli altri. >>

      Sono d'accordo con te.
      E saranno peggiori degli altri anche per il fatto di non essere preparati (in genere credono davvero alle ingenuità che proclamano).

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  5. In estrema sintesi, la specie umana sta iniziando a PAGARE lo scotto del proprio SUCCESSO evolutivo (biologico-culturale): a ben guardare, un paradosso davvero amaro, difficile non solo da affrontare ma anche da commentare...

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    1. Proprio così: una specie di vittoria di Pirro, tanto per fare un esempio classico.
      Oppure di Hybris (nei confronti della natura), come dicevano i greci.

      Peccato, però, perchè siamo l'unica specie animale che, di tutto questo, può essere consapevole.
      Evidentemente non basta.

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  6. Nel postare il precedente breve commento, anche al sottoscritto veniva in mente (a proposito di amarezza) la scarsa presa della 'consapevolezza' (peraltro opportunamente presente nella "ragione sociale" del Blog) in casi come questo (vedasi anche il problema della Sovrappopolazione, tuttora pervicacemente negata/ridicolizzata da Clericali (prevalentemente di matrice cattolica e islamica), Destre nazional-sovraniste, Sinistre terzomondiste, Economisti turbo-capitalisti, ecc. ecc.); eppure ci tocca sperare che non tutto sia perduto, ovvero, come dicevano i Latini, 'Spes ultima Dea'...

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  7. Il paradosso è che tutti questi soggetti che tu hai citato, si trovano a negare il problema demografico per motivi assai diversi tra loro.
    Ma poi, nella pratica, finiscono per remare tutti nella stessa direzione.
    Che è, ahimè, la direzione sbagliata.

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