mercoledì 14 febbraio 2018

Il grande truffatore

L'incredibile storia di Bernard Madoff, tanto geniale nel realizzare le sue truffe finanziarie, quanto sprovveduto nel farsi prendere, e poi condannare, dalla giustizia americana. Dal sito “Il Post”. 
LUMEN


<< L’11 dicembre del 2008, uno dei finanzieri più famosi di Wall Street fu arrestato con l’accusa di aver organizzato una gigantesca frode. Era Bernard Madoff, che il 12 marzo del 2009 fu condannato per undici diversi reati finanziari. Secondo i giudici Madoff aveva organizzato una delle più grandi truffe finanziarie della storia. (…) Gli investitori che si erano affidati a lui per la gestione dei loro risparmi persero circa 65 miliardi di dollari.
 
Il giorno prima di essere arrestato, Madoff confessò ai figli Mark e Andrew che la sua società di brokeraggio e consulenza, la Bernard L. Madoff Investment Securities LLC, si basava completamente su un gigantesco “schema Ponzi”, una truffa inventata da un immigrato italiano negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento (…).
 
Carlo Ponzi, poi americanizzato in Charles Ponzi, nacque a Lugo, in provincia di Ravenna, nel 1882. Secondo quanto raccontò lui stesso, sbarcò negli Stati Uniti nel 1903 con in tasca due dollari e cinquanta centesimi. (…) Ponzi fece un gran numero di lavori per cercare di sopravvivere e fondò diverse piccole imprese che finirono tutte molto male. (…)
 
Lo schema che da allora porta il suo nome partiva da un’idea che sembrava geniale: sfruttare un’apparente falla nel sistema postale degli Stati Uniti per comprare in Italia francobolli americani a basso prezzo e rivenderli negli Stati Uniti a prezzo molto più alto. Il sistema non funzionò mai, ma Ponzi non si arrese: cominciò a parlare della sua idea a moltissimi immigrati italiani, promise rendimenti superiori al 400 per cento e cominciò a raccogliere denaro.
 
In pochi anni raccolse milioni di dollari. Il suo sistema basato sull’acquisto di francobolli, però, continuava a non funzionare. Ponzi era quindi costretto a pagare i rendimenti che aveva promesso ai suoi primi investitori con i soldi che investivano i nuovi arrivati.
 
Ponzi riusciva a ottenere denaro sfruttando l’ingenuità degli immigrati italiani. Aveva una grande abilità retorica, era carismatico, si vestiva in modo appariscente e, almeno in apparenza, era davvero ricchissimo. Lo schema, però, non poteva durare a lungo. (…) A un certo punto gli interessi che doveva pagare superarono i depositi dei nuovi investitori e la sua truffa fu scoperta. Ponzi fu arrestato e rimpatriato in Italia. Morì nel 1934, in un ospizio per poveri di Rio de Janeiro, in Brasile.
 
Come Charles Ponzi, anche Madoff scelse le sue vittime tra i membri della sua stessa comunità: gli americani di origine ebraica. Madoff nacque da una famiglia di ebrei di origine polacca a New York nel 1938. Si laureò in Scienze politiche e nel 1960 fondò la Bernard L. Madoff Investment Securities LLC, la società di cui sarebbe stato presidente fino all’arresto.
 
All’inizio la società era piccolissima. Il capitale era costituito dai risparmi che aveva ottenuto lavorando come bagnino e installatore di irrigatori, oltre che dal prestito del padre di sua moglie. Si trattava di una società di brokeraggio che operava fornendo liquidità a chi voleva acquistare titoli e obbligazioni alla borsa di New York. Fu una delle prime compagnie a utilizzare i computer per le operazioni di brokeraggio ed anche per questo motivo, nel corso degli anni, riuscì a ritagliarsi uno spazio tra le grandi società finanziarie di New York.
 
I suo clienti erano principalmente amici e conoscenti del padre della moglie. Il processo ha dimostrato che le attività illegali cominciarono negli anni Novanta, ma secondo gli investigatori risalivano ad almeno vent’anni prima. La strategia di Madoff era completamente diversa da quella di Ponzi: Madoff non prendeva di mira persone a digiuno di finanza proponendogli rendimenti incredibili, ma faceva il contrario.
 
All’interno della sua società, parallelamente all’attività di brokeraggio, Madoff aprì una sezione di consulenza e di gestione del risparmio. In questa divisione lavoravano soltanto i suoi familiari e altre persone di assoluta fiducia. Madoff offriva ai suoi clienti rendimenti garantiti intorno al 10 o al 12 per cento: cifre piuttosto alte, ma non impossibili e di sicuro molto lontane dal fantasioso 400 per cento di cui parlava Ponzi. Le persone che si avvicinavano a Madoff pensavano anzi che quel rendimento del 10 per cento fosse una sorta di garanzia: rinunciare a rendimenti più alti per avere rendimenti sicuri.
 
Quest’idea di “investimento sicuro” fu rafforzata da un trucco che Madoff fu molto abile a sfruttare: [riuscire a ] farsi gestire i soldi della sua società sembrava [quasi] impossibile. Chi voleva entrare tra i suoi investitori doveva “conoscere qualcuno che conosceva Bernard”. Un banchiere di Wall Street disse che Madoff era come “una popstar”: era elusivo, non partecipava alla vita pubblica di New York e, per i suoi clienti, sembrava difficilissimo da raggiungere.
 
Non era uno che pregava la gente di dargli dei soldi: si comportava al contrario come quello che doveva essere pregato perché accettasse di investire i risparmi di qualcuno. Si trattava però di un’atmosfera artefatta: in realtà Madoff non era così selettivo e prima dell’arresto aveva oltre 5000 clienti.
 
La sua società aveva alle dipendenze numerosi agenti il cui lavoro era setacciare i country club, i circoli di golf e altri ritrovi per ricchi dove individuare nuovi potenziali investitori da avvicinare. Una volta avuto accesso a Madoff, gli investitori venivano portati al diciassettesimo piano del Lipstick Building, il palazzo al centro di Manhattan dove Madoff li riceva indossando abiti inglesi di Savile Row e sfoggiando orologi costosi.
 
Madoff illustrava con calma e pacatezza i rendimenti che avrebbe procurato, garantendo che si trattava di rendimenti modesti ma assolutamente garantiti. In questo modo Madoff riuscì ad avere in gestione denaro da personaggi molto famosi – come Steven Spielberg e Kevin Bacon – e da decine di associazioni benefiche ebraiche, come per esempio la fondazione Elie Wiesel.
 
Ognuno di questi clienti affidava a Madoff una cifra da gestire. In genere Madoff cominciava le trattative dicendo sempre: «Iniziamo da una piccola cifra, poi se entrambi saremo soddisfatti passeremo a qualcosa di più corposo». In realtà quel denaro non veniva investito né veniva fatto fruttare in alcun modo. Finiva su un conto corrente della Chase Manhattan Bank, da cui lo stesso Madoff lo prelevava quando i clienti chiedevano la restituzione dell’investimento o i dividendi. 

A Wall Street nessuno si fidava di Madoff. In tutti i suoi anni di attività nessuna delle principali istituzioni finanziarie fece mai affari con lui. I rendimenti che offriva erano troppo alti. Tutti immaginavano che ci fosse dietro qualcosa di losco anche se nessuno sapeva cosa. Le grandi banche si limitarono a stargli lontano in attesa che qualcosa venisse fuori.
 
Le autorità di vigilanza per anni non sospettarono nulla e Madoff passò indenne attraverso alcune ispezioni della SEC (l’autorità garante della borsa, equivalente della nostra CONSOB). Per quanto non fosse molto appariscente, Madoff era comunque considerato un personaggio pubblico, un benefattore che aveva devoluto molti milioni di dollari in beneficenza, oltre che alle campagne elettorali del Partito Democratico. (…)
 
Nel dicembre del 2008 lo schema Ponzi di Madoff si esaurì. Come era accaduto quasi un secolo prima a Charles Ponzi, gli interessi da pagare ai vecchi clienti erano divenuti molto più alti dei nuovi investimenti, complice anche il crollo della banca Lehman Brothers fallita pochi mesi prima. Qualche giorno prima di essere arrestato, Madoff pagò un ultimo bonus di produzione a sé e tutti i familiari. Poi annunciò ai suoi figli che il denaro era finito.
 
Secondo i legali dello stesso Madoff, furono i suoi due figli a denunciarlo all’FBI e a portare al suo arresto l’11 dicembre 2008. La sua società fallì pochi giorni dopo. Gli investitori persero 65 miliardi di dollari e diverse fondazioni benefiche che avevano affidato a Madoff i loro patrimoni dovettero chiudere. Un anno dopo Madoff fu condannato al massimo della pena previsto per gli 11 reati commessi: 150 anni di prigione. Attualmente [2013] Madoff sta scontando la sua condanna nel penitenziario di Butner, in North Carolina. >>  
IL POST

34 commenti:

  1. Se si applicassero queste leggi correttamente, tutto sommato dovrebbero essere messi in galera assieme a Madoff anche tutti i responsabili dell'emissione del debito pubblico degli Stati moderni: lo sanno tutti che non potra' mai essere restituito se non con pezzi di carta svalutati (da cui il terrore della deflazione che i personaggi implicati nella gestione hanno: con la deflazione lo schema ponzi viene fuori in tutta la sua evidenza, mentre con l'inflazione e' sostenibile piu' a lungo il raggiro...)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. << Se si applicassero queste leggi correttamente, tutto sommato dovrebbero essere messi in galera assieme a Madoff anche tutti i responsabili dell'emissione del debito pubblico degli Stati moderni. >>

      Caro Diaz, teoricamente questo è vero, ma sappiamo bene che il diritto è impotente a perseguire i comportamenti politici dannosi, in quanto - in genere - assunti nel rispetto formale della legge.

      Inoltre i vari "Madoff" che finiscono (giustamente) in galera, pur avendo magari accumulato grandi ricchezze, non appartengono all'elite politica-economica e non possono quindi beneficiare dei loro efficientissimi "paracadute".

      Elimina
  2. "Gli investitori persero 65 miliardi di dollari ..."

    Ben gli sta. Parassiti che volevano aumentare i guadagni senza lavorare, "investendo". Tutti gli investitori, senza eccezione, compresi i piccoli risparmiatori, sono avidi di denaro. E rischiano, chi tanto chi poco, ma è sempre un rischio. E se le cose vanno storte, con chi prendersela? Direi con se stessi, chi rischia sa o dovrebbe sapere che può rimetterci.
    Del mio passato di sinistra ho conservato l'avversione all'interesse. Che nemmeno Gesù contestava (ma la Chiesa sì, tanto che lo condannava e lasciava questo lavoro sporco e peccaminoso ai detestati ebrei). In ogno prodotto che compriamo, anche un gelato di dieci centesimi, una parte del prezzo serve a pagare interessi a parassiti, tra cui anche i piccoli risparmiatori (poverini, sono piccoli perché purtroppo non possono "investire" di più, non hanno abbastanza soldi per lucrare grossi interessi). Sì, lo so, sono fuori del mondo, è naturale che tutti vogliano di più di quello che hanno "senza faticare", investendo. Auguro loro di essere investiti da uno tsunami.
    P.S. Nell'islam vige ancora il divieto di percepire interessi. Ovviamente i sauditi stanno al gioco del mondo libero e investono anche loro i capitali.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. C'e' pero' un contrappasso: nel gioco della speculazione, la maggior parte dei partecipanti ci rimette, e' come il gioco al casino', il banco vince sempre: poiche' l'ammontare di moneta o qualsivoglia titolo a lungo andare aumenta sempre (lo Stato ne emette di continuo di nuova, per soddisfare le sue classi di parassiti e/o per acquisire consenso elettorale), chi detiene risparmi in forma monetaria in media e' ineluttabilmente destinato a rimetterci in favore dei percettori della nuova moneta continuamente iniettata (vedi comune di roma ai tempi della lira, da cui la sua crisi e decadenza attuale ai tempi dell'euro).

      Il risparmiatore percio' in media ci rimette sempre, a meno che non cerchi di mantenere il potere di acquisto dei suoi risparmi con un interesse che controbilanci l'inflazione.

      Quando c'e' inflazione, i tassi di interesse sono elevati di conseguenza.

      Ai tempi della lira l'investimento immobiliare, che tanto ha devastato il paese, era dovuto al fatto che si trattava del'unico modo di mettere da parte qualcosa, con l'effetto collaterale ulteriormente negativo che il gioco speculativo stesso si e' spostato sugli immobili, facendoli diventare la moneta pregiata italiana.

      Quindi, quelli che ci rimettono di certo sono i piccoli risparmiatori in conto corrente o nel materasso, che non percependo alcun interesse, vedono inesorabilmente erodersi il loro piccolo patrimonio, in certi periodi lentamente, in altri velocemente. Anche per questo Einaudi diceva che l'inflazione e' la piu' iniqua delle tasse (oltre che perche' e' una tassa nascosta).

      Il marcio sta dappertutto, come dappertutto sta chi ne fa le spese, i vessati e i vessatori, i fortunati e gli sfortunati sono presenti in tutte le categorie.

      Elimina
    2. << Nell'islam vige ancora il divieto di percepire interessi. Ovviamente i sauditi stanno al gioco del mondo libero e investono anche loro i capitali. >>

      Mi pare di aver letto che, per coloro che vogliono comunque osservare la legge islamica, esiste (o esisteva) l'escamotage della compartecipazione all'impresa.
      Che è un po' come se noi occidentali potessimo investire solo in azioni e non in obbligazioni.
      Ma può darsi che i tempi siano cambiati anche per loro.

      Elimina
    3. Ps: dovremmo parlare di interesse su un risparmio monetario solo quando esso supera la sua svalutazione: fino a quel punto non si ha nessun guadagno, anzi si ha una perdita che di solito dipende dall'autorita' che si arroga il diritto di governare la moneta. Tu magari in svizzera non hai mai vissuto i periodi di inflazione, iniziati dalla fine degli anni '60, che in alcuni momenti sono arrivati anche al 25 per cento, quando le politiche monetarie keynesiane, usate ad oltranza, cominciarono a non funzionare piu' e a produrre stagflazione (cioe' un miscuglio complessivamente negativo di inflazione + disoccupazione). Secondo me, cio' accadde soprattutto perche', allora come oggi, non si volle accettare l'idea che il tempo della "crescita cinese" del 10 per cento annuo, col raggiungimento di una dignitosa ricchezza per tutti, era inesorabilmente finito.

      Elimina
    4. << dovremmo parlare di interesse su un risparmio monetario solo quando esso supera la sua svalutazione: fino a quel punto non si ha nessun guadagno >>

      Concetto ineccepibile dal punto di vista logico, ma la logica non ha sempre diritto di cittadinanza nelle faccende finanziarie.
      Per cui, non solo chi presta 100 e riceve 105 è convinto di aver avuto un interesse di 5 (anche con l'inflazione a 5), ma è pure tassato per quella percentuale !

      Elimina
  3. A parte che il "prestito ad interesse" credo esista di fatto in tutte le culture documentate, in ogni parte del mondo e in ogni tempo. Persino la "cultura del dono", al contrario di quel che sembra dal nome, implica una restituzione del "dono" con un presumibile sovrappiu' in cambio del favore ricevuto.
    Come sempre, il problema nasce dall'esegerazione e dall'abuso, che d'altra parte sembrano inevitabili quando ci sono esseri umani di mezzo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, il dono è stato sempre fatto - e lo è tuttora - per essere contraccambiato - ma non con la speranza di un presumibile sovrappiù per il favore ricevuto (quindi con l'interesse). Direi che chi dona con la speranza di fare un affare (cioè di ricevere un dono ancora più grande) è a mio parere un bieco calcolatore (a cui auguro di restare fregato).

      Elimina
    2. Dal mio personale punto di vista, poiche' chi fa il dono non si aspetta nulla in cambio (senno' che dono sarebbe), ma sa bene che chi lo riceve di norma si sente in dovere di restituirlo con il dovuto "interesse", la questione e' molto spinosa: fare un dono puo' prospettare una sequela interminabile di sgradevoli complicazioni.
      In generale comunque vale la seguente regola:
      "La cosa che bisogna sempre tenere a mente nei rapporti sociali è che uno tende a pensare che gli altri ragionino come lui: gli imbroglioni pensano che tutti vogliano imbrogliarli, i prepotenti che tutti vogliano schiacciarli, i bugiardi che tutti mentano, eccetera. Questo succede perché ognuno conosce direttamente solo le proprie motivazioni, mentre quelle degli altri può solo desumerle. Degli altri conosciamo direttamente solo le azioni e da queste desumiamo le motivazioni basandoci sul funzionamento della mente dell’unico essere umano che conosciamo dall’interno (noi stessi, non la fidanzata). In pratica la conoscenza degli altri si basa sulla conoscenza di sé: meglio si conosce se stessi, meglio si conoscono gli altri (da cui segue la ben nota superiorità degli egotisti)."
      (da un arguto blog, incomaemeglio.blogspot.it)

      Elimina
    3. "poiche' chi fa il dono non si aspetta nulla in cambio (senno' che dono sarebbe), ma sa bene che chi lo riceve di norma si sente in dovere di restituirlo con il dovuto "interesse"

      Ma appunto no con il "dovuto" (?!) interesse (se no che dono o regalo sarebbe?). Nelle società primitive si scambiavano doni di più o meno uguale valore (dunque senza interessi e arrière-pensées).
      È uso comune contraccambiare i regali (e solo i cafoni contraccambiano con un regalo ancora più grande per fare bella figura, dimostrarsi più generosi).
      In realtà più che donare a fond perdu scambiamo beni senza troppa contabilità (a volte ci guadagniamo qualcosa a volte ci perdiamo). Questo però tra amici, buoni conoscenti, persone di cui ci fidiamo e apprezziamo. Negli affari invece vogliamo assolutamente guadagnarci.
      D'accordo sulla "regola" (però ci conosciamo davvero bene noi stessi? Più no che sì, vista la raccomandazione imperativa "conosci te stesso").

      Elimina
    4. "Nelle società primitive si scambiavano doni di più o meno uguale valore (dunque senza interessi e arrière-pensées)."

      A me risulta quanto trovo anche qui su wikipedia:

      "Il cosiddetto dono è in realtà uno scambio reciproco che ha alcune caratteristiche definite, per quanto esse siano delle convenzioni e non delle regole scritte: l'obbligo di dare, l'obbligo di ricevere, l'obbligo di restituire più di quanto si è ricevuto."

      E si sa quanto le convenzioni sociali siano obbliganti in una societa', non certo meno delle regole scritte, la cui infrazione puo' produrre una sanzione formale ma non certo l'esecrazione sociale, anzi, quando come spesso accade la regola scritta e' palesemente assurda, ingiusta e vessatoria...

      Esperti di antropologia mi dissero a suo tempo che l'"interesse", nello scambio, esiste anche nelle piu' sperdute tribu' amazzoniche, e sembra percio' connaturato alla natura sociale dell'uomo. D'altra parte mi pare anche logico: un prestito, un favore, un "dono", ha un valore in se' che va oltre quanto direttamente prestato o regalato.

      L'"interesse", che non per niente si chiama in origine "sconto", nasce da qui.

      L'interesse formale dei nostri rendiconti economici, quindi, credo non sia cosi' strano, e abbia una origine naturale e giustificata in queste usanze.

      Piuttosto, il problema e' che queste usanze, una volta formalizzate come e' tipico della nostra civilta' che pretende di formalizzare tutto, cominciano a vivere di vita propria, e aggregano attorno a se' torme di esperti e professionisti del settore che vivono esclusivamente di esse, chi lucrando l'interesse, chi molto piu' semplicemente, ma non meno furbescamente, pretendendo un aggio per la consulenza (magari obbligatoria - molte cose non si possono proprio fare senza la vidimazione di un commercialista o di un notaio o di una banca).

      Quindi, tornando all'assunto di partenza, il problema e' nell'abuso e nell'esagerazione: ma questo ormai succede sempre, le nostre istituzioni, i nostri oggetti sociali, una volta creati, cominciano a vivere di vita propria e ne perdiamo quasi subito il controllo.

      Altro che i robot conquisteranno il mondo... il mondo e' stato conquistato dai "bot" ben prima dell'invenzione del termine nell'informatica...

      Elimina
    5. "Il cosiddetto dono [...] l'obbligo di restituire più di quanto si è ricevuto."
      "Esperti di antropologia ecc."

      Prendo atto dell'opinione degli esperti di antropologia. In questo caso dovremmo forse ridefinire scambio e dono. Lo scambio fa parte dell'attività umana, uno ha bisogno di questo, un altro di quello. Direi che nelle società primitive si trattava piuttosto di scambio che di doni come li intendiamo noi (o l'intendo io): un gesto quasi completamente disinteressato, una testimonianza di affetto, simpatia, rispetto e che non mette in conto la restituzione immediata del gesto, del favore. È chiaro che quando doniamo qualcosa a una persona ci aspettiamo che restituisca un giorno il gesto o il favore Tanto è vero che si dice che i regali rafforzano o addirittura cementano l'amicizia. Nessuno dona in continuazione senza ricevere nulla, alla lunga uno si scoccia o prende atto che la tal persona non lo pensa proprio, non gli vuol bene, per cui un ulteriore dono non avrebbe senso. Insomma, una certa reciprocità è implicita nel donare.
      Ma più che il valore in sé del dono conta il gesto che è appunto un segno di affetto o simpatia e non deve essere sproporzionato perché umilierebbe il ricevente che si sentirebbe così obbligato a aumentare la posta al prossimo turno. Ma ciò non è necessario e non avviene tra persone perbene o normali. Una volta una signora volle regalarmi addirittura una macchina (non nuova, ma comunque un bel regalo, accidenti). Be', rifiutai perché mi sarei sentito troppo obbligato, era dunque un dono eccessivo, sproporzionato, fuori misura, dunque un falso dono o un dono sbagliato (fra parentesi nemmeno troppo disinteressato da parte sua: era chiaro che poi avrebbe voluto essere scarrozzata da me con la sua macchina, era una signora anziana).
      Distinguerei perciò tra scambio e dono, quest'ultimo "quasi" disinteressato (ma ovviamente non del tutto).

      Elimina
    6. << Distinguerei perciò tra scambio e dono, quest'ultimo "quasi" disinteressato (ma ovviamente non del tutto). >>

      Mi sembra una distinzione più che corretta.
      Direi che nello scambio entrano in ballo meccanismi razionali, di tipo ecnomico utilitaristico, mentre nel dono i meccanismi psicologici sono di tipo emotivo e sentimentale.

      Si scambia per avere una utilità economica; si dona per avere in cambio affetto e sostegno.
      E quando il dono viene ricambiato, il "credito" psicologico si resetta, e bisogna ricominciare da capo.

      Non per nulla dallo scmabio sono nati l'economia e il diritto; mentre il dono è ancora fermo alla gratuità formale.

      Elimina
  4. Mi pare che stiamo parlando della stessa cosa, accentuandone diversamente le caratteristiche.
    Pero', cosi' dicendo, che stiamo parlando della stessa cosa, mi rendo conto di insistere scortesemente nel ritenere che scambio e dono abbiano una matrice comune, cosa che nella nostra cultura e' esecrata, cultura che invece per statuto cerca di definire i concetti separandoli per poi cosi' piu' comodamente riuscire a formalizzarli e incasinarli oltremodo facendocene smarrire le radici e il significato nella nebbia, trasformando ogni simbolo in un feticcio, oltre che per creare opportunisticamente una gerarchia burocratica di "esperti del feticcio" che se ne appropriano e se ne arrogano il dominio, verso i quali si sara' arguito che non nutro alcuna simpatia (de-finire, del resto, per poi come dice lumen vedere "la nascita dell'economia e del diritto" - appunto).

    Anch'io la prima volta che sono entrato in contatto con la similitudine dono-scambio mi sono un po' scandalizzato, e ho pensato "ma come si permette questo di mescolare sacro e profano", ma poi pian pianino mi sono un po' vergognato di quella prima opinione che in fondo era uno dei tanti pregiudizi della cultura cui appartengo, che in realta' tende a trasformare TUTTO in merce nel momento in cui lo nega.

    Alla radice di tutti questi comportamenti c'e' la questione basilare della societa' umana, come spiega bene l'Harari a suo tempo portatoci all'attenzione da Lumen: che l'uomo da solo non vale una pippa, e che tutta la sua potenza deriva dal riuscire ad operare in gruppo scambiando/donando idee e materiali, che pero' cosi' divengono entrambi merci. Chiedete ad un qualsiasi ricercatore universitario che stia lavorando su un'idea di renderla pubblica e regalarla all'umanita' prima di averne lucrato un beneficio, sebbene egli abbia gia' uno stipendio, e sia gia' pagato per questo oltre che coi soldi col bagaglio inestimabile di conoscenze passatogli dagli antenati su cui al massimo aggiugera' una sua cagoletta....

    Gli esempi di vera generosita' disinteressata sono rarissimi, uno e' ad esempio quello di Sabin, che rifiuto' di brevettare la sua scoperta, pensate alla differenza con la medicina affaristica e avida al massimo grado, che non vede altro che i soldi, di oggi. (da wikipedia: "Sabin non brevettò la sua invenzione, rinunciando allo sfruttamento commerciale da parte delle industrie farmaceutiche, cosicché il suo prezzo contenuto ne garantisse una più vasta diffusione della cura: « Tanti insistevano che brevettassi il vaccino, ma non ho voluto. È il mio regalo a tutti i bambini del mondo ». Dalla realizzazione del suo diffusissimo vaccino anti-polio il filantropo Sabin non guadagnò quindi un solo dollaro, continuando a vivere con il suo stipendio di professore universitario. Inoltre durante gli anni della Guerra Fredda, Sabin donò gratuitamente i suoi ceppi virali allo scienziato sovietico Mikhail Chumakov, in modo da permettere anche nell'URSS lo sviluppo del suo vaccino. Anche in questo caso Sabin andò oltre le questioni politiche per un bene superiore."

    Il meglio per la fine: per le nostre leggi e' rigorosamente vietato dalle stesse categorie professionali fornire gratuitamente le proprie competenze: concorrenza sleale (e soprattutto mancanza di gettito fiscale per lo stato). La tendenza e' che tutto deve essere monetizzato (anche la salvaguardia dell'ambiente, con buona pace degli stessi ecologi che poi tuonano contro il "neoliberismo") e su tutto deve essere applicato un aggio.

    Non ce ne accorgiamo perche' e' come l'aria che respiriamo, ne siamo immersi sempre e continuamente.

    RispondiElimina
  5. Caro Diaz, sono d'accordo anche io sulla radice comune di scambio e dono, in quanto nei tempi remoti, quando la vita quotidiana si svolgeva nell'ambito della propria tribù, il concetto di dono era sicuramente prevalente.
    Anche qui però, la gratuità poteva essere solo formale, in quanto chi donava di più al gruppo acquisiva maggior prestigio, con tutti i vantaggi che ne conseguivano.

    Col tempo però, cioè con l'infittirsi degli scambi inter-tribali, si aggiungevano 2 opzioni, quella bellica, con l'acquisizione di un bottino, e quella economica, fondata sullo scambio.
    Qui è nata, presumibilmente, la divaricazione che viviamo quotidianamente anche oggi.

    D'altra parte nel momento in cui si supera il numero di Dumbar e si interagisce prevalentemente con NON consanguinei, il dono gratuito passa inevitabilmente in secondo piano e lo scambio economico, pur con l'inconveniente dell'eccessiva mercificazione, prende il sopravvento.

    RispondiElimina
    Risposte

    1. Tempo fa leggevo che si suppone che l'origine della capacita'di contare, e quindi della matematica, vada da ricercarsi nella spartizione del cibo (che noi oggi chiamiamo distribuzione delle risorse) all'interno della comunita' sociale di appartenenza (la tribu', che noi oggi chiamiamo Stato).

      Da cio' parrebbe dunque che quella che ha l'uomo per la giustizia distributiva all'interno della sua comunita' sociale, sopra o sotto il numero di Dumbar, peraltro mai ritenuta abbastanza giusta e fonte di gossip a volte opportunistico e interminabile, sia una vera e propria ossessione. Da cio' a supporre che il "dono" e lo "scambio" alla fine vengano sottoposti entrambi a rigida normazione sociale, formale o sostanziale a base di gossip esecrativo, c'e' poca strada (la paura massima l'uomo l'ha per l'esecrazione sociale, non per la Legge, all'interno di una comunita di "delinquenti" la norma sociale viene rispettata e fatta rispettare, non la legge).

      Per quanto riguarda l'interesse nel prestito, un'ultima osservazione da parte mia: secondo voi se uno chiede in prestito qualcosa per fare qualcosa, presumibilmente a scopo di guadagno personale, chi gli concede il prestito deve accontentarsi della promessa che alla fine (forse e per ben che vada) gli verra' restituita una somma uguale a quella da lui prestata? Direi che un'ipotesi del genere cozza contro le basi del buon senso. Piu' che a lanciare strali sul prestito ad interesse, forse dovremmo concentrarsi sulle penalita', oggi in questo mondo sempre piu' arrabbiato e giustizialista forse eccessive per non dire disumane, e frutto di arida e spietata burocratizzazione formale da parte di ragionieri/economisti, e di giuristi cavillosi, arrringati a furor di popolo.

      Questi problemi si superano (forse) solo quando c'e' talmente tanta abbondanza di risorse, tali che nessuno ne senta la carenza, cosa difficile dato che l'uomo non e' mai contento, sente sempre una carenza, per definizione di uomo. Tant'e' che l'"abbondanza di risorse" viene percepita solo a seguito di tempi di estremo disagio e carestia (vedi il nostro secondo dopoguerra, quando molto piu' di oggi ci si accontentava, e si era felici, di poco).

      Elimina
  6. "Se uno chiede in prestito qualcosa per far qualcosa, magari un affare ecc."

    Ho letto che l'interesse si giustifica sostanzialmente per due motivi: il rischio (che il prestito non rientri) e la dilazione del godimento della somma prestata. Il secondo motivo mi sembra pretestuoso: si tratta evidentemente di una somma di cui non ho al momento bisogno (se no me la godrei subito). La rinuncia al godimento immediato dunque non mi pare una giustificazione, non mi costa niente Del resto chi guadagna abbastanza metterà sempre qualcosa da parte, a meno che non abbia le mani bucate. Più serio è il rischio di non riavere i soldi e quindi avrei diritto a un interesse per le mie paure. Ma anche in questo caso direi che la giustificazione è pretestuosa. Presterò soldi solo a una persona seria che sicuramente mi restituirà i soldi con eventualmente un regalino per ringraziarmi del favore. Difatti agli amici o a buoni conoscenti prestiamo anche senza pretendere interessi, al massimo l'interesse che compensi una perdita per una forte inflazione. Ci fidiamo ciecamente e poi della somma prestata non abbiamo al momento bisogno.
    Ma mi diceva Buttiglione che lo stesso ho diritto a un "modesto" interesse se presto soldi a qualcuno che fa affari con i miei soldi.
    Ma allora perché la Chiesa e San Tommaso erano contro l'interesse? Poi cosa distingue l'interesse modesto dallo strozzinaggio? Il 15% è considerato usura, il 2-3% invece è o sarebbe lecito. E dove sta scritto? Mica è vangelo. So però che il mondo funziona in un certo modo, tutti sono a caccia di soldi senza lavorare, giocando in borsa o prestando soldi. Per non parlare delle banche che i miliardi li guadagnano sull'interesse.
    Pongo la domanda che alcuni considereranno ingenua o cretina: è concepibile un'economia senza interessi? Si baserebbe essenzialmente sullo scambio. Proprio inconcepibile non mi sembra.



    RispondiElimina
    Risposte
    1. "tutti sono a caccia di soldi senza lavorare"

      Ma perche' non considerare fra questi anche chi li chiede in prestito? :)

      Elimina
  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. <<Nell’Antico Testamento viene ricordata l’usanza delle popolazioni semitiche, non solo degli ebrei, di proclamare periodicamente la remissione dei debiti. L’Anno Sabbatico serviva anche a questo, ossia a porre rimedi all’usura ed alla speculazione attraverso la ciclica interruzione del tempo quotidiano, quello dei traffici, con un tempo “santo/sacro” che annullando, o perlomeno sospendendo temporaneamente, tutti i debiti consentiva il periodico riassorbimento e periodiche riconiazioni del denaro e quindi la sua redistribuzione, evitando la formazione di accumuli speculativi ovvero di ciò che oggi siamo soliti chiamare “bolle finanziarie”.

      Elimina
  8. La parabola evangelica dei talenti usa l’immagine del denaro prestato ad interesse quale metafora dei doni spirituali e naturali che Dio dà a ciascun uomo e dei quali Egli chiede conto, esattamente come farebbe un banchiere, alla fine della vita. Si impone immediatamente la domanda: questa parabola è per caso un incentivo alla speculazione ed all’usura come ritengono molti liberisti che leggono tale pagina evangelica, decontestualizzandola, ad usum delphini in appoggio alla loro ideologia (anche il liberismo, checché ne pensino i suoi fautori, è solo ideologia)? Vecchia storia, questa della manipolazione ideologica del Vangelo, che fu usata, a suo tempo, anche dai socialisti e dai fascisti. La parabola dei talenti se da un lato non consacra affatto l’usura, praticata nel mondo semitico ma anche in quello dell’antichità romana, perché i “talenti”, come detto, sono i doni, le capacità di bene, da Dio infuse nel cuore umano e che l’uomo non ha diritto di sotterrare e non far fruttare, dall’altro contiene persino un insegnamento etico per la sfera economica quando sottolinea che da un corretto uso del denaro – quindi non dall’usura né dalla speculazione – deriva la possibilità di aiutare il prossimo. Solo in questo senso questa parabola può essere correttamente letta applicandola all’economia e difatti così leggendola i francescani del XV secolo inventarono i “monti di pietà” per venire incontro alla povera gente ed agli artigiani vessati dagli strozzini. Tuttavia, se sul piano naturale il richiamo evangelico è all’uso eticamente giusto del denaro, su quello dell’Amore soprannaturale – che supera di gran lunga, sia pur non negandolo, il piano naturale anch’esso benedetto perché opera di Dio – il comandamento di Cristo è più che chiaro in Lc. 6,35: <>.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    3. Scusate, ma non riuscivo a inserire la citazione di Lc 6,35.

      "... il comandamento di Cristo è più che chiaro in Lc 6,35: mutuum date, nihil inde sperantes."

      Elimina
    4. Per i diversamente latinisti: << prestate, senza sperarne nulla >>

      Ma poi Gesù subito aggiunge: << e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo >>

      Quindi, anche qui 'casca l'asino' della gratuità assoluta: la ricompensa non è negata, ma solo rimandata all'aldilà (e in quale misura !).

      Più di recente, qualcuno ha detto che 'non esistono pasti gratis', ed io sono d'accordo con lui.

      Elimina
    5. Quello e' Friedman.

      Ma tutto cio' che citi di economico in spalla al blog viene da qui:
      https://keynesblog.com/2012/02/23/il-pasto-gratis-di-keynes/

      Elimina
    6. La parabola dei talenti a me personalmente non e' mai piaciuta in nessuna delle sue interpretazioni, se non altro perche', che lo voglia o no, turba l'armonia sociale e l'unica cosa che davvero produce e' depressione nei meno dotati, odio e invidia. La trovo una incongruenza della dottrina cristiana. Per far sta bene gli altri, all'inverso, bisogna fallire, essere sfortunati, stare in fondo alla scala sociale. Voler essere dio, invece, checche' se dica, porta alla morte in croce.

      Dove hai trovato invece la citazione, interessante:

      "Nell’Antico Testamento viene ricordata l’usanza delle popolazioni semitiche, non solo degli ebrei, di proclamare periodicamente la remissione dei debiti."

      Uno dei nomi che ha e' potlatch, e' un rito universale anche se riconosciuto solo nelle tribu' cosiddette "arretrate" da parte di quelle "avanzate": anche i paesi piu' civilizzati del mondo ogni tanto devono spaccare tutto per riuscire a liberarsi delle sbarre e delle catene in cui si sono attivamente rinchiusi, senza rendersene conto mentre lo facevano (indovinello: la nostra civilta' a che punto e' di questo giochino?). Cio' accade sempre e regolarmente, con cadenza periodica, attraverso il processo del capro espiatorio.


      Per il resto, le "bolle" sono inerenti alla natura della socialita' umana, e non sono solo quelle finanziarie. Devono essere collegate alle "mode", al fatto che in ogni epoca e in ogni luogo c'e' la tendenza a cercare di interpretare la realta' sotto un unico principio o causa semplice, comprensibile a tutti, a dare importanza ad una cosa sola in una specie di follia generale, per tentare cosi' di temperare l'ansia inerente alla natura, per noi ipercomplessa, del mondo. Cio' si esprime al massimo grado nel capro espiatorio e nel monoteismo stesso (cioe' nel dare tutte le colpe ad un principio, e tutti i meriti ad un altro - vista cosi' pero' facciamo davvero schifo).

      Elimina
    7. @ Lumen

      "la ricompensa non è negata, ma solo rimandata all'aldilà"

      Gesù promette addirittura il centuplo, e qui in terra!
      Sì, in effetti anche quelli che si spendono totalmente per gli altri, fino addirittura al sacrificio supremo, lo fanno in vista di qualcosa, i santi per guadagnarsi la vita eterna, i filantropi per incarnare il più possibile un ideale di umanità che hanno in testa.
      In altre parole: non possiamo mai essere completamente disinteressati. Se mi mettessi a distribuire biglietti da mille (franchi) per strada sarei preso per matto, chiamerebbero l'ambulanza. Sarebbe infatti non un gesto generoso, ma di un folle, un gesto senza senso. Il dono poi è sempre personale. Quelli che amano tutta l'umanità, come le Madri Terese, in realtà non amano nessuno, quel che si dice amare. Ricordo Giovanni Paolo II che carezzava bambini in Piazza S. Pietro: le madri in deliquio, estasiate, ma il papa manco le vedeva, nemmeno i loro bambini, il suo sguardo era assente, altrove. Logico, non aveva tempo, c'erano mille bambini da carezzare.

      Elimina
    8. @ Diaz

      << Per il resto, le "bolle" sono inerenti alla natura della socialita' umana, e non sono solo quelle finanziarie. Devono essere collegate alle "mode" >>

      Quando si parla di bolle economiche, mi viene sempre in mente quella mitica avvenuta nel '600 in Olanda con il prezzo dei tulipani.
      Un intreccio di moda ed economia come poche altre.

      Elimina
    9. @ Sergio

      << Quelli che amano tutta l'umanità, come le Madri Terese, in realtà non amano nessuno >>

      Buona quella !
      Vi consiglio caldamente, se non lo avete ancora fatto, di leggere il libro di Hitchens 'La posizione della missionaria'.
      Per la serie: come di decostruisce un (falso) mito.

      Elimina
  9. Ciao a tutti, spero che stiate tutti bene ??? Mi chiamo Martina Andrea, vengo da Bari, in Italia, alcuni mesi fa ero immersa in una brutta situazione finanziaria e avevo bisogno di un prestito urgente per pagare le bollette e rimetterle in piedi a causa dell'attuale situazione finanziaria. La banca ha rifiutato di concedermi un prestito, quindi non avevo altra scelta che cercare un prestito non garantito online. Durante la mia ricerca, sono stato vittima di frodi e ho perso quasi € 1.250 ed ero più nei guai e ho quasi rinunciato alle mie speranze di ottenere un prestito fino a quando non ho trovato un messaggio online, lo stato del Kansas Sofia Valenti ha condiviso il certificato che dimostra come ha ottenuto € 100.000,00 da Bianca Alessandro, dopo aver letto il messaggio. Ho deciso di contattare Bianca Loan Finance. via e-mail: biancaloanfinance@hotmail.com, una persona di contatto condivisa per posta, non assicurata La mia richiesta di prestito di € 120.000,00 è stata approvata entro 48 ore dalla mia richiesta e il loro tasso di interesse del prestito è del 2%. Il mio prestito è stato pagato sul mio conto bancario senza default. Voglio esprimere la mia profonda gratitudine e anche consigliare ai richiedenti del prestito di essere particolarmente vigili poiché ci sono molti truffatori il cui unico scopo è quello di ingannare i mutuatari innocenti, quindi devi stare attento ed essere vigile, per coloro che hanno bisogno di un prestito Raccomando Bianca Loan Finance, si contatta l'azienda via e-mail: biancaloanfinance@hotmail.com o per un contatto chat veloce tramite Whatsapp: +14096552748

    Grazie per aver letto la mia testimonianza, ti auguro buona fortuna.

    Martina Andrea

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Commento un po' tardivo, il tuo, ed anche leggermente Off Topic.
      Se vorrai tornare sul blog per commentare qualcosa di più recente, sarai la benvenuta. :-)

      Elimina