mercoledì 26 aprile 2017

A come Agricoltura

Ho già parlato qualche tempo fa (con un pezzo dello storico Yuval Harari) della trappola involontaria in cui si è infilato l’homo sapiens, alcuni millenni or sono, inventando l’agricoltura.
Oggi ritorno in argomento, ospitando le considerazioni di Matteo Minelli (esperto di ambiente ed ingegneria chimica presso l’università di Bologna) che ci parla dell’agricoltura, della sua origine e del suo complicato rapporto con l’ambiente.
Con qualche riflessione sulle sue prospettive future.
LUMEN


<< Un giorno ci siamo convinti di riuscire a produrre cibo meglio di come aveva sempre fatto la natura. Così nasce l’agricoltura, una storia che finirà male se non la cambiamo in fretta.

C’è un filo, per nulla sottile, che lega indissolubilmente l’agricoltura delle origini, quella delle fatiche inaudite e degli strumenti inadeguati, all’agricoltura contemporanea, in cui mezzi pesanti e fito-farmaci la fanno da padrone.

Ovviamente non si può, e non si deve, mettere sullo stesso piano l’agricoltura contadina dei nostri bisnonni, caratterizzata da una profonda conoscenza dell’ambiente e da un rapporto simbiotico con la terra, e l’agricoltura della rivoluzione verde, in cui chimica e meccanica hanno reso totalmente asettico il matrimonio tra l’uomo e la terra.

D’altro canto sarebbe un atto di cecità non comprendere che anche tra due modi così distanti di vivere una storia millenaria non vi sia un legame molto profondo e tristemente duro da spezzare.

Circa diecimila anni prima di Cristo, giorno più giorno meno, ci siamo convinti che avremmo potuto far nascere, crescere e morire numerosi tipi di vegetali meglio di come la natura aveva fatto per centinaia di milioni di anni. E da allora, vuoi per ignoranza, vuoi per necessità, vuoi per interesse, non abbiamo mai smesso di pensarla in questo modo.

Per circa duecentomila anni gli uomini sono vissuti raccogliendo i frutti che l’ambiente autonomamente decideva di offrirgli. Uno stile di vita che studi antropologici, archeologici e paleontologici hanno dimostrato essere assai più soddisfacente, da molti punti di vista, di quello che i contadini hanno potuto vantare per molti millenni in vaste parti del globo.

Qualcuno ha perfino voluto vedere nel racconto biblico della cacciata dell’uomo dall’Eden una chiara allusione del passaggio dell’umanità da una felice condizione di raccoglitori ad una sventurata di agricoltori.

Quel “tu, uomo lavorerai con dolore” pronunciato da un Dio iracondo, sicuramente lascia intendere che il futuro di Adamo non sarebbe stato roseo come il periodo passato nel Paradiso Terrestre, in cui la sua unica fatica era quella di cogliere qua e là i frutti delle piante che l’Onnipotente gli aveva gentilmente concesso. E in fondo, se deve esserci stato un peccato originale, è proprio quello dell’essersi voluti sostituire a Dio nella grande opera di pianificazione del mondo vegetale.

È un uomo nuovo quello che brandisce la zappa. Un uomo che non vuole più spostarsi, un uomo che pensa di poter far crescere in maniera indefinita la sua discendenza, un uomo che crede di poter modificare i paesaggi e decretare quali piante siano utili o dannose, accettabili o insopportabili, da conservare o da distruggere.

Un uomo che si è convinto di poter produrre in un determinato appezzamento più cibo di quello che effettivamente può offrire.

Da allora fino ai giorni nostri l’uomo, in nome dell’agricoltura, ha decretato inesorabilmente quali fossero le piante dannose e quelle utili, le piante da salvare e quelle da sacrificare. Ha disboscato le foreste perché gli serviva più spazio per le culture commestibili. Ha ucciso gli uccelli perché mangiavano i suoi semi. Ha sterminato gli insetti perché attaccavano le sue coltivazioni.

Ha selezionato le piante di cui si nutriva perché non le considerava abbastanza produttive. Ha arato, ha sarchiato e ha zappato, convinto di creare un ambiente adatto alle sue coltivazioni, mentre cercava di impedire le che altre specie vegetali vi attecchissero. Ha lasciato il suolo senza vita, come solo nelle aree desertiche accade, credendo di poter arginare il ritorno della natura negli spazi che gli aveva sottratto.

Ha fatto tutto questo fin dagli esordi della rivoluzione agricola, riscontrando impoverimento dei terreni, andamento decrescente delle rese agricole, indebolimento delle piante coltivate, erosione dei suoli. Per cercare di sopperire a questo disastro ha introdotto nel corso tempo l’agricoltura taglia e brucia, quella itinerante, l’avvicendamento e la rotazione delle culture, la fertilizzazione animale, il maggese.

Fino ad arrivare alla metà del secolo scorso quando, attraverso la chimica e la meccanica, l’uomo ha riaffermato, nella maniera più drammatica possibile, il suo ruolo di pianificatore del mondo vegetale.

I nuovi mostri legati all’agricoltura dei giorni nostri si chiamano inquinamento delle falde acquifere, dei fiumi e dei laghi, scomparsa della biodiversità, desertificazione, drastica riduzione delle risorse idriche, contaminazione dei cibi, malattie professionali per gli addetti al settore e purtroppo molto altro.

La verità è che questa agricoltura, invece di nutrire l’umanità, ha da sempre contribuito ad affamarla.

Oggi siamo quasi sette miliardi e mezzo su questa terra e purtroppo continueremo ad aumentare. Mentre la popolazione aumenta cresce la pressione sugli agricoltori affinché con sempre meno superficie e addetti facciano impennare ancora le produzioni. La combinazioni di questi due fattori finirà per acuire ancora di più tutte le conseguenze nefaste che questo modello agricolo si porta appresso.

Qual è allora l’alternativa praticabile a questo sistema?

Ovviamente, anche se lo volessimo, siamo in troppi per tornare a raccogliere il cibo che la natura ci offre liberamente. Tuttavia possiamo iniziare a praticare un nuovo tipo di agricoltura, in cui invece di essere protagonisti siamo spettatori, invece di fare impariamo a guardare, invece di togliere cominciamo a mettere.

Un’agricoltura che si porta appresso i semi di un cambiamento più grande di lei. Perché se è vero che ogni sistema economico e politico ha alla base un certo modello agricolo, allora una “agricoltura naturale” sarà il fondamento di un’altra società. > >

MATTEO MINELLI

60 commenti:

  1. A me piu' che un esperto mi sembra un invasato.

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    1. A me, invece, no (punti di vista).

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    2. Cioe' secondo te frasi del genere sono altro che propaganda da poltronieri con la pancia piena:

      "La verità è che questa agricoltura, invece di nutrire l’umanità, ha da sempre contribuito ad affamarla."

      E' una balla colossale, a meno che non la si intenda nel senso, distorto, che anche il vaccino contro il vaiolo ha contribuito ad affamare l'umanita' del futuro (che nell'ottica del ragionamento e' altrettanto vero, dato che le ha permesso di moltiplicarsi oltremodo).

      E questo poi cosa vuol dire, che facciamo crescere le piante guardandole con amore?

      "Tuttavia possiamo iniziare a praticare un nuovo tipo di agricoltura, in cui invece di essere protagonisti siamo spettatori, invece di fare impariamo a guardare, invece di togliere cominciamo a mettere."

      A me sembra ideologia pura, di quella piu' di moda adesso. O facciamo scienza, o ideologia.

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    3. << A me sembra ideologia pura, di quella piu' di moda adesso. O facciamo scienza, o ideologia. >>

      O magari, facciamo tecnologia lungimirante.

      Guarda, io non nego che l'agricoltura tecnologica di oggi abbia raggiunto vertici di produttività mai visti prima; ma è sostenibile anche negli anni a venire ?
      E se non lo è, con cosa la sostituiamo ?

      Le bocche da sfamare sono tante e sempre in aumento: questa è una cosa che non dobbiamo mai dimenticare.

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    4. "Le bocche da sfamare sono tante e sempre in aumento."

      Ci adatteremo - e sopravvivremo in qualche modo. Oppure no - e saranno rogne per molti. Per Ferrara il capitalismo ha contribuito a sfamare "miliardate" di esseri umani, contrariamente a quel che pensa Bergoglio che accusa il capitale della fame nel mondo (do ragione a Ferrara).

      Ma una via di mezzo si troverà - forse. Prendi per es. il nuovo tipo di alimentazione per cui si fa ora pubblicità da noi: gli insetti (il governo svizzero ha autorizzato il commercio di "tre" insetti). Nel mondo sta aumentando il consumo di carne (che una volta, nemmeno troppo tempo fa, era rara anche sulle tavole degli Italiani). È chiaro che non ci potranno essere fiorentine e filetti per dieci miliardi di persone. Noi mangeremo forse insetti (io no) e i nuovi carnivori del terzo mondo dovranno moderarsi anche loro.

      Devo però dare un po' ragione a Diaz nelle critiche al pezzo propostoci. Le frasi da lui incriminate qui sopra sono effettivamente fumose, per non dire senza senso (guardare con amore le piante crescere???!!!).

      In natura si creano sempre nuovi equilibri - a danno di altre specie. Noi consideriamo il nuovo equilibrio naturale e positivo e pensiamo che non si debba alterare, pena il crollo del sistema. Ma che cosa è davvero naturale e garanzia di lunghissimi periodi di equilibrio (una semi-eternità) che reputiamo per noi vantaggioso? È sempre più difficile affermare che qualcosa sia naturale e perciò positivo. Possiamo farlo dal nostro punto di vista molto limitato. Ormai siamo costretti a tirare avanti in qualche modo cercando di assicurarci sopravvivenza e vantagi a breve, sempre più a breve. Persino la scadenza del 2100 ci appare ormai più incerta che mai. Ci arriveremo più o meno indenni o no? Io confido nell'asteroide (di un km di diametro).

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    5. Dopo un impatto simile a quello che causò la scomparsa dei dinosauri regnerebbe credo per milioni di anni un bell'equilibrio naturale e funereo (sempre dal nostro punto di vista umano, ma qualche specie sopravvivrà e tornerà a popolare il pianeta e a espandersi).
      Oppure, senza aspettare l'asteoride, creeremo in laboratorio una altra specie, homo sapiens sapiens sapiens che saprà sfruttare meglio la natura o l'ambiente. Però questo verbo "sfruttare" ha qualcosa di negativo, sempre vogliamo approfittare di qualcosa o qualcuno, fregare il prossimo o la natura. Con l'ora solare freghiamo la natura per es. (io dell'ora solare non sento il bisogno, il risparmio energetico non sembra nemmeno significativo).
      Vedremo poi su Marte come ci si potrà arrangiare. Homo sapiens, homo ludens, homo bellicosus, "uomini contro" (con Gianmaria Volonté).

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    6. "Con l'ora solare ... il risparmio energetico non sembra nemmeno significativo"

      Mi gioco le palle che l'ora solare oggi serve solo ad incentivare le compere, rendendo adatta un'ora in piu' alla sera, altro che risparmio.
      E, come osservi, per il resto serve solo a esprimere la volonta' di dominio dell'uomo anche nei particolari piu' irrilevanti.
      Tutte ipocrisie.

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  2. Mah, che il risparmio energetico dell'ora legale sia modesto è possibile, ma irrilevante proprio non direi.
    Altrimenti non avrebbe avuto una diffusione internazionale così ampia.

    E comunque, non ci vedo un nesso particolare con lo stimolo del consumismo: siamo talmente attirati dai nuovi acquisti, che ci diamo dentro in qualsiasi ora del giorno (oggi è possibile) e con qualsiasi tipo di luce, sia naturale che artificiale.

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    1. "Altrimenti non avrebbe avuto una diffusione internazionale così ampia."

      Mah, sai, alla gente chiusa in ufficio o in fabbrica la "lunga serata" piace. I miei conoscenti infatti l'apprezzano molto, con mia sorpresa - che di questa innovazione proprio non ho bisogno (per quel fatto di voler fregare un po' la natura - come vedi sono "pro natura").
      Comunque fu Beniamino Franklin che introdusse questa novità (all'epoca si trattava di risparmiare su candele e torce). In Svizzera, come al solito, si votò per introdurre questa ora solare e il popolo votò saggiamente no. Però poi fu introdotta lo stesso surrettiziamente (bisognava "armonizzare" gli orari ferroviari con il resto del continente ...). Comunque da noi c'è ancora un'opposizione latente contro quest'ora solare (i contadini si lamentano, le mucche sono disorientate ... e anche a tanta gente non piace).

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    2. << In Svizzera, come al solito, si votò per introdurre questa ora solare e il popolo votò saggiamente no. Però poi fu introdotta lo stesso surrettiziamente. >>

      Questo non lo sapevo e, soprattutto, non l'avrei mai immaginato.
      Pensavo che la volontà popolare, almeno lì da voi, fosse "sacra".
      Evidentemente, tutto il mondo è paese.

      Ma, a pensarci, bene, l'uso moderno del tempo è tutta una convenzione, avendo ormai perso il condizionamento della luce naturale.
      Una volta si viveva, letteralmente, dall'alba al tramonto; oggi (per fortuna) no.
      Diciamo che, per evitare l'ora leglae, basterebbe modificare gli orari delle nostre attività ed abitudini, ma sarebbe tutto più complicato e, probabilmente, lo accetteremmo meno volentieri.

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    3. "Una volta si viveva, letteralmente, dall'alba al tramonto; oggi (per fortuna) no."

      E per fortuna restano anche aperti i supermercati la domenica e il primo maggio!
      Senno' cosa faremmo!
      L'ironia della faccenda e' che ad approfittare della nuova liberta' sono solo quei grossi negozi dove a lavorare sono tutti fuorche' il proprietario dell'attivita'. Di piccoli negozi che aprono nei giorni festivi ne ho visti ben pochi (o nessuno, tanto che mi chiedo se possono davvero o se e' una liberta' riservata solo ai grossi che cosi' gli fanno concorrenza anche su questo punto).

      "Diciamo che, per evitare l'ora leglae, basterebbe modificare gli orari delle nostre attività ed abitudini"

      Se non erro, per evitare l'ora legale basterebbe non fare nulla, e' cambiandotela che ti costringono a cambiare abitudini anche se non vuoi.

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    4. << E per fortuna restano anche aperti i supermercati la domenica e il primo maggio!
      Senno' cosa faremmo! >>

      Caro Diaz, su questo punto ci sono diverse scuole di pensiero, tutte con una loro validità.
      Da un lato si pone l'accento sulla libertà del consumatore (che è un valore, al di lè della bulimia degli acquisti), dall'altro sulla pressione eccessiva che ricade sui lavoratori turnisti e festivi.

      La soluzione, a volerla cercare, ci sarebbe anche: basterebbe imporre per legge che i turni scomodi o festivi siano pagati di più.
      Così non sarebbe difficile trovare un buon punto di equilibrio tra le due esigenze.
      Ma purtroppo le regole attuali nel mondo lavoro sono diverse (si veda il paradosso del lavoro a tempo determinato che viene pagato MENO di quello a tempo indeterminato, anzichè di PIU').

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    5. "Da un lato si pone l'accento sulla libertà del consumatore."

      Ma no, la liberalizzazione degli orari non vuol mica dire che apri di piu', vuol dire che puoi aprire e chiudere quando vuoi, senza essere multato se non rispetti gli orari.
      Normalmente sono le camere di commercio che obbligano i negozianti loro associati ad aprire e chiudere tutti alla stessa ora, ed e' una forma di autoregolamentazione della corporazione, cosi' come per le svendite di fine stagione, e chi non obbedisce si becca la multa.

      In pratica pero' l'ultima liberalizzazione, che non a caso e' stata decisa da Monti durante la crisi, era mirata ad aumentare l'orario di vendita per spingere gli acquisti per aumentare il solito PIL.

      E' in questa ottica che si capisce come mai solo gli ipermercati hanno subito obbligato i propri dipendenti e i negozi al loro interno, che per contratto devono a loro volta fare cio' che dice il "padrone del condominio", a tenere sempre aperto.

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  3. Questo articolo mi pare tratti l'argomento in un modo simile, ma sensato. Del resto il sito da cui proviene e' di gente competente che sa di cosa parla (al esempio Guidorzi). Internet da' la possibilita' di accedere a informazione di buon livello, solo che bisogna cercarla, perche' e' in netta minoranza, ed e' piu' faticosa da assimilare, dato che il suo scopo principale non e' quello di assecondare desideri e pregiudizi del gruppo sociale di riferimento...

    https://agrariansciences.blogspot.it/2017/04/le-rivoluzione-agricole-tra-ecologia-ed.html

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    1. Letto con interesse la traduzione di Guidorzi. Mi ha colpito però una cosa: Guidorzi è o sembra rassegnato all'incremento demografico. Parla - è una prima assoluta per me - di forse 10 miliardi di esseri umani per il 2050. Qui le stime ormai lievitano che è un piacere. Mi è sembrato di capire che per lui l'incremento demografico è - più che una fatalità - un fatto da accettare e bisogna adeguarsi con la scienza, cioè con più tecnologia e OGM. Per Guidorzi e soci noi siamo dei perfetti stronzi, a leggere certi commenti dei compari ("quelli di lettere e filosofia", ossia dei perfetti analfabeti in scienze).

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    2. Guidorzi e' un agronomo esperto, non un demografo ne' un profeta o un tuttologo.
      Non e' "rassegnato" all'incremento demografico, lo considera solo un dato di fatto allo stesso modo che facciamo noi qui dentro, prende per buone le previsioni dei demografi, che si spera a loro volta sapranno fare il loro mestiere.

      Lui come agronomo suggerisce cosa fare per produrre di piu' lavorando meno e impiegando meno terreno fertile, e cosa dovrebbe fare, il contrario? Lo riterremmo un pazzo, o un deficiente, credo. In tal caso nessuno chiederebbe i suoi pareri come tecnico agronomo, e anzi gliela farebbe pagare per essere stato ingannato.

      Poi, il giudizio morale/politico su cosa si voglia fare, far crescere la popolazione o calarla, far aumentare la produzione agricola o diminuirla, cercare di curare le malattie o lasciarle fare, e' cosa che ognuno e' libero di decidere secondo coscienza e intendimento, una volta informato sulle conseguenze delle sue scelte.

      "Per Guidorzi e soci noi siamo dei perfetti stronzi, a leggere certi commenti dei compari"

      Credo che ce l'abbia semplicemente con quelli che dicono assurdita' nelle cose in cui ha la competenza per giudicare, e in campo di agricoltura in effetti credo sia vero che spesso chi si sente particolarmente in diritto di parlarne, soprattutto nei blog di ecologia, non sa assolutamente nulla in proposito.

      Ai commenti ai blog in generale e' meglio non dare troppo peso, la maggior parte della gente che li fa se non e' proprio deficiente fa di tutto per sembrarlo.

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  4. Ricordo quel testo di Harari e devo dire che questo è stato scritto altrettanto bene. Mi fa piacere trovare accademici che, anche (e soprattutto)in Italia, non si lasciano abbindolare come le menti più inette dal sacro verbo sviluppista. La popolazione aumenta, ergo dobbiamo produrre più cibo. Ma se la popolazione aumenta è perché produciamo più cibo. E qualcuno ci ha già insegnato (qualcuno di grande, il più grande di tutti) che quando si mette una popolazione in condizione di svilupparsi, essa tende ad aumentare più di quanto il cibo non possa fare. E infatti il mantra è sempre quello: produrre più cibo! Come come, dopo che l'agricoltura industriale ha rivoltato mezzo mondo, serve ancora più cibo?
    Qualsiasi azione, da quella più insignificante del quotidiano alla vera e propria rivoluzione, si valuta dai suoi effetti. Il solito Diaz tira fuori la storia del vaiolo. Proprio lui, dopo tutti i discorsi fatti sulle malattie. Ma se il vaccino è causa di espansione della popolazione, è ovvio che sia un male; solo senza questa letale conseguenza potremmo dire il contrario. Avessimo un bellissimo, luminoso Nous a sovrastrarci, e a dire: se dessimo vaccini agli uomini, per non farli morire più di vaiolo? O se donassimo l'agricoltura a questi fetenti, perché possano strafogarsi meglio? La loro natura, la miseria umana, li porterebbero a moltiplicarsi fino a distruggere la Terra. Allora niente. Si può convivere con il rischio di scoppi epidemici, anche di vaiolo, l'umanità ha dimostrato di saperlo fare. Non si può invece vivere in un ambiente desertificato.
    Come sarebbe a dire che vuol dire far crescere le piante con amore (parola che Minelli non usa, in any case)??? E' semplice: il contadino è gratificato nel vedere il suo lavoro ripagato dalla terra, oh bella.
    Caro Lumen, ennesima chicca, grazie infinite, il tuo lavoro è prezioso (salvo e accumulo questi materiali e li faccio stampare. Molti grazie a te).

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    1. Caro Francesco, sono io che ringrazio te per la stima e le belle parole.
      E auguri anche per il tuo blog "da battaglia" (che cerco di frequentare quando posso).

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    2. Francesco, e' un fatto assodato che gli uomini si riproducono di piu' come conigli dove la vita' e' piu' precaria, cioe' dove, ad esempio in assenza di vaccini, su 6 figli che ogni donna ha sempre fatto nella storia del mondo, ne arrivano all'eta' riproduttiva, in media, solo 2.
      Adesso, essendo migliorata questa situazione, la media e' di circa 2 figli per donna, in tutto il mondo, tranne che in africa che e' il continente piu' arretrato (in occidente, dove "siamo piu' avanti nella storia", siamo abbondantemente sotto). Aggiornati, informati. E un consiglio, se vuoi evitare di essere scambiato per un pazzo, evita di dire in giro che il vaiolo e' una benedizione, perche' uccidendo un sacco di gente limita la demografia, cosa che oltretutto, come detto sopra, non e' nemmeno vera. Ti sembrera' strano ma la maggior parte della gente pensa che sarebbe meglio che la demografia si autolimitasse calando il tasso di fertilita', che non ammazzando la gente.

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    3. L'umanità è arrivata a 7,5 G e fa segnare + 1 ogni 13/14 anni, e per questo I supera K di quasi il 50%. Perciò abbiamo ghiacciai che si sciolgono, migliaia di km di costa in procinto di essere sommerse con le loro popolosissime città, deserti che si espandono, foreste che spariscono, biodiversità che si perde, e via disastrando. Sono io ad essere pazzo, oppure lo è l'umanità? Pazzia è moltiplicarsi senza tregua fino a distruggere l'ambiente che consente di vivere, non denunciare la pazzia stessa.

      Sarebbe meglio che calasse il tasso di fertilità, dici. Ora sei tu a fare ideologia. Con i numeri di cui sopra è troppo tardi:

      "We examined various scenarios for global human population change to the year 2100 by adjusting fertility and mortality rates to determine the plausible range of population sizes at the end of this century. Even a worldwide one-child policy like China’s, implemented over the coming century, or catastrophic mortality events like global conflict or a disease pandemic, would still likely result in 5-10 billion people by 2100"

      https://www.theguardian.com/world/2014/oct/28/global-population-science-growth-study-wars-disaster-disease

      Nemmeno l'adozione su scala mondiale della politica del figlio unico ci riportebbe a una cifra ragionevole, puoi fidarti del giudizio di Brook, se il mio non ti convince. A quanto pare, viaggiamo su un camion lanciato in discesa, con un'inerzia tale che, anche ad aggrapparsi ai freni, non si riesce più a fermarlo. Il tasso di natalità cala, è incontestabile; meno figli per donna, ma ci sono più donne che si riproducono, regaluccio dello scoppio della bomba del XX secolo, perciò, a dispetto del calo di questo saggio, aumentiamo in modo spaventoso ogni anno.
      Per cui no, non mi sembra strano che la gente pensa che sarebbe meglio la soluzione indolore. Lo pensa perché è stupida, a parte qualche eccezione. Non si vuol vedere in che razza di incubo ci siamo cacciati. Sarebbe stato meglio, invece, non ridursi a questo punto. Ora il danno è fatto e alla fine la natura regola sempre i suoi conti.

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    4. Sul vaiolo: prima scrivi che "in assenza di vaccini, su 6 figli che ogni donna ha sempre fatto nella storia del mondo, ne arrivano all'eta' riproduttiva, in media, solo 2" ma poi che io dovrei evitare di dire che "il vaiolo e' una benedizione, perche' uccidendo un sacco di gente limita la demografia, cosa che oltretutto, come detto sopra, non e' nemmeno vera". Non male come contraddizione. Ti dirò che concordo con la prima affermazione: ogni donna ha sempre fatto un sacco di figli per quasi tutta la storia umana, ma i più morivano prima di arrivare all'età riproduttiva. La medicina ha una bella responsabilità in tutto questo, e la politica ha completato il capolavoro.

      Sul primo punto, facciamo un po' di ordine. Parlavamo dell'articolo, delle conseguenze dell'introduzione dell'agricoltura e del suo sviluppo recente. Dicevo che se si parte dal classico sottosviluppo pre-industriale e si innesca lo sviluppo economico, ci si ritrova una popolazione in crescita, è inevitabile. Non si può dire che la strada per indurre la gente a fare meno figli sia lo sviluppo economico, è una falsità che va sotto il nome di transizione demografica. Lo sviluppo economico fa crescere la popolazione, non la fa diminuire; e la fa crescere non solo per calo della mortalità ma anche per aumento della natalità, se la gente pensa di trarne vantaggio. Ci sono casi documentati, anche extra-africani, (celebre un studio di ricercatori di Harvard in India) da cui si evince che la gente non usava i contraccettivi perché grazie a cibo e vaccini riusciva a colmare quella differenza fra 2 e 6. Riusciva ad avere i 6 figli che tanto desiderava, perché avrebbe dovuto farne di meno.
      Altra cosa è il tuo discorso. Il post di Lumen riguarda uno quadro diacronico, un'evoluzione nel tempo, tu invece fai una comparazione fra Africa e resto del mondo. Capisco che nella tua logica l'Africa debba "per forza" seguire le nostre orme, avere quello che abbiamo noi. Non è possibile ormai. L'Africa non arriverà mai allo sviluppo elevato che, per i suoi alti costi, induce a moderare la procreazione. E'rimasta bloccata alla fase precedente, tanti figli, tanto degrado, poco sviluppo, quello che è bastato per combinare questa tragedia. Non è un continente arretrato, ma fallito. Non credere alla teoria della transizione demografica, è vecchia di quasi 100 anni, sei tu che dovresti aggiornarti. Essa non contempla nemmeno la possibilità che la popolazione possa aumentare per un maggiore tasso di natalità, ma solo come calo della mortalità. Anche un africanista compassato come Iliffe riconosceva invece l'aumento della natalità dopo l avvio della transizione.


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    5. Senti Francesco, ADESSO, non cent'anni fa, il numero medio di figli per donna e' di 2 virgola qualcosa.
      E se non ci fosse l'africa che tira su la media, probabilmente saremmo sotto i due.
      Punto.

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    6. Ma sei un genio. LO SO (lo so, lo so, lo so... ho scritto il contrario?) Adesso è 2 virgola qualcosa.
      Lo ripeto per l'ultima volta, vediamo se riesco a farmi capire. Il post di Lumen presenta un quadro riassuntivo dell'evoluzione della storia dell'agricoltura, NON è limitato all' adesso. Abbraccia un tempo che va dalla società primordiale della caccia e dalla raccolta, all'introduzione dell'agricoltura fino alla rivoluzione verde. E il mio commento si riferiva al post. Si riferiva a tutta questa evoluzione, alle conseguenze negative della diffusione e del progressodell'agricoltura. Non c è nel mio commento un confronto fra Africa attuale e resto del mondo attuale, come invece hai ritenuto tu, nella tua critica, e come continui a ritenere ancora. E' ridicolo che tu mi venga a dire che si fanno più figli dove la vita è più precaria, 10 e lode, cosa diavolo c entra con il mio commento? La tua osservazione riguarda la differenza fra Africa (poco sviluppo industriale) e, ad es. Europa (sviluppo elevato); io invece parlo della differenza fra agricoltura preindustriale (niente sviluppo industriale) e agricoltura contemporanea a sviluppo differenziato, Africa E non-Africa. Parlo di un'evoluzione su scala globale, parlo dello sviluppo che fa aumentare il numero dei figli. Nel caso del primo mondo non succede più perché i costi della prole hanno superato i benefici del numero, ma quello che è successo basta e avanza a inchiodare la bara. Italiani al 1861, 26M; adesso 60. Cosa vuoi che me ne importi se ora siamo sotto la soglia di sostituzione. Siamo spaventosamente in troppi, e con questa dinamica naturale non riusciremo mai a rientrare nella sostenibilità entro i tempi dettati dal collasso ecologico in atto. E se siamo diventati cosi tanti è (senti senti) a causa dello sviluppo.
      L'Africa fa più figli rispetto al primo mondo, certo, ovvio, bravissimo; ma riesce a farli (e a farli riprodurre) perché ha conosciuto già un primo stadio di sviluppo, che mai avrebbe dovuto conoscere.
      Io scrivo, e per chi? Non si tratta neanche di dissentire, ma almeno di avere rispetto per il tempo che ho speso a risponderti, di leggere con attenzione quello che scrivo. Invece niente, come parlare al muro, quattro righette a caso e punto.
      Sei anziano, mi hanno educato ad un rispetto particolare per le persone anziane. Però, se tornerò a commentare, evita di rivolgerti a me. Se troverai una mia risposta, allora vorrà dire che avrai il computer guasto.

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    7. Mi dispiace ma continuero' a considerarti degno di attenzione e di risposta, a differenza di quanto tu dici di voler fare con me.

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  5. Perché non allargare il discorso al turismo? Del resto tout se tient, no?. Eccovi alcune riflessioni sul fenomeno del turismo. Persino un paese come la Svizzera senza turismo affonderebbe (ben vengano i miliardari cinesi, gli oligarchi russi, le arabe saudite col burka: benvenuti, stiamo imparando l'arabo e il cinese per servirvi meglio).

    http://temi.repubblica.it/micromega-online/turisti-che-odiano-i-turisti/

    E pensare che cent'anni fa andare, che so: da Buchs a Sargans (28 km), una volta all'anno col biroccio era un'avventura o un evento. All'aeroporto di Zurigo transitano 90 milioni di persone l'anno. E guai se c'è una flessione. Si può continuare così?

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    1. << All'aeroporto di Zurigo transitano 90 milioni di persone l'anno. E guai se c'è una flessione. Si può continuare così? >>

      Caro Sergio, come ho già detto altre volte, non vedo un futuro radioso per il turismo aereo di massa.
      Gli aerei consumano una quantità spaventosa di combustibile tradizionale e NON sono convertibili all'elettricità, per cui non possono passare alle rinnovabili.
      Il turismo sarà anche considerata una attività importante, ma con la curva del petrolio al ribasso, ci saranno molte altre cose che vengono prima.

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    2. Eppure stanno già studiando come far volare gli aerei senza cherosene! Ma una sostanziale riduzione dell'attuale e infernale turismo (Venezia e San Gimigmano "che di torri si corona" rischiano il collasso) potrebbe prodursi per le cause descritte nell'articolo che consiglio (vi contribuirà ovviamente anche il prezzo e/o il calo della produzione petrolifere - a meno che il petrolio sia inesauribile come abbiamo visto ...).
      Ci sono forze in gioco. Attualmente siamo (ancora) in fase di espansione (economica, demografica, turistica ecc.). Per invertire o almeno frenare questa tendenza ci vogliono altre forze di segno opposto e vincenti. Potrebbe addirittura essere una forza morale (il papa!), non necessariamente eserciti e atomiche. L'ecologismo non sembra essere una di queste forze (infatti non contrasta ed è perdente, la gente detesta gli ecologisti). L'ecologismo è direi ideologico, l'ecologia invece è una cosa seria e anche un fattore, una forza contraria all'autodistruzione. Puoi vincere con la forza della ragione, convincendo, cioè esercitando una forza superiore alle idee contrarie. Il comunismo, il cristianesimo hanno perso perché le loro idee non avevano o non hanno più la forza di un tempo. Anche la democrazia è attualmente in discussione, a mio parere giustamente. Ho sentito proprio oggi un filosofo americano dire: basta con la democrazia, ci vuole una guida di persone informate, intelligenti, integre. E non è sembrato uno svitato, uno scemo, argomentava bene e con calma. Anche la famosa democrazia diretta è da rivedere (quelli del Foglio si sganasciano sulla democrazia diretta ...).

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    3. Il turismo e' come lo sport, e' una cosa da ricchi.
      Vuol dire che siamo ricchi.
      Entrambi sono diventati pratiche di massa solo col '900 inoltrato.
      I miei genitori, che se fossero ancora vivi adesso avrebbero quasi cent'anni, e tutte le generazioni dalla loro all'indietro, credo che avrebbero considerato un pazzo o un deficiente uno che, finalmente liberato dalla fatica come necessita' per sopravvivere, si fosse messo a farne altettanta o di piu' per sollevare pesi o andare in giro "per sport".

      Ma forse entrambi, turismo e sport, sono fenomeni della modernita' intesa non solo come ricchezza, ma come imperativo a non stare mai fermi, ad agire sempre e fare qualcosa, a prescindere dai risultati e dalle necessita': e' la celebrazione del "lavoro" in senso fisico come valore in se', come infatti recitato dalla nostra costituzione nel suo primo articolo. Una follia, come direbbe il nostro massimo fini.

      Sulla democrazia diretta, essa richiede un popolo intelligente, informato e assennato, che non si faccia troppo prendere dalle passioni del momento... la perfetta descrizione del popolo italiano. La democrazia indiretta e rappresentativa, invece, serve non solo a limitare il numero dei componenti dell'assemblea, quanto a selezionare una classe dirigente decente attraverso successivi livelli di suffragio. Persino il presidente degli stati uniti e' votato dai delegati e non direttamente dal popolo. Il nostro presidente della repubblica, e il governo stesso, sono eletti dai deputati, non dal popolo.

      Mi permetto di suggerirvi un libro che ho appena finito di leggere, "le ateniesi" di Massimo Barbero, magari dopo aver visto una delle sue tante presentazioni che si trovano su youtube, che aiutano a capire e apprezzare meglio le intenzioni dell'autore nello scriverlo.

      Questo e' uno:

      https://www.youtube.com/watch?v=yRSrvcM6PSQ&t=66s

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    4. "Gli aerei consumano una quantità spaventosa di combustibile tradizionale"

      Ma siamo sicuri?
      Quanto consumano veramente?
      Se consumassero cosi' tanto, come mai spostarsi in aereo costa MOLTO meno, a parita' di chilometri percorsi, che con qualsiasi altro mezzo che non sia la bicicletta NON elettrica?

      Quello che fanno davvero gli aerei e' rendere possibile percorrere in breve tempo grandi distanze.

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    5. "la gente detesta gli ecologisti"

      Detestera' gli ecologisti, ma adora quello che crede sia ecologico, la pubblicita' non fa che porre l'accento che i suoi (inutili) prodotti sono "green", in qualsiasi settore. E la politica, nei paesi democratici, fa lo stesso.
      Purtroppo si tratta sempre o quasi solo di vuota retorica, interesse economico, e ipocrisia. L'ecologia e' una nuova religione.

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    6. "Gli aerei consumano una quantità spaventosa di combustibile tradizionale"

      Qui si trovano le tabelle:
      https://en.wikipedia.org/wiki/Fuel_economy_in_aircraft

      Per gli aerei piu' moderni si scende fino a 2 litri per 100 km per posto, che per i "letterati" vuol dire equivalenti a 25 km/litro per una automobile con due persone a bordo, o 50 km/litro per un'auto con 4 persone a bordo.

      QUindi alla fine un aereo consuma meno, molto meno di un'automobile e forse anche di un treno (lapalissiano a guardare le tariffe), dato che permette di raggiungere un obiettivo procedendo in linea retta e senza bisogno di alcuna costosa infrastruttura, che a sua volta incorpora costi energetici tutt'altro che indifferenti.

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    7. "L'ecologia e' una nuova religione."

      L'ecologismo, ma non l'ecologia che - lo dice la parola stessa - è la cura della casa. Ciò che fai anche tu, che dovrebbero far tutti nel proprio interesse. Può diventare una religione, è vero, ma diciamo che non è il nostro caso (speriamo).

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    8. "... turismo e sport, sono fenomeni della modernita' intesa non solo come ricchezza, ma come imperativo a non stare mai fermi, ad agire sempre e fare qualcosa, a prescindere dai risultati e dalle necessita"

      Mi ricorda il Pascal del: "i nostri guai dipendono dal fatto di essere incapaci di stare tranquilli nella nostra stanza" (o qualcosa del genere).
      D'altra parte però è davvero difficile starsene tranquilli in casa a far niente. Ci si annoia e la noia è una brutta bestia.
      Muoversi è una necessità vitale e visto che il progresso ci ha liberati dalla fatica bruta e abbiamo così tanto tempo libero che facciamo? Andiamo in giro. Logico, direi, non si può star fermi. Una volta il "grand tour" era il privilegio dei benestanti sfaccendati (appunto!), adesso siamo tutti sfaccendati (anche se non proprio ricchi e benestanti) e facciamo anche noi il grand tour. Chissà come sarà il mondo quando ci saranno dieci miliardi di sfaccendati. Dieci miliardi di trottole mai ferme, l'evoluzione sarà approdata all'homo touristicus o trottolus trottolus (Trottel in tedesco significa scemo, stupido).

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    9. "L'ecologismo, ma non l'ecologia che - lo dice la parola stessa - è la cura della casa."

      Ma in effetti spesso, anzi sempre, diventa una mania, l'uomo per "abitare" intende dominare, lasciare la sua impronta, trasfigurare secondo il suo ghiribizzo.

      Guardate anche agli architetti cosiddetti ecologisti: prima distruggono tutto e poi reimpiantano secondo la loro volonta', moltiplicando le assurdita': il grattacielo detto "bosco verticale" ne e' un esempio demenziale, patologico.

      Il fatto e' che la gente ama il concetto retorico di ecologia che ha nella sua testa, e basta, concetto che poi usa per dare un ulteriore pretesto alla propria ybris per scatenarsi, non per trattenersi.

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    10. Consumo degli aerei.

      Comunque, una cosa va detta, il trasporto aereo costa cosi' poco oggi, ed e' cosi' competitivo anche rispetto all'automobile privata con 4 passeggeri, perche' il carburante per gli aerei e' completamente detassato: non ha accise, e se ha iva le compagnie la scaricano. Mentrre il carburante per uso privato e' ferocemente tassato.
      Ecologisti, toc toc, dove siete?

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    11. << il trasporto aereo costa cosi' poco oggi, ed e' cosi' competitivo (...) perche' il carburante per gli aerei e' completamente detassato >>

      Ah, ecco. Mi sembrava... ;-)

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    12. Resta pero' il fatto pero' che un aereo "risparmioso" moderno fa 50 km/litro o piu' per posto (consuma 2 litri al km per 150-180 passeggeri), quindi non consuma poi cosi' tanto, anzi consuma poco.
      Anch'io credevo che l'aereo "consuma nettamente di piu' degli altri mezzi di trasporto", perche' "cosi' dicon tutti", ma poi verificando ho visto, come al solito, che non e' vero. Consuma "tanto" nel senso che permette di fare un sacco di km in poco tempo.

      Praticamente e' piu' probabile di non sbagliare partendo dal presupposto che qualsiasi cosa venga data per scontata nei gruppi dei vari ecologisti, sia sbagliata. :)

      E a me da' parecchio fastidio vedere di aver ripetuto a pappagallo una cazzata solo perche' la "dicon tutti".

      Certo che la detassazione lo rende differenzialmente ancora piu' competitivo, cioe' fa in modo che costi meno fare 2000 km in aereo che andare da roma a firenze in autostrada, il che equivale a dire che il trasporto aereo e' incentivato dallo Stato (il nostro ordinamento fiscale considera una minore tassazione un "incentivo", altra aberrazione da neolingua orwelliana).

      Qua ci sono le tabelle:
      https://en.wikipedia.org/wiki/Fuel_economy_in_aircraft

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  6. Visto che i cicli economici ed ecologici richiedono un certo tempo per compiersi, diventa possibile creare una sorta di equilibrio nell'insostenibile. Affondiamo, però abbastanza lentamente perché i più non se accorgano. Così si può pensare che l'economia avrà sempre dimensioni paragonabili a quelle attuali e non si pensa che in un prossimo futuro la maggioranza non avrà nessun ruolo da svolgere in essa. Mi ricordo una nota di Sergio sulla situazione dell'Egitto ai tempi della "primavera" araba: milioni di giovani senza futuro, ecco il problema da quelle parti. Andiamo verso uno scenario simile, ma su scala planetaria, e il futuro diventerà triste presente. Per intanto, proprio per la lentezza del naufragio, si può pensare al giro d'affari del turismo, e soprattutto al numero di persone impiegate. L'impatto ambientale è disastroso, ma non si può fare altrimenti perché questa gente c è e qualcosa deve fare. Fino a quando - mi ci gioco tutto lo stack - una forza materiale fermerà questa espansione. Una di carattere morale, caro Sergio, sarebbe una benedizione; fosse anche, per assurdo, l'Islam. Ma non vedo forze capaci di arrivare al traguardo, al contrario quelle esistenti vengono messe in discussione (come questa iattura di democrazia). Sai che appena dici a uno: così ti autodistruggi, smettila, datti una calmata, quello probabilmente non ti ascolterà. L'autodistruzione nasce dal somma di azioni che danno benefici concreti e immediati, con l'educazione non otterrai mai quello che serve a salvare la Terra. La legge potrebbe; ma dovremmo fare a meno della democrazia... la partita è stata persa nel '45 e un mondo del genere non ha speranza. La democrazia cadrà, deve cadere, ma sarà troppo tardi.

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    1. Ma dove lo vedi questo rapporto di causa-effetto.
      La democrazia mi pare sia del tutto ininfluente, e anzi nella storia mi pare che qualsiasi altro tipo di regime dal punto di vista della sostenibilita' sia stato anche peggio.
      Se non ti piace la democrazia sei libero di sostenerlo senza bisogno di tirare fuori giustificazioni che alla fine ti danno pure torto.

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  7. Cari amici,
    la democrazia, al di là delle lentezze decisionali, è forse il sistema migliore per scatenare gli istinti di crescita di una economia.
    Ergo, il binomio democrazia-insostenibilità ecologica è tutt'altro che ridicolo.

    Certo, una dittatura efficiente può essere peggio (visto che se ne frega delle conseguenze sulla popolazione), ma la storia insegna che le dittature, per motivi di cattiva selezione delle elite, scivolano ben presto nell'inefficienza grave.

    Perchè qui non si tratta di demonizzare la scienza e la tecnologia (o la democrazia), ci mancherebbe, ma solo di essere consapevoli che l'umanità è una specie particolarmente priva del senso dei limiti, e quindi più eccelle in efficienza, più aumenta i comportamenti ad effetto boomerang.

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    1. La questione del limite o dei limiti è un bell'argomento. L'uomo è apparentemene l'unico animale che non conosce limiti (e non solo dalla rivoluzione industriale). Diceva Ortega che l'uomo è l'animale culturale per eccellenza: la sua natura è di non averne una ben definita. Mi sembra un po' eccessivo, i limiti fisici sono insuperabili. Però è un fatto che nell'uomo il limite è una sfida a superarlo, in qualsiasi campo. Spesso ci riesce, spesso ci lascia le penne, come l'alpinista svizzero precipitato un paio di giorni fa nell'Himalaia. L'alpinismo è una delle cose più insensate: volersi misurare con la natura, credere di poterla superare.
      Eppure tanti pazzi ci provano, anche un primario chirurgo svizzero che si ritempra con queste imprese (e l'ho trovato persino simpatico nella lunga intervista televisiva - tutt'altro che pazzo), Ma l'uomo ama le sfide - a parte i piccoli borghesi come me.

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    2. "è forse il sistema migliore per scatenare gli istinti di crescita di una economia - dittature - inefficienza grave"

      Inefficienza grave vuol dire maggior spreco di risorse, maggiore inquinamento, maggiore popolazione per ottenere lo stesso risultato.

      La sensibilita' ecologica, l'efficienza dei processi produttivi, la ricerca della sostenibilita', e' tipica delle democrazie, non delle dittature.

      Storicamente, mi pare che le dittature del XX secolo che ben conosciamo, siano state tutt'altro che ecologiche, anche senza considerare la terra bruciata che hanno fatto dappertutto con le loro guerre (le dittature sono piu' aggressive, dentro e fuori dei loro confini).

      Inoltre ancora, sono i regimi non democratici quelli che incitano alla riproduzione sfrenata tipicamente con le "leggi della razza" (se vi viene in mente la cina come esempio contrario, non e' vero, perche' la politica del figlio unico e' stata introdotta da un governo che era ed e' immensamente meno dittatoriale del maoismo, mentre il maoismo, come da manuale, ha deliberatamente fatto triplicare la popolazione cinese in pochi decenni - erano 4 o 500 milioni nel '49, se non ricordo male)

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    3. Posso sbagliare, ma una economia che cresce molto è sempre più pericolosa (dal punto di vista ecologico) di una economia che non cresce, indipendentemente dalla sensibilità ambientale dei suoi governanti.
      Ecco perchè facevo quel paragone tra la democrazia e le dittature, le quali, certo, se ne fregano della sostenibilità ecologica, ma "compensano" con una crescita economica modestissima.

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    4. Si' pero' guarda che un'altra delle _cazzate_ che si legge su tutti i gruppi di ecologisti con la fissa dell'energia, e' che il pil sia fatto, o quantomeno dipenda strettamente, da energia e cose materiali: mentre la tendenza principale delle economie moderne e', al contrario, di trasferire sempre piu' pil sui servizi e sui beni immateriali (burocrazia, cultura, web, cazzate varie).
      Che le economia moderne siano fatte gia' da adesso e da un pezzo per la maggior parte di "servizi" e' cosa ben nota, solo che ci si rifiuta di trarne le conseguenze quando queste vanno contro il pregiudizio corrente della propria subcultura (subcultura non in senso spregiativo, in senso proprio di sottoinsieme culturale), e contro il proprio interesse, quasi tutti quelli che pontificano di queste cose minacciando sfracelli sono loro stessi che vivono di servizi e basta (fra l'altro di molto dubbia utilita', si tratta quasi sempre di servizi resi in monopolio e per obbligo di legge).

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    5. << si legge su tutti i gruppi di ecologisti con la fissa dell'energia ... che il pil sia fatto, o quantomeno dipenda strettamente, da energia e cose materiali: mentre la tendenza principale delle economie moderne e', al contrario, di trasferire sempre piu' pil sui servizi e sui beni immateriali (burocrazia, cultura, web...) >>

      Non ci vedo tutta questa contrapposizione, perchè anche le attività c.d. immateriali dei servizi, sono molto più materiali di quanto pensiamo.
      Tutti gli strumenti che usiamo (anche in un semplice ufficio) sono materiali fisici e tutto quello che facciamo funzionare (anche stando seduti ad una scrivania) consuma energia.

      E tutto questo - aggravato dai grandi numeri della popolazione - impatta fisicamente sulla biosfera.
      Che poi questo impatto corrisponda esattamente al PIL (concetto di origine principalmente fiscale), oppure no, mi pare secondario.

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    6. << si legge su tutti i gruppi di ecologisti con la fissa dell'energia ... che il pil sia fatto, o quantomeno dipenda strettamente, da energia e cose materiali: mentre la tendenza principale delle economie moderne e', al contrario, di trasferire sempre piu' pil sui servizi e sui beni immateriali (burocrazia, cultura, web...) >>

      Non vedo tutta questa contrapposizione tra i due concetti, perchè anche le attività c.d. immateriali dei servizi, sono invece molto più materiali di quanto pensiamo.
      Tutti gli strumenti che usiamo (anche in un semplice ufficio) sono materiali fisici e tutto quello che facciamo funzionare (anche stando seduti ad una scrivania) consuma energia.

      E tutto questo - aggravato dai grandi numeri della popolazione - impatta fisicamente sulla biosfera.
      Che poi questo impatto corrisponda esattamente al PIL, oppure no, mi pare secondario.

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    7. "consuma energia"

      Il rapporto fra intelligenza e organizzazione, e consumo di energia, e' inverso, non diretto, tant'e' che l'organizzazione e l'intelligenza vincono sempre perche' essere piu' efficienti e organizzati equivale ad avere piu' risorse, dato che le si sa sfruttare meglio, in caso di necessita'.

      Rapporto inverso vuol dire che un'unita' di intelligenza e organizzazione richiede sempre meno energia, non di piu'. Semmai, l'intelligenza e l'organizzazione tendono comunque a crescere, anche grazie al miglioramento dell'efficienza, ad una velocita' tale che anche la curva del consumo di energia sale, sebbene a velocita' molto inferiore (paradosso di jevons, che infatti vinse la famosa scommessa, contro Erlich mi pare).

      Per un esempio pratico vedere i microprocessori, che siccome li facciamo noi uomini possiamo sapere come funzionano: il singolo transistor di oggi consuma immensamente meno di quello di trent'anni fa, anzi il consumo di un processore (che ha tanti transistori al suo interno) e' rimasto piu' o meno costante pur essendo aumentata di milioni o miliardi di volte la sua capacita' di calcolo. Ma il fatto che siano diventati cosi' efficienti ne ha moltiplicato a dismisura il numero (si puo' notare una forte somiglianza con la storia degli uomini stessi), e cosi' il consumo complessivo.

      Il dogma degli energisti e' arbitrario e sbagliato nella sua assolutezza, e se e' sbagliato il postulato di partenza, ne sono necessariamente sbagliate le deduzioni (direi di chiamare d'ora in poi cosi', energisti, coloro che vedono qualsiasi processo, sociale e non, sotto la specie dell'energia, dev'essere un imprinting che ha subito la generazione che ha vissuto da piccola, negli anni formativi dell'imprinting, il trauma infantile della crisi del petrolio del '73).

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  8. Gli antichi greci, che avevano già percepito correttamente il problema, avevano inventato il concetto di HYBRIS, ad indicare i danni che conseguono dal superamento dei limiti.

    Da Wiki:
    << Hybris è un tema ricorrente della tragedia greca e della letteratura greca.
    Significa letteralmente "tracotanza", "eccesso", "superbia", “orgoglio” o "prevaricazione".
    Si riferisce in generale a un'azione ingiusta o empia avvenuta nel passato, che produce conseguenze negative su persone ed eventi del presente.

    Nel linguaggio giuridico, hýbris riflette un'azione delittuosa oppure un'offesa personale compiuta allo scopo di umiliare, il cui movente è dato non da un utile ma dal piacere, dall'orgoglio di sé che l'autore traeva dalla malvagità dell'atto, mostrando la sua superiore forza sulla vittima. >>

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  9. Il senso della vita

    Da un'intervista a Reinhold Mesmer in merito alla morte di Ueli Steck nell'Himalaia


    "Lei ha detto una volta: - Scalare le montagne è un'impresa inutile, ma non insensata. - Ma se alla fine uno muore come Ueli Steck la cosa non ha senso."

    Mesmer:

    "Scalare montangne non può essere una cosa insensata perché il senso è posto nell'hic et nunc. L'utilità è una questione che si pone la collettività. Per essa non aveva nessun valore pratico che Ueli Steck fosse riuscito a scalare in due ore e mezzo la parete nord dell'Eiger. Ma il senso dell'impresa era affare suo. Se non fosse stato capace di dare un senso a ciò che faceva non l'avrebbe fatto. Certo è tragico che uno muoia a 40 anni."

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  10. Che cos'è la verità? - Bella intervista al filosofo e matematico Giorello

    Wittgenstein: Che il sole sorgerà domani è solo un'ipotesi.
    Giorello: Giusto, ma io credo che il sole sorgerà domani.

    Giorello "crede" dunque che il sole sorgerà (e se ne andrà a letto tranquillo). Ma perché ci crede soltanto e non l'assume come verità assoluta, incontrovertibile? Perché si fida dell'esperienza. Fidarsi è credere, ma non senza fondamento. Noi non viviamo di idee o astrazioni, ma ci fondiamo soprattutto sull'esperienza. Una bellissima idea è solo un'idea. Ma poi diventa credenza, fede, cioè qualcosa che è come l'aria che si respira, che non bisogna più dimostrare, spiegare, giustificare - ovviamente finché non sarà soppiantata da altra fede, figlia di una nuova e brillante idea o verità transitoria.
    Giorello mi è sempre stato simpatico (pur non essendo credente o forse proprio per questo). Non si arrampica sugli specchi come Severino. Peccato che alla fine di questa bella intervista faccia l'elogio di Pannella, un confusionario come pochi.

    http://www.ilgiornale.it/news/cultura/verit-scientifica-non-si-pu-decidere-alzata-mano-spiegava-1392352.html

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  11. Corollario al messaggio precedente

    Ma la verità esiste sì o no? Un metafisico come Severino non ne dubita.
    Oggi è luogo comune dire con la scienza che non esistono verità assolute, solo verità scientifiche transitorie, non assolute. In realtà però la nuova verità scientifica, il nuovo grado della conoscenza, può soddisfare a lungo, anche per secoli e millenni, e condizionerà la nostra vita. Una grande scoperta scientifica soddisfa profondamente proprio perché si pensa di aver trovato finalmente il bandolo della matassa, di esser giunti al cuore del problema. Anche se cancelliamo l'assoluto di un assunto, per intanto - e forse a lungo - tale assunto sarà la verità, senza aggettivi. Del resto porsi il problema del vero o falso (cosa che facciamo quotidianamente, continuamente) presuppone ci sia una verità.

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  12. Insisto (scusate).

    Una verità, la semplice verità senza aggettivi, può essere determinata in base alla scienza, alla logica. Ci possono essere contrasti tra scienziati, ma non al punto da volere ammazzare un altro. Nella scienza pura ciò è pacifico.
    Ma poi il cattolico Antiseri dice: tutta la scienza non è in grado di determinare un grammo di moralità. Nelle cosiddette scienze umane e nella morale è infatti più difficile dire cosa sia vero o giusto, ma approssimazioni sono possibili. Ma che Cristo sia davvero risorto e fosse nientepopodimeno che Dio, seconda persona della Trinità, be', questa è una favola, caro Antiseri. Credici pure se ti fa piacere, non ti ammazzeremo per questo. La scienza e la logica sono in grado di dimostrare che queste credenze non sono nient'altro che antiche credenze in cui la maggior parte degli europei non crede più.

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    1. "Credici pure se ti fa piacere, non ti ammazzeremo per questo"

      Credo che il punto discriminante sia proprio questo: chi crede nella Verita' (maiuscola e quindi assoluta) non puo' che farla coincidere con il Bene. Ma se questo e' il Bene, ne discende che chi non crede o anche solo mette in dubbio tale verita' e' il Male, e dunque bisogna ammazzarlo per continuare a stare dalla parte del Bene.

      Lo scalatore Messner (non mesmer) alla fine dimostra molta piu' saggezza di tanti massimi pensatori. (infatti e' un tipo molto intelligente, non ha salvato la pelle solo per fortuna, che in quel mestiere e' comunque necessario avere in grande abbondanza - basta un sassolino che cada al momento sbagliato).

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  13. << Ma poi il cattolico Antiseri dice: tutta la scienza non è in grado di determinare un grammo di moralità. >>

    Caro Sergio, mi sento di contestare questa affermazione, non perchè irrilevante, ma proprio perchè scientificamente infondata.

    Le neuroscienze, infatti, hanno investigato a fondo la materia e scoperto alcuni principi morali di base che risultano inseriti addirittura nel nostro DNA.
    Sull'argomento posso citare un libro di Patricia Churchland intitolato "Neurobiologia della morale" che ho letto di recente e che non è male (impegnativo, ma non troppo ostico).

    Ma l'affermazione di Antiseri ha un significato diverso, piuttosto scoperto: vuol dire "la morale la gestiamo noi religiosi, che sappiamo tutto, e se volete delle risposte potete venire solo da noi".
    Una banalissima storia di potere.

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    1. "Ma l'affermazione di Antiseri ha un significato diverso"

      Non credo proprio, e' semmai il contrario, Antiseri e' un liberale, e per un liberale la morale non e' mai assoluta e nemmeno frutto di un patto sociale esplicito, bensi' frutto di una adattamento successivo per gradi, di un percorso evolutivo storicamente unico nel suo contesto.

      Semmai e' nelle affermazioni dei deterministi biologici che si ritrova lo stesso identico atteggiamento delle morali religiosamente imposte: non dimentichiamo che quello di solito sostenuto dalle chiese compresa la nostra e' il "diritto naturale", in cui Dio e' la legge di natura, non certo quello "positivo" deciso a maggioranza in un'assemblea.
      La posizione liberale e' diversa da entrambi, sostiene che il diritto sia frutto di un "processo di mercato", cioe' qualcosa di simile ad un'evoluzione naturale (e in realta' per i non credenti, ne' in una fede ne' in un'ideologia, sia il diritto naturale che quello positivo sono comunque frutto di processi evolutivi per adattamenti successivi, che possono essere travestiti di "ineluttabilita' naturale" solo col "senno" di un Pangloss del poi).

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    2. << quello di solito sostenuto dalle chiese compresa la nostra e' il "diritto naturale", in cui Dio e' la legge di natura, non certo quello "positivo" deciso a maggioranza in un'assemblea. >>

      Appunto, ma restiamo sempre nella gestione del potere.
      A cosa serve una impostazione così palesemente a-democratica, se non ad avere il monopolio assoluto della morale e quindi delle coscienze ?

      E chiamare la legge di dio col nome di "diritto naturale" è un altro piccolo tranello.
      Loro non partono dalla ricerca sincera ed oggettiva delle leggi morali di natura (come fanno, attualmente, i neurobiologi), ma partono dalle leggi divine - così come codificate dai libri sacri e quindi da loro stessi - e, con un disinvolto non sequitur, ne deducono che si tratta di leggi di natura.

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    3. "Loro non partono dalla ricerca sincera ed oggettiva delle leggi morali di natura"

      Ti rendi conto vero che e' la stessa identica cosa che hanno sempre detto "loro"?

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    4. Non direi proprio (sempre che io abbia compreso correttamente il tuo pensiero).

      Lo scienziato cerca, ma non sa cosa troverà: la sua strada è libera e sconosciuta.

      Il teologo invece può solo fingere di cercare, ma la sua strada è obbligata, perchè il punto di arrivo è già segnato in partenza.

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    5. Non credo proprio, interpretano anche loro eccome, secondo le convinzioni sociali del momento. Se fingono, fingono quando dicono di avere la strada obbligata, per dare piu' importanza a cio' che dicono.
      E uno "scienziato" che, in campo morale, dicesse di avere la strada obbligata dalle suo osservazioni di natura, sarebbe peggio. Molto peggio. Non ci siamo proprio.

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