sabato 31 gennaio 2015

Non è Francesco

Nel marzo del 2014, ad un anno dalla sua elezione, Papa Francesco rilasciò una lunga intervista a Ferruccio de Bortoli del Corriere della Sera. Noi (non chiedeteci come) siamo riusciti ad entrare in possesso della prima versione di quella intervista, poi totalmente censurata in sede di pubblicazione. Si tratta di un testo assai sorprendente, sulla cui autenticità, purtroppo, non possiamo dare alcuna garanzia (vista la fonte), ma che ci pare giusto pubblicare ugualmente, a beneficio dei nostri lettori. Lumen

 
FDB - Un anno è trascorso da quel semplice «buonasera» che commosse il mondo. L’arco di dodici mesi così intensi, non solo per la vita della Chiesa, fatica a contenere la grande messe di novità e i tanti segni profondi dell’innovazione pastorale di Papa Francesco. Il bilancio di un anno?
FRANCESCO – Tutto sommato, direi buono. I fedeli e le vocazioni sono un po’ in diminuzione, e questo lo sapevamo. Ma i soldi continuano ad affluire alle nostre casse più o meno come sempre. Non ci possiamo lamentare.
 
FDB - Voi, Santo Padre, ogni tanto telefonate a chi vi chiede aiuto. E qualche volta non vi credono.
FRANCESCO – E’ normale. Io, quando parlo in pubblico, racconto quasi soltanto frottole, e la gente, qualche volta, se ne accorge.
 
FDB - E c’è un contatto, un incontro che ricordate con particolare affetto?
FRANCESCO – Sì, una vecchia signora ottantenne che ha creduto a tutto quello che le dicevo. Un’esperienza indimenticabile.
 
FDB - I rapporti con il vostro predecessore. Avete mai chiesto qualche consiglio a Benedetto XVI?
FRANCESCO – No, mai: ci mancherebbe! L’abbiamo cacciato via perché quando parlava faceva danni. Adesso lo lasciamo ancora andare e venire, ci mancherebbe, ma non stiamo certo a sentire quello che dice.
 
FDB - Il vostro modo di governare la Chiesa a noi è sembrato questo: voi ascoltate tutti e decidete da solo. Un po’ come il generale dei gesuiti. Il Papa è un uomo solo?
FRANCESCO - Sì e no. Per le decisioni importanti sicuramente no: vengono prese dalla curia e io mi devo semplicemente adeguare. Però, quando c’è una specifica rogna che nessuno vuole, allora lasciano a me tutte le responsabilità.
 
FDB – Voi avete innovato, criticato alcuni atteggiamenti del clero, scosso la Curia. Con qualche resistenza, qualche opposizione. La Chiesa è già cambiata come avreste voluto un anno fa?
FRANCESCO – Ma no, non è cambiato nulla: le mie parole erano necessarie per accreditare di me una certa immagine “nuovista”; ma tutto quello che dico è sempre concordato con loro, ci mancherebbe.
 
FDB - La tenerezza e la misericordia sono l’essenza del vostro messaggio pastorale...
FRANCESCO – Sì, è un approccio mediatico che abbiamo studiato con cura (anzi con “curia”, eh, eh, eh…) e che sta funzionando alla grande. Alla gente questi riferimenti piacciono moltissimo, perché quando parlo della tenerezza pensano al sesso e quando parlo della misericordia pensano al perdono.
 
FDB - Ma è stato compreso questo messaggio? Voi avete detto che la “francescomania” non durerà a lungo. C’è qualcosa nella vostra immagine pubblica che non vi piace?
FRANCESCO – Per il momento direi che funziona benissimo, per cui continuiamo così. Se poi la gente dovesse stancarsi vedremo. Ma non credo: conosco bene le mie pecorelle.
 
FDB - Nostalgia per la svostra Argentina?
FRANCESCO – Sì, un poco. Là avevo un po’ più di tranquillità e di tempo libero. Qui gli impegno sono moltissimi, quasi continui; ma in fondo ho accettato la bicicletta e quindi adesso è giusto che pedali…
 
FDB – Avete appena rinnovato il passaporto argentino. Voi siete pur sempre un capo di Stato.
FRANCESCO – Il mio status giuridico personale è, in effetti, un po’ complicato ed io stesso non ci capisco niente. Ma per fortuna ho delle persone che se ne occupano.
 
FDB – Vi sono dispiaciute quelle accuse di marxismo, soprattutto americane, dopo la pubblicazione dell’Evangelii Gaudium?
FRANCESCO – Ma no, ce le aspettavamo. Guai se le encicliche del Papa non sollevassero polemiche: vuol dire che non se le fila più nessuno e questa sarebbe davvero una tragedia. Come diciamo noi del marketing: bene o male, purchè se ne parli.
 
FDB - Gli scandali che hanno turbato la vita della Chiesa sono fortunatamente alle spalle. Vi è stato rivolto, sul delicato tema degli abusi sui minori, un appello pubblicato dal Foglio e firmato tra gli altri dai filosofi Besançon e Scruton perché voi facciate sentire alta la vostra voce contro i fanatismi e la cattiva coscienza del mondo secolarizzato che rispetta poco l’infanzia.
FRANCESCO – Quell’appello è stato una vera manna dal cielo e non posso che ringraziare i suoi firmatari. Quando si parla di abusi sui minori, il nostro scopo è ovviamente quello di sviare l’opinione pubblica, portandola dalla chiesa al mondo secolare. E quell’appello è stato perfetto per i nostri scopi.
 
FDB - Santo Padre, voi dite «i poveri ci evangelizzano». L’attenzione alla povertà, la più forte impronta del suo messaggio pastorale, è scambiata da alcuni osservatori come una professione di pauperismo. Il Vangelo non condanna il benessere. E Zaccheo era ricco e caritatevole.
FRANCESCO – Non confondiamo. La Chiesa non condanna assolutamente la ricchezza, tanto è vero che teniamo molto alla nostra e facciamo ottimi affari con il mondo dell’alta finanza. Ma esaltare i poveri è un messaggio che funziona molto bene, soprattutto nel terzo mondo, e ci da ottimi ritorni mediatici. Non vedo perché dovremmo rinunciarvi.
 
FDB – Voi avete indicato nella globalizzazione, soprattutto finanziaria, alcuni dei mali che aggrediscono l’umanità. Ma la globalizzazione ha strappato dall’indigenza milioni di persone. Ha dato speranza, un sentimento raro da non confondere con l’ottimismo.
FRANCESCO – La globalizzazione ci ha consentito di fare molti ottimi affari, non lo nego. Ma il nostro giudizio rimane fortemente negativo. Anzitutto ha portato al miglioramento del tenore di vita in molti paesi del terzo mondo, a scapito di quelli occidentali, facendo declinare fortemente il nostro ruolo di controllo laggiù, senza nessun compenso in occidente. Inoltre ha facilitato notevolmente la circolazione delle idee, e questa per noi è sempre una cosa molto pericolosa.
 
FDB - Il tema della famiglia è centrale nell’attività del Consiglio degli otto cardinali. Dall’esortazione “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II molte cose sono cambiate. Due Sinodi sono in programma. Si aspettano grandi novità. Voi avete detto dei divorziati: non vanno condannati, vanno aiutati.
FRANCESCO – Quello dei divorziati è un tema molto delicato, che richiede un equilibrio sottile. Noi non possiamo perdere completamente il contatto con loro, perché sono molti e c’è già troppa gente che sta abbandonando la Chiesa. Ma non possiamo neppure rinnegare i nostri dogmi storici in materia di matrimonio. Quindi si va avanti con le solite affermazioni “cerchiobottiste”, sperando che la gente non si accorga della loro vacuità. Altro non possiamo fare.
 
FDB - Perché la relazione del cardinale Walter Kasper all’ultimo Concistoro (un abisso tra dottrina sul matrimonio e la famiglia e la vita reale di molti cristiani) ha così diviso i porporati? Come pensa che la Chiesa possa percorrere questi due anni di faticoso cammino arrivando a un largo e sereno consenso? Se la dottrina è salda, perché è necessario il dibattito?
FRANCESCO – Ma proprio per quello che dicevo sopra. La nostra posizione in materia è chiarissima: vogliamo tenerci tutti i divorziati senza concedere loro nulla. Ma per ottenere questo risultato è necessario dare la sensazione di un profondo dibattito, come se davvero volessimo cambiare qualcosa.
 
FDB - In un recente passato era abituale l’appello ai cosiddetti «valori non negoziabili» soprattutto in bioetica e nella morale sessuale. Voi non avete ripreso questa formula. I principi dottrinali e morali non sono cambiati. Questa scelta vuol forse indicare uno stile meno precettivo e più rispettoso della coscienza personale?
FRANCESCO – Quella dei valori non negoziabili era una fissazione del mio predecessore, che ci ha creato problemi a non finire. Adesso che ce lo siamo tolto dai piedi, non c’è più nessun motivo di insistere.
 
FDB - Molti Paesi regolano le unioni civili. È una strada che la Chiesa può comprendere? Ma fino a che punto?
FRANCESCO – Assolutamente no. Siamo convinti che finiremmo per attirare molte meno persone di quelle che sicuramente perderemmo. Non sarebbe un buon affare.
 
FDB - Come verrà promosso il ruolo della donna nella Chiesa?
FRANCESCO – La funzione delle donne, nella Chiesa, continua ad essere fondamentale, soprattutto nei lavori di supporto più delicati e impegnativi (ristorazione, pulizia, accudimento, assistenza, ecc.). Al massimo, se dovessero calare le vocazioni femminili, potremmo decidere di ridurre le ore assegnate alla preghiera ed alla meditazione, ad aumentare quelle dedicate alla attività di cui parlavo sopra.
 
FDB - A mezzo secolo dalla “Humanae Vitae” di Paolo VI, la Chiesa può riprendere il tema del controllo delle nascite? Il cardinale Martini, vostro confratello, riteneva che fosse ormai venuto il momento.
FRANCESCO – Questo mi sembra proprio l’ultimo dei nostri problemi. Abbiamo al nostro fianco, per motivi diversi, la grandissima parte della società civile, per cui possiamo continuare a spingere sulla crescita demografica senza correre nessun rischio di immagine. Quei “quattro gatti” dei denatalisti non otterranno mai nulla, e quindi non ci danno nessun fastidio.
 
FDB - La scienza evolve e ridisegna i confini della vita. Ha senso prolungare artificialmente la vita in stato vegetativo? Il testamento biologico può essere una soluzione?
FRANCESCO – Il principio base, su cui non possiamo assolutamente derogare, è che la persona non è autonoma, non può decidere con la propria volontà, ma appartiene a Dio, e quindi a noi della Chiesa. E’ un potere a cui non intendiamo rinunciare per nessun motivo. Quelli del fine-vita mi sembrano un po’ più pericolosi dei denatalisti, ma anche qui, un po’ di sano cerchiobottismo dovrebbe essere sufficiente.
 
FDB - Il prossimo viaggio in Terra Santa porterà a un accordo di inter-comunione con gli ortodossi che Paolo VI, cinquant’anni fa, era arrivato quasi a firmare con Atenagora?
FRANCESCO – Non credo. Loro sono disposti a tutto pur di difendere il loro territorio e le proprie pecorelle, per cui non accetterebbero mai un accordo che possa darci qualche vantaggio economico o di influenza. E senza questo, si tratterebbe di un pezzo di carta come tanti altri. Però il viaggio sarà comunque utile, perché farà circolare l’immagine di noi rappresentanti della varie religioni che ci parliamo amichevolmente. Questo piace molto alla gente e ci fornisce sempre un buon ritorno mediatico.
 
FDB - Fra qualche anno la più grande potenza mondiale sarà la Cina con la quale il Vaticano non ha rapporti. Matteo Ricci era gesuita come voi.
FRANCESCO – Qui la vedo dura, perché loro sanno benissimo quale pericolo rappresentiamo noi per la loro cultura. Ma ci proveremo comunque, com’è nella nostra natura di impiccioni ficcanaso.
 
FDB - Perché Santo Padre non parlate mai d’Europa? Che cosa non vi convince del disegno europeo?
FRANCESCO – L’Europa è un progetto laico, che tende ad escluderci a livello ideologico, e nel quale non riusciamo ad ottenere nessun tipo di potere, o sfera di influenza, o anche solo beneficio economico. Spero pertanto, per il bene della nostra Chiesa, che si disintegri presto e, probabilmente, è proprio quello che succederà.
 
FDB - Grazie Santo Padre.
FRANCESCO - Grazie a voi.

17 commenti:

  1. Caro Lumen,

    per quanto gesuita non lo faccio così cinico Bergoglio. Hai un po' esagerato e ... il troppo stroppia. Non mi sono divertito.

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    1. Scherza coi fanti ma lascia stare i santi...
      Ma no Sergio, un po' di ironia serve a prendersi meno sul serio, e semmai andrebbe applicata anche al lato opposto, ai catatrofisti di professione:
      https://www.youtube.com/watch?v=JmPSUMBrJoI

      Per non dimenticare che Bush figlio sara' anche stato idiota, ma l'alternativa era questo paraculo qua sopra.
      Ok, i democratici hanno sempre sostenuto le campagne di contenimento della crescita della popolazione in giro per il mondo mentre i repubblicani hanno tagliato i fondi, ma alla lunga non e' detto che le politiche piu' efficaci per raggiungere lo scopo siano quelle dei democratici: intromettersi troppo negli affari altrui provoca reazioni opposte anche estreme (una delle cause del crollo della natalita' in italia, che il papa ce l'ha sempre avuto in casa).

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  2. Hans Küng, l'enfant terrible (ma non troppo) della Chiesa cattolica ebbe a dire anni fa: per fortuna i Cinesi hanno sbattuto fuori i gesuiti se no buona notte, avremmo come minimo un miliardo di Cinesi in più. Küng, come pure Drewermann, sono preoccupati per l'esplosione demografica. Lo status di Küng non lo conosco, credo sia sempre cattolico, anche se gli fu tolta la venia legendi a Tübingen (ma lo Stato tedesco gli creò subito una cattedra apposita per lui per tenersi un personaggio celebre). Drewermann invece è uscito formalmente dalla Chiesa, pur considerandosi sempre discepolo di Gesù. Uta Ranke-Heinemann, la prima teologa cattolica, si è autoscomunicata - ma Roma non ha voluto lanciare l'anatema contro di lei, perché donna, credo, e amica di studi di Ratzinger.
    Küng è anziano e desidera morire con dignità, cioè con l'aiuto di Exit.

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  3. << Hans Küng (...) ebbe a dire anni fa: per fortuna i Cinesi hanno sbattuto fuori i gesuiti se no buona notte, avremmo come minimo un miliardo di Cinesi in più. >>

    Non ci avevo mai pensato, ma in effetti l'affermazione di Kung è centratissima.
    D'altra parte (e questo è un pensiero mio personale), la Cina, pur con tutte le sue arretratezze, aveva già una cultura vecchia di millenni, per cui non mi stupisce che non si sia fatta colonizzare dal cristianesimo.

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    1. "... non mi stupisce che la Cina non si sia fatta colonizzare dal cristianesimo."

      Nonostante Matteo Ricci, geniale gesuita, venerato anche dai Cinesi.

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    2. I cinesi non avranno avuto i gesuiti ma hanno avuto Mao come noi abbiamo avuto Mussolini, il quale ha fatto una pesantissima ed efficace campagna di potenza tramite aumento delle nascite e della popolazione (mi pare che prima della rivoluzione i cinesi fossero solo 500 milioni!): entrambi, sia Mao che Mussolini, erano nazional-comunisti espressione della cultura positivista ed illuminista, che sta all'opposto di quella cattolica.

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    3. @ Sergio

      Onestamente non ne so molto di questo Ricci.
      Sicuramente è stato un uomo notevole, vista la fama; ma probabilmente si era imbarcato in un'impresa impossibile, o comunque superiore alle sue forze.

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  4. << sia Mao che Mussolini, erano nazional-comunisti espressione della cultura positivista ed illuminista, che sta all'opposto di quella cattolica. >>

    In effetti puà sembrare una cosa paradossale, ma non poi troppo.

    La mia tesi di fondo (che rappresenta un po' lo spirito di questo blog) è che la spinta riproduttiva è figlia diretta del gene replicatore, il quale controlla e guida il comportamento di noi poveri fenotipi (in genere inconsapevoli) come tanti schiavi.

    Se questo è vero, non stupisce che le varie ideologie, pur differenti sotto molti aspetti, finiscano per convergere facilmente sulla crescita demografica, in quanto nessuna di esse pare consapevole dell'esistenza di questa sorta di "schiavitù" biologica.

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  5. "questa sorta di "schiavitù" biologica"

    Schiavitu' come quella del cubo di essere cubico e del cerchio di essere rotondo: si puo' accusare qualcosa di essere schiavo della propria natura? Non credo, schiavitu' e' essere costretti eventualmente ad andare contro la propria natura, non a seguirla, il che peraltro comincia ad accadere proprio da quando cominciamo a volerla, ricorsivamente e positivisticamente, dominare ("diritto positivo" deriva se non erro da "positum", posto, imposto, in contrapposizione a "naturale").
    Il fenotipo e il genotipo non possono esistere uno indipendentemente dall'altro, come le due facce di una medaglia non possono esistere indipendentemente. In fin dei conti e' il fenotipo a selezionare il genotipo: se il genotipo lo sprona a farlo, e' solo perche' e' stato cosi' da esso selezionato.

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. Quindi, secondo te, non c'è nessuno spazio per un eventuale "fenotipo consapevole" ?
      Io - dopo aver scoperto ed approfondito il buon Dawkins - mi ero illuso di sì, e ne era nato questo piccolo blog.
      Sarebbe un vero peccato.

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    3. Certo che c'e', ho detto sopra che tutto sommato e' il fenotipo a selezionare il genotipo. Solo che avvenendo non solo l'evoluzione ma la permanenza delle specie attraverso la spinta riproduttiva, non vedo come essa si possa considerare un intoppo.

      Semmai, la singolarita' umana consiste nel fatto che la selezione avviene ormai per via del tutto intraspecifica: il cervellone che abbiamo si e' sviluppato e serve solo all'interno di questo paradigma: la prevalenza all'interno della specie, per il resto e' del tutto inutile quando non dannoso, abbiamo davanti agli occhi milioni di specie che se la cavano benissimo, da milioni di anni, senza. Questo tema dovrebbe essere trattato nel "libro maledetto" di Darwin, "The Descent of Man, and Selection in Relation to Sex".

      Il fatto che non sia gia' scritto tutto nel nostro genotipo, e che "il futuro sia per noi aperto", come diceva Popper, e' testimoniato dalla nostra stessa necessita' di leggi, regole, norme morali, religione, scienza: siamo delle macchine programmabili alla disperata ricerca di un programma tramite il quale funzionare, ricerca che avviene per tentativi ed errori come per tutto il resto della "creazione" biologica (che l'evoluzione sia un processo di apprendimento e' ipotizzato dai tempi almeno di Lorenz).

      Quanto nelle istanze dei catastrofisti e' scienza, e quanto e' solo espressione di retorica volonta' di prevalenza? (potenza?) La mia impressione e' che la scienza sia una presenza incidentale, cosi' come in tutte le altre istanze.

      Molti degli attuali decrescisti-catastrofisti sono di derivazione marxista, e lo sono in quanto appartenenti alla categoria degli intellettuali operativi, pianificatori della societa' e del futuro: credono nell'immanenza della storia e nel suo svolgersi secondo leggi deterministiche che ne rendano prevedibile, qualora ne siano da loro svelate le leggi, il dipanarsi: non c'e' spazio per la creazione. E siccome non c'e', non ci deve essere...

      Est modus in rebus: non che la cosa sia deteriore in se', purche' alberghi anch'essa nei limiti del trial and error, e non pretenda di assurgere a verita' totalitaria e totalizzante. Ma e' chiedere troppo... perfino il "principio di precauzione" nega se stesso.

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  6. << Quanto nelle istanze dei catastrofisti e' scienza, e quanto e' solo espressione di retorica volonta' di prevalenza? (potenza?) La mia impressione e' che la scienza sia una presenza incidentale. >>

    Caro Diaz, siamo ovviamente nel campo delle opinioni, ma io ho una stima ed un apprezzamento di gran lunga superiori ai tuoi per i migliori esponenti del filone "catastrofista".
    Per esempio, i membri dell'ormai mitico Club di Roma non mi pare che fossero di derivazione marxista, come sono invece tanti altri sedicenti "verdi" (vedi al riguardo il mio post VERDE BANDIERA in cui fingo di intervistare Jacopo Simonetta).

    E poi, è vero che i dati scientifici sono anch'essi manipolabili, ma certi trend ecologici negativi mi paiono difficilmente contestabili.

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    1. "membri dell'ormai mitico Club di Roma non mi pare che fossero di derivazione marxista"

      Esperti di sistemi... se non ne derivano, hanno origine assolutamente comune: condividono col marxismo "scientifico" la pretesa tecnocratica di progettare e pianificare la societa', l'economia, la vita.
      Da cui si vede che entrambi hanno origine nel positivismo illuminista.
      Poiche' la storia insegna che ogni tentativo in quel senso ha prodotto piu' guai di quanti ne abbia evitati, e creato piu' problemi di quanti ne abbia risolti, nonostante la mia formazione culturale "scientifica", o forse proprio perche' per questo ne conosco i limiti, sono molto sospettoso. Riguardo ai problemi, non e' una battuta, trovatemi un solo esempio di progresso scientifico-tecnico (compresi i piu' importanti, tipo agricoltura, vaccini e penicillina, o motore a scoppio, o elettricita') che non abbia solo spostato un po' piu' in la' l'asticella della criticita', richiedendo poi moltiplicati sforzi di correzione di ulteriori problemi in una rincorsa senza fine ed esponenziale.
      Chi si preoccupa dell'eccesso di popolazione (anch'io sono fra questi, teoricamente) non trova miglior esempio di "rendimento decrescente" della rivoluzione scientifica nel fatto che essa ha prodotto l'esplosione demografica (non il papa, bensi' la scienza, l'esplosione avviene dovunque arriva l'organizzazione, a partire dalla prima agricoltura, che e' anch'essa un progresso tecnico-scientifico).
      Gli ultimi decenni hanno visto l'intera nostra organizzazione sociale costituirsi in sistema, in grande macchina per la risoluzione automatica dei problemi, macchina che abbiamo creato noi ma ormai vive di vita propria, e a cui siamo asserviti, altro che gene egoista...

      Anzi, spostare l'attenzione sul "gene egoista" (cosa che pure ha un estremo interesse nell'ambito scientifico-filosofico) mi pare uno "straw man argument".

      Conoscerete il cosiddetto paradosso di Jevons, secondo il quale se si ottimizza qualcosa poi se ne vede immancabilmente aumentato il consumo...

      En passant, la "teoria marginalista", quella dei "ritorni decrescenti", e forse chi parla di questi ultimi non sa nemmeno cosa sia, e' quella che negli ultimi due-tre decenni dell'ottocento ha falsificato la teoria economica marxista, osservando che il "valore" non viene attribuito in funzione del lavoro che c'e' dentro, bensi della scarsita' o abbondanza, desiderabilita' o indesiderabilita', necessita' o superfluo, attraverso il vituperato mercato (che puo' estensivamente intendersi come vox populi- vox dei). Il bello e' che, spostando il valore sul piano soggettivo da quello oggettivo, cio' implica la impossibilita' di una pianificazione che non imponga con la forza, dall'alto, l'attribuzione del valore. In sostanza, sbagliano tutto secondo la stessa teoria che usano. Per cecita' intellettuale.

      Un bel film degli anni '50 che parla della nostra civilta' col pretesto di un'altra, e' "il pianeta proibito", e pur nella sua ingenuita', ve lo raccomando. Un "vintage" della fantascienza.

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  7. Fenotipi (consapevoli) di tutto il mondo, unitevi !
    Non avete da perdere che le vostre catene.

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    1. "Correva l'anno 1919 e in Cecoslovacchia stava per nascere la Repubblica comunista di Bela Kun. Vedendo sfilare per le vie di Praga un corteo di operai che urlavano ritmicamente "Rivoluzione! Statalizzazione delle imprese!", Franz Kafka sussurrò malinconicamente all'amico Max Brod, poi suo biografo: "Ve­di, Max, quei poveretti non hanno ancora capito che oggigiorno le catene dei popoli son fatte con la carta dei ministeri"."

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