sabato 24 novembre 2012

C'era una volta l'America

Non ho nessuna difficoltà ad ammettere di essere nato e cresciuto all’ombra del grande sogno americano.
Film, fumetti, personaggi, sport e così via: tutto sembrava splendere in eterno nel firmamento più luminoso. Ma anche il sogno americano potrebbe essere tragicamente alla fine, lasciandoci tutti un po’ orfani.
Ecco cosa dice in proposito Dimitri Orlov (da Effetto Cassandra).
LUMEN


<< La mia previsione è che gli Stati Uniti collasseranno finanziariamente, economicamente e politicamente in un prevedibile futuro. (…)

Il governo federale statunitense sta attualmente spendendo 300 milioni di dollari al mese. Per far questo, “prende in prestito” circa 100 milioni di dollari al mese. Il termine “prendere in prestito” è fra virgolette perché gran parte di quel nuovo debito è creato dal Tesoro e comprato dalla Federal Reserve, così, in essenza, il governo scrive solo un assegno di 100 milioni di dollari a sé stesso ogni mese.

Se questo continuasse per sempre, allora il dollaro americano diventerebbe senza valore, quindi è in atto una pressione per portare le banche centrali straniere ad assumersi loro stesse una parte di questo debito.
Lo possono fare, naturalmente, ma, vedendo che il dollaro americano è sulla strada per diventare senza valore, hanno ridotto le loro partecipazioni del Tesoro americano piuttosto che aumentarle. Nessuno può dire quanto a lungo possa durare il dispiegamento di questo scenario. (…)

Di recente c'è stata attività a raffica intorno alla Cina, (…) con una notevole cortina fumogena. Che cosa stavano nascondendo? Bene, un paio di problemi interessanti.

Primo, esce fuori che la Cina ora può monetizzare il debito statunitense direttamente. Giusto, la capacità di stampare moneta statunitense ora è distribuita fra Stati Uniti e Cina. C'è una linea privata speciale fra Pechino ed il Tesoro americano e la Cina può comprare il Titoli del Tesoro americano senza passare da nessun meccanismo di mercato o rendere il prezzo pubblico.

Secondo, ora la Cina può comprare direttamente le banche americane. Ai bei tempi, i tentativi da parte di forze straniere di usare i Titoli del Tesoro americani per comprare azioni nelle imprese negli Stati uniti era considerato come un atto di guerra. Oggigiorno, pare, non tanto. (…)

Gli Stati Uniti stanno sanguinando di soldi in altri modi: i singoli ricchi si stanno spostando all'estero e rinunciano alla cittadinanza americana in numero sempre maggiore, come i topi che abbandonano la nave che affonda. (…) Il congresso è occupato a redigere leggi che fermino questo tipo di cose, o almeno di renderle un enorme spreco dal punto di vista fiscale. (…)

Il sistema finanziario americano è andato e da ora è chiaro che non sarà ripristinato. (…) JP Morgan ha appena riportato una perdita negli scambi di 2 miliardi di dollari. Si sta facendo niente per questo? Naturalmente no!
La JP Morgan ha una lunga e orgogliosa storia di cattiva gestione dei rischi,   (…) il tutto fatto coi fondi bloccati dei contribuenti, [perché] come altre grandi banche americane, JP Morgan dipende dal sostegno vitale del governo. (…)

E questo ci porta al sistema politico. I politici sono anche soltanto vagamente interessati a riformare il sistema finanziario? No, ne sono troppo spaventati.
La legislazione di riforma finanziaria, così com'è, è stata abbozzata dalle compagnie finanziarie stesse e dai loro lobbisti. I politici avrebbero paura di avvicinarvisi, per timore di mettere a rischio i loro contributi per la campagna elettorale.
Finché i fondi per le elezioni scorrono nei loro scrigni e finché nessuno dei loro amici banchieri va mai in galera, rimarranno indifferenti alla finanza.

Il petrolio importato, naturalmente, è il tallone d'Achille del commercio americano. L'economia americana è stata costruita intorno al principio che i costi di trasporto non contano.
Ogni cosa percorre lunghe distanze sempre, prevalentemente su gomma, alimentate da benzina o diesel: la gente va al lavoro, guida per andare a fare spesa, accompagna i propri figli da e per diverse attività; i beni vengono spostati in magazzini coi camion e il prodotto finale di tutte queste attività – l’immondizia – viene a sua volta trasportata in camion per lunghe distanze.

Tutti questi costi di trasporto non sono più trascurabili. Piuttosto, stanno rapidamente diventando una grande limitazione dell'attività economica. Lo schema ricorrente degli anni scorsi è un picco del prezzo del petrolio seguito da un altro giro di recessione. Potreste pensare che questo schema possa continuare all'infinito, ma stareste semplicemente estrapolando. Molto più importante, c'è ragione di pensare che quello schema arrivi a una fine piuttosto improvvisa.  (…)

Nell'economia americana sempre più risorse sono state allocate in salvataggi, progetti pasticciati di “stimolo economico” e sicurezza nazionale; sempre più inquinamento (e costi associati) dall'estrazione petrolifera offshore e dallo sviluppo di risorse energetiche marginali e sporche come il petrolio da scisti è le sabbie bituminose.
Mentre la parte produttiva dell'economia comincia a fallire, i burocrati aumentano la disperazione ma, essendo burocrati, tutto ciò che possono fare è aumentare all'infinito il fardello burocratico, accelerando la scivolata verso il basso.

Diamo un'occhiata all'esempio della vendita al dettaglio negli Stati Uniti. C'era una volta l'industria locale, che vendeva prodotti in piccoli negozi.
Nel corso di pochi decenni, l'industria si è spostata in altri paesi, prevalentemente in Cina e i piccoli negozi sono stati messi fuori mercato dai grandi magazzini, poi dai centri commerciali, il cui culmine è Walmart, che praticano il “taglia e brucia al dettaglio”.  (…)
Se il dettaglio non esiste più, l'ultima spiaggia è il ricorso agli acquisti su Internet, grazie a UPS e FedEx. E una volta che questi servizi saranno inaccessibili per l'aumento dei prezzi dell'energia, o indisponibili per il mancato mantenimento di strade e ponti, l'accesso locale ai beni di importazione sarà perduto.  (…)

La rete elettrica negli Stati Uniti (…) è pesantemente sovraccarica di vecchie linee di trasmissione e centrali di trasformazione, alcune delle quali risalgono agli anni 50.  (…) 

Ci sono oltre 100 centrali nucleari, che stanno diventando vecchie e pericolose, ma le vite di servizio sono state artificialmente allungate attraverso l'estensione delle licenze.
Non ci sono piani e non ci sono soldi per smantellarle e per sequestrare i rifiuti ad alta radioattività in una località sotterranea geologicamente stabile. Se privati sia di elettricità di rete, sia dal diesel per un lungo periodo di tempo, questi impianti andrebbero in fusione à la Fukushima.
Vale la pena di accennare che i disastri nucleari, tipo Chernobyl, sono un ingrediente potente nel precipitare i collassi politici. Ciò che impedisce ad una tale serie di disastri di avvenire è la rete elettrica, seguita dal diesel. (…)

L'incidenza di grandi interruzioni di potenza [nella rete elettrica] è stata recentemente vista raddoppiare ogni anno. (…). Non molto, negli Stati Uniti, continua a funzionare una volta che la rete elettrica sia inattiva (…).
Senza corrente, non c'è riscaldamento o acqua calda, non c'è acqua corrente o, più spaventoso, non c'è depurazione delle acque reflue, non c'è aria condizionata, il che è fatale in certi posti. (…)
I sistemi di sicurezza e i sistemi di punti vendita smettono di funzionare. I cellulari e i computer portatili non possono essere ricaricati.
I tunnel autostradali e della metro si allagano e i ponti levatoi non si aprono per far passare il traffico navale, come ad esempio le chiatte cariche di diesel.

Possiamo essere sicuri che il diesel continuerà ad essere fornito a tutti gli impianti nucleari attivi anche se tutto il resto crolla? >>

DIMITRI ORLOV

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