mercoledì 28 febbraio 2018

Il sistema delle pensioni

Tutti conoscono il significato della sigla I.N.P.S. Ma forse – a ben vedere – è stato sbagliato l’acronimo e l’ente che eroga le pensioni in Italia dovrebbe chiamarsi I.N.I.S.: Istituto Nazionale di Imprevidenza Sociale.
Quelle che seguono sono le considerazioni di Lorenzo Celsi sullo spensierato sistema pensionistico italiano (dal suo blog). 
LUMEN


<< Un [recente] articolo del Giornale "berlusconiano" titola: «Pensioni, allarme Ocse: "Assegni troppo bassi". Ma i conti sono a posto».
 
Allora, cominciamo dal titolo. Da una parte si solletica l'elettorato dei milioni di pensionati con "assegni troppo bassi" e dall'altra si conferma il concetto dei "conti a posto". [Peraltro] il fatto che le varie "riforme" abbiano consolidato i bilanci INPS potrebbe non essere tanto vero: infatti (…) lo Stato attinge dalla fiscalità ordinaria per una quota consistente.
 
Ma veniamo al contenuto: «Il vero problema - specifica [l’articolista] - è quello dell'adeguatezza del montante pensionistico» in quanto «per diversi motivi, inclusi i periodi di disoccupazione e di inattività, in molti si ritroveranno ad avere un montante pensionistico e quindi una pensione decisamente bassa».
 
Ora, se c'è una cosa che trovo veramente fantastica è la storiella del "montante". Per due ovvie ragioni.
 
La prima è che non esiste nessun "montante", dato che, come tutti sanno o dovrebbero sapere, l'INPS non accantona i contributi per pagare pensioni future, li spende immediatamente per pagare le pensioni in essere. Il "montante" è solo "virtuale", ovvero è un algoritmo con cui si determina quanti soldi si sono dati all'INPS per pagare le pensioni degli altri e in cambio l'INPS dovrebbe pagare la nostra in futuro.
 
La differenza con i "fondi pensione" di tipo "privato" è ovvia, da una parte non c'è il rischio che il capitale venga attaccato da investimenti sbagliati, crolli di borsa, fallimenti, dall'altra però l'INPS non investe e non guadagna niente, quindi anche nelle condizioni ideali il capitale non si può rivalutare. Anzi, non si può nemmeno reclamare, nessuno può chiedere all'INPS di avere indietro i "contributi".
 
La seconda ragione è che, non esistendo nessun capitale reale, essendo la funzione dell'INPS solo quella di trasferire i contributi nelle pensioni e dato che lo Stato interviene a coprire la differenza tra quanto l'INPS incassa e quanto spende, il calcolo con cui si determina quando si può cominciare ad incassare il vitalizio e l'ammontare di questo vitalizio, è del tutto arbitrario.
 
Infatti per decenni, praticamente da sempre, i "vitalizi" sono stati concepiti come uno strumento per "ridistribuire il reddito", a prescindere, con la doppia funzione della "giustizia sociale" e dell'impulso "keynesiano" (vedi i recenti 80 euro, i bonus da 500 euro ad insegnanti e studenti, eccetera).
 
Quindi esistevano "pensioni anticipate" anche molto anticipate, gente che andava in pensione a 40 anni, esistevano pensioni "retributive" per cui un mese prima del pensionamento c'era il passaggio di livello e bastava quello a determinare retroattivamente il "montante", eccetera.
 
Infine, a prescindere da tutto, visto che lo Stato interviene a coprire gli eventuali ammanchi dell'ente pagatore, niente vieta allo Stato di assegnare un vitalizio a chiunque, indipendentemente da qualsiasi calcolo. Da cui le due variabili vere di tutta questa manfrina sono la "volontà politica" di fare una cosa o l'altra e la possibilità di aumentare il Deficit e da li il Debito Pubblico, specie in un contesto dove lo Stato sopravvive coi prestiti (vedi "spread") e dove non batte moneta quindi non può svalutare (vedi "euro").
 
Ergo, il vero problema del "lavoro" non è la costituzione del "montante" ma più semplicemente che se Mario prende 1.000 euro di pensione, serve che Luigi e Gianni versino 500 euro a testa all'INPS, oppure 300 euro a testa all'INPS e 200 euro a testa allo Stato con imposte che poi lo Stato gira all'INPS.
 
Se Luigi e Gianni non guadagnano abbastanza per versare 500 euro a testa o non lavorano, non è tanto il loro "montante" che ne soffre, è che non ci sono immediatamente i soldi per pagare la pensione di Mario. In altre parole, il problema è il rapporto tra i "lavoratori attivi" e il loro reddito, quindi la loro capacità "contributiva" e i "pensionati" che attingono direttamente da questa capacità "contributiva" per incassare il vitalizio (più tutti i servizi pubblici, come la Sanità, che li vedono esenti).
 
Da notare che i "pensionati" incassano il vitalizio come "diritto". Un "diritto" che, per quanto fondato sulla "volontà politica" e atti arbitrari di Governi e Parlamenti di decenni orsono, non può essere ne alienato ne retroattivamente ridiscusso.
 
Quindi, qui c'è un altro inciso buffo, Governi e Parlamenti contemporanei e futuri giocano sulla arbitrarietà di tutta la faccenda, spostando in avanti la scadenza o il rapporto tra "montante virtuale" e vitalizio per le pensioni imminenti e "congelando" il più possibile quelle in essere.
 
Un po' quello che fanno con il trattamento contrattuale/economico dei Dipendenti Pubblici, altro fronte di "ridistribuzione del reddito", "giustizia sociale" e "impulso keynesiano". Infatti "pensionati" e "dipendenti pubblici" sono due "elettorati" contigui a cui si dicono più o meno le stesse cose.
 
Infine, c'è il problema che il Deficit prodotto ogni anno per cent'anni, pagando tra le altre cose pensioni per mera "volontà politica", ha costituito il Debito che scarica su Luigi e Gianni non solo la necessità di "contribuire" qui e ora per la pensione di Mario, ma renderà sempre più difficile il Deficit e l'ulteriore accumulo di Debito; ergo a Luigi e Gianni non mancherà il "montante", mancherà la "volontà politica" e/o la possibilità per lo Stato di pagargli il vitalizio a prescindere, appunto, dal "montante".
 
Se è vero che lo Stato infonde nell'INPS un certo ammontare prelevato dalla fiscalità ordinaria, cosa succederebbe se ad un certo punto non fosse in grado di farlo e l'INPS si trovasse senza i fondi per sostenere i "diritti acquisiti" ? >>
 
LORENZO CELSI
 

17 commenti:


  1. Esatto, funziona proprio cosi' e si chiama sistema "a ripartizione", in opposizione a quello a capitalizzazione. Ma in realta' anche il sistema a capitalizzazione e' un sistema a ripartizione, dato che il valore degli accantonamenti e degli investimenti del passato dipende comunque dalla ricchezza delll'economia dell'oggi e non di quella del passato.

    Da questo comunque si vede come un'economia e/o una demografia in decrescita comportino la diciamo eufemisticamente rivedibilita' del concetto di diritto pensionistico acquisito, si tratti di capitalizzazione o ripartizione poco o nulla cambia. E noi abbiamo non e/o ma e/e.

    C'e' da chiedersi fino a che punto abbia senso insistere sulla scommessa del raddoppio della posta (crescita dell'economia e/o demografia) per mettere a posto i conti, cioe' la redistribuzione "dei pani e dei pesci". Se la scommessa dovesse essere persa, sara' persa con essa anche qualche generazione, in un grande botto di azzeramento dei registri per ricominciare daccapo. Ma sperare in una qualche forma di saggezza e' del tutto velleitario.

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    1. "C'è da chiedersi fino a che punto abbia senso (...) per mettere a posto i conti"

      Abbozzo di risposta: rig.do alla demografia, NON ha alcun senso, poiché ogni ulteriore incremento demografico (locale e/o globale, autoctono e/o alloctono) "mette sempre più polvere sotto al tappeto" e quindi rende sempre più oneroso e traumatico il (presto o tardi sostanzialmente inevitabile) ri-equilibrio tra popolazione (umana), ambiente e risorse disponibili...

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    2. Caro Claudio, sono d'accordo con te.
      E' una spirale che si auto-alimenta e che finisce non solo per avvicinare il momento del 'redde rationem', ma anche per renderlo più traumatico.
      Però nel breve periodo, che è l'unico che interessa i politici (e - purtroppo - anche la maggior parte degli elettori) sembra funzionare.

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    3. "e quindi rende sempre più oneroso e traumatico il (presto o tardi sostanzialmente inevitabile)"

      Non sarei cosi' sicuro sul "sempre piu' oneroso e traumatico": secondo la mia personale esperienza, le anticipazioni immaginative su un futuro potenzialmente sgradevole, viste con l'occhio della fantasia, sono sempre molto piu' spaventevoli di quando poi quel futuro eventualmente si avvera e ci si trova a nuotarci in mezzo per non affogare (vedete che gia' quest'immagine e' spaventosa).

      Anzi, come ogni tanto mi viene da notare in tutti questi blog apocalittico/catastrofisti (perche' il tema comune di fondo tale e'), e' la stessa anticipazione immaginativa del futuro sgradito che rende il presente in cui ancora si potrebbe stare bene esistenzialmente peggiore del peggiore dei futuri sgraditi che si dovessero realizzare.

      Visti gli sbocchi normativo-legislativi dell'ecologismo piu' benintenzionato, di questo sono sempre piu' convinto: che piu' si cerca di fare il Bene con la B maiuscola, non un modesto bene quasiasi del colpo al cerchio / colpo alla botte - "trial and error"), peggio e'.

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  2. E se invece ognuno mettesse da parte qualcosa per la vecchiaia vivendo poi fin che può di quello senza sfruttare nessuno? Questa storia che qualcuno ci debba pagare un giorno le pensioni è ridicola. Vivi del tuo e poi congedati, hai vissuto abbastanza se arrivi a ottanta. Non dico che uno raggiunta quell'età debba spararsi, ma sono sempre più allergico alla pretesa di essere mantenuti. Kant non aveva la pensione.
    Il fatto è che siamo presi tutti ormai in un ingranaggio che ci stritola. Leggevo ieri che con l'abolizione del contante saremo costretti a spendere perché non conviene risparmiare. Una volta persino i Verdi dicevano che la gente risparmia troppo. La loro ricetta era di spendere e di affidarsi alle casse pensioni per la vecchiaia. Insomma, consumate bastardi, se no è crisi.

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  3. Cari amici, in effetti quello delle pensioni è un problema molto complesso, per il quale vi sono diverse possibili soluzioni, ma ognuna con i suoi inconvenienti.

    Una volta, per esempio, il welfare per gli anziani era fornito direttamente delle famiglie allargate, quelle cosiddette patriarcali.
    Ma quel tipo di struttura limitava grandemente la libertà dei singoli componenti e questo oggi ci sembrerebbe intollerabile (ma forse, chissà, ci potremmo anche ritornare).

    Certo è che oggi noi stiamo pagando la spensieratezza delle decisioni passate, per cui rischiamo, negli anni futuri, di ritrovarci con un sistema che assomma solo difetti, senza nessun pregio.

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    1. "Una volta, per esempio, il welfare per gli anziani era fornito direttamente delle famiglie allargate, quelle cosiddette patriarcali."

      Non cambia nulla, anche oggi il welfare degli anziani (sergio compreso) e' fornito dalla produttivita' _attuale_ delle "famiglie allargate", l'unica differenza e' che le famiglie allargate sono sempre piu allargate fino a comprendere interi Stati se non il mondo.
      L'alternativa per chi ha davvero il coraggio e' questa:
      http://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/2010/01/26/news/la-vita-solitaria-di-ernesto-girotto-un-uomo-senza-desideri-1.1458801
      Se non ne avete il coraggio non rompete i coglioni.

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    2. << Se non ne avete il coraggio non rompete i coglioni. >>

      Diaz, questo linguaggio, qui, non va bene.
      Nel mio blog non è accettabile.
      Ti invito pertanto ad essere più corretto.
      Grazie.

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    3. Vi ricordate l'"hop scusa, hop scusa" di giorgio gaber?

      Detta cosi' e' molto peggio, pero' e' ammessa. :)

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  4. Interessante questa storia di Ernesto Girotto. Non so se avrei il coraggio di imitarlo, credo di no. Ma soprattutto non so se possa essere un modello per tutti, per l'intera umanità. E come "regredire" a quello stato, rinunciando a tutto a quasi tutto. È vero che consumiamo e desideriamo cose assolutamente inutili, ma una rinuncia così totale mi sembra eccessiva. Purtroppo non sappiamo come si sentisse questo Girotto, se fosse veramente contento, appagato, in pace con se stesso. Poteva comunque "mantenersi", ma dall'articolo si direbbe che potesso giusto "sopravvivere", vivesse di stenti, con qualche straccio. Confesso che sono un po' perplesso. Sembra che anche Diaz conduca vita spartana: similgirotto? Mah, non so. In questo caso non dovrei rompere i coglioni, sta scritto qui sopra. Non capisco. Forse perché non voglio capire? Mah! Ma il welfare come è o sembra inteso oggi è sostenibile? Secondo il neocomunista Flores d'Arcais sì, anzi deve essere fissato nella nuova costituzione (alla cui redazione vorrebbe partecipare forse).

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  5. Rutger Bregman:
    http://www.repubblica.it/economia/miojob/lavoro/2016/07/29/news/15_ore_lavoro_settimana-145012798/

    Mi sembra un remake di lavorare tutti lavorare meno. Perché no?
    Ma che farà poi la gente nel tempo libero? Si dedicherà alla convivialità, ai passatempi, ai lavoretti, risistemerà la casa, aiuterà i vicin ecc.? Temo però che ci sarà molto movimento, centinaia o miliardi di persone in movimento per diporto. Ma senza auto non si va lontano per fortuna.

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    1. << Ma che farà poi la gente nel tempo libero? >>

      Caro Sergio, qualcuno ha detto che i posti di lavoro persi per colpa dei robot verrebbero riciclati nell'industria del divertimento e del tempo libero, visto che quest'ultimo, per ovvia conseguenza, finirebbe per aumentare.
      Io sono un po' perplesso su questa affermazione.
      E, se devo essere sincero, ho l'impressione che troppa gente con troppo tempo libero, per una società tranquilla, possa essere un problema serio.

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    2. "i posti di lavoro persi" eccetera

      Il grande riciclo e' gia' all'opera da un secolo ormai, ed e' nella burocrazia formalistica che rende le nostre vite, pure liberate dal bisogno materiale, peggio di una prigione, e che ci fa dibattere scompostamente e tirare calci a casaccio nel tentativo di liberarci dal malessere cosi' generato.

      E' che non vogliamo vedere cio' che non ci fa comodo, oltre a non riuscire proprio a vedere cio' in cui siamo costantemente immersi e di cui facciamo inconsapevolmente parte, nel mentre magari ingigantiamo qualcos'altro che sembri soddisfare la nostra perenne ricerca della "causa prima" di tutti i nostri mali, e beni.

      Piu' o meno tutti i blog di discussione sono di tal genere.


      Sergio, per quanto riguarda il Girotto citato sopra, a mio parere era un poveraccio rinselvatichito che rifuggiva ad ogni forma di contatto sociale, sebbene in un film-documentario di Olmi ("terra madre", mi pare si intitolasse) ne sia stata fatta una specie di a mio avviso patetica icona ecologista. L'ho portato ad esempio solo per evidenziare come si riduce la vita dell'uomo se privato all'estremo del contatto sociale e del continuo scambio (di mercato) che questo implica, nonche' del fatto che poter vivere del proprio senza aver bisogno degli altri, nel continuo e inesausto scambio contrattuale che implica, sia un'illusione.

      Qualsiasi "accantonamento a capitalizzazione" per la vecchiaia, in qualsiasi forma, implica un contesto sociale che ne accetti la validita' al tempo in cui si decide di mettervi mano, in modo da poterlo usare come mezzo di scambio per ottenere beni nel presente: senza di questa validazione sociale quanto accantonato non ha alcun valore.

      Persino la proprieta' di un tetto e di un letto dipende solo da norme sociali che ne attestino la proprieta', che peraltro sappiamo essere revocabile in qualsiasi momento in caso di inadempienza agli obblighi fiscali relativi e sempre piu' numerosi e gravosi (anche con la scusa della tutela dell'ambiente...)

      Su emule forse si ancora un bello e inquietante libro fotografico dedicato a girotto e non piu' edito: ne posseggo il cartaceo che a suo tempo vidi e acquistai in libreria.

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    3. "Persino la proprieta' di un tetto e di un letto dipende solo da norme sociali che ne attestino la proprietà."

      Vero. Il diritto di proprietà non è assoluto, è anzi revocabile (vedi per es. il diritto di espropriazione dello stato, per es. per costruire una strada). Il metodo classico di espropriazione è poi la tassazione che bisogna accettare o a cui è molto difficile sottrarsi viste le sanzioni. Lo stato cerca ovviamente il punto di equilibrio nel tassare: fino a che punto posso andare senza disincentivare la produttività? Un po' ovunque in Europa o in occidente si lavora per lo stato o per gli altri fino a giugno, avremmo dunque già un 50% di socialismo. A un certo punto però il popolo bue potrebbe ribellarsi: o spaccando tutto o scioperando ad oltranza ovvero riducendo la produttività. Dunque quanto socialismo o che tassazione è applicabile?

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    4. << avremmo dunque già un 50% di socialismo >>

      Direi proprio di sì.
      D'altra parte è per questo che si chiama social-demcrazia e non social-comunismo.
      Perchè ti lasciano comunque una quota di quanto produci.
      Il che, a ben vedere, è anche nel loro interesse (altrimenti, chi continuerebbe ancora a darsi da fare ?).

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  6. La tirannia della maggioranza

    I Giovani Socialisti svizzeri discutono - senza scherzi - dell'abolizione della proprietà privata (un classico) e della ridistribuzione delle ricchezze (un altro classico). Sono matti? Non si tratta di estremisti o di fuorusciti dai partiti tradizionali (tipo Rifondazione). Sono l'ala sinistra dei socialisti (la destra li considera effettivamente dei matti). Eppure, eppure. È nota la facilità con cui in Svizzera si può modificare la costituzione (cose da pazzi, dicono a Bruxelles). Un'alzata d'ingegno di una persona qualsiasi, la raccolta di firme, la votazione e opplà la costituzione si arricchisce di un nuovo articolo o un vecchio articolo è modificato.
    E se venisse davvero in mente a qualcuno di abolire la proprietà privata ecc.? Basta modificare la costituzione. Del resto il diritto di proprietà, abbiamo visto, non è scolpito nel marmo. Una maggioranza democratica potrebbe davvero appropriarsi le ricchezze dei miliardari. Neanche la democrazia è un sistema o un metodo perfetto.
    Comunque niente paura: modifiche costituzionali in questo senso non sono all'orizzonte nemmeno in Svizzera, con buona pace dei cosiddetti giovani socialisti - che nel frattempo si fottono in parlamento 130'000 franchi all'anno per blaterare alcune settimane a Berna (il parlamento svizzero è di milizia, i parlamentari sono tutti professionisti che continuano a svolgere il loro lavoro e si riuniscono quattro volte all'anno per due o tre settimane per discutere le leggi).
    Ma il bello è che nemmeno i proletari sarebbero entusiasti dell'abolizione della proprietà privata. Chissà poi come si ridistribuirebbero concretamente la ricchezza e i miliardi. Anche i metri quadrati abitativi. Tutti vorranno poi abitare in un bel posto salubre e soleggiato, non nella Terra dei fuochi o nei pressi dell'Ilva.

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    1. Caro Sergio, non riesco proprio ad immagina una maggioranza del 51 % (di qualsiasi paese) che accetti di abolire la proprietà privata.
      Segue barzelletta (vecchia ma sempre valida):

      << Nella sede di una cellula comunista, si fanno i colloqui per l'ammissione di nuovi "compagni"...
      Il comissario chiede al primo:
      - compagno, dimmi: se tu avessi due palazzi cosa faresti?
      - ne donerei subito uno al partito
      - bravo tu si che sei un buon comunista; e se tu avessi due ferrari?
      - ne darei subito una al partito.
      - bravo; e se tu avessi due barche a vela?
      - ne donerei subito una al partito.
      - benissimo sei un ottimo comunista; e se tu avessi due biciclette?
      - eh no, compagno, due biciclette ce le ho per davvero, e me le tengo !

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